Un articolo di Luigi Maino

Alda Merini nasce a Milano il 21 marzo 1931.
Della sua nascita dice:

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

Sì! Certo! Somiglia a Proserpina quando spunta dagli argini cupi e fumosi del Naviglio, dove risiede; però, è forse più opportuno paragonarla a una Musa: la decima, quella non contemplata dalla mitologia. Ciò perché la poetessa rifiuta ogni confronto, è Alda Merini basta!
Ha frequentato le scuole professionali non riuscendo ad ottenere l’ammissione al liceo Manzoni perché respinta in Italiano. La sua indole irrequieta, stravagante, non conformista e sfuggevole l’avrà portata fuori tema. Si dedicò allo studio del pianoforte, strumento che influì sull’armonia del suo verso dai contenuti a volte di cruda attualità, ma sempre nell’alveo della metrica classica.
Fu scoperta giovanissima da Giacinto Spagnoletti, frequentò Giorgio Manganelli, Salvatore Quasimodo, Luciano Erba, Davide Turoldo, Maria Corti ed altri massimi esponenti della cultura.
Nel 1953 sposa Ettore Carniti e dopo la sua morte, si unisce nel 1982 al poeta Michele Pierri, trasferendosi a Taranto. Tre anni dopo torna a Milano.
Alda Merini è illuminata da ricorrenti deliri metaforici che incidono mirabilmente sulla sua ispirazione poetica, ma strappano inevitabilmente il suo tessuto razionale; da ciò l’internamento in case di cura ed il successivo travaglio curativo.
La poesia di Alda Merini è una delirante illuminazione, un seme che penetra nel tessuto connettivo della nostra società, da cui nascono fiori di armoniche forme, ma con profumi e colori sconvolgenti, rivelatori dei molteplici affanni dell’esistenza. Fiori poetici che esalano erotismo e misticismo, tensioni e preghiere, irragionevole equilibrio e delicata partecipazione alle vicende spirituali della vita.

Luigi Maino