Opere di

Alessandro Parrinello



Passavano lontani i temporali

Passavano lontani i temporali
lasciandoci di sé solo un indizio,
come la bianca scia degli aeroplani
un indistinto solco di cotone:
distrattamente a quello se n’aggiunse
un altro e un altro ancora e ancora uno
sino a che fu, la mente, un campo arato
di memorie:
scese improvviso il fiume e ci travolse:
non ci restò del sogno che il ricordo
di quello più affilato tra gli amori.


Come l’onda

Anche mia questa nausea,
in fondo:
niente da dire.
Non tua la colpa
né mia, credo,
del mio lento svanire
di colori,
e musica stonata
è questo vento:
concerto di gabbiani.
Se è vero che nel mezzo
l’Uniforme ci accomuna
di correnti marine,
per il resto come l’onda
me ne resto:
prosciugato alle rive,
e risacca è questa noia
di vivere.


Ad ogni moto dell’anima

Ad ogni moto dell’anima
si chiude il mio giro:
ad ogni invito si rintana;
e m’avvicina e m’allontana
a un tempo, da Te
una smania di mollezze.
E’ il monologo del mare
il mio delirio,
è l’onda che s’infrange
sullo scoglio:
e il vetro che si frange
sulla pietra, la mia febbre.

Quotidiano

I mille gesti quotidiani
la voce, le risa, le mani,
il modo di parlare e tutto ciò che resta
negli occhi di chi guarda e troppo spesso
coglie, quando non è più il tempo,
il sale dei ricordi.
Ma se uno specchio un giorno ti rimanda
il profilo di un’immagine sbiadita,
Tu seguine il contorno con le dita,
come l’impronta lasciata sulla spiaggia
da un’onda di maestrale:
vi relega talvolta il mare ora a fatica
ora giocondo, una nuova conchiglia,
che alcuno può trovare originale
e cogliere per giuoco:
la getterà può darsi dopo un poco
o la custodirà come reliquia.


Fioche luci dell’alba

Fioche luci dell’alba
rischiarano la terra,
svelandone i confini.
Il minuto è come l’ora a questo tempo.
S’aprono pigramente le creature
alla carezza tiepida del sole:
ognuno resta solo col suo sogno
dal mite raggio d’oro appena infranto.


Infinite onde

Infinite onde s’infrangono
sulle banchine,
s’aprono su piatte sabbie
in un cerchio di schiuma,
si chiudon, levigandoli,
sui bagnasciuga,
riveston le scogliere
di bianca spuma:
le inzuppano, risplendono,
le cingono d’assedio…
scivolan via, errabonde,
risucchiate dal mare.


Istanti

Le foto che di te, ignara, raccolgo
reperti di un mondo
che fu,
del nostro mondo
per quando solo quelle resteranno
istanti di vita
fissati nel ricordo
dal basso continuo
della tua voce tranquilla
che insiste nel presente
tra gli echi dei ricordi
e le voci dei morti:
fantasmi ormai compagni
dei tuoi giorni:
a loro doni il frutto
del tuo alacre dolore
ché per poco ti incarni
nel loro santo protettore,
e li senti figuranti
di uno spettacolo più grande
di cui anche tu sei artefice
a tuo modo.
Io rincorro i tuoi tratti
nel trucco leggero, e mi sorprendo
a vederli ancora intatti,
che il tempo che t’ha offeso
è dileguato per vergogna;
e io stesso vedendoti
di serena acquiescenza
risplendere, ho vergogna
di non essere così
di ogni giorno, come te
uno scrigno di bellezza.
Così proseguono i miei giorni
tutti eguali
sentiero che s’inerpica o inabissa
in questo cielo vuoto
in questo mare
pieno
dei secchi colori dell’autunno.


La danza

Tu guarda
la danza
di un pezzo
di carta
qualunque
portato
dal vento
e l’albero muto
che parla
col tempo
e non pensa;

in questo silenzio talvolta
mi pesa il mio passo
e invidio le piante
la pioggia ed il sasso

il grido distante
del giorno che muore
il mondo loquace
che di notte tace;

eppure giace
la mia voce
al centro della terra:

m’opprime di parole
di pace
di parole di guerra.


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