Il corpo folle

di

Annachiara Marangoni


Annachiara Marangoni - Il corpo folle
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 104 - Euro 10,00
ISBN 97888-6587-9139

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In copertina: progetto grafico e fotografia di Annachiara Marangoni


Prefazione

Rappresentare l’oscenità nello scenario contemporaneo, rimane l’unico atto conservatore della morale. Mettere in scena, elencare gli attributi della trasgressione, facendo oscillare i significati, costituisce la cattività di un futuro seme di confine, di denuncia all’esibizione di sé mediante la poesia. L’indecenza si avvale ancora della categoria del peccato – per chi ancora ne soffre – per scendere nell’inferno delle passioni, che nietzschianamente macinano in quel tritacarne che è l’Io.
Il corpo folle si presenta come tema di indiscussa oscenità. In un’epoca veloce e binaria, sempre più povera del pensiero divergente vediamo due ingranaggi fondamentali che articolano l’impianto della relazione – ho timore a pronunciare la parola sentimento –, la tecnica come livello avanzato di astrazione e l’annientamento del senso di colpa dovuto al soffocamento della trasgressione, che non possono più confrontarsi con la censura – benedetta censura – nel mare asfittico della trasgressione.
Non rimane che l’ombra dell’umano, che pur di dire, si nasconde sotto le grondaie, nei parchi la sera, dietro i collant di un manichino imbiancato. Dice di non poter trattenere i gemiti della passione per un tacco a spillo, per un ciuffo di capelli bianchi. Piove sulla sera rossa come una ciliegia acerba. Cammina svogliata e nuda sulla banchina a nord di Anversa. È la poesia, questa scostumata, irritante, dissacrante, maledetta poesia che scarnifica il corpo davanti all’Altro. Si spoglia di ogni pudore, non trattiene più la bestemmia dentro l’impermeabile stropicciato. Lascia cadere nei luoghi martiri del post moderno, gocce di sangue e liquidi d’amore.
Se la tecnica ha spolpato l’anima dal corpo, la poesia deve esibirsi di fronte ad un pubblico distratto e silenzioso. Nel linguaggio poetico fioriscono tutti i significati, ogni cosa è la stessa e il suo contrario, come nella follia. Come nell’amore. Questa oscenità trascende ogni volgarità per arrivare nei gabinetti pubblici del desiderio anestetizzato dell’uomo moderno.
C’è qualcosa di più osceno di questo atto?

Annachiara Marangoni


Il corpo folle


Dedico questo libro
all’aria nuda della sera,
Bianca
salata.
Al sorriso di Giulia.


Piove la sera

Ti porgo le tavolette
Stella
Stella
muro del pianto trasformato
tavolette del patto
che racconta di noi
io stesa su di te
a bere le parole
che nascono
dalla tua bocca fiorita
nasce l’alleanza
oltre i nostri abusi
che ci protegge
con lo smalto rosso
dei ricordi
scandagliandoci brutalmente
nel discreto bagliore dell’amore.


Senza niente

Ai piedi della speranza
lascio come ogni sera
un sospiro.

Rumoreggia da una finestra dischiusa
un tiepido vento
fino al mare.

La vela schiuma l’attesa
di una nuova pesca
mentre dal ventre umido
di una chiocciola parlano
onde ormeggiate sulla bruna rena.

Imprigionata tra i profumi
di un’estate appena tramontata
sta l’ombra sola
di un chiosco abbandonato.

Osservavo da distante
il peso di quel legno
mi pareva che la spalla dolesse.
M’illudevo che non fosse il mio
quel dolore sordo.

Eppure da principio
quella distanza la sentivo
non mi pareva un’illusione.

Di giorno in giorno invece
pur nelle mani niente
sentivo le gambe come piombo.

Portavo stretto un dolore
la perversione del mondo
s’era divorata la speranza.


19 luglio 2010

Oh sì
vorrei
contemplando l’idioma originario
donarti
ogni sfumatura
anche retorica
di tutti i sentimenti
custoditi nelle ciglia socchiuse del cuore.

Ma se ruota il cristallo
eccoti sparire!
Meraviglia!
Scopro l’abisso della tua conoscenza.

La testa tra le ginocchia
il pensiero mi raggiunge
una ruga tra gli occhi
come scudo contro la ferocia.

Io non vorrei
vederti volare dominando il cielo
ti offro un pezzetto di specchio
che osservo ora nelle mani chiuse
mentre dormono in tasca.


Anima nera

Cuore ferito
anima nera come l’inchiostro
un fugace sorriso,
ricordo,
mi ha consolato.


Secolario

Ti uccido
ti tolgo il sale adesso
mi sciolgo
nelle tue braccia di uomo
ti curo la ferita
col sale dell’odio
mi curi la ferita
col sale della compassione
ti prendo l’anima
penetrandoti l’occhio
ti rendo felice
leccandoti le mani.


Altro e ancora

Ordinavo per due tutte le cose
mestamente m’inchinavo
a raccogliere indietro quelle perse
poi alla conta
non tornavano mai.

Era come di pomeriggio
un attimo ancora, pensavo
ma già era scivolato lontano
sentire su sentire
scalavamo i minuti
senza mai arrivare sopra.

Sopra invece era come sempre, uguale
di tempo in tempo
rimaneva come prima e come dopo.
Che importa?

Silente si riempiva tutto
niente rimaneva come originario
da quando
di passo in passo
mi avvicinavo agli anni
in cui tutto sarebbe stato compreso.


Lacrima d’inchiostro

Dai grandi occhi tristi
della bambina nella cartolina
cadde un sogno
sulla panchina sfatta,
vera
come una lacrima d’inchiostro.


Ascolto

Liete
udivamo gioiose urla
di infantili giochi
che presto si spegnevano
tra gli ultimi battiti di mani.

Negli occhi freschi
perdemmo le nostre paure
che sciolte
rimasero come scure pozzanghere.

Come lacci inermi
ci pareva di avere due vite
tant’è di illusioni
costruita la speranza.


Bambina divisa

L’orso appoggiato al muro
fissa con occhi spalancati
i cassetti semiaperti

un cappellino appuntito
aspetta la sua fata.

Tu invece
chiuderai gli occhi
in un altro letto.


Di tutto in numero

Forse in centomila
cadevano quei fiocchi in diagonale
come bianche freccette
al tirassegno

parevano più di mille
le mani che tese domandavano speranza.

Se conti gli occhi
e li dividi per due
ecco i cento volti dell’Amore.

Di gesso compaiono
le parole che convincono
seppur ipocrita è la mano che le scrive.

Ogni cosa creata
entra nel girotondo della conta
solo i pensieri sono esclusi
perché d’infinito è la loro stoffa.

[continua]


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