Fino a quel faro che chiamasti amore

di

Carlo Bramanti


Carlo Bramanti - Fino a quel faro che chiamasti amore
Collana "I Gelsi" - I libri di Poesia e Narrativa
12x17 - pp. 98 - Euro 9,00
ISBN 978-88-6587-0761

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


In copertina illustrazione di Elisa Serena.
All’interno illustrazioni di:
Elisa Serena (pagine 8, 26, 73, 82)
Ketty Muscas (pagina 6)
Cinzia Capeci (20, 32, 84, 94).
La poesia di pagina 88 è di Lucia Russo.
Immagini (pagine 76, 79) di Carlo Bramanti.


Quattro “episodi”, tra favola e realtà, e in ognuno di essi una reincarnazione. A volte, come nella vita, l’autore è protagonista, altre volte solo comparsa. Vite ai margini legate da un filo comune: quello di un aquilone, simbolo incessante di Speranza e Amore.

Perle d’acqua.
In una cascata
di foglie
s’insinua una farfalla
bianca, suadente.


Fino a quel faro che chiamasti amore


Dimentica
il desiderio,
domande e risposte.
Dimentica
le persone e il mondo.
Sii l’attimo illuminato,
la rosa
che nessuno coglie.



Ombre di vite trascorse s’immergono in acque pure. Io scrivo.

Sarebbe stupido, Amici miei, continuare a mentirvi.
Lo confesso: mi sono reincarnato più volte e ne conservo piena coscienza… Non chiedetemi come sia possibile. È così.
Ho solo guardato una farfalla dalle ali nivee posarsi su una rosa infuocata, sulla sponda del fiume Lete.
Quando s’è sciolta, ho ricordato.

Sono stato un bastardino fedele dalla coda arricciata, un ragazzo con un sogno sempre in tasca.
Sono stato un gatto pigro che amava il Natale, ma soprattutto un pazzo, un poeta funambolo tra Morte e Amore.



Prima


Una festa di muschi, felci e licheni, sovrastati da un immenso tetto di conifere dal quale colava un rivolo di resina verde speranza. Era quello l’Eden?
Frank non resistette: si fermò a odorare, ritrovando sensazioni che credeva d’aver perso per sempre. Bastarono pochi minuti al silenzio catartico del Grande Bosco per alleggerire ogni suo pensiero.
Di colpo, si sentì parte dell’incanto che lo circondava, dimenticando tutto il resto.
Quando i ragazzi lo chiamarono, tornò da loro scodinzolando con un’aria serena e la coda arricciata.
“Non allontanarti, c’è il rischio di perdersi”, lo riprese Gianluca con tanto di indice in aria.
Frank sentiva una strana forza attrattiva tra lui e Gisella, ma anche un’incomprensibile incertezza.
Da quando erano partiti, si chiedeva perché non dessero sfogo ai moti dell’animo, invece di far trionfare la paura di aprire del tutto il cuore. Perché negare ciò che era evidente? Gli umani erano proprio strani.
Ripresero il cammino come lo avevano iniziato, senza sorridere.
Lui borbottava con passo veloce, lei avanzava in silenzio come se danzasse su una nuvola, stringendo in una mano candidi mughetti e nell’altra fiori che non conosceva.
Gisella non era mai stata nel Grande Bosco e restò stupita dai mille colori e profumi che esso abbracciava.
“Come si chiamano questi doni del cielo?”
“Si chiamano Bubbolini”, rispose con tono svogliato Gianluca, distratto da altre mirabilie.
“Guarda Gisella, questi si chiamano Colchici”. Ne colse un paio e, avvicinando il viso alle labbra di lei, glieli mostrò.
“Sono così belli…”
Gianluca pensò che parlasse dei Colchici, non capì che invece quelle parole si riferivano ai suoi occhi di mare.
Lei avrebbe passato il resto della sua vita lì, sola con lui, tra le infinite meraviglie del Grande Bosco.
“Dove sarà la casa del mago?”
“Non è distante, pochi passi e ti dimostrerò che la magia non esiste e che quel mago è un ciarlatano come tutti gli altri”.
“La magia esiste Gianluca, e quello è un mago, ne sono certa. Tu sai tante cose, ma a volte sprechi troppe energie per studiarne i nomi e cercare di capirle. A volte dovresti solo abbandonarti alla loro bellezza”.
Lui non rispose: guardò su e vide in un lembo di cielo le prime, minacciose nuvole.
Frank, guardandole, pensò che la vita è soltanto un passaggio, un istante, un grido spesso inascoltato lanciato nella notte. Ma continuò a seguirli e a vegliare su di loro.

“Manca davvero poco”, disse Gianluca, illuminato dal fragore di un ruscello.
Si lasciò cadere vicino a un cespuglio di rovi, poggiando la schiena su uno scomodo pioppo nero. Mangiò una mora.
Gisella, invece, era più euforica che stanca. Posò per un attimo i fiori sulla testa di Frank per prendere da terra un sasso bianco e levigato nel quale si specchiò: i suoi lunghi capelli biondi splendevano non meno dei doni del cielo che portava con sé. I grandi occhi castani faticavano a nascondere la gioia che quel giorno le solleticava il cuore. “Dai pigrone, alzati”.
La casa del mago ora si scorgeva appena.
Tutto odorava di menta attorno a loro, anche se non se ne vedeva una foglia.
L’aria gli parve elettrica come in un sogno. Forse quella era la via Lattea e l’universo era pronto a spalancargli nuove stelle.
“Uno, due, tre… Hop!” Gianluca si alzò, asciugandosi la fronte imperlata di sudore con la manica troppo lunga.
Il sottile velo di bruma che li aveva accompagnati fin lì si stava diradando.
Il ragazzo ne era sicuro: quel giorno in un modo o nell’altro avrebbe finito per cambiare le loro vite, le avrebbe indirizzate con un’impronta indelebile.
Fu un attimo. Sorrise alla compagna d’avventura. Quest’ultima, sorpresa, ricambiò il sorriso con naturalezza.
“Apriti, Amore mio”, pensò. “Un giorno, ti abbandonerai sul mio seno, e nulla ti adombrerà il cuore. Andremo lontano, dove i tuoi genitori non potranno più picchiarti e farti alcun male”.
Frank fissava le goccioline microscopiche di nebbia rimaste sospese nell’aria.
Gli ricordavano il giorno in cui Gisella l’aveva trovato, denutrito e con le lacrime agli occhi, vicino a un mandorlo fiorito. Si reputava fortunato: il suo grido nella notte era stato udito. Da allora i due amici, spesso compagni di giochi, si erano presi cura di lui come fosse un bambino.
Li guardò con amore: Gianluca indossava jeans strappati sulle ginocchia e una felpa nera due taglie più grande della sua; Gisella un vestito giallo ocra, attillato, con su disegnate delle rose rosse sotto uno spicchio di luna. Lui sembrava aver scordato le violenze subite in casa, lei la ricca madre che ne soffocava i sogni. Dopo aver scrollato i vestiti impolverati, si rimisero in marcia.
Una foglia del pioppo si era adagiata sui capelli neri a spazzola di Gianluca e Gisella gliela soffiò via, facendola cadere sulla sua guancia dalla pelle ambrata.
La foglia scese, orbitò lieve attorno alla coda di Frank, poi venne spinta da una folata improvvisa verso la meta dei ragazzi: un puntino alla fine di un viale dai colori autunnali, dimenticato dal mondo.
“Sbrighiamoci, tra un po’ pioverà”, disse con voce risoluta Gianluca.

A metà del viale, videro una curiosa casetta di marzapane senza porta, alta circa mezzo metro. La casa poggiava su un letto di foglie lobate, verde chiaro. Quando i ragazzi si chinarono per guardarvi dentro, ne uscì un pappagallo dal piumaggio variopinto.
“Sei… sei un pappagallo?” chiese Gianluca.
“No, sono tua nonna sul trespolo”, rispose piccato il pennuto. “Se cercate il mago, è in quel tugurio. Io ho avuto una giornata pesante e me ne vado a dormire”.
I ragazzi e Frank per un po’ lo guardarono basiti, senza dire una parola.
Il pappagallo rientrò, salì con grazia su un letto di soffice spugna e posò la testa su un cuscino di zucchero filato.
“Che c’è? Non avete mai visto nessuno dormire?”
“Aspetta”, ebbe il coraggio di dire Gisella. “Cosa sai sul mago?”
“So soltanto che vive in quella stamberga da quando ha perso la moglie. Si dice che un giorno abbia avuto l’ardire e la presunzione di sfidare un altro mago: è riuscito ad umiliarlo pubblicamente, davanti a migliaia di persone. Quest’ultimo però, per vendetta, ha trasformato sua moglie in un animale”.
“Che animale?” chiese emozionata la ragazza.
“Non lo so. Però la gente dice che, allo scoccare della mezzanotte, lei torni ad essere la splendida donna che era, solo per dieci minuti, nei quali non ricorda più nulla del proprio passato. E il mago, in quel breve lasso di tempo, cerca in tutti i modi di riconquistare il suo cuore”.
“Che stupidaggini. Andiamo, credulona”, sbottò Gianluca.
“C’è mai riuscito?” domandò Gisella, già trascinata dal ragazzo.
“No, mai”, sussurrò il pappagallo chiudendo gli occhi.

Due grottesche1 raffiguranti leoni pronti ad azzannare la preda campeggiavano ai lati della porta di quella che un tempo forse era stata una villa principesca, ma che ora era poco più che un rudere.
Fu Gisella a bussare, sfidando i leoni di pietra.
“Chi siete?” urlò una voce scorbutica.
“Mi chiamo Gisella, siamo venuti qui per vedere la sua magia”.
“Andatevene, non voglio ragazzi tra i piedi oggi!”
“La prego, siamo venuti da molto lontano per vedere le sue magie, nel nostro paese non si parla d’altro”.
“Siete dei rompiscatole, ecco cosa siete. Va bene, entrate. Vi mostrerò quello che cercate, ma dovete promettermi che poi andrete via, devo ancora bere il mio tè verde delle cinque e voglio assaporarlo senza mocciosi in giro”.
“Ok, promesso”, esultò Gisella, agitando per la gioia le piccole mani, quasi volesse volare.
Anche Frank e Gianluca annuirono, quest’ultimo poco convinto.
La porta scricchiolante si spalancò.
“Dio mio!” pensò Frank.
L’uomo che si ritrovarono davanti aveva una barba bianca trasandata, orecchie a sventola e occhi troppo vicini al naso, iniettati di sangue. La testa, priva di capelli, sembrava un’enorme palla da biliardo: un aspetto tutt’altro che rassicurante.
Vestiva una tunica grigia e lisa, decorata con fregi argentati sulle spalle.
L’abitazione, dentro, era spoglia di qualsiasi orpello. C’erano solo un lampadario antico con una grossa lampada sferica circondata da piccoli cristalli verdi e un tavolo di legno tarlato a un passo dalla finestra aperta.
“Cosa aspettate? Entrate e raggiungete il centro della mia umile dimora”.
Gisella, nonostante la paura le attanagliasse il cuore, si mosse subito verso il centro della stanza, lasciando cadere i suoi fiori sulle polverose mattonelle del pavimento.
Gianluca la seguì, con gli occhi di un condannato a morte. In mente aveva ancora i leoni, dei quali, ora, gli pareva di udire anche i ruggiti.
“Bravi. Adesso voltatevi, devo concentrarmi”.
I ragazzi obbedirono.
“Va bene, potete girarvi”.
Il vecchio agì rapidamente: portò una mano dietro l’orecchio del ragazzo, tirando fuori dal nulla uno stropicciato asso di cuori; lo buttò in aria e lo afferrò con destrezza con l’altra mano, quella piena di macchie rosse che Gisella, incantata, nemmeno notò. L’asso restò sulla sua palma per pochi secondi, poi sparì di nuovo.
“Controlla la tasca destra”, sussurrò il mago.
Gianluca si frugò e tirò fuori dalla tasca una carta sgualcita… un asso di cuori!
Gisella rimase a bocca aperta e le scappò un “bravo”, Gianluca nascose l’attimo di stupore dietro un sorriso beffardo.
“Ok, sei un bravo prestigiatore, ma questo non dimostra certo che tu sia un mago… molta gente sa fare queste cose…”
Fuori aveva iniziato a piovere; il giovane bastardino dei ragazzi abbaiava ai tanti cappelli a cilindro che vedeva dalla finestra muoversi trascinati dal vento. Da uno di essi vide uscire un coniglio rosa, da un altro un gatto nero senza coda ma con baffi lunghissimi, da un altro ancora una nuvola rosa a forma di stella. Abbaiò verso i ragazzi, per attirare la loro attenzione e avvertirli di quello che stava succedendo fuori, ma fu tutto inutile. Intanto, il tè del mago fumava al centro del tavolo dentro un bicchiere di cristallo Swarovsky, che inscenava sul tetto crepato una folle danza di luci colorate, possibile solo nei sogni.
“Se sei un vero mago, allora trasforma questo tavolo di legno in un coniglio”, proruppe sarcastico Gianluca.
“Questo non posso farlo”.
“Che ti avevo detto Gisella? È solo un ciarlatano che si spaccia per mago. Dai, andiamo via”.
“Perché non puoi farlo? Io so che puoi farlo, tu sei un mago, io lo so…”
Gianluca la prese per un braccio e stava per trascinarla fuori, ma l’uomo gli ordinò di fermarsi.
“Aspetta. Non posso farlo se non togli il bicchiere dal tavolo: si rovescerebbe il mio tè”.
Il ragazzo aggrottò la fronte e si fermò; Gisella ritrovò di colpo il sorriso.
Fuori era tornato il sereno e Frank vide la nuvola rosa a forma di stella nascondersi tra le foglie di una grande quercia.
Il bicchiere venne tolto in un attimo, dallo stesso Gianluca.
Il vecchio aspettò che Gisella chiudesse gli occhi, in attesa della magia, poi socchiuse i suoi.

“Tavolo diventa coniglio”, urlò l’uomo più volte.
Alla quarta, Gianluca sbuffò:
“Basta con questa pagliacciata, non ne posso più, io me ne vado”, si voltò verso la porta, e fu in quell’attimo che avvenne l’incredibile.
“Sìììììììì”, esultò Gisella. “Guarda, guarda…”
Rimase fermo sulla soglia.
Si girò.
Non c’era più nessun tavolo: c’era soltanto un coniglio bianco con i baffetti neri, che lo guardava esterrefatto tanto quanto lui.

Il coniglio, a un tratto, spiegò ali diafane e volò via dalla finestra.
Dal suo dorso cadde una coccinella con elitre nere macchiate da sei punti rossi. Il settimo apparve
sulla mano del mago già vestita di innumerevoli incanti.
Frank tremò dall’emozione. Sentì per un attimo il sapore dolce di future vite, quello di un gelato, di un bacio atteso, della sabbia fine aspettando la luna.
I fiori caduti dalle mani della ragazza si erano piantati al centro delle mattonelle, che non erano più grigie e nemmeno polverose. Nessuno avrebbe saputo dire di che colore fossero ora perché una luce cangiante, spesso candida, le ammantava. La stanza tutta e i petali odoravano di mare in tempesta, di onde spumose.
Gisella corse ad abbracciare Gianluca e, spinta dalla gioia, ebbe il coraggio di fare quello che aveva desiderato da sempre: dargli un bacio, poggiare le labbra sulla sua guancia vellutata. Dopo, corse ad abbracciare anche il vecchio, che aveva iniziato a sorseggiare il suo tè.
“Grazie. Sei un grande mago. Il più grande di tutti”.
“E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Così dice il Vangelo. Io non sono niente, Piccola. Sono un modesto prestigiatore dalle mani vecchie e stanche. Sei tu, con la tua fede, che mi hai trasformato in un mago: quando si crede davvero in qualcosa, come hai fatto tu, questa non può un giorno non arrivare. La vera magia sta accucciata quieta in noi stessi, non tutti sanno svegliarla e tirarla fuori. La vita stessa è magia, ed è legata indissolubilmente al sogno e alla speranza”.
“Sorridi, ragazzo”, aggiunse fissando Gianluca. “Tuffati dalla rupe granitica del tuo cuore per cogliere non la rara orchidea ma il fiore più umile e non meno sublime”.
Una gatta color cenere, intanto, era entrata dalla finestra e si strofinava sulle gambe del vecchio.
“È lei, sua moglie”, pensò Gisella. Voleva chiedergli come avrebbe fatto a riconquistarla quella notte, però non ne ebbe il coraggio.
Il sole tramontava: una gigantesca arancia divorata dalla collina dorata.
Qualcuno aveva sguinzagliato in cielo un piccolo aquilone blu che sembrava poter lambire ogni nuvola e Frank lo scorse. Abbaiò. Inseguì il gatto senza coda con i baffi lunghissimi poi, sotto la quercia, lo vide sparire. I due ragazzi presero la strada del ritorno, lei felice e innamorata, lui sconvolto ma egualmente innamorato. Gisella si accorse che dal suo vestito erano scomparse le rose e la luna, forse perché ora le portava dentro, nell’animo. Non tornarono più a casa: scortati da Frank, fuggirono lontano. Crebbero, si amarono, ma di quella casa nel bosco e del suo padrone non seppero più nulla.

È mezzanotte meno un minuto. Toc Toc. Il mago bussa con delicatezza al tetto della casa di marzapane. Sogna baci perduti, labbra di melograno. Gli ritornano in mente le parole del suo nemico:
“Quando tutto sembra perduto, cogli l’astro narrante e i petali dell’innocenza. Solo così riavrai colei che ami”. Forse ha capito. Ha in mano una speranza: un mazzo di rose rosse circonfuse dalla luna.


Nota

1 Sculture in pietra che, a forma di mostri, diavoli o animali feroci, adornavano le antiche cattedrali o le ville principesche.



[continua]


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Per pubblicare
il tuo 
Libro
nel cassetto
Per Acquistare
questo libro
Il Catalogo
Montedit
Pubblicizzare
il tuo Libro
su queste pagine