Appunti di un giornalaio

di

Carmine Gaeta


Carmine Gaeta - Appunti di un giornalaio
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa
12x17 - pp. 50 - Euro 5,50
ISBN 978-88-6037-419-6

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’autore è finalista nel concorso letterario «J. Prévert» 2007


Prefazione

“Sono un uomo che sta alla soglia di una porta. La porta appartiene alla mia attività…” così inizia questo libro di Carmine Gaeta, una miscela di “appunti di un giornalaio” decisamente interessante e le schegge di pensieri sono rivelatrici della condizione umana nel mondo odierno.
La sua “edicola di città” diventa osservatorio dell’umanità che passa davanti: dispersa nel suo frettoloso andare, confusa, soffocata dalla monotonia, costretta dalle innumerevoli pastoie del vivere.
Dal suo angolo, che diventa luogo della mente, fissa i suoi appunti quotidiani, le sue riflessioni e meditazioni sulla vita che scorre veloce: all’inizio la fretta delle persone porta ad una indifferenza con la consapevolezza che non v‘è molto tempo per il dialogo, ma poi, tutto inizia a suscitare interesse: dalla fisionomia degli avventori, agli sguardi, alle espressioni, ai gesti. Eppure v‘è nella sua mente come un velo d’indifferenza che lo pone lontano da tutto ciò.
Ecco allora sgranarsi, nel quotidiano andirivieni, la sognante immaginazione che riconduce ad “un’isola meravigliosa lontana dalla vita” che inizia ogni mattina alla sei e trenta e la convinzione che molti non si accorgerebbero neanche della sua assenza.
L’edicola rappresenta la vita stessa, la possibilità di andare in un luogo diverso senza spostarsi, diventa lo strumento per “abbracciare l’intero senso delle cose” come scrive l’Autore: eppure, a volte, sale in superficie quella sensazione di trovarsi in un luogo inesistente, mentre le immagini volano, gli stati d’animo svaniscono, ed emerge il desiderio della fuga da tutto, un desiderio di catapultarsi in luoghi sconosciuti, lontano dalla monotonia, dalla noia, per sentire finalmente il profumo del “nuovo”.
I giorni non promettono altro che “giorni uguali”, l’affannarsi continuo, un vivere “privo di senso” nella lentezza delle ore, alternato solo dai momenti nei quali i sogni si sostituiscono alla realtà mentre i personaggi dell’umanità si muovono quasi “invisibili”.
Nelle parole di Carmine Gaeta emerge la considerazione che difficilmente “si cerca di penetrare a fondo” le manifestazione della vita ma, sovente, si fanno conversazioni su qualcosa che è esterno, nella “terra di nessuno”, nelle zone dove domina l’“inutilità delle cose”.
Nel gustare un caffè ci si accorge di guardare il “disordine” della vita, “l’uomo senza ideali”, la banalità del vivere e la disperata ricerca della felicità.
Solo i sogni danno la possibilità di rinnovare la propria personalità, come in una continua rinascita: la vita è un viaggio in un mare aperto pieno di contraddizioni, a volte è fondamentale la “fuga mentale” e, anche se l’effetto effimero del sogno dura poco, può sconfiggere le giornate dove la realtà è tormentata.
Carmine Gaeta si inoltra nell’inconscio del protagonista, confonde la realtà e la visione, percorre strade che costringono a pensare, a riflettere, ad aprire gli occhi e la mente. Forse a rincorrere quello che si immagina? Forse a utilizzare le occasionali riflessioni per cercare di penetrare e di riconquistare la sensibilità d’un vivere che non si ri-conosce.
In fin dei conti non è un passivo assistere come spettatore alla vita che passeggia davanti, ma un attivo, disperato e tenace tentativo di incidere dentro se stesso i segni dell’esistenza, della fantasia che offre il “rinnovamento”, dell’immaginazione che allontana dalla cruda realtà, della costante volontà di sognare. Forse la sorte di “essere giornalaio per sempre” può diventare un’amara certezza: ma è pur sempre un appropriarsi d’un ruolo, un personale modo di guardare la vita. Quasi un privilegio se messo a confronto con coloro che vengono “divorati” dalla vita che conducono.

Massimo Barile


Appunti di un giornalaio

Sono un uomo che sta alla soglia di una porta.
La porta appartiene alla mia attività…

Osservatore e taciturno, spio la vita degli innumerevoli avventori, penetrando dentro in un luogo estraneo ma solo inizialmente, dopodichè diventa familiare, abitudinario.
Sono il giornalaio delle 6.30 del mattino, dove nei miei appunti quotidiani, rifletto e medito la vita.
In questo angolo di città, è frequente incontrare tipi curiosi, gente di una certa tranquillità e quasi sempre le corse delle innumerevoli persone il cui aspetto, dapprincipio mi era parso indifferente, poi cominciò a suscitare il mio interesse. Osservavo acutamente i presenti del locale, gli sguardi, l’espressioni sembravano comuni ai tratti e alle fisionomie della gente.


Oggi, in uno dei tanti vaneggiamenti senza motivo, i miei sogni si muovono a distanza verso l’ignoto, la mia liberazione conquista la quiete nell’arte riuscita, ho immaginato un’isola meravigliosa con palme alte ad ombreggiarmi seduto di lato
alla barca color rosso ciliegia. All’improvviso nel bel mezzo della fantasticheria, il mio interesse venne richiamato dalla richiesta di un quotidiano (odio i quotidiani, sono poco evasivi per i miei gusti) grazie, buongiorno…
Riflettevo, e se domani mi allontanassi da tutti loro, libero dall’edicola di città, potrei lasciare tutto questo senza piangere, per alcuni sarei visibile e per altri invisibile.
Credo che la doppiezza, in qualsiasi angolo la si veda, è egoismo mascherato.


Ecco i sorrisi rappresentano l’anima di chi proietta indirettamente in questo mio mondo che consideravo il chiudersi della mia vita, la libertà per un altro sogno.
Non sono sicuro se i miei sogni sono simili ad essi, esistono tante isole, forse la mia sorte è di essere giornalaio per sempre, me ne rendo conto della certezza.
I miei avventori sono brave persone, ho già il ricordo proiettato nel futuro con nostalgia. Dovunque sarò proverò nostalgia e la monotonia della vita quotidiana sarà come il ricordo dei luoghi e dialoghi.


La vita all’esterno non è monotona, non è banale, è tutto per me.
E se la mia edicola di città rappresenta la vita, essa è l’arte che trova ristoro senza andare in un luogo diverso. Non esiste una soluzione, la sensazione al nuovo è inquieta.
È entrata un ragazza, è venuta a salutarmi, lei parte, va via, non ho detto niente. Provo nostalgia di qualcuno che non è stato niente per me, ecco come avviene la fuga, persone che vedi abitualmente, è la vita più la vedi più mi rattrista.


Si, questa edicola abbraccia per me l’intero senso delle cose, vedo i gesti energici della folla. Fotografo ogni momento, il mio viso magro è il confronto con altri visi, in quella folla di persone ogni giorno, ci sono dei volti veramente espressivi, profumati, avverto assenza di monotonia.
All’improvviso oggi, ho dentro una sensazione di non essere nessuno.
Io sono l’edicola di una città inesistente, il chiosco di bevande vuote, penso in continuazione, sento e assorbo in continuazione. Volano le immagini di ciò che ho visto e sentito, perché io sono il centro di cose, volti, libri…
Elargire a ogni emozione una personalità, è vedere dentro diversi stati d’animo.


La monotonia del giorno è la monotonia di se stessi, mi pesa il giorno ieri e oggi, perché è uguale, si somiglia. Il desiderio è fuggire, da ciò che conosco, partire verso luoghi sconosciuti quasi impossibili, liberandoti della schiavitù, entrare in una grotta di montagna e respirare il quieto sonno, allontanando la noia.
Si nasce e si diventa schiavi, ecco perché proviamo il senso di libertà.
Io soffoco dove sono, l’ansia prevale, respiro a bocca aperta, parlo e sussurro dentro di me.
Sono le otto, buongiorno professore, leggiamo il solito.
Quello che ci circonda diventa parte di noi stessi, siamo una comunità ambigua.


Penso spesso al fatto di essere giornalaio, pensare alla fuga significa rinunciare ai miei doveri, se io fossi stato ricco, non avrei potuto essere il nome dei vari vaneggiamenti, presumo come me siano un po’ tutti.
Allungo la mano, per servire una rivista, la sagoma di uno sconosciuto e lenta, cerco di capire se avevo fatto un errore, mi gira le spalle e avanza verso gli altri.
Oggi la pioggia ha lasciato aria pulita, perciò colui che odia il suo ambiente non si rallegra nella folla che pensa e sente in modo diverso. In questo momento servo, e guardando fuori la vita reale rifiuto il sogno.
Vedo con chiarezza i bambini adolescenti che percorrono la strada verso la scuola, personaggi che cresceranno con i propri scenari.


Nelle prime giornate d’inverno, quando si accendono le luci mi sento tranquillo, gusto il caffè in compagnia con il cliente delle sette.
Eppure il lavoro non subisce ritardi, tutti vengono serviti con avanzi di sonno con umore impaziente. Mi assorbo, mi dimentico e la dolce sensazione mi reca a letto privo di sonno, di tranquillità in una buia stanza con sottofondo di musica classica.
Oggi la giornata mi opprime, ho bevuto un altro caffè e rifletto, chissà cosa provano nei miei confronti, le persone che servo. Non sono il mondo, è la monotonia della vita comune che rappresenta il mondo.


Salve signora! Da quarant’anni quella donna passa quasi tutte le giornate in cucina, il suo arricchimento di ricettari promette preparazioni di gustose pietanze, ma tutt’oggi non ho avuto il piacere di poter esprimere una critica del tutto personale. Ecco il vecchio barista, che mi serve un buon caffè. Egli conduce la stessa vita, la differenza è che io posso sentire l’odore del nuovo.
Il risveglio, rivede con meraviglia la giornata, la lettura di un buon libro e si ricomincia a fuggire.


È mattino. Se osservo me stesso, osservo la città come aurora.
Sperare, cosa? Il giorno non promette altro che il giorno stesso, e in ciò che nasce possiamo sentire la melodia della consapevolezza del dentro. Vedere il mattino è sentire l’allegria, i miei passi echeggiano tra il verde degli alberi del viale prima dell’arrivo del sole. Amo la calma della città, il prolungamento della via è tratteggiato dal giorno in una maggior confusione, e i pomeriggi nella solitudine del suo insieme.
Trascino fino a calar della notte le sensazioni di vita, di giorno io sono nulla; chissà se questo affannarsi di anime trovano per un attimo la serenità.
Non c‘è nessuna differenza tra me e le vie di quel movimento privo di senso.


Ci sono ore lente e vuote, e a volte i miei sogni si concedono a sostituire in modo alterato la realtà, creando una dipendenza.
La tarda mattinata domenicale, chiude il mio cuore in un chiesa, la giornata è di luce soave, nelle mie confessioni non dico niente, costruisco dei paesaggi e ritorno bambino.
Volare e come sperare,
di andare in un posto dove si può respirare la dolce infanzia abbandonata.
Correre, correre e acchiappare l’aquilone che vuole scappare.
Che stupido, quello è il suo istinto…
Alla fine di questa giornata rimane, oggi ieri domani.

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