Non Avere Paura

di

Diego Pavan


Diego Pavan - Non Avere Paura
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
15x21 - pp. 64 - Euro 7,00
ISBN 978-88-6037-8880

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’autore è IV classificato
nel concorso letterario “M. Yourcenar” 2008 sez. poesia


In copertina e all’interno immagini di Diego Pavan


Piccolaprefazione

La perfezione degli eventi sappiamo non esistere, e se appartiene al Divino o alla natura, noi troppo spesso la scordiamo. Peggio, la rinneghiamo. Neghiamo di essere frammenti di cosmo, schegge di luce, dardi acuminati e intrisi d’un veleno mortale eppure meraviglioso.
Quel veleno fa muovere i sentimenti, fa nascere e crescere i figli, uccide e risuscita le promesse, sigilla i patti tra l’uomo e la sua metà oscura.
Quel veleno si chiama sangue, si chiama amore, si chiama energia.
E benché lo si trovi in ogni essere vivente, l’amore che scorre e sgorga dal cuore dell’uomo è il più potente, ma il più controverso.
A volte quel veleno m’impaurisce, e rabbrividisco al solo pensare che anche dentro di me può tramutarsi in ira, in odio, in negatività.
Io per primo devo ritrovare la rotta, e per farlo, non devo avere paura di sapere cosa si cela nelle caverne del mio animo in burrasca.
Mi guarderò dagli occhi dei miei bimbi, per sempre, affinché il desiderio di saperli coraggiosi divenga per me antidoto all’ansia del vagare.


Non Avere Paura


A Miriam

prepotente fiore d’estrema dolcezza

giunta un mattino improvviso

a cercare immenso comprensibile Cuore


uno

La morale migliore in questo mondo dove i più pazzi sono i più
savi di tutti, è ancora di dimenticare l’ora.

(Paul Verlaine)


Intro

Una storia
va intesa
spesso
senza domande

Se pure
senza certezza
essa vada
e racconti
di errori
– passaggi e barriere –
va intesa
come perfetta

Come se nave
ella navigasse
burrasche estese
e tifoni avversi
fino ad incontrare
la quiete
dell’ottimismo
trovasse
la pace della voluta
comprensione

E finalmente vada
ad abbattersi pungente
sulla presunta apatia
del popolo
sulla manifesta idiozia
dell’anima generale
A scriverne
la nuova idea
di speranza

Ma per ora
tale è il mio peso
di storia senza schiena
che nessuno
mi avrà in lascito
e forse nessuno
– oggi –
prometterà di tenermi
a mente
per sempre

Ma domani…
Domani
– parola breve per
un’infinita malattia –
ci sarà
chi scritta m’avrà
nel cuore
e che possa
a ragione
raccontarmi
lasciandomi agli angoli
delle strade affollate
scrivendomi sulle
sedie degli atenei
cantandomi da dentro
i carri armati dismessi

Qualcuno che sappia
amarmi prima
di lasciar sapere agli altri
di questo sentimento
intimamente
perdutamente

una storia in tutti voi
a crescere impegnati
e a sopravvivere
senza piccole storie
quale son io

Una foresta di vuoti
cunicoli venosi
che occorre saper immaginare
colma di possibili vittorie

Io così attendo in lei
il sentiero battuto
dalla verità della conoscenza

un sentiero ancora nascosto


Facce

Dimentica le vie
il bimbo con lo zaino
la macchinetta per le foto
cattura sempre i visi
carichi di dubbi
mezzi mascherati da allegria

Dove vai così da solo
giovanotto
e i genitori dove li hai lasciati
ti sei perso vuoi n’aiuto
cosa porti nella sacca
Non scappare torna qua!

Insomma finché va
cambia luoghi cambia lingue
ma i nomi delle strade
ancora non li sa
e gli autobus sobbalzano
tra i buchi dell’asfalto
affianco ai marciapiedi
vicino alla stazione
sotto gallerie poco illuminate
Tengo stretto lo zainetto
e fotografo le facce strizze
quando si esce nella luce

le facce si trasformano
in fumetti
o in foto piene di pensieri
il bimbo se ne accorge
e vorrebbe colorare la tristezza
regalando dei sorrisi
ma ovunque vada
su un sorriso ci si sbaglia
un gesto buono diventa equivoco
e malevolo il suo onesto fine

Dove si trova la bellezza
del mio viaggio?


Vecchio zaino

Tutto servirà un giorno
per moltiplicarci
a cavallo dell’infinito

Daremo lo stesso peso
alle colpe dei microbi
e alle stragi di massa

Faremo comparire le luci
attraverso la cenere
e canzoni da un soffio

Scarteremo gli errori
sperando si possa capire
cos’è la salvezza

Ci basteranno sorrisi
a coprire stanchezza
spilli a bucare le offese
campane per ricreare la pace

Dalle mie mani sgorgano
rotoli di promesse
dolci seppur fatiscenti

Dallo zaino appesantito
nessuno chiede d’estrarre
la cosa corretta
ma quella più a tema
con le aspettative

Tutto servirà un giorno
ai calcoli del dolore
anche queste minuscole
gioie scordate

anche le tue grassocce
dita che fanno ciao ciao
o che tremano d’attesa
per un latte prima dell’alba


Un relativo sapore dei sogni

Ciò che per me
rappresenta un mondo
di bramati miraggi,
ai tuoi occhi
ovviamente diversi
per natura dai miei
potrebbe apparire
come insignificante vibrazione,
falsa mitologia

Ma tra una vita
spesa a sognare vite
non in vendita,
e una vita venduta
e senza sogni,
io preferisco ancora
la prima
La mia


Cosmo

Ho nella scelta

l’odore di un forse:

La mia libertà


La gente

La gente cambia e non cambia mai
Alterna amori a stagioni scure
Abiti nuovi sulle toppe buone
Tra le paure nasconde i guai

Si dice in festa eppure sanguina
Indaffarata di varietà
Consacra miti, lucida i martiri
Domani già si volta pagina

La gente insegna e poi dimentica
Risolve guerre dietro le porte
Falena in cerca di una luce
oltre la morte che non ci giudica

Crudele indaga le vite vicine
a sbeffeggiare malinconia
la gioventù, si sa,
è pazzia che contorce la fine


h 03.36

Dentro attraverso perforo i lampioni
Ne taglio sfrecciando campane di luce
Nel grigio giallastro le curve io inseguo
sebbene la macchina sappia che fare
Qualcuno la radio sussurra la musica
In testa il pensiero s’inerpica e vive
d’insolita estesa sequenza di me che
automa correndo m’imbriglio alla notte
Affianco automobili poche e veloci
Chissà chi si trova guidando a quest’ora?
Mentre nelle case si soccombe
al torpore e ci si abbandona
all’indotto reflusso dei sogni
semafori soli restano a difendere incroci
che spezzo con netto fragore sotto
ai ricordi scagliati addosso alle marce
scalate per dare ed avere banale potenza
Perché è così affascinante guidare da soli?


La calma

Quando penso alla calma
vedo sempre un’amaca
Me l’immagino stesa
fra due palme africane
me la sento indossata
nel riparo dal sole
quando il mare e la sua sabbia
sono bianchi biliardi

Quando penso all’amore
vedo il tuo avvicinare
camminando nell’acqua
con dolce sorriso aliseo
che mi dondola ancora
amabile come un riposo
con il mare ed il cielo
in un intreccio dipinto da Dio

Quando penso alla morte
vorrei che appartenesse
allo stesso mio sogno
Confusa più in là nella schiuma
d’una calda carezza dell’acqua
e come singola onda diversa
placidamente un giorno
mi prenda dalla mia amaca


Baco

Ero chiuso
nel giorno,
stratocumulo
al Nero denso,
in cerca
di nessuno
tantomeno
di un Dio

Macchiavo la vita
con gocce
di falsa linfa,
poi capendoTi
gridai
una Gioia
dapprima
intorpidita

Le cose migliori
dormono
come Occhi
fino a un Mattino
improvviso,
così malgrado me
Tu piovesti
nuovo Sole


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