Tamara Rampanti - Per una vita da escort…

di

Elio Voltan


Elio Voltan - Tamara Rampanti - Per una vita da escort…
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 266 - Euro 16,50
ISBN 978-88-6587-1485

Libro esaurito

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore

In copertina fotografia a cura di Rosalba Sottile


Fatti, personaggi e luoghi che appaiono in questo libro sono di pura fantasia. Ogni riferimento a persone esistenti o esistite e a fatti reali è da ritenersi puramente casuale.


Prefazione

Il romanzo “giallo” in oggetto, descrive la vita di una ragazza nata in una famiglia medio-borghese che fin dall’età scolare dimostra una spiccata intelligenza e attitudine allo studio.
Una sola défaillance: il suo aspetto fisico, privo di qualsiasi attrattiva al punto da essere impietosamente derisa ed emarginata dai suoi stessi compagni.
Ma la bellezza e la sensualità che mancano sono solo latenti: mentre frequenta i primi anni del liceo linguistico, la “crisalide” Tamara si trasforma in una stupenda “farfalla”.
La nuova realtà la spinge a prendersi delle rivincite in quanto intuisce di essere divenuta contesa e ambita dall’altro sesso, e che il suo sex appeal le apporta notevoli vantaggi nel raggiungere i suoi scopi.
Dopo il conseguimento della laurea in Economia Aziendale, il destino ha in serbo per la protagonista esperienze sentimentali deludenti e professionali fallimentari tali da farle riemergere quel concetto rimasto da tempo assopito del “do eroticus ut des”. Così matura la decisione di entrare a far parte di un’agenzia di escort di alto rango, dove la sua cultura e le esperienze acquisite la porteranno ad espletare importanti incarichi nel mondo della Finanza e della Politica.
L’apprensione della madre, in quanto non ancora serenamente accasata, e i segni del tempo vissuto che già iniziano ad intaccare la sua bellezza, la inducono a prendere coscienza che quell’attività non potrà perdurare nel tempo.
Al fine di accumulare quanto più denaro possibile per proseguire senza problemi nel suo “modus vivendi”, pretenzioso ed estremamente dispendioso, matura la decisione di ricattare alcuni personaggi ricchi e famosi con cui era venuta a contatto nel corso dei suoi “ambigui” incarichi.
Non riuscirà a portare a termine il suo piano: verrà barbaramente uccisa.
Le indagini, condotte dall’intraprendente Commissario Enzo Milani della Squadra Mobile e dalla sua équipe, si riveleranno assai complesse per l’impenetrabilità degli ambienti alla base delle indagini.
Il colpevole, come nelle migliori tradizioni del romanzo giallo, verrà al termine assicurato alla giustizia.
L’Autore si destreggia nelle molteplici situazioni che fanno da sfondo alle vicende esprimendosi con stile elegante, conciso, e ironico quando il testo e i personaggi lo consentono.
Affronta il tema, quanto mai attuale, con una collaudata esperienza letteraria e approfondita conoscenza dell’animo umano.

Buona lettura!

prof.ssa Anita Pasquarelli


Tamara Rampanti - Per una vita da escort…


Tamara Rampanti nasce da una famiglia benestante.
Il padre era un ricco e rinomato imprenditore finché la crisi economica internazionale non venne ad inficiare la sua fiorente attività riducendola progressivamente ai minimi termini.
La madre era impiegata alle Poste.
Fu sempre una ragazzina educata, intelligente, amante dello studio fino a conseguire la licenza media con estrema disinvoltura.
Una sola défaillance: il suo aspetto fisico. A quell’età era bruttina, informe, più alta della sue compagne di scuola, quasi tutte più attraenti di lei e che già vantavano successi in campo sentimentale. Spesso la deridevano impietosamente in ottemperanza al concetto dilagante nella società attuale ove l’importante è apparire più dell’essere.
Cercava di supplire alle mancanze estetiche con ogni mezzo, compresi abiti griffati e costosi che la mamma amorevolmente le acquistava, dando spesso fondo al suo non certo lauto stipendio di impiegata statale.
Quando andava in discoteca era costretta a lunghe permanenze sui sofà, pressoché ignorata dai baldi giovani.
Di contro, veniva sistematicamente avvicinata dai coetanei più sfigati, che trovavano in lei una valida interlocutrice per ascoltare i problemi esistenziali che li affliggevano. Data la sua spiccata intelligenza e sensibilità, per ognuno di loro aveva una parola indicata e qualche valido consiglio che alla fine le producevano persino qualche noiosissimo ballo.
Madre natura le teneva però in serbo delle insperate sorprese.
In prima liceo linguistico ebbe inizio una veloce metamorfosi. I suoi seni, in precedenza privi di attrattiva, raggiunsero una forma invidiabile. Anche il suo fondo schiena iniziò prepotentemente a far trasparire un’anima. Tutto ciò, unitamente agli sguardi concupiscenti del sesso “forte”, contribuì a farle recuperare una certa sicurezza in sé per cui il volto si ingentilì. Gli occhi, già grandi, divennero più espressivi e ammiccanti contribuendo a fare emergere la sua latente femminilità.
Quelle stesse amiche, che da anni la deridevano e invitavano alle feste con sottaciuto interesse in quanto ritenuta uno riempitivo non in grado di essere concorrenziale, ora non la invitavano più. Cercavano anzi di nasconderle gli eventi festaioli ai quali veniva comunque invitata da quegli stessi compagni che tempo addietro la snobbavano o nemmeno la consideravano.
In altre parole poteva ora essere considerata della proverbiale “Bella presenza”.
I discorsi con quegli amici che vedevano in lei una pseudo consulente psicologica, ora la infastidivano e cercava in ogni modo di evitarli.
Prese man mano coscienza che la sua immagine esteriore era più considerata delle sue doti intellettuali, che pure erano notevoli, e le apportava molti favori.
Si rese ben presto conto che tutto ciò costituiva un’insperata potenzialità.
Proprio in quegli anni iniziò a germogliare nella sua mente il concetto che quelle sue peculiarità potevano essere convenientemente sfruttate, e nel contempo costituire una sorta di rivalsa per quei lunghi sit-in sulle sedie delle discoteche.
In seconda liceo linguistico legò con Maria Alfieri, una compagna di classe molto carina, tutta tette, che emanava sensualità da tutti i pori. Costei era particolarmente ambita dai maschietti in preda ai primi bollori ormonali in quanto li assecondava con generosità e senza porsi troppi problemi.
Un pomeriggio, al termine della lezione di educazione fisica nella palestra della scuola, mentre si scambiavano i commenti sul nuovo insegnante, Maria esordì:
– Bello e atletico il nuovo mentore di ginnastica! Ti piace?
– Sì, è bello!
– Tu cosa gli faresti?
– Sinceramente non so, non ho mai fatto esperienze!
– Svegliati Tamara! Ogni lasciata è persa!, diceva mio nonno! Ed è vero. Bisognerà che ti impartisca io alcuni erudimenti basilari!
La conversazione, fuori dalla palestra, si fece più che mai interessante e propedeutica al punto che Tamara, almeno sotto l’aspetto teorico, ad un certo punto ebbe la sensazione di conoscere tutto quanto concerne l’apparato maschile destinato all’erotismo.
Poteva quindi passare, prospettandosi il caso, alla fase pratica senza apparire troppo inesperta.
E ciò avvenne alcune settimane dopo nel corso di una gita scolastica.
Dario, il più brillante e carino della comitiva, che da tempo la tacchinava, ebbe questo privilegio.
Notte tempo, confinato in un’altra camera il suo compagno, Tamara gli fece visita.
Ne scaturì un rapporto tutto sommato platonico. Tamara, ben indottrinata dall’amica Maria, mise in pratica le più ardite manipolazioni sulle sue parti intime provocandogli intense sensazioni.
A parte una notevole eccitazione, lei non provò granché. I gesti avventati e un po’ maldestri del giovane play boy, che evidentemente dell’arte amatoria aveva ancora molto da imparare, non le provocarono effetti orgasmici.
Uscì comunque da quella camera d’albergo con la consapevolezza di essere capace di suscitare in un maschio vere sensazioni erotiche.
Ne ricavò per questo un’inconsueta soddisfazione.
Mentre alcuni minuti dopo, non riuscendo a prendere sonno, ripercorreva quella nuova esperienza, fra sé pensò: “Chissà se questa mia capacità può essere adeguatamente sfruttata in cambio di cose importanti?”
Configurandosi tutta una serie di situazioni ad hoc, cadde in un sonno alquanto tormentato.

Ormai il dado era tratto, per cui parecchie situazioni analoghe si riproposero nei mesi a seguire.

***

Quella mattina si sentiva in ansia poiché in programma era il compito in classe di matematica, materia ove in quel periodo non eccelleva.
Varcando la soglia della scuola con un suo compagno di classe che da tempo smaniava ripetere il loro ultimo incontro, e che era bravissimo in quella disciplina, gli disse:
– Se mi passi il compito, oggi pomeriggio ti prometto che ci rivediamo!
E così avvenne; ma avvenne pure che quel concetto latente del “dò erotico ut des” si consolidasse definitivamente nella sua mente.
Alcuni mesi dopo, sentendosi impreparata per la prevista interrogazione di italiano, rammentando che l’anziano professore era sempre stato prodigo di apprezzamenti e sguardi maliziosi nei suoi confronti, decise di mettere in atto uno dei suoi espedienti.
Quel mattino entrò in classe agghindata come pretty woman, vale a dire con una minigonna vertiginosa e stivali al ginocchio. Una maglietta aderentissima completava il suo look. La sua immagine non era molto diversa da quella di una squillo di alto bordo.
Per tutta l’interrogazione il docente non le staccò gli occhi di dosso, e nonostante le lacune evidenti nella sua preparazione, il suo voto, manco a dirlo, fu un’ampia sufficienza.
L’avvenenza di Tamara Rampanti, adeguatamente proposta, aveva colpito ancora.
A fine orario delle lezioni, uscendo in compagnia di Maria Alfieri, colei che fu la sua prima mentore in campo erotico e che le commentava gli sguardi lussuriosi dell’insegnante nel corso dell’interrogazione, le rispose:
– I maschi vanno presi dal verso giusto! Se lo si identifica, gli si può far fare quello che si vuole!

***

Nonostante appurasse che molte sue amiche intrecciavano da tempo intense storie d’amore, lei non riusciva a provare alcuna emozione sentimentale verso nessun coetaneo. Nessuno di loro le trasmetteva qualcosa che non andasse oltre l’aspetto puramente sessuale. Ma di questo non se ne rammaricava minimamente, infatti un giorno, conversando con l’immancabile amica del cuore Maria Alfieri, sentenziò:
– Innamorarsi seriamente porta solo seccature! Guarda quante nostre amiche rimangono deluse e poi piangono! I maschi vanno utilizzati solo per quanto possono darti e poi buttati!
E questo fu un altro concetto che prese piede nella sua psiche, e che caratterizzò gran parte della sua vita.

***

A vent’anni si ritrovò molto bella. Uno sguardo intrigante e il sorriso smagliante caratterizzavano il suo volto. Il collo, lungo e sensuale, avrebbe in altri tempi sicuramente ispirato il pittore Modigliani.
I seni, non eccessivamente prorompenti, restavano comunque a stento costretti nella tradizionale coppa di champagne.
Vestiva sempre in modo raffinato, avendo cura che gli abiti mettessero in risalto il fondo schiena e le sue gambe perfette.
Per far fronte alle esigenze della sua vita dispendiosa, attingeva da un cassetto ove il padre le faceva immancabilmente trovare notevoli somme di denaro grazie al fatto che la sua azienda, per l’apertura di nuovi sbocchi commerciali verso l’Oriente, aveva superato il profondo periodo di crisi.
Fu pressappoco a quell’età, in netto ritardo rispetto alla tabella di marcia delle sue intime amiche, che perse la tradizionale verginità.
Contrariamente alle sue convinzioni, si innamorò di un giovane avvocato conosciuto in un locale nel corso di una festa di addio al celibato a cui partecipava come invitato, e in cui lei era presente con altri amici.
Dal tavolo del Perry Mason in erba le giungevano le battute, per lo più idiote, dei componenti l’allegra congrega, ma anche i suoi sguardi insistenti.
Il giovanotto l’attizzava: era bello e palestrato al punto giusto. Aveva il volto accattivante e lo sguardo intenso di chi è già avvezzo alle arringhe nei tribunali dove è determinante attrarre l’attenzione degli interlocutori.
Ad un tratto lei contraccambiò un suo sorriso, e lui non perse l’occasione per andare oltre facendole segno di raggiungere il bar.
– Cosa posso servire ai signori? – esordì il barman con atteggiamento professionalmente complice.
– Un Calvados con un cubetto di ghiaccio, grazie!
– Un Hemingway leggero, ho già bevuto fin troppo! – proseguì il rampollo che subito dopo interloquì:
– Credo mi debba presentare: Bruno Rea!
– Tamara Rampanti!
– Oh ecco già i nostri drinks. Alla salute e al nostro incontro! Tu cosa fai nella vita?
– Studio Economia all’Università di Torino. Frequento il terzo anno. E tu?
– Sono avvocato. Lavoro nello studio di mio padre. Lui è un bravo penalista! Come vanno i tuoi studi?
– Direi bene. Sono perfettamente in corso e con una buona media.
– Che esame stai preparando?
– Diritto Commerciale, e ti confesso che lo trovo assai complicato e pesante.
– Cosa vuoi fare da grande?
– Entrerò nell’azienda di mio padre: fa l’imprenditore. Questo è il motivo per cui ho scelto Economia, senza però troppo entusiasmo.
– Be’, per lo meno abbiamo una strada già aperta. Se ti può interessare, fra due giorni sono impegnato in una causa di bancarotta fraudolenta, difendo il fallito. Potrebbe interessarti per la tua preparazione, ma soprattutto potresti darmi qualche buon suggerimento in corso di discussione. Sarò costretto a destreggiarmi fra una moltitudine di poste di bilancio e numeri astrusi; e devo ammettere che con questa materia ci litigo parecchio.
– Non credo che tu abbia bisogno dei miei suggerimenti, ma l’argomento mi interessa. Tra l’altro ho già dato due esami di ragioneria e frequentato un primo corso di analisi e formulazione di bilancio. Ci verrò!
– Che colpo di fortuna! Farai proprio al caso mio! Senti, mi sono stufato di parlarti nelle orecchie per questo rumore assordante; vogliamo proseguire la conversazione altrove? Ti propongo un pub confortevole!
– Okay, saluto gli amici e ci ritroviamo all’uscita.
Mezz’ora dopo raggiunsero un locale per vip sulla collina Torinese. A riceverli un solerte maître:
– Avvocato Rea buona sera! Il suo solito tavolo va bene?
– Va benissimo.
Si accomodarono in un angolo appartato e poco illuminato della sala, sprofondando in un accogliente sofà.
Il maître scodinzolava davanti a Rea come si conviene con gli habitué che contribuiscono in modo determinante ai lauti guadagni di un elegante locale.
Naturalmente tutta quella coreografia non sfuggì a Tamara che si senti un po’ fuori dai suoi canoni.
La minigonna che indossava, complice il basso sofà, le salì oltremodo lasciando eccessivamente scoperte le sue gambe che divennero immediatamente notate e apprezzate anche dagli altri avventori.
Appena il maître terminò la sua pantomima spostando e riposizionando inutilmente gli oggetti posti sul tavolo, chiese cosa potesse servire.
– Un cocktail analcolico.
– Due! – precisò Rea. E poi rivolgendosi a Tamara:
– Vedi come siamo costretti ad essere parchi noi avvocati? Domani mattina devo assistere un mio cliente in una riunione d’affari e devo essere sobrio. Mio padre afferma che le esigenze del cliente devono avere la priorità su tutto; per questo è diventato un grande professionista! Non so se riuscirò a emulare i suoi principi!
La conversazione si snocciolò piacevolmente per un paio di ore. Era principalmente lui a interloquire su argomenti riguardanti la sua professione e la sua vita privata. Tamara da parte sua non aveva in quel contesto molti argomenti interessanti da proporre, se non quei pochi circoscritti alla sua vita di studentessa universitaria; e questo le procurava un inconsueto disagio non sentendosi abbastanza competitiva. Seguiva pertanto con interesse le argomentazioni di quell’uomo, colto e bello, che si esprimeva in termini concisi e modi accattivanti.
Stranamente non considerò che era anche ricco.
Ad un tratto si rese conto di essere molto attratta da lui.
Al termine della serata si dettero appuntamento per l’imminente venerdì, alle ore nove, nell’aula dieci del Tribunale, ove avrebbe assistito al processo per “Bancarotta Fraudolenta”.
Nei giorni a seguire Tamara pensò molto piacevolmente a quella serata e avvertì più volte il desiderio di rivedere quell’uomo che gli era inaspettatamente capitato fra capo e collo.

La mattina di quel venerdì pioveva a dirotto e faceva un gran freddo provocato da un vento di tramontana. L’autunno ormai inoltrato proponeva i suoi implacabili rituali atmosferici.
Avrebbe voluto vestirsi in altro modo, ma date le condizioni del tempo tralasciò la consueta minigonna per indossare un paio di pantaloni, peraltro particolarmente attillati, e un consono giaccone imbottito, ovviamente griffato.
Dedicò molta cura al trucco, che doveva essere adeguato ad un’aula di tribunale ma nel contempo suo alleato nella seduzione.
Alle nove meno un quarto fece il suo ingresso nello spazio riservato al pubblico e subito venne notata da Bruno, già nel recinto degli avvocati avvolto dalla sua toga smagliante, che immediatamente le si avvicinò:
– Carissima, sei puntuale, bene! Volevo dirti, se ti viene in mente qualcosa nel corso dell’udienza, di farmi un segno, appena posso ti raggiungo. Oggi è dura, c’è un Pubblico Ministero agguerritissimo e con tutti questi numeri di mezzo…!
Non riuscì a finire la frase che la voce stentorea dell’usciere esclamò:
– Silenzio! Entra la Corte!
– Ciao, devo andare. Ci rivediamo alla prima interruzione!
A Tamara quelle poche parole non le sembrarono vere, era coinvolta quale consulente esterna in un importante processo. Era forse la prima volta che veniva considerata in quei panni e per di più da un uomo che le piaceva moltissimo. L’aveva salutata con il termine “carissima”, forse avrebbe preferito “bellissima”, ma tant’era.
Prese un taccuino dalla sua borsa e una penna per prendere appunti.
Il Presidente si dilungò preventivamente nell’esposizione della vicenda giudiziaria così che lei poté seguirne con attenzione le varie fasi e rendersi conto della dinamica dei fatti.
Prese poi la parola il Pubblico Ministero, il quale, con una lunghissima requisitoria fece arrivare mezzogiorno. Al che il Presidente aggiornò la seduta alle 14 dello stesso pomeriggio per consentire la pausa pranzo.
Bruno, mentre si toglieva la toga con ricercata eleganza, lanciò uno sguardo d’intesa verso Tamara, e poi avvicinandosi:
– Hai sentito com’è logorroico? Ma non gli è sfuggito nulla! Qui se tutto va bene, ne esco massacrato! Adesso andiamo a pranzo. Al rientro sentiremo i miei testi e poi tocca a me. Il processo deve finire in giornata: lo vuole il Presidente.
– È stato interessante! Ho anche preso alcuni appunti. Mi dirai se hanno un senso.
Andarono a consumare un pasto frugale nel modesto ristorante del tribunale parlando inizialmente di tutt’altro rapportabile al processo, poi al caffè Bruno disse:
– Mi vuoi rendere partecipe dei tuoi appunti?
– Nella versione del P.M. mi sono parse delle incongruenze: come poteva l’imputato, per distogliere fondi in danno ai creditori, effettuare tutta quella serie di pagamenti a fronte di contropartite fasulle se in quel periodo si trovava da un sacco di tempo in Cina per definire una serie di contratti di lavoro? Dal punto di vista civilistico saranno senz’altro da revocare, ma penalmente non può essere considerato colpevole: quei pagamenti, per qualsiasi motivo siano stati effettuati, vennero più verosimilmente disposti da collaboratori, se mai conniventi con i beneficiari, non certo da lui. E poi come può essere tanto sicuro che il valore degli immobili riportati in bilancio siano stati gonfiati per ottenere dei finanziamenti bancari? Ha elencato immobili e terreni in capo alla società siti in aree molto prestigiose i cui valori lievitano costantemente. Le poste contabili non mi sono poi sembrate tanto alterate da giungere alla “fraudolenza”. Mi sono spiegata?
– Benedetto il giorno che ti ho incontrata! Dammi ancora qualche ragguaglio sulle voci di bilancio contestate mentre rientriamo: la battaglia comincia adesso!
L’arringa dell’avvocato Bruno Rea, confortato dagli elementi intuiti da Tamara e da altri già in suo possesso, fu accorata e convincente. Facendo leva sulle sue doti di brillante oratore, parlò due ore ininterrottamente smantellando ad una ad una le tesi dell’accusa. Spiegava i concetti riferiti a poste di bilancio e contorsioni numeriche alternando il tono della voce, enfatico quando vedeva i giudici ormai stanchi assentarsi dalla trattazione, più pacati quando l’uditorio era attento.
La sentenza, emessa sul far della sera dopo tre ore di camera di consiglio, scagionò l’imputato dai reati penali ascritti in quanto ritenuto estraneo ai fatti configurati, evitandogli conseguentemente il carcere. Ciò fu ovviamente accolto con grande soddisfazione dall’interessato e dal padre di Bruno, il quale, attendendoli fuori dall’aula, si complimentò con il figlio con poderose pacche sulle spalle, il quale obiettivamente puntualizzò:
– I complimenti me li prendo tutti, però devo riconoscere che l’esito processuale è stato anche determinato da alcune geniali intuizioni della qui presente amica Tamara, per l’occasione mia consulente contabile.
– Per Bacco! Allora oltre che pagarle una parcella dovremo invitarla a cena!
– Sicuramente sì! Ma in una prossima occasione: questa sera sono stanco e sarei un pessimo commensale!
In realtà a cena insieme andarono, ma senza presenze estranee. Durante la conversazione i discorsi caddero ancora inevitabilmente sull’andamento processuale, cosa che non annoiò affatto Tamara la quale si riteneva a pieno titolo coinvolta nel suo esito positivo.
La cena frugale terminò assai presto a causa di importanti impegni che Bruno aveva in programma il mattino seguente.
Trascorsero alcune settimane senza vedersi; i contatti fra di loro avvennero solo per telefono. A dire il vero più numerosi da parte di Tamara nei confronti dell’amico che viceversa. E questo la stupì parecchio, abituata com’era ad essere lei maggiormente ricercata.

Quel mattino primaverile, mentre si recava all’università, le squillò il cellulare, sul display lesse che a chiamarla era Bruno:
– Tamara carissima come va? Sei ancora china sul tomo di Diritto Commerciale?
– No! Sto andando in facoltà, ma oggi dovrò dedicarmici parecchio, la prossima settimana ho intenzione di dare l’esame.
– Volevo invitarti per il week-end in Costa Azzurra. Papà ha una villetta incantevole a Villefranche-sur-mer. Ma non vorrei interferire sulla tua preparazione!
Tamara, che per nulla al mondo avrebbe rifiutato quell’invito, senza far trapelare la sua felicità, pacatamente rispose:
– Accetto con piacere. Un po’ d’aria di mare e relax mi possono anche giovare. Vuol dire che aumenterò il numero delle pagine da studiare nei prossimi giorni.
– Perfetto! Porta il testo con te, magari ripassiamo qualche argomento! Ti passo a prendere venerdì pomeriggio alle 17! Un abbraccio e un bacio!
Tamara si sentì sollevata un metro da terra. Un week-end con Bruno la entusiasmava al massimo. Pensò subito di informare l’amica Maria. Pur camminando speditamente verso l’università, la contattò sul cellulare:
– Ho una notizia sensazionale da darti: farò un week-end con Bruno Rea nella sua villa in Costa Azzurra. Non è stupendo?
– Calmati! Mi sembra quando dovevi entrare per la prima volta nella camera del nostro compagno di scuola! Devi aver preso una bella cotta! Occhio amica mia: ha 10 anni più di te, ambirà molto in alto!
– Chi se ne frega! Posso mica restare vergine a oltranza! Ora dovrò pensare a come vestirmi per l’occasione. Ciao, al mio rientro ti racconterò!
Giunta a casa dopo la lezione, subito andò a rovistare nell’armadio fra l’innumerevole serie di abiti, estraendone alcuni adeguati per l’occasione. Rilevò però la mancanza di un adeguato bikini che all’occorrenza potesse divenire suo alleato. Dato il periodo primaverile inoltrato, si sarebbero sicuramente fatti crogiolare da quel sole che mai abbandona i turisti sulla Côte d’Azur. D’istinto quindi andò ad aprire il cassetto magico, prelevò trecento euro che spese nell’immediato pomeriggio, dopo innumerevoli prove, per acquistare un ridottissimo capo firmato “Parah”.
Il venerdì sera, prima di raggiungere la residenza di Villefranche, Bruno volle cenare a Montecarlo. Lasciarono la sua auto nel parcheggio del piazzale, e senza prendere l’ascensore che li avrebbe condotti alla Rocca Grimaldi, salirono il ripido sentiero che si insinua fra alberi centenari.
Vi giunsero in punta con un gran fiatone perché si lasciarono trasportare da ogni sorta di goliardia ridanciana, giustificata dal bisogno di distogliere la mente dai rispettivi impegni professionali.
Giunti nei pressi della cattedrale, poterono ammirare dall’alto il porto di Monaco. Le luci che illuminavano gli yacht ormeggiati e l’affascinante coreografia sottostante li conquistò. Nel silenzio instauratosi lui l’abbraccio cingendola alle spalle. Fu un abbraccio discreto e sensuale che Tamara gradì moltissimo al punto che voltando il viso verso di lui, lo baciò languidamente sulla guancia.
Si avvicinarono poi al vicino “Restaurant” e subito Bruno venne notato da un solerte cameriere:
– Bon soir monsieur Rea, il suo solito tavolo?
– Oui, merci!
Quando furono comodi, Tamara non poté esimersi dal domandargli:
– Ma tu, ovunque vai, hai sempre il tuo “solito” tavolo disponibile? Chissà le volte che sei venuto qui con le tue conquiste!
– Meno di quanto sembra, te lo assicuro! Ma ora vogliamo ordinare?
Mentre si dedicavano ad un plateau royal particolarmente ricco accompagnato da una bottiglia di ottimo Dom Perignon, le prospettò il programma che aveva organizzato per il giorno successivo:
– Domani mattina ci svegliamo quando ci pare, facciamo colazione sulla terrazza e poi ci spaparanziamo al sole. Non possiamo arrivare a Torino lunedì cadaverici come siamo! Alla sera ho organizzato un party con un gruppo di amici, ti divertirai! Domenica, quando vogliamo, rientriamo in città. Forse c’è anche il tempo per un ripasso! Hai portato il libro di Diritto Commerciale?
– Sì, l’ho portato. Ma non ci voglio nemmeno pensare!
Alle due di notte superarono il cancello della residenza marina dei Rea. Al termine del viale che conduceva all’ingresso della costruzione, gli corsero incontro trafelati una coppia di colore che dovevano essere i collaboratori domestici. Aprendo la porta dal lato di Tamara, in un italiano approssimativo, lei esordì:
– Bon soir mademoiselle, avete fatto buon viaggio?
– Oui, merci – e poi continuò con convenevoli espressi nel suo buon francese studiato negli anni del liceo linguistico.
– Avete già preparato la camera per mademoiselle dove vi ho detto? – interloquì Bruno.
– Bien sûr monsieur! Come avete disposto! – poi rivolgendosi all’ospite:
– Vuoi subito raggiungere la tua camera o vuoi bere prima qualcosa?
– Un drink lo accetto volentieri.
Detto, fatto, si avvicinò subito la signora:
– Commandez mademoiselle!
– Un Calvados, con un cubetto di ghiaccio! Merci!
Mentre faceva compagnia a Tamara con un Whisky, lei notò che era in ansia, come fosse smanioso di definire con la servitù qualcosa che gli premeva prima di ritirarsi. E così fu, poiché ben presto disse:
– Ti accompagno nella tua camera. Spero tu non soffra il mal di mare perché è estremamente esposta sul livello dell’acqua: ti sembrerà di galleggiarci sopra. A me piace molto, quando vengo qui da solo la utilizzo io, questa sera ho voluto però riservare a te questa particolare ala della residenza.
– Sei gentile! Non mi dispiacerà affatto!
Giunti di fronte alla camera si salutarono con un bacio affettuoso ma fraterno, dandosi appuntamento in terrazza per l’indomani alle 11.
Tamara non si addormentò subito, il fragore delle onde del mare mosso che si infrangevano contro gli scogli prossimi alla costruzione non le consentì di prendere sonno facilmente. Nel suo intimo sperava che Bruno la raggiungesse per un saluto più amorevole, ma questo non avvenne.
Nessuno dei passi che udiva fuori dalla porta varcò l’ingresso della sua camera.
Il mattino seguente arrivò in terrazza prima lei. Sul tavolo già imbandito per la colazione vi era ogni ben di Dio. Con tutti quei croissant, pasticcini salati e dolci, marmellate di ogni tipo, insaccati della Provenza, caraffe di caffè, tè, latte, ecc. avrebbero potuto farci colazione almeno dieci persone.
Mentre si attardava nelle sue considerazioni, alle sue spalle giunse la voce di Bruno:
– Inizia pure che si fredda il caffè! Hai dormito bene?
– Inizialmente no, poi il rumore delle onde mi ha conciliato il sonno e ho dormito come un sasso.
– Bene! Terminata le petit déjeuner prenderemo un po’ di sole. Oggi è una bellissima giornata. Poi nel pomeriggio, prima di cena, faremo un giro col motoscafo. A proposito, non ti ho ancora reso edotta su chi saranno gli ospiti di questa sera. Sono quasi tutti connazionali, assai possidenti, che hanno una residenza in zona, molti dei quali miei clienti che ho seguito negli investimenti immobiliari per sfuggire al fisco italiano. Molti sono simpatici e provoloni incalliti a prescindere, estremamente sensibili al fascino femminile, quindi stacci attenta senza possibilmente mollare sberle.
Questa sera sarà anche presente un ospite d’eccezione: Monsieur Renoir, uno straordinario finanziere Monegasco. Possiede un attico sul più alto grattacielo di Montecarlo sul quale sono costantemente in funzione decine di computer collegati con le principali borse valori, sulle quali opera.
– Recepito il messaggio. Ma anche questa tua proprietà è frutto dell’evasione?
– Non dovrebbero essere domande da farsi. Comunque ti dirò che mio padre ha costituito anni fa a Montecarlo una società offshore di consulenza legale; la stessa ha acquisito questa proprietà con fondi derivati parzialmente dalla sua attività, peraltro rivelatasi assai modesta, e con un finanziamento in conto capitale costituito ad hoc con fondi italiani. Per cui tutto è stato fatto secondo il consentito.
– Queste sono operazioni di alta finanza che mi affascinano. Complimenti!
– Finita la prima lezione! Ora andiamo a cambiarci prima che quelle nuvole offuschino il cielo!
Giunse così il suo momento. Indossò quel bikini acquistato per l’occasione e si presentò, una volta sicura che Bruno fosse già ritornato in terrazza, al suo cospetto.
– Per Bacco, faresti impallidire Carla Bruni! Sei uno schianto!
– Be’, non esagerare, comunque grazie per il complimento.
Raggiunto lo scopo, si sedette con accentuati movimenti sinuosi su un lettino prendisole situato accanto a quello di Bruno.
Cadde qualche minuto di silenzio fra di loro. Tamara, mentre ancora si crogiolava per l’apprezzamento ricevuto e lo sguardo concupiscente captato, fu attratta da una vecchia, quanto insolita, imbarcazione a cinque alberi che al largo procedeva lenta, sul mare ritornato calmo, sospinta da una leggera brezza.
Tutt’intorno uno stuolo di gabbiani in volo gracchiava rumorosamente.
Dopo alcuni minuti l’avvocato, in termini più o meno ironici, esordì:
– Vogliamo parlare delle funzioni previste dal collegio sindacale nelle società per azioni?
– Neanche se mi pagassi veramente quella parcella a cui alludeva tuo padre! Credo di aver rimosso tutto quanto ho studiato in questi giorni, e intendo ritenerlo tale almeno fino a dopo domani! Anzi, potresti spalmarmi questo abbronzante?
Mezz’ora dopo la collaboratrice domestica giunse con una bottiglia di champagne millesimato nel secchiello del ghiaccio e due flûte esordendo:
– Monsieur, dame, voilà l’apéritif! Fra mezz’ora le déjeuner è pronto!
– Merci Michelle, prepari pure nel gazebo, pranzeremo lì.
Nel pomeriggio fecero un giro sul motoscafo. Raggiunsero a tutta velocità Antibes dove si fermarono per un drink e una visita alla vecchia città marinara. Poi rientrarono in tempo per prepararsi a ricevere gli ospiti per la cena.

Alle 21 circa quasi tutti gli ospiti erano giunti. Qualcuno, raggiungendo via mare la residenza, attendeva ancora l’ordine di attraccare. Fa questi vi era monsieur Renoir, proveniente da Montecarlo a bordo del suo yacht.
Intanto alcuni camerieri, assunti per l’occasione, volteggiavano fra i tavoli con flûte di champagne e ogni sorta di stuzzichini.
Per la soddisfazione dei cuochi, già da parecchio spazientiti, alle 21 e 30 erano tutti seduti per la cena ai posti prestabiliti.
A capo tavola venne designato monsieur Renoir. Alla sua sinistra Bruno Rea con a fianco Tamara, che a lato trovò già accomodato un elegante e impettito personaggio, con la barba ostentatamente incolta, il quale immediatamente le si presentò, con modi galanti, dichiarandosi ex capitano della Marina Italiana. A seguire tutti gli altri invitati.
Di fronte, diverse mogli e accompagnatrici, sfoggianti esuberanti décolleté e abiti di gran lusso, di tanto in tanto bisbigliavano fra di loro commenti sulla nuova avvenente giovane, che senza minimamente intimidirsi di fronte a cotanto desco, aveva iniziato a colloquiare disinvoltamente con il capitano, ma principalmente con monsieur Renoir che dimostrava di gradire più la sua conversazione di quelle proposte dalle altre commensali in termini frivoli e scontati di circostanza.
Per la prima ora gli argomenti furono attinenti a fatti politici e situazioni economiche italiane di conclamata importanza. Non mancavano quelli riguardanti situazioni finanziarie che venivano animatamente discusse da alcuni personaggi coinvolti in disavventure con il fisco, il loro atavico nemico. Molto spesso Bruno veniva inevitabilmente interpellato per un suo commento legale.
Queste conversazioni, assai animate, erano seguite con una certa noia dal gentil sesso, ma non da Tamara, che più volte si inserì adeguatamente con argomentazioni precise e competenti, spesso condivise dal finanziere Renoir.
E questo inorgogliva palesemente Bruno.
D’altronde le competenze in materia finanziaria ed economica di Tamara Rampanti erano ampiamente riconosciute, in primis dallo stesso Bruno.
Al dessert l’atmosfera si fece più allegra e ridanciana. Un attempato cantante si avvicinò alla tastiera ed iniziò ad esibirsi in note canzoni italiane, provocando una patriottica e coinvolgente euforia.
A questo punto avvenne il previsto.
Mentre il capitano conversava galantemente con Tamara, si spinse oltre esibendosi nel tradizionale piedino e, mentre le accarezzava sfacciatamente il ginocchio reso scoperto dall’audace minigonna, le fece un ammiccante occhiolino.
Lei rimase sconcertata pensando: “Come si permette, e poi alla presenza di Bruno!”. Ma subito, memore di quanto le era stato predetto, avvicinandosi con un sorriso smagliante, diplomaticamente gli sussurrò:
– Io sono molto giovane capitano, e ho troppe esigenze in campo amatorio. Non credo che con i suoi anni possa fare al caso mio!
Toccato sul vivo, arrossì vistosamente e per il resto della serata non le proferì più verbo.
Tamara intanto notò che parecchie coppie, con partner diversi, iniziavano ad abbandonare i tavoli per sparire oltre il salone.
Alcuni si riunirono in crocchio per fumare voluttuosamente uno spinello.
Bruno invece aveva preso a colloquiare animatamente con monsieur Renoir sulla situazione politica Italiana, per cui lei, avendo il capitano levato definitivamente gli ormeggi, ad un tratto si sentì sola.
Ben presto se ne accorse, e scusandosi la invitò per un ballo.
– Sai che il capitano ci ha provato?
– L’ho intuito. Ma non temo la sua concorrenza! – rispose sorridendo.
– Fai male! È un tipo interessante, ha il fascino del vecchio lupo di mare! – gli rispose con l’intento di ingelosirlo.
– Allora corro subito ai ripari! Se vengo più tardi a rimboccarti le coperte, ti dispiace?
– No affatto! Ti aspettavo già ieri notte!
E proseguirono quel lento, stretti in modo tutt’altro che fraterno.
Con la complicità dello champagne e tutto il resto, la serata continuò fra stranezze di ogni tipo. Coppie che si appartavano scambiandosi il partner, spogliarelli integrali fatti da signore, che nonostante l’intervento del chirurgo estetico, era meglio non esponessero oltremodo le loro pudenda. Altri che sniffavano su un tavolo il contenuto di bustine non meglio identificate.
Bruno non partecipava a nessuna di quelle stravaganze.
Alle cinque del mattino Tamara, salutandolo mentre ancora si attardava ad approfondire con monsieur Renoir certi incarichi professionale che gli avrebbe affidato in Italia, lo informò di voler raggiungere la sua camera.
Guardando dalla finestra della sua camera scoprì che iniziava ad albeggiare.
Lo spettacolo che il gallico mare le offriva era da favola. All’orizzonte una fascia arancione, con al centro il sole nascente, delimitava il cielo dal mare azzurro suscitando una incomparabile suggestione.
Nei corridoi si udiva ancora un continuo e frenetico andi rivieni. Alcuni di quei passi si fermarono davanti alla porta. Una voce cortese enunciò:
– Sono Bruno, posso entrare?
– Certo! Entra!
– Volevo ancora bere una coppa di champagne in tua compagnia e poi darti la buona notte.
– Ottima idea! Intanto mettiti comodo.
Quello che seguì è immaginabile. Tamara mise in campo tutto il suo repertorio provocandogli grandi sensazioni erotiche. Giunto il suo momento, rebus sic stantibus, Bruno la penetrò con estrema delicatezza per garantire a quel corpo di diventare serenamente donna.
I ripetuti amplessi furono appaganti per entrambi e consentirono a Tamara di provare per la prima volta il vero orgasmo.
Al mattino, fra l’indicibile disordine che regnava per l’intera casa, si ritrovarono per la colazione. Lei era raggiante, lo guardava come non aveva mai guardato un uomo. Lo sguardo innamorato lasciava trasparire tutto il suo sentimento.
Lui la salutò con un baciò interminabile, interrotto con discrezione dalla domestica che chiedeva istruzioni per le mansioni da espletare prima della loro partenza.
Un’ora dopo, sull’angolo più estremo della terrazza, un caldo sole abbronzava i loro corpi. Tamara si esponeva in topless, come tradizionalmente usa sulla Côte d’Azur.
In quella calma serafica, rotta solo dal rumore delle onde infrante sulla scogliera sottostante, ad un tratto squillò il cellulare di Bruno. Sul display lesse che a chiamare era il carcere delle Vallette:
– Pronto avvocato Rea? Sono il responsabile di turno del carcere. È per dirle che un suo cliente, tale Osvaldo Bianchi, lo ha nominato difensore di fiducia. È indispensabile la sua presenza!
– Motivo dell’arresto?
– Tentato omicidio nei confronti della moglie. Mentre le parlo è in coma all’ospedale.
– Tentato omicidio? Caspita! Sarò lì non prima di un paio d’ore: in questo momento mi trovo in Costa Azzurra!
– Beato lei! Io sto respirando l’aria del carcere da ben due giorni consecutivi. Prima di partire respiri una boccata d’aria marina per me!
– Lo farò. Buon giorno e grazie. – poi, rivolgendosi a Tamara:
– Amore mio, il dovere mi chiama. Un mio importante cliente è uscito di testa: dobbiamo rientrare immediatamente.
– Nessun problema, sarò pronta fra non più di un quarto d’ora! – rispose condividendone l’incombenza, senza palesare il rammarico di dover interrompere così bruscamente la permanenza in quel luogo straordinario, e nel contempo felice che l’avesse chiamata “amore mio”.
Mentre era intenta a raggiungere l’interno della dimora, sentì il bisogno di soffermarsi ancora qualche istante per osservare il panorama.
Si appoggiò al parapetto della terrazza e notò che il mare si era fatto ancora più mosso. Le onde si infrangevano contro gli scogli sottostanti provocando un’intensa schiumosità e spruzzi impertinenti che riuscivano a raggiungerla bagnandole il viso.
Non si scostò. Avvertì anzi che quel contatto inconsueto le apportava una piacevolissima sensazione, come tutto quanto l’aveva coinvolta in quel contesto.
Al largo, un’imbarcazione a tre alberi, procedeva veloce sospinta dal vento impetuoso.
Quell’ansia palese di guadagnare il porto sicuro sembrò spronarla a rientrare velocemente nella sua camera per preparare il rientro.

[continua]


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Per pubblicare
il tuo 
Libro
nel cassetto
Per Acquistare
questo libro
Il Catalogo
Montedit
Pubblicizzare
il tuo Libro
su queste pagine