Il castello di Sant’Angelo Lodigiano – Storie nella storia

di

Elisabetta Tarantino


Elisabetta Tarantino - Il castello di Sant’Angelo Lodigiano – Storie nella storia
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 140 - Euro 14,00
ISBN  979-1259510457

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In copertina e all’interno fotografie di Antonio Mazza – Lodi


PREFAZIONE

Al visitatore, che per scelta o per ventura,
decida di varcare il portone d’ingresso
del castello di Sant’Angelo Lodigiano.

Isolati dal rumore assordante della quotidianità che con il suo ritmo frenetico ti sottrae al passato, ai ricordi, ai sentimenti ed alle emozioni.
Guarda intorno a te, alza il tuo sguardo su queste vetuste mura che osservandoti benevole, sono pronte ad accoglierti tra le loro vecchie braccia e a condurti in un viaggio nel tempo e nello spazio.
Tocca con la tua mano i mattoni consumati che costituiscono il corpo di questo castello e sentirai palpitare in essi un’anima.
Tendi l’orecchio, soffermati ad ascoltare il suono del silenzio che pervade ogni singola stanza e ad un tratto esso non ti sembrerà più muto.
Senti i sussurri che lentamente diverranno voci, da cui delicatamente sbocceranno parole che gradualmente fioriranno in racconti.
Ascolta le storie di gesta eroiche, di cruente battaglie, di lauti banchetti dopo estenuanti battute di caccia, di violenza e crudeltà, di odio e di vendetta, di gioia pura e di cupa disperazione, di intuizioni e nuove scoperte, di passioni, di relazioni fugaci e di amori eterni, dell’abbandono, della ricostruzione, delle più rovinose fiamme, delle lacrime e poi della rinascita.
Accogli l’immenso patrimonio culturale che ti verrà consegnato da queste generose mura. Ora ti appartiene.
Non permettere che esso scompaia per sempre nell’oblio e che si dissolva come bruma mattutina al primo sole.
Conservalo amorevolmente e tramandalo ai tuoi posteri affinché si mantenga sempre vivo il ricordo del passato e dei suoi protagonisti.

L’Autrice


Il castello di Sant’Angelo Lodigiano – Storie nella storia


I

Una delle più antiche descrizioni del territorio di Sant’Angelo Lodigiano ce la regala il poeta vate1 Francesco Petrarca che, a lungo ospite alla corte dell’arcivescovo Giovanni Visconti, mentre era in visita a San Colombano molto probabilmente passò anche da Sant’Angelo.
Le sue parole ci dipingono il quadro del meraviglioso panorama che queste terre generosamente offrivano al visitatore il cui sguardo, spaziando su di esse, con ampio respiro si pasceva gaudiosamente di immensità e pace:
“…dai colli di San Colombano i cui piedi sono lambiti dal Lambro, fiume limpidissimo e benché piccolo capace di sostenere barche di ordinaria grandezza. A ponente libero spazia lo sguardo e regna gradita solitudine e amico silenzio. Non ricordo di avere mai visto, da un luogo sì poco elevato, uno spettacolo sì vasto di tanto nobili terre: girando appena un poco lo sguardo ti si offrono innanzi Pavia, Piacenza, Cremona… A tergo stanno le Alpi… e con le nevose cime cinte dalle nubi pare che tocchino il cielo; davanti a me sta l’Appennino e un immenso numero di terre e di castelli2…”.
Compiamo qualche passo indietro nel tempo.
Dapprima gli anni e poi i secoli retrocedono sempre più velocemente intorno a noi, in un turbinio di colori, di profumi, di correnti che, ora gelide e taglienti, ora calde e carezzevoli, sfiorano la nostra pelle.
L’aria da principio pungente inizia gradualmente ad intiepidirsi fino a trasformarsi in opprimente calura estiva.
Si percepisce un brusio che da sussurro lontano si avvicina rendendosi via via più distinto.
I contorni della scena intorno a noi, da sfumati giungono a spiccare nitidamente in un’atmosfera carica di caldo afoso e di surreale immobilità.
Sotto la volta di un cielo foriero del più violento dei temporali, plumbeo sfondo su cui vivacemente contrasta il verde fresco e brillante del fogliame, si odono stridori di spade e cigolii di armature arroventate che cozzano violentemente una contro l’altra, appiccicate a corpi ormai affaticati, esausti, madidi di sudore e di sangue che si ammassano addossati ad una mastodontica costruzione in pietra grigia, squadrata e dall’erculeo aspetto, posta a ridosso di un fiume le cui acque scorrono vivaci e cristalline.
Urla e rumori di guerra si percepiscono ora distintamente.
Volge l’anno 1193, il 16 giugno.
Teatro di questa scena bellica è la terra di Sant’Angelo Lodigiano, allora sormontata dalla rocca antenata dell’attuale maniero: il castello di Cogozzo3.
Si trattava di un formidabile baluardo difensivo del quale si parla fin dal principio del secolo XI.
Situato in posizione strategica a ridosso del fiume Lambro, che al tempo svolgeva egregiamente la funzione di via di comunicazione e di trasporto fluviale, il castello di Cogozzo costituiva una preda commercialmente molto appetibile, al punto da non sfuggire all’interesse dei milanesi che vi si insediarono, assicurandosi col possesso del fortilizio anche i diritti di navigazione.
Questi diritti venivano gelosamente conservati dai detentori poiché, considerate le difficili vie di comunicazione terrestri, costituivano un’arma commerciale dall’elevato potenziale, perenne oggetto di contesa e causa di infinite discordie e lotte civili disseminatesi nel corso dei secoli.
Quivi, proprio per il suddetto motivo, era nel pieno del suo svolgimento uno dei tanti combattimenti tra Milanesi e Pavesi uniti contro i Lodigiani. Questi ultimi assaltarono il castello di Cogozzo, mettendolo in assedio. Tuttavia, trovatavi una forte ed agguerrita guarnigione, da essa furono disastrosamente respinti e invece che utile e gloria patirono ingente danno a causa delle copiose perdite di uomini che dovettero subire: alcuni perirono di arma, altri, feriti e non, furono trascinati dalla furia delle acque del fiume Lambro che scorreva profondo ed impetuoso.
Del castello di Cogozzo si parla in un trattato di pace tra Lodigiani e Milanesi datato 24 dicembre 1199 che decretava questi ultimi padroni delle terre di San Colombano, Sant’Angelo, Valera, Graffignana, Cogozzo, ecc. ecc. nonché detentori dei diritti di navigazione sulle acque del fiume Lambro.
Lunedì 28 dicembre 1198, quando secondo il costume di quei tempi il nuovo anno 1199 era già iniziato dal giorno di Natale, fu firmata la Pace tra Lodi e Milano. Tale accordo imponeva, fra le altre condizioni, la cessione da parte dei milanesi di alcune terre tra cui Sant’Angelo, ma soprattutto la distruzione della fortificazione del castello di Cogozzo.
Tra la fine del secolo XII e gli inizi del secolo XIII la storia accenna ancora a Cogozzo: nel corso della guerra combattuta contro Federico il Barbarossa viene segnalata l’occupazione da parte dei Milanesi di un castello “ruinato e cadente” e ancora in un editto del 1° maggio 1210 emanato dall’imperatore Ottone IV in materia di diritti di navigazione sul fiume Lambro e di costruzioni e fortificazioni lungo le sue coste, sempre oggetto di contesa tra Milanesi e Lodigiani4.
Poi, più nulla.
Il “fortissimo” castello di Cogozzo, come descritto dai cronisti medievali, venne ingoiato per sempre nel gorgo dell’incessante scorrere della storia e non esistette più che nel nome e nella memoria.


II

Nei primi decenni del secolo XIII, per non lasciare “irruginire” le armi, i milanesi ritornarono ad attaccare i loro nemici lodigiani e lo fecero su due fronti: da un lato si portarono in Lomellina e dall’altro entrarono nel Lodigiano5.
A seguito dell’avvenuta distruzione dell’antica rocca di Cogozzo, quale pesante condizione imposta loro nella pace di Natale del 1198, i milanesi riedificarono a Sant’Angelo Lodigiano un nuovo castello, l’attuale.
Il cronista Galvano Fiamma racconta che fu ultimato il giorno 8 ottobre 1224.
Con riguardo all’anno preciso di completamento, taluni citano il 1224 talaltri il 1244: ci si chiede se tale discrepanza temporale sia dovuta o meno ad un errore di trascrizione.
In ogni caso, le fonti concordano nel collocare entro un arco di tempo non certo breve l’edificazione del nuovo castello.
La stessa potrebbe aver preso avvio indicativamente nei primi decenni del secolo XIII, dopo la guerra contro Federico II di Svevia, ed aver indossato il suo abito definitivo durante i primi decenni del secolo successivo, nella fase ultima delle lotte con i Visconti.
Da quest’epoca in avanti la nuova costruzione assunse definitivamente il nome di castello di Sant’Angelo Lodigiano.
Concepito principalmente come strumento difensivo nell’ambito del processo di espansione del dominio visconteo, il nuovo castello era posto su di un naturale basamento roccioso inglobato nelle sue stesse fondazioni.
Immaginiamo la nuova costruzione porsi dinnanzi a noi quale fortezza poderosa ed austera, caratterizzata da uno spiccato aspetto militare che pensiamo contraddistinto da specifici elementi architettonici di natura romanica, come per esempio aperture ad arco romano che comparivano ad intervalli lungo le poderose mura più al fine di agevolare le operazioni di attacco e di difesa che di rispondere a vezzi di natura estetica.
L’immagine del fortilizio lentamente si materializza sempre di più nella nostra mente elevandosi imponente sulle terre circostanti e svettando elegantemente abbigliato da una veste formata da freschi mattoni “del più bel rosso acceso” gradevolmente contrastanti con il più ceruleo dei cieli6.
Il nuovo castello era ubicato, a circa cinquecento metri dalla rocca distrutta.
Come quest’ultima, anch’esso occupava una posizione assai favorevole dal punto di vista economico poiché si situava naturalmente a brevissima distanza dalla confluenza dei due rami del Lambro, che manteneva ancora salda la funzione di principale via di comunicazione, ma soprattutto dal punto di vista difensivo poiché, posto su uno sperone di roccia a picco sul fiume, risultava in posizione più elevata rispetto alle terre circostanti, potendo così svolgere egregiamente il compito di sentinella.
La possente presenza di questo nuovo soldato posto a guardia del borgo generò fiducia nella popolazione che diede così inizio ad una lenta transumanza delle proprie abitazioni ai piedi e nelle vicinanze del castello, quasi a chiederne timidamente protezione.
Purtroppo non esistono né descrizioni né immagini che possano mostrarci oggettivamente quali fossero le sue originali sembianze se non il castello stesso che, attraverso i singoli mattoni che costituiscono le sue mura, si pone quale solo narratore ed unica fonte documentale del proprio passato.
Si è detto che il castello di Sant’Angelo nacque con fini di natura prettamente difensiva; solo in un secondo tempo si trasformò in residenza di campagna. Venendo sempre più a mancare, nel corso dei secoli, l’esigenza di difesa a favore di quella commerciale, esso venne gradualmente a perdere la funzione di roccaforte militare e ad assumere il compito di deposito di derrate agricole prodotte dai proprietari Bolognini nei loro possedimenti terrieri circostanti per poi trasformarsi in vera e propria residenza con l’ultimo Conte Gian Giacomo Morando Attendolo Bolognini.
Recenti studi effettuati sul maniero ci rivelano interessanti particolari che possono aiutarci ad assemblare qualche tassello della sua storia.
È stata individuata disomogeneità nei piani di fondazione, a testimonianza di una crescita del castello non avvenuta in un unico tempo, ma in fasi e periodi diversi.
Le parti più antiche possono essere individuate nei corpi perimetrali che verso il lato esterno formavano il muraglione difensivo mentre da quello interno abbracciavano un cortile molto più ampio di quello attuale.
Un esame delle mura ha reso possibile riconoscere la tipologia di mattoni che contrassegnavano il castello sin dalle origini: essi sono presenti sul fabbricato in modo significativamente ampio coprendolo su almeno tre lati, dai sotterranei fino alla merlatura di coronamento.
La sua immagine fisica non sembra aver subito alterazioni sostanziali nonostante le variazioni susseguitesi nei tempi, mantenendo l’impianto costruttivo essenziale che tuttora ne tratteggia l’aspetto, unitamente all’austera struttura di colosso militare.
La planimetria del castello mostra la sua forma di quadrilatero rezgolare solo su tre lati. Si ritiene che il quarto lato occidentale sia frutto di una ricostruzione successiva, una variante costruita con qualità più approssimativa e frutto di tecniche, sensibilità e ragioni differenti dalle originarie.
L’importanza strategica e l’imponenza architettonica della fortezza vennero accresciute dalla costruzione intorno ad esso di una cinta di mura, intervallata da torri e interrotta da porte ferrate a saracinesca e ponti levatoi attorno ai quali scorrevano le acque della fossa del castello.
In corrispondenza del quadrivio formato dalle attuali vie Umberto I e Mazzini con viale dei Partigiani era collocata “La Porta di Santa Cristina” ovvero la più grande porta a saracinesca a ponte levatoio della piazza d’armi del nostro attuale castello.
Un grande fossato abbracciava il maniero.
Il corso d’acqua traeva alimento dal fiume Lambro, faceva darsena nella località “Giardinone” e proseguiva a ridosso delle mura concludendo il suo cammino nuovamente nel Lambro, nella località detta “La Guattera”.
Il suddetto quadrilatero, contornato lungo tre lati dalla grande fossa e lungo il quarto lato dal fiume Lambro stesso, conferiva al borgo, e soprattutto al suo castello, caratteristiche straordinarie sia dal punto di vista difensivo, come ben si può immaginare, sia dal punto di vista estetico regalando alla nostra sentinella seriosa eleganza e soave levità ogni qualvolta essa si ritrovava a contemplare narcisisticamente la propria immagine che si rifletteva imponente o ridente sulla superficie ora immobile ora dolcemente increspata delle acque che la circondavano.

[continua]


1 Profeta, indovino.

2 PETRARCA F., Rerum Familiarium libri XXIV, XVII 5, Ed. Naz. A cura di V. ROSSI, Firenze, Vol. III, 1937 (Qui riportata la traduzione).

3 In sostanza questo nome ha il significato di promontorio, che in dialetto si direbbe co güz, capo acuto, aguzzo. La zona in cui si pensa sorgesse il castello di Cogozzo corrisponderebbe alla località posta all’estremità del paese verso Villanterio, in cui tutt’ora Sant’Angelo si restringe fino a presentare alla campagna un’estremità di case degradanti a mo’ di punta.

4 MONTENEGRO A., a cura di, Giovanni Pedrazzini Sobacchi, Sant’Angelo Lodigiano ed il suo Mandamento nella Storia e nell’Arte (e altri scritti), Sant’Angelo Lodigiano, 2003, p. 45.

5 GIULINI G., Memorie spettanti alla Storia, al Governo ed alla descrizione della Città di Milano ne’ secoli bassi, Milano 1855, Vol. IV, Libro LIII, p. 420.

6 NEGRI A., Erba sul Sagrato, Milano, 1939.


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