C’è una minestra nella mia mosca

di

Federico Bressani


Federico Bressani - C’è una minestra nella mia mosca
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 64 - Euro 8,00
ISBN 978-88-6587-6886

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In copertina: elaborazione grafica di Michela Claretti


Federico Bressani ha uno sguardo lirico attento alle più labili percezioni del vivere e alle manifestazioni dell’esistere. Alla ricerca del lato “nascosto” e profondo della sostanza unitamente al desiderio di scoprire e riscoprire l’essenza intima della vita.
In alcune poesie si avverte l’osservazione critica in riferimento alle ipocrisie del mondo; alle antinomie dell’esistenza ed alle contraddizioni che sempre si dispiegano nell’incessante cammino dell’essere umano.
La consapevolezza del vano tentativo di cercar “risposte”.
La vita è faticosa, un sofferto e duro cammino: costantemente in “salita”.
Non mancano alcuni riferimenti a dolorose vicende sentimentali e storie sofferte dell’umano vivere. Le cadute ed i disinganni. Le speranze deluse e l’amara consapevolezza del proprio “essere” e del proprio “destino”.
Un volo libero nelle zone oscure della vita: mettendosi a nudo, senza false maschere, senza inutili giri di parole.
Sincero. Crudamente aggrappato alla realtà.


C’è una minestra nella mia mosca


EMPATIA

C’è qualcosa nella via,
i bambini giocano
aspettando di venir grandi,
i vecchi osservano
sperando d’esser giovani,
seduti su poltrone sfilacciate
sotto tettoie arrugginite
quanto i loro occhi.

C’è qualcosa nel mare,
la luce si specchia
in multiformi
giochi di riflessi…
qualcosa deve esserci,
la gente getta a mollo
i propri pensieri
osservandolo per ore,
anche se là sopra non c’è nulla.

Sospirano domande
senza pretendere risposte,
esclamano “è fantastico”
e non è affatto vero,
solo una superficie piatta
su cui si affaccia il cielo.

Siamo onde
che testarde
provano e riprovano
a valicar la spiaggia
riuscendo ad arrivare
solo un po’ più in là
o la calma piatta
che non tenta più nemmeno.

C’è qualcosa nel mare, sì.

C’è qualcosa nella notte
nel buio
che ti fa credere
che qualsiasi cosa
può accadere
nonostante le statistiche
nonostante la fortuna
o i consigli di chi ne sa di più.

Ci son parole
che escono solo la sera
quando è tardi e
i locali ormai son chiusi.
Spesse, grasse
e fantasiose
come una puttana a fine carriera
con il rossetto sbavato
che non vuole più nessuno.

C’è qualcosa nella gente,
non si capisce cosa
o non si vuole farlo,
paura o imperizia
poco cambia.

Siamo scimmie ben vestite
che saltano e gioiscono
urlano e ringhiano
bestie multiformi
che non seguono copioni,
almeno così pare.
Niente scommesse
tantomeno alcun
pronostico.

Meraviglioso.

Ritiriamoci, nella nostra
legione
prima che sorga il sole
fra le urla, fra le grida
teniamo nascosta
una dose d’amore
pronta nel taschino,
da iniettarci
quando ce ne sarà il bisogno.

Quando il mare sarà sporco,
la strada silenziosa
e la gente vuota,
quando insomma,
non ci sarà più qualcosa…


CREDITO

Centri scommesse pieni
più di un free bar in un posto in,
gente che esclama, si impone
in idee vuote di sostanza
piene di birra e idiozia.
Si lamentano son stanchi
della vita che non paga…

operai alienati
dalle ore sempre uguali
che si sommano fino alla campana,
lotta alla sopravvivenza
senza tregua,
anche loro si lamentano
della vita che non paga…

pescatori che vivono
se la rete afferra il pesce,
ma fuori la notte
col mare si incazza,
nient’altro da fare
che aspettare domani.
Son stanchi della vita che non paga…

il tossico non vede più il sentiero
ha più esperienze che età.
Riceve un cappotto in dono
venduto per una dose
che gli tenesse caldo nella notte
che non vuol lasciarlo
in pace.
Vende se stesso,
dilaniato dalla vita che non paga…

il sindacalista lotta
e si sprona
ma la bimba piange
e il diritto muore
mentre aspetta che la vita
sganci un premio per la fedeltà…

il barbone, beve, fuma,
chiede, vive e muore
in attesa che la vita
lanci una moneta…

tutti si lamentano
simultaneamente,
un urlo corale
si innalza nel cielo
in un solo lamento.

Siamo tutti visi
che riposano in poltrone
troppo comode
per alzare e marciare,
siamo tutti persi
dietro al sospiro di sollievo
di una spina che si stacca.

Siamo tutti lì
adagiati, sballati,
bevuti, stanchi o
sovrappensiero,
fermi
davanti ad uno schermo
mentre altri segnano
sul nostro conto.

Non ci sarebbe guerra
se solo lo volessimo,
perché s’ogni uomo
stanco
fosse un soldato
non avremmo esercito
a noi pari
per combatterci.

Ma siamo stanchi dal lavoro
o da una sera che non ci dà tregua,
non abbiamo alcuna voglia
siamo tutti quanti a bocca aperta
distratti ad aspettare…

la vita che non paga.


CIBO PESSIMO

La tua camminata fiera
sovente ti trasporta
richiami sicura una gamba alla volta

mentre passi ti vedo
io al solito posto
sullo sgabello siedo
buono e composto
non parlo non chiedo,
aspetto il mio pasto.

ti vedo passare pochi istanti d’un giorno
giornata sconvolta
sei l’unico motivo per cui torno
a mangiare in sto schifo ogni volta.

Il mio occhio ti vede
mentre la mia bocca pranza
non fermare il tuo piede
e la tua danza.

Vorrei farti un gesto
ma sarei quasi ingrato
è ridicolo questo,
che faccio vado?
…No taccio,
resto.


GIOVENTÙ

Non sai quel che vuoi,
la testa
stretta fra le gambe
mentre ascolti il mare
che sbatte nei tuoi occhi
i suoi riflessi più accesi.

Danzi intorno al mondo
che fermo ti osserva
pronto a darti ciò che vuoi,
ma tu non te ne accorgi
mentre guardi il cielo
che non sembra dirti niente.

Se cerchi delle risposte
non guardar da questa parte,
non so niente,
cambia le domande
e capirai te stessa
sorridendoti allo specchio.

Non cercare gli anni
che non hai,
dimostra quelli passati,
scivola le noie
e scagliati nella notte
come fossi un acquazzone
durante una calura estiva.

Il giorno ti attende sotto casa,
non farlo aspettare,
vestiti per lui
dei tuoi color più vivi,
dei gioielli e del tuo sorriso,
scendi le scale
e rendilo fortunato.


IL DIPINTO

Quando accade
è già successo.

S’infittisce la nebbia,
la si tocca con mano.

Tutto ruota
alternando il verso.

Niente è a fuoco,
si sgrana la vista
dei pensieri.

La miccia frizzava
ormai da tempo.

Ora sei chino
a raccoglier le macerie
di te stesso.

Morte silenziosa.

Ti abbraccia
la consapevolezza
non sai più chi sei…

E speri in ginocchio
nella notte,
che la tela torni bianca
per mutarne lo stile,
per alleggerirne il tratto.


IMMAGINI

Lamenti
ogni giorno, d’ogni anno
il ricordo reca danno,
le menti
nel forno che fumo che fanno.

Ferrovie di istanti
dove scorrono pensieri,
retrovie distanti
di oggi e di ieri.

Tempo perso tra idee
fumo, vento, puttane e dee.

Trappole empie premeditate
frottole, bugie, cazzate,
parole mie ma enfatizzate.

Teste di venere con in bocca rose o insulti
cose tenere che toccano, celeri son spunti
di queste pose scrivo con la cenere i miei appunti.

Banconi, voci, gente e bottiglie
rumori, luci spente e famiglie.

Braccia spalancate su cui arrivi se cadi
le facce estasiate dei vivi invano.
Il gioco dei tre bicchieri,
il fuoco che brucia i pompieri,
l’irrisione che colpisce l’illusione
la ferisce e questa muore,
se c’è tristezza, si chiama consapevolezza.

Svantaggiosa e inaridita
la vita, comunque vada
sta pur sicuro
è un viaggio in salita e duro…
come la strada d’un pugno nel culo.


LA PILLOLA

Se i sogni svaniscono
è perché quella che vivi
è la realtà che sogni.
Il sistema per raggiungerla?
Sognare amico,
occorre sognare…

e non chiudere
i tuoi occhi
di fronte al tempo,
per favore!
Continua a provare
e riprovare
finché l’insoddisfazione
sarà vecchia e
sempre più lontana,
mentre da questa ti distacchi
inseguendone una nuova.

Tra un insuccesso e l’altro
crescon le soddisfazioni.
Scovale e rinchiudile
avido e bastardo
perché queste son le tue.

Mettile nel bagaglio
che ti porti addosso,
mentre cammini
andandotene via
verso il tuo sogno,
svanendo all’orizzonte
in una rapsodia
all’ora del tramonto.


[continua]


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