Nell’incanto del mio silenzio

di

Gian Claudio Vassarotto


Gian Claudio Vassarotto - Nell’incanto del mio silenzio
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 74 - Euro 8,30
ISBN 978-88-6587-0501

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In copertina: «Corse aurore» (Corsica all’alba) © Hassan Bensliman – Fotolia.com


Prefazione

La poesia di Gian Claudio Vassarotto è pervasa da un forte senso religioso che ammanta la Parola, sempre intensa e vibrante, di “sacro amore” e questa tensione spirituale si accompagna alla volontà di risvegliare il cuore dell’Uomo come a lasciarsi trasportare dal continuo stupore davanti al mondo.
Ecco allora che “nell’incanto del silenzio”, nella profonda immersione nella propria coscienza, nella solitudine della personale visione esistenziale, le manifestazioni dell’umano vivere vengono scandagliate come a ricercarne la sostanza autentica, l’intima essenza: nell’umana avventura vi sono il dolore e la miseria dell’Uomo, il sommesso ricordo delle persone amate, l’infame tragedia della guerra, il travaglio dei giorni che consumano la vita, le fragilità e le contraddizioni, la fede e la speranza in un domani migliore, il bisogno vitale di raccogliersi in preghiera e, in ultimo, la volontà di entrare nel “mistero profondo”, nella verità che si irradia con la vita autentica fino al sublime dono del divino.
Le parole di Gian Claudio Vassarotto nascono dal profondo del cuore e si elevano alla dimensione spirituale in una continua ricerca dello spiraglio luminoso che possa diventare luce salvifica che tutto trascende, ponendo a fondamento dell’esistenza, il sentimento religioso, il “palpito di gioia”, come a “consacrare ogni giorno il mistero della vita”.
Il percorso di Gian Claudio Vassarotto, prima umano e poi lirico, riconduce al mondo interiore e ai ricordi di persone care come la figura della madre che assurge al ruolo di “guida amorevole nel mistero stesso della vita”, e poi di luoghi amati, di frammenti “gioiosi di sogni” e delle inevitabili illusioni: l’animo poetico di Gian Claudio Vassarotto, nel silenzio dell’abbandono al lento fluire della vita, nella solitudine e nelle contraddizioni del vivere, nella sofferenza che si deve sopportare e nell’amore immenso che viene donato, trova la sua espressione nella visione che guarda “oltre il tempo” concesso, che supera la visione umana e raggiunge l’anima avvolta nella luce mistica che attende la “verità rivelata”.
Gian Claudio Vassarotto, senza timore, continua tenacemente ad ascoltare la propria voce intima nel solitario silenzio e tutto ciò feconda la sua creatività, innalza la sua visione poetica: in un costante avvicinamento ad una dimensione inviolabile del proprio Essere, confermando coraggiosamente il proprio “vivere”, seguendo ciò che detta il cuore.

Massimo Barile


Nell’incanto del mio silenzio


ALL’ASSUNTA

Non sei discesa mamma nella fossa
in cui diventa polvere
il corpo di ogni vivente.
Non è appassito il tuo giglio candido
dopo l’idillio di Eva col peccato.
Sei volata oltre la morte
tutta trasfigurata nella gloria,
gioisce in te l’eternità,
col tuo sposo, il figlio vittorioso.
Di lassù non cessi d’impetrare
grazie e ausilio
per ogni anima vivente.
In recondite terre tu riappari,
doni i messaggi eterni
ai cuori dei più semplici.

Sei la pura, soave condottiera
di tutto il gregge degli eletti,
la Vergine fonte che disseta
tutta l’arsura della storia.
Bella, splendente del divino,
sei l’unica creatura
Assunta in cielo.
Mi sorridi mamma,
mi guidi verso il mistero
della vita che risorge dalla tomba.


A MARISTELLA

Dopo sette primavere
stupite di sole
Maristella si accingeva
a ricevere il Signore.
Nella lode e nella gioia
la sua anima smaniava,
ma d’una ferita atroce
il suo cuore sanguinava.
Ghermito dal demonio
suo padre inveiva,
il cibo del cielo
bestemmiando le proibiva.

Lacrimando atterrita
perle di dolore
la bimba si rivolse
all’alto Fattore
e i suoi fiori d’incanto
salivano al cielo,
impietosivano il sovrano del regno.
E nel cupo spavento
del tempo deteriore
un raggio di luce
raggiunse il genitore.
Il suo spirito si alzò
in un tormentato rimorso
e la salvezza del Verbo
inondò il suo deserto.
Piangendo i terribili
peccati mortali
l’uomo si appressò al confessionale
e, mentre a poco a poco
l’inferno spariva,
la pace di Dio risentiva.

Unito a Maristella
nella celebrazione dell’amore
ricevette il corpo del Salvatore.
L’innocenza aveva vinto,
aveva ridato la vita
a una pecorella smarrita.


GESU’

Sei l’onnipotenza
che si fa impotente
come il vagito di un bambino.
L’onniscienza
che si fa umile e docile
sino ad imparare dagli uomini.
La beata ricchezza che si fa misera e povera
col lavoro umano.
Sei la sapienza che trascende le stelle
e incompresa brilla nel buio della terra.

Sei la felicità somma
in eterno palpito
e ti sei fatto sanguinante agnello,
di dolore obbrobrio.
Sei l’infinito
che si fa minuscolo
come una briciola di pane.
Nel sublime regno
ti cullavano i soavi canti
delle schiere angeliche
e ti sei fatto servo d’amore,
abbandono di morte.
Ma sei risorto instaurando
nell’atroce tempo
fede e speranza.


A DON TONINO

Don Tonino sa che la sua vocazione
è un embrione racchiuso e cullato
nel grembo di Dio
prima della fecondazione del mondo.
La sua fragile, umana natura,
da sempre è stata in balìa del divino.
Dopo gemme di adoranti preghiere,
di puri, candidi voli,
e irti cammini di sapienza,
è sbocciata nella sua grandezza.

Don Tonino palpita di gioia
mentre nel supremo incanto
mistico adora la carne di Cristo
splendente nell’umile pane.
La offre raggiante
agli esuli pargoli erranti
benedetti dal celeste perdono.
Colmo di fraterna dolcezza
si offre alle vite dolenti;
leva le spine dai cuori,
abbraccia le ferite dei miseri,
dona la verità del Vangelo.

Don Tonino, eletto tra gli uomini,
consacra ogni giorno il mistero
più meraviglioso del cosmo.
Quando nel profondo del cuore,
con amore stupito,
attende del miracolo il sole.
Sa che lassù in paradiso
culminerà la sua vocazione.


A UN EREMITA

Hai lasciato le sordide avventure
degli amanti del secolo,
i seducenti artigli
della vita moderna
e, oltre le rovine del tempo,
sei asceso verso la vetta
del Fattore eterno.
La solitudine colma il tuo respiro
di pace candida e solenne;
il silenzio genera il tuo spirito
nella contemplata luce del Vangelo.

Agli occhi dei profani sembri escluso
dalle notti e albe della storia,
ma l’amore non ti lascia errare
tra le narcise trappole dell’io,
la tua preghiera non ha confini,
sei fratello dell’universo intero.
Tu conosci i reconditi bisogni,
le miserie, i dolori della terra
e, anima di fede palpitante,
sei la speranza che conduce al cielo.
Sei figlio della santa madre chiesa,
vento gagliardo che la sospinge al largo,
verso isole lontane e misteriose,
verso il sole della sua interiorità.
Il tuo sposo fedele in te dimora,
non ti lascia in balìa
del seduttore cupo
e, oltre i diademi dello spazio,
ti attende con la corona della gloria.


IN QUELL’OSTIA

Ci sei tu in quell’ostia consacrata
dal sacerdote di Dio.
Nel pane e nel vino offerto
dalla madre di tutti i viventi,
ci sei tu divino agnello immolato
per i peccati di tutte le genti.
Tu amore infinito,
sublime, onnipotente sapienza,
tu creatore e Signore
del cielo e della terra.

E doni la tua carne e il tuo sangue
agli intrepidi e fragili
figli del regno.
Sei cibo e bevanda speciale
di carità, fede e speranza.
Sei vita, sorgente di sole
tra le fitte tenebre del tempo.
Sei oasi terrena di festa
nell’attesa del banchetto del cielo.


LE DONNE EUCARISTICHE

Nel vasto impero feroce
dei nemici di Dio,
i sacri templi cristiani
diventavano vestigia sepolte
e gli intrepidi ministri
delle cose del paradiso,
rinchiusi lasciavano la terra.
Ma la Chiesa, madre di tutti i viventi,
torturata e straziata
non era in agonia, non moriva:
le intrepide donne eucaristiche
la mantenevano viva.

Il pane eterno dei santi
con puro, delicato amore
nelle pieghe, sul petto nascondevano.
Nel travaglio dei giorni
solcati dai ciechi
adoratori del nulla,
nell’infinito il loro cuore volava
e, nelle catacombe del regno
tra lacrime di gaudio sublime,
l’ostia sacra appariva
e nutriva di sole
l’attesa del mondo futuro.
Nei giorni tremendi
dei cristiani privati del cibo
che sconfigge la morte,
le donne eucaristiche,
con grida e pianti, invocavano
dalla vergine sposa celeste
l’apparizione di sacerdoti novelli.
Si offrivano con penitenze e orazioni
per tutta la chiesa gemente.


A STEFANIA

Nel mistero profondo
che fa sgorgare la vita
Stefania giace oppressa, schiacciata
dall’immenso macigno dell’handicap.
Dopo l’effusione di lacrime
che le inondavano il corpo e la mente,
tra amici privi di Pasque fraterne,
Stefania ha dipinto in cielo
l’arcobaleno della speranza.

Nel giardino nascosto
e fecondo dell’anima
raccoglie i fiori del suo stupore
e candida d’amore
li depone sulle pagine
tristi del tempo.
Le sorride la luna romantica
stupita dai suoi versi di sogno,
vola la variopinta farfalla
nel sole della sua primavera.

Rapita dalla soave musica
dei grandi maestri
Stefania, vincendo
difficoltà inaudite,
è diventata pianista.
E suona celebrando la festa
del suo puro mondo interiore,
lancia con le sue note alla gente
un messaggio di bellezza e di gioia.
Ora è amica e sorella
dell’umana avventura
e il suo handicap
non le fa più paura.


A UNA RAGAZZA MONDANA

Avvolta in sontuose vesti morbide,
splendente di ori e di brillanti,
nella tua superba giovinezza
appari come mondana stella.
Un fiume di voluttà irrora
il paradiso della tua carne,
alle regge pagane della materia
offri il tuo giardino splendido.
A te s’inchinano i gaudenti,
i greggi degl’impossibili sogni.

Ma il treno del tempo
attraversa rapido la terra
della ridente primavera,
presto arriverà al tetro autunno
e anche tu dovrai sfiorire.
La tua frutta succulenta e tenera
sarà priva di sapore
e l’amaro calice del vuoto
ti accompagnerà verso l’inverno.

Non assiderti ragazza
tra gli empi lussi della storia,
non spargerti tra le sostanze fatue,
non obliare la bellezza dello spirito.
Schiudi le tue pupille
sulla divina aurora,
immergiti nelle pure acque
della sorgente della vita,
cammina verso la stagione eterna.


UN SOLO CORPO UNA SOLA ANIMA

Un solo corpo con voi,
una sola anima
e non importa il luogo o il paese
in cui abbiam gettato l’ancora.
Non ci turbano il colore della pelle,
i vagiti e i sorrisi del tempo.
Senza pudore siamo uniti
al di là del mestiere,
del sesso e del censo.

Un solo corpo con voi,
una sola anima,
perché tutti siamo stati irrorati
dall’acqua celeste che salva.
Portando la croce col figlio di Dio
scaliamo le impervie montagne del mondo
e in pace riposiamo
su soffici vallate di sogno.
Nella notte di gioia splendiamo
irradiando la verità e la sapienza,
che danno fede e speranza
ad ogni cultura, ogni scienza.

Un solo corpo con voi,
una sola anima,
un solo gregge, un solo pastore,
nel prato fiorito della Chiesa.
Una sola mensa: noi, un solo cibo,
un solo fraterno palpito
col Signore della grazia.
Una sola estasi: noi,
un solo amore
che abbraccia
tutte le persone della storia.
Un solo astro infinito
oltre le stelle.


È LUMINOSO IL MISTERO

Il mondo è prigioniero
delle speranze caduche,
dei tesori fatui
che diventeranno cenere.
Il tempo è violentato
dall’odio e dalla guerra,
dall’atroce miseria,
dalla fame che imperversa.
Ma è luminoso il mistero
che ci aspetta oltre le stelle,
sarà il paradiso vero,
l’eternità delle cose belle.

La terra giace immersa
nel vizio e nel peccato,
la virtù è sepolta
dalle beffe e dagli oltraggi.
Il pianeta è reso succube
di abominevoli ferite,
l’uomo urla di dolore,
discende cupo nella tomba.
Ma è luminoso il mistero
che ci aspetta oltre le stelle,
sarà il paradiso vero,
l’eternità delle cose belle.

La luminosa verità
è sopraffatta dalle tenebre,
sovrana regna l’ingiustizia.
La vita rapida si scioglie
tra la palude degli affanni.
Ma è luminoso il mistero
che ci aspetta oltre le stelle,
sarà il paradiso vero,
l’eternità delle cose belle.


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