La magia di Gentilborgo

di

Giancarlo Gennaro


Giancarlo Gennaro - La magia di Gentilborgo
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa
14X20,5 - pp. 138 - Euro 10,50
ISBN 978-88-6037-8606

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è finalista nel Concorso letterario «J. Prévert» 2009


In copertina: fotografia di Giancarlo Gennaro


“La magia di Gentilborgo è un romanzo che trascina il lettore in un’atmosfera di avventura e mistero, coinvolgendolo nelle vicissitudini e nelle peripezie che dovranno affrontare i due protagonisti principali, Marco e Giorgio, due amici che vivono in un piccolo paese collinare e che si troveranno catapultati nel Medio Evo grazie ad un misterioso ritrovamento. Una storia che si snoda tra presente, passato e futuro fino a quando…”
L’opera è risultata finalista al concorso “J. Prévert 2009” indetto dal Club degli Autori e dalla casa editrice Montedit.



La magia di Gentilborgo

Dedicato a Roberta, Beatrice e Lorenzo


Continua a credere alle Fate…
Continua a credere a Babbo Natale…
Continua a credere alla Befana…
Continua a credere agli Gnomi…
Continua a credere che siano esistiti draghi
e castelli incantati…
Continua a credere alla magia…
Nella tua mente, continua a credere a tutto questo…


I

A Gentilborgo, un tranquillo, ridente paesetto della provincia piemontese, la vita scorre scandendo i suoi ritmi che sono sempre gli stessi e che non creano grossi turbamenti alla sua popolazione, circa settecento anime che vivono, per la maggior parte, di quello che la terra, sempre generosa, fornisce loro.
Il paesello sorge su una collina a circa ottocento metri sul livello del mare e offre estati calde, mitigate da una leggera brezza serale, ma anche inverni molto rigidi con temperature che spesso scendono sotto lo zero.
È un borgo caratteristico, non c’è che dire. Le verdi colline che lo circondano conferiscono un’aria quasi da fiaba. Le case sono quasi tutte costruite in stile montano con largo uso di pietre piatte anche per i tetti. Le costruzioni nuove sono veramente poche, anche perché il ridotto aumento demografico non ne giustificherebbe la creazione. Nel paese esiste solo una piazza principale, piazza della Liberazione, non molto grande, interamente pavimentata a porfido lucido. Al centro fa bello sfoggio di sé una fontana a base rotonda con al centro una statua che rappresenta due contadini intenti nella semina. L’acqua fuoriesce dalla base della statua a piccoli getti, con quel sottofondo melodioso che crea un certo rilassamento in chi si ferma ad ascoltare, quasi a non voler turbare la calma della gente del posto. Arrivando dalla strada principale, via Vittorio Emanuele, ed entrando nella piazza, sulla destra sorge la chiesa del paesello, risalente alla fine del 1600 e intitolata a San Prospero, il patrono del paese. Come tutte le chiese antiche, all’interno si trova sempre una temperatura abbastanza bassa, che in estate è molto gradita dai parrocchiani che la frequentano.
La chiesa non è grandissima, ma è accogliente e conserva delle tele molto antiche che raffigurano la vita e le opere del Santo.
L’interno è caratterizzato da una navata principale che ospita anche l’altare, interamente in pietra, e dietro questo, il crocifisso, completamente in legno scuro, scolpito da un artista ignoto. Sei colonne a destra e sei a sinistra, in marmo, alte circa quindici metri, fanno da contorno alla zona dove sono sistemate le panchine che accolgono i fedeli. Il tetto è rivestito in legno a “cassettoni” con decorazioni in oro zecchino. Molto bello e, soprattutto, mantenuto in perfetto stato.
Adiacente la chiesa, si trova l’oratorio della parrocchia dove Don Serse, il parroco, organizza tornei di ping pong e calcetto all’aperto durante l’estate, e dove in inverno i ragazzi, anche se non molti, si ritrovano e passano i pomeriggi a giocare e organizzare laboratori teatrali nelle due grosse aule che costituiscono gran parte dell’edificio. Un’altra stanza, un po’ più piccola, è adibita ad ufficio e magazzino.
Dalla parte opposta della piazza invece, si trova il municipio, che è stato ricavato da una casa su due piani dove si trovano tutti gli uffici principali per espletare le varie pratiche anagrafiche o la richiesta di documenti e certificati. Non è un luogo molto frequentato, e i cinque impiegati che vi lavorano non sono certo oberati da grossi compiti. Il sindaco Sergio Macchi, è un signore sulla cinquantina con un passato familiare molto radicato nel paese. Pare che un suo non meglio precisato antenato abbia partecipato alla fondazione di Gentilborgo. È praticamente a capo del governo locale da tre legislature. Anche perché ad ogni nuova elezione, nessuno osa candidarsi per strappargli la poltrona. Il Macchi è un personaggio stimato e ammirato da tutti ed ha fatto molte cose per migliorare la vita dei suoi concittadini. Come quando ha costruito il centro “Vita”, dove le persone più anziane si ritrovano e si aggregano per trascorrere le giornate insieme, e dove ognuno sa che può trovare conforto e solidarietà e non sentirsi isolato e solo. O quando ha fatto costruire un nuovo parco giochi per bambini e ragazzi poco fuori il centro del paese.
Inoltre cerca di mantenere sempre vivi i contatti con le borgate e i paesi più grandi che si trovano vicino a Gentilborgo, organizzando sagre e serate a tema, per non fare sentire gli abitanti distanti dal resto del mondo.
Nel perimetro che va dal municipio alla chiesa, si trovano le botteghe dove si compra ancora come una volta. Ovvero, se entri nel negozio di Gigi il macellaio, un ragazzone molto simpatico, devi mettere in conto di passarci almeno mezz’ora, perché lui, mentre serve i clienti, si mette a raccontare barzellette e storielle. E se entri nella bottega di Irma la panettiera, allora verrai messo a conoscenza di ogni fatto accaduto nelle ultime ventiquattro ore, non tanto da lei direttamente, quanto dai clienti che si soffermano a spettegolare di questo e di quello. Le maggiori fonti di notizie “rosa” sono soprattutto le dolci vecchiette. E poi c’è Antonio il barbiere. Beh, si sa che dal barbiere il tempo trascorre lentamente, ma da Antonio scorre ancora più pigramente, perché lui ti offre sempre un caffè e poi comincia a sciorinare giudizi, a volte anche piccanti, su tutte le donne del paese. Un bel tipo anche lui!
Non manca ovviamente il bar, “Rosa Blu”, che al contrario di quanto si potrebbe facilmente intuire, non è dedicato al famoso fiore, ma proprio a una donna che si chiamava Rosa e che amava vestirsi sempre con abiti blu. È un personaggio che fa parte di una leggenda antica del paese. Si narra che questa donna, vissuta nel Medio Evo, intorno al 1500 circa, avesse dei poteri particolari e che tante persone, durante tale periodo, andassero da lei regolarmente per chiedere consigli su come orientarsi nelle scelte o come affrontare una situazione o un problema, soprattutto di natura sentimentale. Lei, oltre a dare i consigli, consegnava una pozione che, si dice, avrebbe facilitato le cose e fosse alquanto magica. La leggenda narra inoltre che alcune persone l’avrebbero vista contemporaneamente in più luoghi diversi. Pare che vivesse nella casa isolata sulla collinetta denominata “della speranza”, ora abbandonata al suo destino, da sola, con alcuni gatti e una gazza che scorrazzava liberamente in casa.
Un giorno, sempre secondo la leggenda, scomparve misteriosamente e nessuno la rivide più.
Era una maga o quant’altro? Il mistero non fu mai risolto. Rosa non lasciò tracce né oggetti personali riconducibili a lei. A parte la casa vuota abbandonata sulla collinetta che la gente si guardava bene dall’avvicinare. Si narra che nessuno, da quattro secoli circa a questa parte, abbia messo piede dentro quella casa. A volte i ragazzi più giovani, spinti dalla curiosità e dominati dall’incoscienza, tentano di avvicinarsi alla casa, ma al momento di entrarvi vengono assaliti dalla paura, per cui scappano via urlando. Quando poi ci si ritrova in piazza, si raccontano per filo e per segno le modalità di quel temerario avvicinamento alla casa di Rosa Blu.
Beppe, il padrone del bar, decise di chiamare con quel nome il suo locale, anche se questo, di sicuro, non aveva molto di misterioso.
Passare da Beppe per un aperitivo la sera è un classico per molte persone. È un altro momento da dedicare agli incontri con gli altri paesani ed un momento di scambio di novità e sensazioni.
Dopo il bar di Beppe si trovano un tabaccaio, un’edicola, una ferramenta, piccola ma ben fornita, e un bazar dove si possono acquistare gli oggetti più disparati, dai giochi per bambini agli articoli per la casa. A chiudere il perimetro della piazza, tra il bazar e la porzione laterale della chiesa, vi è la biblioteca civica. Aggiornata regolarmente, viene frequentata sia dai giovani studenti per fare ricerche e studiare insieme, sia da chi vuole dedicare qualche ora alla lettura fuori dalle mura domestiche. L’illuminazione della piazza è garantita da una ventina di lampioni di ferro, antichizzati e stilizzati, con lampade a “boccia” disposti perfettamente a cerchio e distanziati di circa cinque metri l’uno dall’altro.
In via Vittorio Emanuele invece, si trova la piccola farmacia del dottor Vinci Gaspare, l’ufficio postale e lo studio del medico condotto, il dottor Collino, che è praticamente il medico di tutto il paese.
Si può tranquillamente dire che piazza della Liberazione è il cuore pulsante di Gentilborgo, il punto cruciale della vita paesana e luogo principale di aggregazione per tutti. Gentilborgo è il classico paese dove tutti conoscono tutti e soprattutto dove si conosce tutto di tutti. O quasi.
Non esistono molti svaghi nel paesello, a parte i tentativi infruttuosi di entrare nella casa di Rosa, e i giovani che vogliono divertirsi ballando o mangiando una pizza insieme, devono emigrare verso le cittadine vicine che offrono maggiori attrazioni.


II

La maggior parte della popolazione vive, oltre che di agricoltura, anche di pastorizia grazie agli oltre mille capi di bestiame, distribuiti tra varie aziende, che garantiscono sostentamento e che vengono anche rivenduti per la macellazione.
Importante è anche la produzione di formaggi tipici che riscuotono un discreto successo ai mercati delle città vicine e anche fuori regione.
Alcune persone poi, trovano impiego presso la fabbrica di mattoni antichi che si trova a un paio di chilometri dal paese, di proprietà della famiglia Cucco da molte generazioni. Non è una fabbrica grossa, ma le commesse non mancano, soprattutto dai paesi vicini, dove l’espansione demografica è maggiore e l’edilizia non conosce battute d’arresto.
L’età media della popolazione è piuttosto alta e i giovani si contano a poche decine. La maggior parte di loro, appena ha potuto, si è trasferita in città per poter proseguire gli studi superiori o universitari.
A Gentilborgo vi è solo una scuola. Una vecchia casa su due piani trasformata in luogo di insegnamento grazie alla volontà e al lavoro degli abitanti e del sindaco, che fecero grossi sacrifici e lottarono parecchio con le amministrazioni centrali che non volevano tenere aperta una scuola in un paese dove la natalità era ridotta al minimo. Ma gli abitanti di Gentilborgo furono davvero tenaci e ottennero che nell’edificio si mantenessero una sezione per la scuola elementare e una per la scuola media. Quasi tutti gli uomini del paese contribuirono al restauro dell’edificio, sindaco in testa, e l’opera ultimata era degna della migliore ditta di costruzioni. Nel piano interrato fu anche ricavata una zona destinata a palestra, utilissima per fare sfogare la vitalità dei giovani studenti.
Non vi è una scuola materna né un nido per i bimbi piccoli a Gentilborgo, e le famiglie che hanno bambini in tenera età, per avere aiuto e collaborazione, fanno ricorso ai nonni e ai familiari che offrono la loro disponibilità. In paese si sente ancora quell’aria familiare e di unità che esisteva molti anni prima in gran parte dell’Italia.
Questa calma e questi ritmi sempre uguali e quasi monotoni che regnano a Gentilborgo, sono graditi alle persone adulte, che sicuramente non sanno cosa sia lo stress che ad esempio regola la vita delle persone che vivono in città. Ma ai più giovani questa tranquillità, a volte, va un po’ stretta. Come a Marco e Giorgio, due ragazzi di dodici anni che frequentano il primo anno della scuola media, e che sono amici sin dalla nascita. Giorgio è il figlio di Beppe, il proprietario del bar Rosa Blu, mentre Marco è il figlio del dottor Collino. I due passano il loro tempo libero quasi sempre insieme e sono molto affiatati. Dopo aver trascorso la metà della giornata a scuola, i due si ritrovano nel pomeriggio per giocare insieme, ascoltare musica o stare semplicemente in piazza con altri coetanei a discutere e scorrazzare in giro per il paese. Giorgio è forse il più vivace dei due e il più intraprendente, quello che viaggia maggiormente con la fantasia e che sogna di diventare un pilota di aerei. Gli aerei sono la sua passione. La sua cameretta è tappezzata di poster di aeroplani da combattimento, dal Phantom all’F15, dal Mig russo al Tornado italiano. Molte volte suo papà lo ha accompagnato all’aeroporto di Caselle per ammirare il decollo e l’atterraggio di quei bestioni volanti. La prima volta che Beppe lo portò vicino alle piste, Giorgio aveva sei anni e, anche dopo aver visto atterrare e decollare decine di aerei, non voleva staccarsi più dalle recinzioni di protezione. Giorgio è anche appassionato di modellismo e durante l’inverno, quando le giornate sono lunghe perché non si può uscire a causa di pioggia e freddo, lui trascorre i pomeriggi a montare modellini di aeromobili in scala. Giorgio è figlio unico, e suo papà, Beppe, vorrebbe per lui un futuro ricco di soddisfazioni, come del resto sperano tutti i papà. Sarebbe contento se intraprendesse la carriera di pilota di aerei. Magari non da combattimento, ma dei più tranquilli aeroplani di linea.
Marco, invece, è tipo molto più calmo e riflessivo. Grande amante della lettura, sogna di diventare un insegnante. Gli piace molto lo studio e a scuola è di gran lunga quello che ottiene i risultati migliori. Quando non trascorre i pomeriggi con Giorgio, resta in casa a leggere di tutto, soprattutto testi di storia e i saggi di Verne. Possiede praticamente tutti i libri del famoso scrittore francese, e il suo preferito è sicuramente “L’isola misteriosa”. Lo ha letto ben quattro volte. Verne fu praticamente l’inventore dei romanzi scientifico-avventurosi, scrivendo più di ottanta libri e con la sua fantasia praticamente descrisse quello che sarebbe successo nel futuro! Nelle varie avventure narrate anticipò le invenzioni degli elicotteri, della televisione, dei satelliti e dei missili spaziali. E come non dimenticare il sommergibile Nautilus di “Ventimila leghe sotto i mari”?
A Marco piace volare con la fantasia grazie al suo scrittore prediletto, mentre Giorgio vola con l’aiuto dei suoi aerei.
Marco ha un fratello più grande, Matteo, che ha diciassette anni e frequenta il liceo scientifico in città. Matteo è sicuramente meno calmo di suo fratello, oltre ad essere anche uno studente meno volenteroso. Vanno d’accordo i due, anche se non trascorrono molto tempo insieme, visto che Matteo passa il suo tempo libero con i suoi amici che, per la maggior parte, abitano giù in città. Dopo vari tentativi, Matteo era riuscito a convincere i suoi genitori a comprargli uno scooter per spostarsi più rapidamente e non aspettare per molti minuti gli autobus che collegano il paesello alla città. Il dottor Collino e sua moglie discussero a lungo sulla questione dello scooter, poi però decisero che Matteo era abbastanza grande e maturo per guidare un mezzo a due ruote, e così accontentarono il figlio maggiore. Matteo era felicissimo. Adesso poteva andare a scuola con un mezzo proprio come i suoi compagni e poteva uscire liberamente senza essere vincolato dagli orari dei bus. Insomma, si sentiva autonomo davvero. L’unica cosa che gli imposero i genitori riguardava l’orario entro cui doveva rincasare la sera. Non più tardi delle ventidue. Le strade che collegano Gentilborgo alla città,per alcuni tratti, sono privi di illuminazione e in certe ore non transita nessuno, per cui il Collino e consorte volevano che loro figlio rincasasse abbastanza presto per non correre rischi inutili. Matteo acconsentì. Aveva il suo scooter ed era contentissimo.
Matteo è anche un grande fan degli Iron Maiden, il famoso gruppo rock heavy metal inglese. La sua stanza è tappezzata da poster della band del leader Bruce Dickinson, un personaggio unico nel genere. Dickinson è il cantante del gruppo e in concerto mostra tutta la sua carica cantando e saltando da una parte all’altra del palco senza accusare la stanchezza. Anche gli altri componenti sono molto carismatici, ma Bruce è senza dubbio quello che concentra le attenzioni maggiori e che riscuote più consensi e simpatie tra i suoi fans. I concerti degli Iron Maiden sono sempre un grande spettacolo poiché prevedono una scenografia e un contorno coreografico eccezionale. Oltre agli effetti sonori e delle luci, ad ogni concerto,ad un certo punto, compare Eddie, la mascotte del gruppo con sembianze da simpatico mostriciattolo, che ha subìto molte trasformazioni dal 1979, anno in cui fece la sua prima comparsa in pubblico. Eddie è sì un mostro, ma molto divertente.
Se nei primi anni e nei primi concerti dal vivo, Eddie altro non era che un uomo che indossava una maschera particolare e percorreva in lungo e in largo il palco per alcuni minuti, col passare del tempo questi si è evoluto fino a diventare un robot telecomandato alto anche quattro metri, tutto illuminato che cammina avanti e indietro sul palco inseguendo i componenti del gruppo e scherzando con loro. Uno spettacolo davvero notevole!
Matteo aveva sempre sognato di andare a un concerto dei suoi idoli e quando compì diciassette anni il suo sogno si avverò. Suo padre, senza dirgli nulla, era riuscito a trovare due biglietti per il concerto di Milano, e, anche se quella non era proprio la musica che il Collino prediligeva, fece uno sforzo enorme e accompagnò il figlio a vedere gli Iron Maiden. Per Matteo fu un’esperienza indimenticabile. Vedere i suoi idoli dal vivo, cantare le canzoni che conosceva a memoria, assistere a tutto quello spettacolo fu un’emozione indescrivibile. Anche per suo padre fu un’esperienza indimenticabile. Infatti per due giorni accusò problemi di udito e la notte del concerto non riuscì ad addormentarsi talmente era agitato. Aveva però dovuto ammettere che lo spettacolo scenografico era grandioso.

Il biglietto di quel concerto campeggiava, incorniciato, sopra il letto di Matteo.

[continua]

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