Mito, sogno e realtà - Viaggio fra gli aspetti e le funzioni della mente umana

di

Giovanni Peyrot


Giovanni Peyrot  - Mito, sogno e realtà - Viaggio fra gli aspetti e le funzioni della mente umana
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa
15x21 - pp. 110 - Euro 10,00
ISBN 978-88-6587-2338

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In copertina: “Human brain on white background” © marksykes – Fotolia.com


All’interno disegni di Daniele Peyrot


Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto la silloge è finalista nel concorso letterario J. Prévert 2011


INTRODUZIONE dell’autore

Quasi tutti i popoli della terra, fin dagli albori della vita intellettuale e sociale, furono affascinati dalla bellezza e dalla potenza della Natura, dall’essenza vitale e dal pensiero dell’uomo, e ne cercarono una spiegazione razionale, creando, tuttavia, miti, favole e racconti, riguardanti dei e supereroi. Queste narrazioni, tramandate per millenni, arricchite di particolari, integrazioni e variazioni, rappresentano il Mito: prezioso patrimonio storico di una faticosa ricerca della verità.
Con l’incredibile sviluppo scientifico degli ultimi decenni, la conoscenza, liberata da credenze e superstizioni che deformano la percezione del reale, tende ad escludere il soprannaturale e il trascendente, mantenendo l’enorme valore del Mito quale immaginifica creazione dell’intero nostro passato. Rispettando l’opinione d’ogni pensatore, e la tradizione, quale movimento culturale che, attraverso infinite difficoltà e peripezie, ha prodotto l’attuale consapevolezza, è opportuno osservare con profonda ammirazione la Natura, della quale facciamo parte e che possiamo sempre più comprendere grazie ad un meraviglioso frammento di essa: il cervello umano.
Quest’organo, fragile e molliccio, bianco e grigio, custodito nel nostro cranio, pur essendo solo una piccola parte del corpo e una porzione del sistema nervoso, è l’espressione più sorprendente dell’evoluzione della vita sulla Terra e forse dell’intero Universo. Del peso di circa un chilo e trecento grammi, è la sede della personalità, caratteristica inconfondibile di ogni singolo individuo, capace di creare pensieri, immaginazione, credenze, speranze, sogni, desideri, emozioni, etica, creatività, socialità. È la sede dell’assunzione, elaborazione, trasmissione di tutte le informazioni dal mondo esterno e dagli organi interni; reagisce fornendo sensazioni, integrando i dati sensoriali, coordinando le attività motorie volontarie ed involontarie ed infine regolando e controllando muscoli, organi interni e apparati periferici.
Nella consapevolezza scientifica attuale dell’identità dei concetti di pensiero, vita, mente e cervello, la ricerca di ogni individuo è, oggi più che mai, indirizzata alla realizzazione del proprio io, istruita dalla Storia, verso l’ideale di libertà, di amore per sé stessi e per gli altri.
Il significato dell’esistenza umana, in definitiva, è la coscienza responsabile di far parte integrante della Natura e dell’Universo. Un intero Universo, misterioso e affascinante, da venerare, rispettare, e ancora tutto da scoprire… con il nostro cervello.


Prefazione

Il saggio di Giovanni Peyrot, dal titolo “Mito, sogno e realtà – Viaggio fra gli aspetti e le funzioni della mente umana”, rappresenta un’attenta disamina sull’incredibile “carne pensante” che è il cervello umano, analizzato partendo da aspetti storici e scientifici per giungere fino ad osservazioni a livello filosofico.
L’avvincente percorso rivela aspetti inimmaginabili e pone in evidenza le continue scoperte relative alle funzioni cerebrali, dimostrando come il cervello umano sia “l’espressione più sorprendente dell’evoluzione della vita sulla Terra”.
L’affascinante itinerario parte dal sorgere delle civiltà passando attraverso la mitologia greca, seme dell’espressione della mente, fino all’odierno valore del Mito con le inevitabili dissertazioni sul libero arbitrio, sull’etica e la morale.
Nell’interessante saggio di Giovanni Peyrot, che si legge con curiosità grazie alla sua scrittura avvincente, veniamo a conoscenza che il papiro chirurgico di Edwin Smith, risalente al XVII secolo a.C., contiene i primi riferimenti scritti relativi al cervello e che, nel 1929, lo psichiatra austriaco registrò il primo potenziale elettrico di un cervello in vivo e, solo nel 1972, fu coniato il termine neuroscienze dal neurochimico Francis Schmitt, che si rese conto della complessità del sistema nervoso. Dovranno passare altri vent’anni prima della scoperta dei famosi “neuroni a specchio”.
A parte i riferimenti storici collegati all’evoluzione scientifica, Giovanni Peyrot riporta alcune osservazioni ed interessanti notizie che, per i non addetti ai lavori, sembrano cose dell’altro mondo: scopriamo che, due milioni di anni fa, il cervello degli ominidi aveva le dimensioni di quello delle scimmie e, un milione di anni dopo, era raddoppiato ed oggi è il doppio del doppio; che un millimetro cubico del cervello contiene un miliardo di sinapsi; che ai recettori olfattivi bastano 0,000.05 milligrammi di rosmarino per avvertirne l’aroma; che la capacità di immagazzinamento di memoria è pari a trecento miliardi di gigabyte e, ancora, che il cervello usa dodici watt di energia al giorno, una sorta di lampadina.
Come hanno affermato Sandra Aamodt e Sam Wang il cervello “è una meravigliosa macchina imperfetta che sfida la perfezione”: racchiude le funzioni vitali dell’individuo, ma anche la personalità, la memoria, l’immaginazione e il pensiero, ed inoltre, che l’attività cerebrale è continua, attiva giorno e notte, ma la mancanza di sonno danneggia il cervello e, logicamente, anche il corpo e, infine, che esiste l’energia “oscura” della mente.
Da questa trattazione di Giovanni Peyrot si evidenziano, oltre alle descrizioni anatomiche del sistema nervoso, le numerose funzioni del cervello e l’importanza del linguaggio grazie al gene FOXP2, uno tra gli oltre ventimila che compongono il nostro genoma.
Si evincono informazioni affascinanti come quella relativa alla felicità che avrebbe origine dai neuroni nobili della corteccia o della capacità di sognare che è una produzione psichica che ha luogo durante il sonno o del fatto che le emozioni negative aumentano la creatività e via dicendo.
In un costante susseguirsi di scintille che accendono la curiosità, Giovanni Peyrot conduce, infine, il lettore verso una visione filosofica che propugna una coscienza responsabile dell’essere umano nei confronti del mondo circostante, che auspica un ideale di libertà e amore dell’Uomo verso l’Uomo: affinché il dono ricevuto non venga dilapidato e l’Uomo sia consapevole che è semplice polvere cosmica che fa parte di un Universo, del Tutto, del mistero cosmico.
V’è da dire che Giovanni Peyrot ha esercitato la professione di medico per trent’anni e quindi ha potuto creare un agile volume che si legge tutto d’un fiato e riesce ad appassionare, pagina dopo pagina, grazie anche alla capacità espositiva ed al linguaggio da divulgatore che è qualità in suo possesso.
Ho apprezzato l’inserimento nel saggio, da parte di Giovanni Peyrot, di una frase di William Blake: “L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’essenza stessa dell’esistenza umana”. Decisamente veritiera come affermazione.

Massimo Barile


Mito, sogno e realtà - Viaggio fra gli aspetti e le funzioni della mente umana


Dedicato a Zoe


Capitolo I

Considerazioni sulla Natura

«Abbiate sempre il coraggio di sapere!
E insieme a questo, anche di servirvi della ragione!»
Nikolaj Ivanovic Kostomarov (1817-1885), poeta e patriota ucraino.


Quasi tutti i popoli della terra, fin dagli albori della vita intellettuale e sociale, furono affascinati dalla bellezza e dalla potenza della Natura, dall’essenza vitale e dal pensiero dell’uomo, e ne cercarono una spiegazione razionale, creando, tuttavia, miti, favole e racconti riguardanti dei e supereroi. Queste narrazioni, tramandate oralmente e per iscritto, nel corso di millenni, arricchite di particolari, integrazioni e variazioni, rappresentano il prezioso patrimonio storico di una faticosa ricerca della realtà. Sotto il velo della leggenda fantasiosa è raccolto uno straordinario tesoro di credenze, sentimenti e ricordi in cui i fenomeni naturali sono concepiti come spiriti concretizzati (animismo), e i fenomeni spirituali sono immaginati come incarnazioni umanizzate (antropomorfismo).
Mito, dalla voce greca indicante parola o discorso, è un racconto riguardante gli dei; leggenda, pur sinonimo di mito, è un termine preferito per narrare le gesta degli eroi. Dei ed eroi hanno fatto parte dei miti e delle leggende dell’Homo sapiens fin dal suo comparire nelle profonde vallate dell’Africa orientale circa 200 mila anni fa, per poi diffondersi nel resto del mondo. Le varie civiltà sorte lungo i grandi fiumi, Indo, Nilo, Tigri ed Eufrate, o le coste del Mediterraneo, con il sorgere dell’arte e della scrittura, ci hanno tramandato storie fantastiche che ancor oggi meravigliano per spontaneità e originalità. Però, nessun popolo quanto quello greco antico, è mai stato così ricco e geniale nella creazione di tali storie; esse, infatti, raccolgono tradizioni antichissime e disparate di numerosi altri popoli, ma l’intreccio delle singole leggende, mescolate e rifuse, forma un disparato, disorganico complesso sul quale per millenni si sono imposte basi religiose, filosofiche, istituzioni pubbliche, private e solenni festività. La Mitologia greca, di cui furono insigni mentori gli antichi poeti Omero ed Esiodo, ha formato la trama cui si sono ispirate innumerevoli creazioni, nelle arti più di­sparate, in tutte le epoche antiche e successive, ed è presente ancora oggi come sostanziale espressione della mente in ogni attività culturale.
Con l’incredibile sviluppo scientifico degli ultimi decenni, la conoscenza, liberata da credenze e superstizioni che deformano la percezione della realtà, tende ad escludere il soprannaturale e il trascendente, mantenendo l’enorme valore del Mito quale immaginifica creazione mentale dell’intero nostro passato. Rispettando l’opinione d’ogni pensatore, e la tradizione, quale movimento culturale storico che, attraverso infinite difficoltà e peripezie, ha prodotto l’attuale consapevolezza, è opportuno osservare con profonda ammirazione la Natura, della quale facciamo parte e che possiamo sempre più comprendere grazie ad un meraviglioso suo frammento: il cervello umano.
L’etica laica, oggi, è tanto più necessaria quanto meno si può confidare in un ente superiore non accessibile all’evidenza dei sensi di ognuno di noi. Quest’ultima considerazione ci pone di fronte ad una rivoluzione, più volte sorta nel corso dei secoli, ma senza posa contrastata. Infatti, la consapevolezza attuale di possedere nel nostro cervello un’etica morale innata, sociale, civile e politica non dipendente da qualsivoglia divinità, ci costringe a rifiutare i condizionamenti religiosi impostici da più di 200 mila anni di storia, e ci fa tendere sempre più verso una ricerca scientifica razionale, alla quale riconosciamo una ricaduta di benessere e conoscenza sempre maggiore. I cambiamenti di pensiero fondati sulla ragione sono già stati concepiti nelle civiltà più antiche, ma anche recentemente nell’illuminismo, durante la rivoluzione francese e dopo la rivoluzione russa del 1917, per elencarne solo alcuni. La letteratura e l’espansione della cultura scientifica d’oggi stanno scoprendo e diffondendo senza sosta la nuova realtà di cui finalmente, e solo da poco, abbiamo le prove. D’altra parte, le continue ingerenze sempre più stravaganti delle autorità religiose, nel tentativo di conservare in tutti i campi il proprio potere mediatico ed economico, senza contare le sanguinose manifestazioni d’intolleranza di fanatici credenti antichi e attuali, aggravano l’attendibilità delle chiese, dei loro dogmi e del loro credo. Gli odierni gravissimi problemi esistenziali dell’umanità, quali la sovrappopolazione, l’esaurimento delle energie non rinnovabili, la sostenibilità delle popolazioni più povere, le guerre fratricide, il riscaldamento globale, ecc. possono avere delle soluzioni solo scientifiche da parte di esperti e soprattutto per mezzo di governi responsabili e non di teologi, profeti o veggenti. Questa rivoluzione naturalmente deve essere razionale, democratica, lenta e pacifica, in modo da preservare dalla distruzione costumi, meravigliosi templi e opere d’arte sorte in tutto il mondo, costruite, comprate e vendute al mercato del sacro, sotto l’effetto di credenze e speranze di vita ultraterrena, ma che fanno ormai parte del patrimonio artistico e storico dell’umanità.
Perché non possiamo, con umiltà e semplicità, ammirare, scoprire e studiare la sorprendente Natura, senza divinizzarla, sottintenderla a semplice prodotto divino, o sovrintenderla a considerazioni che sono frutto di superstizione, oltre che belle fiabe immaginate dalla fervida mente dell’uomo?
L’uomo di per sé è un esploratore, e quando non riesce, per il momento, a superare un determinato confine, popola la zona inesplorata di pericoli reali, “hic sunt leones”; o di mostri immaginari. La soluzione l’ha già suggerita Galileo e la sua scuola: “Provando e riprovando, sperimentando e verificando”, unico modo per accrescere la conoscenza.

«Or il serpente era il più astuto di tutti gli animali
dei campi che l’Eterno Iddio aveva fatto;
ed esso disse alla donna: … “Iddio sa che nel giorno che
mangerete il frutto dell’albero ch’è in mezzo al giardino
non morrete affatto, ma gli occhi vostri si apriranno, e sarete come
Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».>
Antico Testamento. Genesi 3.


Cervello sede della Mente

«Forma e motivo che fa essere il mondo,
causa che ci permette di pensare l’Universo
e costituisce il presupposto della Conoscenza».
Samuel Rogers (1763-1855)


Secondo alcuni pensatori (fra cui Platone), le idee si trovavano nell’interno dell’anima e sono perciò innate. Secondo ricercatori moderni esistono già come “emozioni primordiali” ed hanno i loro centri nelle regioni basali del cervello, che sono anche le più antiche essendo cambiate ben poco nel corso dell’evoluzione: il midollo allungato, il mesencefalo, l’ipotalamo e il sistema limbico. Del tutto più evoluta e recente è la corteccia cerebrale che avvolge queste strutture arcaiche, e che si è sviluppata in modo relativamente veloce dai rettili all’uomo. Il ruolo della neocorteccia consiste nell’integrare le informazioni arcaiche con quelle che l’essere vivente apprende dal mondo esterno attuale.
Il cervello è un organo grosso come un melone, di “carne pensante”, fragilissimo, protetto da una robusta scatola ossea. In questo ridotto spazio, stipato di miliardi di cellule ed ancora più numerose connessioni fra loro, sono racchiuse, non solo tutte le funzioni vitali dell’individuo, ma anche la personalità, la memoria, l’immaginazione ed il pensiero. Neuroglia e neuroni sono in intimo contatto tramite dendriti, assoni e sinapsi. All’interno dei neuroni i segnali sono trasportati per mezzo dell’elettricità. Sulla membrana che riveste ogni neurone si ha una densità negativa nettamente maggiore rispetto all’ambiente esterno, a causa della distribuzione ineguale di ioni positivi e ioni negativi come il potassio e il cloruro. Questa distribuzione ineguale di carica crea una differenza di voltaggio nella membrana, la cui funzione richiede più energia di qualsiasi altra attività compiuta dal cervello. Il neurone apre canali che consentono agli ioni di attraversare la sua membrana, creando una corrente che trasmette un segnale elettrico su tutta la sua superficie. Esso riceve le informazioni tramite strutture ramificate, i dendriti, che le raccolgono da una serie di fonti diverse più o meno lontane, quindi manda il segnale nervoso lungo una struttura filiforme, l’assone, capace di trasportarlo anche per notevoli distanze.
Tramite gli assoni, i neuroni trasmettono le informazioni generando piccoli segnali elettrici della durata di un millesimo di secondo; tali segnali si chiamano “picchi” o “potenziali di azione”, perché rappresentano aumenti improvvisi delle correnti elettriche. I picchi percorrono gli assoni a velocità di qualche centinaio di metri il secondo e concludono la loro missione quando ne raggiungono l’estremità. A questo punto i neuroni assumono la loro seconda identità, quella di meccanismi per la segnalazione chimica: ogni neurone del cervello riceve ed invia segnali chimici ad altri neuroni. Questi segnali chimici si basano su sostanze chiamate neurotrasmettitori rilasciate da piccole aree all’estremità dell’assone stimolato dall’arrivo di un picco. I neurotrasmettitori si fissano sui recettori sinaptici presenti sui dendriti o sui corpi cellulari di un nuovo neurone, stimolando l’emissione d’altri segnali elettrici o chimici. Tutte queste fasi, dal rilascio al riconoscimento, possono avvenire in un millesimo di secondo.
Le sinapsi sono gli elementi fondamentali per la comunicazione nel cervello. Sono proprio la forza, il numero e la loro posizione a determinare i processi mentali, le abilità e le funzioni di base, nonché l’individualità di ciascuno per comunicare reciprocamente. Oltre ad essere rapide, le sinapsi sono anche molto piccole. L’albero dendritico di un normale neurone è grande circa un quinto di millimetro, ma riceve sino a 200.000 informazioni sinaptiche da altri neuroni. Un millimetro cubico del cervello contiene ben un miliardo di sinapsi che, prese singolarmente, sono piccole al punto da contenere appena i congegni necessari per agire. Inoltre, le sinapsi sono inaffidabili, per cui solo pochi picchi in arrivo non provocano alcun rilascio di neurotrasmettitori e l’idea o il pensiero non può nascere. Sovente, perché avvenga la trasmissione di un impulso, occorre che siano interessate numerosissime sinapsi. Questo fenomeno procede, forse, per concentrare il massimo della funzionalità nel minimo spazio possibile.
Affinché il cervello possa eseguire le sue molteplici funzioni, i neuroni devono assumersi compiti molto specifici. Ogni neurone risponde a pochi eventi, come udire un determinato suono, vedere la faccia di qualcuno, eseguire un certo movimento, o altri processi non visibili dall’esterno, come evocare un ricordo o un pensiero. In ogni determinato momento, è attiva solo una piccola parte dei neuroni distribuiti nel cervello e la percentuale varia sempre; tutto il procedimento del pensiero dipende da quali neuroni sono attivi, da che cosa si dicono l’un l’altro e da quello che comunicano al mondo.
I neuroni sono organizzati in gruppi locali che svolgono la stessa funzione complessa, per esempio percepire un movimento visivo o progettare un movimento oculare. Ogni comparto può contenere miliardi di neuroni, con molte sottosezioni. Ciascuno di questi comparti contiene i propri specifici tipi di neuroni, modalità particolari di collegamento e connessioni con altre strutture del cervello.

Si può pensare che chiunque intraprenda una qualsiasi attività manuale, o mentale possa essere ispirato da una donna, da un concetto, da un mito, o da un dio. Talvolta un’idea può sorgere nell’osservare un’opera d’arte, un panorama, o anche solo dalla meditazione.
Tutta la storia del pensiero umano è la ricerca della verità e si perde nella notte dei tempi fra donne, idee, miti e filosofie.

«Bimba bruna e flessuosa, il sole che fa la frutta,
quello che riempie il grano e piega le alghe
ha fatto il tuo corpo allegro, i tuoi occhi luminosi
e la tua bocca che ha il sorriso dell’acqua.
Un sole nero e ansioso si attorciglia alle matasse
Della tua nera chioma, quando allunghi le braccia.
Tu giochi con il sole come un ruscello
E lui ti lascia negli occhi due piccoli stagni scuri.
Bimba bruna e flessuosa, nulla mi avvicina a te.
Tutto da te mi allontana, come dal mezzogiorno.
Sei la delirante gioventù dell’ape,
l’ebbrezza dell’onda, la forza della spiga.
Eppure il mio cuore cupo ti cerca,
e amo il tuo corpo allegro, la tua voce disinvolta e sottile.
Farfalla bruna dolce e definitiva
Come il campo di grano e il sole, il papavero e l’acqua».
“Bimba bruna e flessuosa”, Pablo Neruda (1904-73).


Donne ispiratrici

Numerosissime sono le opere dedicate ad esseri umani femminili che, per le loro grazie sensuali o spirituali, hanno stimolato la creatività. Di queste ne elenchiamo solo alcune: Elena moglie di Menelao, rappresenta la bellezza, e scatenò la guerra di Troia fuggendo con Paride; Penelope per Ulisse rappresenta la fedeltà; Beatrice per Dante Alighieri è la connessione col mondo divino; Laura per Francesco Petrarca è la donna carnale e sensuale; Silvia per Giacomo Leopardi l’ideale irrealizzabile; Lucia per Renzo Tramaglino nei “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni è l’amore semplice e puro; Simone de Beavoir per Jean Paul Sartre; Elsa Morante per Alberto Moravia; Emily Dickinson; Grazia Deledda, ecc.

Il Mito

La mitologia greca, che più di altre si presta allo studio del pensiero umano, al suo nascere ed evolversi, ci offre gli spunti e le basi per capire il mondo delle idee ispiratrici. Il Mito, quale forma di conoscenza tradizionale e popolare, precede di molto, cronologicamente, la nascita della filosofia greca. Il mito va inteso come l’esposizione di un pensiero ancora nella forma di racconto, di un ragionamento semplice e rigoroso, con una funzione allegorica. Presenta, infatti, una serie di concetti attraverso immagini che facilitano un discorso complesso, rendendo comprensibili problemi difficili, eccitando una tensione intellettuale ed una continua riflessione. Se il mito pecca di scarso rigore e la scienza di incapacità di elevazione, secondo Platone, entrambe hanno il compito di produrre una conoscenza ed una rappresentazione più profonda della realtà.

Del Mito fanno parte tutte le divinità dell’antica religione greca in cui sono confluite le religioni ancora più antiche, divinizzanti ogni aspetto della Natura. Oltre a Zeus rappresentazione del Sole e del pianeta Giove, Selene della Luna, Venere della bellezza e del pianeta omonimo, Poseidone del mare, Crono del tempo e così via, divinità secondarie sono particolarmente interessanti perché ci rapportano maggiormente a sensazioni e sentimenti umani. Divinità minori, infatti, formanti il corteo degli dei dell’Olimpo, spesso compagne o esecutrici della loro volontà, erano le Muse, le Grazie e le Ore. Questi miti antichissimi formano, ad un attento esame ed assieme agli altri, gli archetipi delle idee sottintese all’osservazione della natura e dei suoi fenomeni.

Le Muse

Secondo Esiodo erano figlie di Zeus e di Mnemosyne, la memoria, ed erano nate sulle pendici dell’Olimpo in Tessaglia. Amanti del canto e sempre liete, erano divinità benefiche, che facevano cessare ogni angustia e dimenticare ogni male. Secondo Pindaro, dopo la vittoria sui Titani seguaci di Crono, i Celesti pregarono il padre Giove di creare tali esseri perché fossero in grado di magnificare le grandiose gesta degli dei con l’arte del canto e della musica. Giove amò Mnemosyne che generò le nove Muse. Queste solevano cantare il presente, il passato e l’avvenire, accompagnate dalla cetra di Apollo, rallegrando l’animo degli Dei raccolti nel palazzo sull’Olimpo. In origine le Muse erano ninfe delle sorgenti. Dall’Olimpo, infatti, scorrevano numerosi ruscelletti che, con il dolce mormorio, evocavano la musica della natura e l’immagine di fanciulle amanti del canto, dei luoghi solitari, ombrosi e irrigati da limpidi corsi d’acqua. Sul monte Elicona esisteva la fonte Aganippe; un’altra era sorta per un calcio del cavallo alato Pegaso e si chiamava Ippucrene; sul monte Parnaso presso Delfo scaturiva la sacra fonte Castalia dedicata ad Apollo ed alle Muse.
Nei tempi più antichi le Muse erano considerate solo un coro di voci, ma successivamente fu assegnato loro l’uso di strumenti ed ispirarono particolari conoscenze artistiche o generi letterari. Clio divenne la Musa della storia ed era raffigurata con un rotolo di papiro ed uno stilo; Calliope, Musa della poesia specialmente narrativa, portava anch’essa uno stilo e dei libri; Urania dea della poesia astronomica e della didascalia, teneva in mano un globo celeste ed un compasso; Melpòmene della tragedia, una maschera tragica; Talia della commedia, una maschera comica; Tersicore della lirica corale e della danza, una lira, Erato della poesia amorosa, poi anche della geometria e della mimica, uno strumento musicale a corde; Euterpe della poesia lirica, un doppio flauto (aulodia); infine Polinnia (Polyhmnia), dall’aspetto grave e serio, rappresentava l’innografia religiosa e vestiva un pesante abito avvolgente.
Gran parte dei poeti epici antichi, ma anche moderni, solevano, e usano ancora, iniziare i loro poemi invocando le Muse e mettendo in evidenza or la dolcezza del canto loro, or la bellezza del volto, or l’eleganza degli ornamenti.

Le Cariti o Grazie

Figlie di Zeus e di Eurinome, secondo Esiodo, rappresentavano tutto quel che v’è di bello e di grazioso sia nella natura, sia nei costumi, che nella vita degli uomini. Secondo la leggenda erano tre e si chiamavano Aglaia, Eufrosine, e Talia. Erano venerate per le loro virtù, la sapienza, l’amabilità, l’eloquenza, la musica, la poesia e le arti. Le feste in loro onore, le Caritesie, erano accompagnate da gare musicali e poetiche. Spesso si accompagnavano alle Muse e ad Apollo; assieme solevano cantare e ballare, ma per lo più formavano il corteo di Afrodite.

Le Ore

Figlie di Zeus e di Temi, rappresentavano il regolare corso della natura con l’avvicendarsi delle stagioni. La madre Temi personificava l’ordine universale e le Ore presiedevano ai tempi della fioritura, della maturazione dei frutti, ma proteggevano anche l’ordine morale nei rapporti fra gli uomini e da loro dipendeva ogni cosa bella e buona. Erano tre, e talvolta erano chiamate Tallo, Auso e Carpo, ricordando la fioritura primaverile, lo sviluppo estivo e la fruttificazione autunnale. Altre volte Esiodo le chiamava: Eunomia, Dike e Irene ossia l’ordine legale, la giustizia e la pace. Erano rappresentate come tre graziose vergini ornate di fiori, frutta e corone, oppure con rami d’olivo, caduceo e cornucopia, significativa della ricchezza onde la pace è apportatrice.

Iperuranio o mondo delle Idee

Platone (Πλα´των) (Atene 428-348 a.C.) è stato il più grande filosofo greco antico. Assieme al suo maestro Socrate ed al suo allievo Aristotele ha posto le basi del pensiero occidentale. Nacque da genitori aristocratici ed il suo nome era Aistocle, ma fu chiamato Platone (da πλατu´σ = ampio), forse per le ampie spalle, o ampiezza della fronte, o per la maestà dello stile letterario. Si dedicò alla pittura, alla poesia, scrisse liriche e tragedie che formarono poi la stesura dei suoi dialoghi. Partecipò a tre spedizioni militari. Andò tre volte a Siracusa e, in due dei viaggi, fu fatto prigioniero e schiavo. Riscattato dal socratico Anniceride di Cirene e poi dal pitagorico tiranno di Taranto, Archita, ritornò ad Atene dove si dedicò alla filosofia, alla scrittura dei dialoghi ed alla sua scuola. Nel 387, acquistato un parco dedicato ad Academo, vi fondò l’“Accademia” in onore dell’eroe, dedicandola ad Apollo ed alle Muse. La scuola di Platone ha le sue radici nella scienza e nel metodo da essa derivato, la dialettica; per questo motivo l’insegnamento si svolge attraverso dibattiti a cui partecipano gli stessi allievi, diretti da Platone o dagli allievi più anziani, e conferenze tenute da illustri personaggi di passaggio ad Atene. L’Accademia sopravvivrà fino al 529 d.C. quando fu chiusa definitivamente da Giustiniano dopo più di 900 anni di attività!
La filosofia platonica è sorta dalla riflessione sulla politica. Come scrive Alexandre Koyré: “tutta la vita filosofica di Platone è stata determinata da un avvenimento eminentemente politico: la condanna a morte di Socrate”. La riflessione sul concetto di giustizia è un processo di crescita dell’Uomo come membro organicamente appartenente alla polis, la città stato. Per risolvere il problema della giustizia occorre affrontare il problema della conoscenza; da qui la necessità di intendere la genesi del “mondo delle idee” come frutto di un impegno politico più completo e profondo. Secondo Platone l’apprendere è ricordare (anamnesis). Quando il corpo muore, l’anima, essendo immortale, trasmigra in un altro corpo, ma prima che questo avvenga, assieme ad altre, procede in schiere dietro ai carri degli dei. In questa processione alcune anime riescono a scorgere le Idee che appaiono attraverso uno squarcio delle nuvole, diaframma obbligato fra il mondo sensibile e quello soprasensibile. Le Idee del mondo iperuranio sono incorruttibili, ingenerate, eterne e non soggette a mutamento, inconoscibili agli umani. Esse rappresentano l’eterno Vero, l’eterno Buono e l’eterno Bello, a cui si contrappone la dimensione vana e transitoria dei fenomeni sensibili terreni. Quando le anime precipitano nei corpi, reincarnandosi, dimenticano la visione delle idee e, prigioniere dei sensi, sono portate a identificare la realtà col mondo sensibile. L’opera del filosofo dialettico, la cui anima ha saputo vedere le idee meglio degli altri, è quella di riportare alla memoria il mondo delle idee, dialogando e ricercando la verità scordata. La conoscenza è, di fatto, conoscere meglio sé stessi, riportando alla luce dell’intelletto ciò che l’anima ha dimenticato nel momento della reincarnazione. L’idea corrisponde quindi al daimon socratico. Tutto il sapere è già presente, in forma latente, nella nostra mente. I sensi svolgono comunque una funzione importante per Platone, perché aiutano a ridestare la conoscenza, mentre l’esperienza serve solo da stimolo. È impossibile recuperare completamente la consapevolezza, anche per il filosofo. La conoscenza perfetta delle Idee è propria solo degli dei; quella umana, nella sua forma migliore, è comunque sempre filo-sofia, ossia amore del sapere, inesausta ricerca della verità.

[continua]


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