Ritorno a casa

di

Ines Cavicchioli


Ines Cavicchioli - Ritorno a casa
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
12x17 - pp. 64 - Euro 9,50
ISBN 9791259511720

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


In copertina: fotografia di Guia Grandi


Introduzione

Il periglioso cammino verso le stelle

Poi che lasciar gli avviluppati calli,
in lieto aspetto il bel giardin s’aperse:
acque stagnanti, mobili cristalli,
fior vari e varie piante, erbe diverse,
apriche collinette, ombrose valli,
selve e spelonche in una vista offerse;
e quel che’ l bello e l’caro accresce a l’opre,
l’arte che tutto fa, nulla si scopre.

(T. Tasso, Gerusalemme Liberata)


L’artista Ines Cavicchioli, in questo scritto-testimonianza “Ritorno a casa”, dopo un percorso tra “gli avviluppati calli”, si apre al bel giardino di Armida, allietato da ombrose valli e mobili cristalli, con un linguaggio fluttuante e liquido, approdando al mistero della rivelazione della bellezza della vita.
Il testo s’inerpica tra svariati ricordi passati, che si attualizzano in vere e proprie statue viventi dai “pensieri rumorosi”, in paesaggi silenziosi ed incontaminati. L’autrice ci travolge, in una trama senza respiro, verso la direzione che lei stessa definisce: ciò che sentivo. Ed insegue, come un elfo, in boschi lussureggianti, nascosti e imprevedibili, la memoria che si srotola, si ferma e si annoda in un vitale andirivieni di mille vite in una. Il suo sangue, che lei stessa definisce selvaggio, la conduce verso il destino di Ulisse: un viaggio tortuoso e doloroso, costellato di esili e lontananze dalla terra natale, dagli affetti primordiali. Un viaggio all’insegna frequente di mancanze, fin dall’infanzia, quando si è costretti a vivere ricordi settoriali dei genitori, con una mamma amorosa ed un padre assente, eppur disperatamente amato.
Ma da quella mancanza nasce la sacra passione del desiderio, che opera la svolta verso un mondo di luce, verso una sorta di illuminazione, che ci fa entrare, attraverso un lungo ed oscuro tunnel, in un’altra dimensione, spiritualmente stellata: Merkabach, veicolo di luce che unisce il corpo allo spirito. E, di certo, Ines Cavicchioli sa che vivere nel mondo del desiderio, e non in quello della necessità, è il vero asso vincente per la resurrezione dell’anima.
Ma per approdare al mondo del desiderio, bisogna immaginare e pensare in grande, riappellandosi allo stupore aristotelico, evitando di riempire la mancanza ontologica, esistenziale, con passatempi e distrazioni. E l’Autrice sa bene che desiderare significa sentire la mancanza di stelle (da desiderium, composto di de e sidera ossia mancanza di stelle). Così, da un certo punto in poi, le sue parole diventano stelle, lance luminose di saggezza, ed entriamo tutti nell’antro della strega, nella densità di quella natura incantata, che solo Cavicchioli sa magistralmente descrivere; e che antro della strega, alla fine, non è, perché la strega si trasforma in Angelo Sapiente, insufflandosi in un libro dei segreti per comprendere la matrice stessa della creazione. Un antro che tanto richiama la caverna platonica.
Nel mito della caverna, nel libro settimo de “La Repubblica”, il filosofo fugge dall’oscurità, dal riflesso della realtà, dalle ombre parlanti, e dalla compagnia degli altri esseri umani, per rifugiarsi nella luce, nel sole del pensiero contemplativo, che gli rivela, in una faticosa e solitaria salita verso la vera conoscenza: “Nel mondo conoscibile, punto estremo e difficile a vedere è l’idea del bene; ma quando la si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò che è retto e bello, e nel mondo visibile essa genera la luce e il sovrano della luce, nell’intelligibile largisce essa stessa, da sovrana, verità e intelletto.”
E Ines Cavicchioli, nella sua solitudine siderale, in questa salita liturgica verso la conoscenza, la Virtù, la Bellezza e la Rinascita Spirituale, torna alla terra natale, con questa rivelazione, con la consapevolezza di una nuova sé stessa, in grado di vivere oltre ogni separazione o limite. E comprendendo, profondamente, che la matrice ontologica della vita è, inevitabilmente, la scelta. Quella capacità di scelta che fa riapprodare, come Ulisse, alla terra natale, con nuovi occhi, occhi senza polvere, occhi vividi che vedono finalmente Gluck: la rivelazione della profonda bellezza della vita. La Bellezza vera, quella che va oltre ogni cosa ed è, al contempo, in ogni cosa. Scriveva F. Kahlo: “Se i nostri occhi vedessero le anime invece dei corpi, quanto sarebbe diversa la nostra idea di bellezza”. E in quest’accezione di bellezza non può che rivelarsi l’Amore in tutta la sua pienezza, quello stesso che “…move il sole e l’altre stelle” (Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, XXXIII, v. 145).

Nicoletta Poli


Ritorno a casa


LA CASA

“Aiutami a riconciliarmi con il mio
Io Bambina.

Aiutami ad allungarle la mia mano e a
darle la Forza, il Coraggio, l’Amore
necessari per credere in Me ed uscire
definitivamente da quel pozzo.

Aiutami ad Amare, Abbracciare, Consolare, Riscaldare questa Bambina.

Aiutami ad essere Madre e Padre, Sorella e Fratello di questa Bambina.

Aiutami a ridarle Fiducia nella Luce,
nella Vita, in Sé Stessa.

Aiutami a Fidarsi di tutto ciò che è. Mi Amo e mi Accetto per tutto ciò che sono.

Aiutami a perdonare tutti coloro che dal passato remoto ad oggi hanno

Contribuito consapevolmente e
inconsapevolmente ad infliggermi questa Ferita di Abbandono, Tradimento, Separazione.

Aiutami a sanare per sempre e da subito attraverso la mera CONSAPEVOLEZZA la mia profonda Ferita d’Abbandono, di Tradimento e di Separazione.

Aiutami a risalire dal pozzo con le mie
forze, contando sulla FEDE che

la LUCE mi sta dando. Aiutami a vedere
oltre il pozzo la LUCE che non ha mai
smesso di risplendere dentro
e fuori di ME.

Sono una donna meravigliosa, in assoluta armonia con me stessa e con tutto ciò che è. Vibro alla frequenza dell’assoluta Armonia psicofisica.

Amo e Sono in grado di Amarmi. Confido nel tuo Potere Perfetto di Cocreazione, al fine di elevare le mie Frequenze in nome di un Amore

Equilibrato. Divento imperturbabile nei
confronti del Passato.

Sono in assoluta Armonia tra i bisogni della mia Anima e le richieste
del mio Ego.”

Non appena ebbe terminato di leggere l’incisione sulla porta, pensò che chi abitava quel luogo era una persona evoluta e sensibile, trasparente e armoniosa e quindi poteva fidarsi a bussare all’ingresso del casolare, che appariva comunque in uno stato di confusione e di abbandono, come se il proprietario non avesse tempo e modo di occuparsene da tempo.
Chi poteva vivere lì? Mentre se lo chiedeva con una certa apprensione, prese a guardarsi attorno.
La casa era stata costruita in una radura in mezzo al bosco, circondata da alte querce e sterpi di rovo.
Un sentiero stretto e tortuoso pareva perdersi tra i rami e solo allora si accorse che si era trovata lì senza sapere come, nessuno l’aveva portata e in quell’ora che precede il crepuscolo avrebbe voluto essere ben lontana da lì, in un luogo più affollato e sicuro, invece si avvicinava la sera e, dopo tutta quella strada, non poteva che accettare di trovarsi lì sola, con la stanchezza di un lungo viaggio e la rassegnazione di chi non ha altre mete da percorrere né altri approdi a cui giungere.
Non che non ne valesse la pena, magari oltre quella porta c’erano persone gioviali e accoglienti, una famiglia come le sarebbe piaciuto avere, ma il silenzio che sembrava ricoprire sotto una cappa di piombo l’aria attorno non le faceva pensare a grida di gioia o al riso di bimbi in festa.
C’era però un’altalena arrugginita, posta tra due alberi giù in fondo, che un tempo magari aveva visto alti voli leggeri.
Adesso se ne stava immobile e dimenticata.
Tutto lì appariva dimenticato.
Dai battenti della porta ai vetri delle finestre, fino all’erba e ai rovi.
Anche gli animali se n’erano andati.
S’intravedeva un recinto lontano, dove un tempo presumibilmente c’erano stati dei cavalli. C’era ancora della biada secca, accanto ad una mangiatoia.
E poi c’era l’aria. Il sapore dell’aria e il suo odore.
Quasi lo si respirava. Il silenzio dell’aria.
Decise di bussare.
Prima lo fece piano, poi più vigorosamente, ma dall’altra parte non ci fu risposta.
Niente. Provò ancora a lungo, ma niente.
Così, senza intenzione, abbassò la maniglia per entrare, certa che avrebbe trovato resistenza, che la porta sarebbe stata chiusa a chiave.
E invece scricchiolò e si aprì, lentamente, con un rumore di cardini che non sono mossi da tempo, ma che hanno ancora la loro funzione: quella di aprire un uscio.
Dentro c’era una luce strana, come di una lampada accesa che provenisse dal fondo, in basso. S’intravedevano ragnatele in ogni dove e capì che nessuno aveva messo piede in quel luogo da parecchio tempo.
Ma allora che ci faceva quella luce accesa? Un odore come di cibo bruciato le si riversò addosso, tanto da toglierle un poco il respiro.
Tenne aperta la porta per cambiare aria e immediatamente la luce s’affievolì, fino a spegnersi. Cos’era?
Doveva andare a vedere. Doveva entrare.
Ma non appena mosse un passo all’interno della stanza, si accorse che il pavimento di legno cigolava peggio della porta, che poteva cedere e non reggerle il peso. Rimase immobile in ascolto per un tempo che le parve un’eternità, mentre sentiva solo il rumore del suo respiro affrettato.
Chi poteva aver vissuto lì? E da quanto tempo chiunque fosse se ne era andato?
E quella luce che aveva scorto e poi subito si era spenta, cos’era?
Intanto si disse che non avrebbe dovuto essere lì. Era un’estranea e si trattava comunque di violazione di domicilio. Perché allora era entrata? Cosa c’era in quel posto che l’affascinava tanto? Lo stato di abbandono in cui versava, probabilmente.
Il luogo in cui si trovava. Il fatto che era arrivata lì per caso, senza averlo programmato, senza conoscere l’esistenza di un posto come quello. Il messaggio che aveva trovato sulla porta. Quello era il motivo per cui era entrata.
Era desiderosa di capire chi aveva vissuto lì. Ne percepiva la presenza anche nell’assenza. Doveva essere stata una donna. Quelle parole solo una donna poteva averle scritte e sentite. Non era un linguaggio maschile.
Gli uomini non usano quel tipo di metafore, quei richiami al mondo delle emozioni.
Un linguaggio affettivo come quello poteva appartenere solo ad una donna.
Una che aveva sofferto. E non voleva soffrire più. Ecco.
Lì aveva vissuto una donna così. E ora dov’era?
Cosa stava facendo? Perché aveva lasciato tutti quegli oggetti e quei segni della sua presenza sparsi in ogni dove? Magari aveva dovuto andarsene all’improvviso, oppure era morta? Quanti anni poteva avere? Che segni aveva per capirlo? Oltre alla polvere e alle ragnatele che ricoprivano tutto e davano alla casa un’atmosfera antica e abbandonata, c’erano oggetti che avrebbero potuto appartenere quasi ad un secolo prima. Vecchi arnesi arrugginiti per cuocere, un paiolo, un ferro da stiro, un matterello per fare la pasta. E poi c’erano i mobili, semplici madie di campagna, panche e tavoli di legno massiccio, rovinati dalle tarme.
C’era anche una specie di libreria con alcuni vecchi libri, una sedia a dondolo, una coperta lisa e poi… c’erano quei segni a croce sul pavimento. Sembravano intarsiati.
Un ricamo annerito di geroglifici senza senso, che proseguivano fin sopra le pareti, di colore diverso, come se fosse un disegno senza cornici, nel codice misterioso di una lingua sconosciuta. Non somigliava a nessun segno che conoscesse, a parte alcune stelle e croci, per il resto erano formule, schizzi, segni algebrici, flussi…
C’erano anche alcuni numeri strani, piccoli, grandi, doppi, in sequenza dinamica. Che voleva dire? Si avvicinò alla libreria, mentre ad ogni passo il pavimento cigolava, producendo un rumore sordo. Dovette smuovere la polvere dal ripiano per capire di che libri si trattava. Non si leggeva il titolo, così ne prese uno in mano, lo sfogliò adagio in una pagina a caso e dentro… c’erano quei segni, gli stessi del pavimento, che poi proseguivano sulle pareti, ma lì erano stampati più chiaramente e quello pareva un linguaggio criptato. Prese un altro libro e lo aprì. Era scritto allo stesso modo e non ci capiva nulla.
Pareva una lingua sconosciuta, che non era di questo mondo. La sua curiosità crebbe oltremodo e, mentre il tempo passava inesorabilmente, si accorse che fuori stava facendo buio ed era davvero meglio rientrare, se voleva ritrovare la strada per il ritorno e non perdersi nel bosco.
Non voleva che accadesse. La paura cominciò a darle ansia e il respiro le si fece corto. Lasciò cadere sul ripiano il libro, chiudendolo diligentemente e ritornò sui suoi passi, richiudendo lentamente la porta alle spalle e allontanandosi furtivamente da quella casa sinistra. Dov’era finita?
Cosa le era preso di varcare la soglia? Quale dannata curiosità poteva averla spinta a tanto?
Sperò di non avere osato troppo e, mentre questi pensieri l’accompagnavano, le sue gambe accelerarono il passo, sin quasi a correre via il più in fretta possibile da lì, prima che fosse troppo tardi. Sentiva l’aria fresca sfiorarle i capelli, i rumori affrettati dei passi, lo scalpiccio delle foglie pestate e il buio del tramonto che avanzava tra gli alberi.
Doveva affrettarsi. Le parve di aver scorto dietro un albero un’ombra che la seguiva. Non era possibile!
Chi mai poteva averla seguita fin lì? Non le piaceva essere sola. Non aveva ancora imparato la lezione?
Fin da piccola aveva sempre osato troppo. Si era spinta a scoprire luoghi remoti e pericolosi, a tentare avventure fuori dagli schemi, a sfidare le sue paure, a vivere senza proteggersi. Lo sapeva bene. Ma questa volta cosa ancora doveva imparare? Si mise a correre velocemente.
All’improvviso si rese conto che potevano averla vista. Cos’altro era quell’ombra sul fondo del bosco? E la luce nella casa, che per un attimo si era spenta e poi riaccesa?
Aveva il fiato corto e la paura, all’improvviso, le metteva fretta.
Doveva scappare via. Allontanarsi da quel luogo. Non c’era altro tempo.
Non seppe per quanto aveva corso. Ad un certo punto le mancava il fiato e le gambe non la sorreggevano più. Dovette rallentare. Intanto era arrivata in paese.
Le case ora avevano preso il posto degli alberi. Il bosco era lontano.
Poteva dirsi al riparo. Eppure il tumulto del suo cuore non si smorzava. Continuava a ripensare alla casa e ai suoi strani segni. Prese a camminare più lentamente.
Per fortuna era giovane e le sue gambe ben allenate. Se avesse avuto più anni non ce l’avrebbe fatta in così poco tempo a fuggire in fretta da quel luogo.
Invece ora era al sicuro. Poteva tornare da sua madre e raccontarle cosa le era accaduto. No, meglio di no.
Si sarebbe spaventata. Doveva sempre preoccuparsi per lei. A ruoli invertiti. E sentirsi in colpa se lei si angustiava.
Aveva una madre ansiosa che, anche se lei era cresciuta e poteva ormai dirsi un’adulta, la controllava di continuo, chiedendole dov’era, a fare che cosa.
E lei, per converso, nascondeva quasi tutto. Si faceva i fatti propri, ricorrendo a lei solo in casi di estrema necessità o, al peggio, quando le situazioni erano davvero gravi.
Non avrebbe capito il suo bisogno di andare oltre i confini del lecito.
Come adesso, che ormai era diventata grande, eppure ancora sentiva il bisogno di “ andare oltre i confini”.
Ma li aveva poi? Cos’erano i suoi confini? Erano limiti? Questi lei li sfidava e li oltrepassava da sempre. Non aveva paura. Di niente. E ne aveva viste di situazioni pericolose. Fin da ragazzina. Anche da piccola, se è per questo. Ma questa volta voleva andare fino in fondo e scoprire chi viveva in quel bosco, o meglio, chi vi aveva vissuto!
Perché non c’erano dubbi che fosse trascorso molto tempo da che qualcuno non era entrato in quella casa.
Una persona viva perlomeno.
E se ci vivevano degli Spiriti? Poteva essere. Ne aveva lette tante di storie così. I fantasmi parlano altre lingue, usano simboli incomprensibili. Come quelli che c’erano là.
E poi tutti quei numeri! Che voleva dire?
Era intanto arrivata in città. Le strade erano più affollate e le luci delle auto illuminavano anche i suoi pensieri.
Aveva bisogno di raccontarlo a qualcuno. Così avrebbe avuto la sensazione di non aver sognato e che esisteva davvero un posto come quello, non troppo distante da lì.

[continua]


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it