Parole sparse - Sguardi

di

Katuscia Fiorenza Pontilunghi


Katuscia Fiorenza Pontilunghi - Parole sparse - Sguardi
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 50 - Euro 8,50
ISBN 979-1259510495

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In copertina elaborazione grafica dell’autrice


PREFAZIONE

Scrivere poesie oggi può apparire un gesto inusuale, controcorrente, forse addirittura eretico. In un mondo che apprezza e promuove solo quanto è efficiente, produttivo e funzionale, scrivere versi suona come una contestazione del mainstream culturale ed una violazione di codici e valori consolidati nel tempo e ampiamente condivisi. Eppure il verso del poeta mi ricorda tanto il grido di quel bambino che, nella nota favola di Andersen, urla che “il re è nudo!”: egli ricorda e proclama una verità che è, apparentemente, sotto gli occhi di tutti, ma che in pochi sono disposti a riconoscere ed onorare.
Scrivere i versi di una poesia significa compiere una precisa scelta di campo e si decide di osservare il mondo da una singolare prospettiva: quella, per dirla con Sant’Agostino, che preferisce abbandonare la logica dell’ utor per abbracciare quella del fruor. Il poetare, infatti, esige di rinunciare ad ogni pretesa performativa sulla realtà e sceglie di accogliere il manifestarsi della vita nella sua eccedente semplicità. Ogni poesia è accoglienza, attesa, accadimento, disponibilità ad abitare gli spazi dell’esistenza come luoghi gratuiti e affascinanti, indisponibili e misteriosi. La poesia è lasciar accadere, è onorare la vita nella sua nuda fattualità; è silenziare ogni rivendicazione di controllo, di produttività, di dominio, per entrare docilmente nello spazio della gratuità e della libertà.
La poesia assomiglia molto alla possibilità di sintonizzarsi con quell’evento che Jean-Luc Marion chiamava “fenomeno saturo”. Esso descrive il punto di emersione della realtà in tutta la sua densità ed eccedenza. Proprio come i fontanili, che non è inconsueto incontrare nella campagna lodigiana e grazie ai quali l’acqua del sottosuolo affiora in superficie per irrigare la terra, così la poesia è la celebrazione di questi “affioramenti” del Mistero delle cose e del Senso dell’essere. Colui che scrive poesie sperimenta questa singolare sensibilità a riconoscere quegli accadimenti colmi di bellezza e di senso che attraversano le nostre esistenze e che il poeta sa celebrare attraverso le parole. Si tratta talvolta di un sentimento, di un’intuizione, un dolore o una gioia, di un pensiero o di una malinconia, che, tuttavia, sanno creare come una breccia nella scorza del reale, aprendo stretti pertugi verso l’oltre. Le poesie di Katuscia condividono questo ardire e sigillano questa pretesa. Le sue parole aspirano a diventare trampolini per accedere al “fondo della realtà”, a quel mondo che è al di là della superficie, apparentemente piatta e banale.
Anche lo stile poetico di Katuscia partecipa a questo movimento di scavo ed emersione. Anzi, esso ne rappresenta l’infrastruttura linguistica imprescindibile. Esso è asciutto, essenziale, diretto, quasi una eco delle liriche di Ungaretti a cui l’autrice è particolarmente legata. Ogni poesia è spoglia, diretta, incurante di artificiosi orpelli espressivi o di lunghe parafrasi. Essa arriva dritta al punto, centra l’obiettivo, giunge alla meta senza lunghe peregrinazioni o improbabili dirottamenti. Anche la punteggiatura è scarna, come a non distrarre il lettore dalla forza intrinseca della parola ed evitare ogni depotenziamento o attenuazione.
Martin Heidegger parlava della limpidezza come una qualità essenziale della bellezza. Bello è quanto riesce a lasciar trasparire oltre sé stesso, è ciò che viene attraversato, che traluce e lascia riverberare. Bello è quanto si lascia oltrepassare, sapendo dirigere lo sguardo attraverso di sé verso altro. Forse la nudità della poesia di Katuscia ha a che fare con questa volontà di rimandare ad un oltre (parola assai cara all’autrice), con il desiderio di aprire orizzonti oltre la crudità delle parole. La struttura minimale, ma mai povera, della lirica di Katuscia, suona come un appello a non fermarsi sul termine, sull’aggettivo o il verbo. Essa appella ad una “ulteriorità” che è sempre invocata, ricercata, anelata. Lo si coglie, in maniera singolare, dai finali dei componimenti: essi consegnano un senso di sospensione, di interrogativo e fascinazione, come a lasciar intendere che quanto è evocato in quelle parole non termina con il punto finale. C’è di più, c’è altro ed è proprio quell’altro che l’autrice invita ad abitare ed esplorare. Forse è il Mistero il vero porto d’approdo delle poesie di Katuscia: il Mistero della Vita si offre quale vero soggetto delle poesie dell’autrice e come sua intrinseca dynamis. Ogni verso, ogni parola, ogni movimento evocano quel senso dell’essere che tutto pervade e tutto sostiene; è implorazione di quello Spirito vitale che innerva gli eventi e anima le esistenze; è appello a quel Logos silenzioso che riaffiora nei gesti, negli affetti, nei ricordi e nei volti e che punteggia una ferialità promettente e spaesante, irriducibile e suadente. Le parole di Katuscia, per usare i versi di un suo componimento, sono un invito a scendere “nelle profondità / del […] mistero / dove il tempo / è assente / e la distanza / è lo spazio inerme di un sorriso”.

M. Zanoncelli


Parole sparse - Sguardi


Ringraziamenti

Vorrei ringraziare Marco per aver scritto la prefazione con il garbo e l’acutezza che lo contraddistinguono. Grazie per aver condiviso questo tratto del cammino uniti dalla stima e fiducia reciproca.


SOSPESA

Ho trasformato
la rabbia
in sorrisi

scavando
a mani nude
nella terra…

Ho strappato
le radici
del cuore
e i suoi solchi
li ho riempiti
di lacrime…

adesso,
possono crescere
le rose.

16 aprile 2020


FLASHBACK

Mi mancheranno
gli abbracci
fatti di sguardi
lontani

mi troverai
nel profumo
delle viole
a primavera,

negli addii
rimasti
tra le nuvole.

3 giugno 2020


NON POSSO

Non posso
competere
con la bellezza,

ho avuto
in sorte
un’altra vita.

Ma ho il dono,
maledetto,
della parola
che salva
e condanna.

E ho sorrisi
rubati
di nascosto,
cresciuti
in mezzo alle pietre

e luce
dentro
le tenebre.

16 aprile 2020


SOTTO-SOPRA

Attraverso
la notte
in punta
di piedi

in equilibrio
instabile…

non ho paura
di precipitare

e mi tuffo
nel cielo.

23 aprile 2020


CHI SONO?

Sono scesa
mille volte
all’inferno,
lavacro
di un nuovo battesimo,

ma ora le sue fiamme
non bruciano più.

Forse, anche Tu
adesso
provi pietà per me…

E sopravvivo
alla tua immagine
che arde come fuoco.

Chi sono?

20 maggio 2020


PREGHIERA

Ho l’anima
che trasuda
pioggia

piange
tra gli ulivi
in preghiera

bacia la terra
e le sue spine.

7 giugno 2020


VAI OLTRE

Se tu mi conosci
non fermarti
alle parole,
ma scava
e vai oltre.

Scendi
nelle profondità
del mio mistero
dove il tempo
è assente
e la distanza
è lo spazio
inerme di un sorriso.

Scendi nell’abisso
e vai oltre…


t’aspetto.

12 giugno 2020


TROPPO

Tanto
è troppo
e deborda…

mi porto
a spasso
dentro
l’anima

e c’è spazio
anche per te.

Eccedo
in malinconia.

Tu
sei altrove,
sei oltre.

Sei l’immagine
di me
incontrata
per caso…

intenta
a dischiudere
i sogni,

a sfogliare
le mani.

8 maggio 2020


FRAGILE

Non esisto
senza
il tuo sguardo.

Fragile
come foglia
in autunno

mi sorregge
leggera
il vento.

21 maggio 2020


OLTRE

Soppeso
le parole
con la bilancia
dello sguardo

perché gli occhi
sanno andare oltre…

oltre le pause
di ciò
che non si dice

oltre i silenzi,
oltre le paure.

27 gennaio 2020


[continua]


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