Storie brevi

di

Lodovico Guarino


Lodovico Guarino  - Storie brevi
Collana "I Gelsi" - I libri di Poesia e Narrativa
15x21 - pp. 322 - Euro 15,00
ISBN 978-88-6587-9849

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PROLOGO

L’uomo che cammina

Giacometti ha completato la statua negli anni Sessanta, da allora l’uomo che cammina ha iniziato a fare ciò per cui è nato: camminare, attraversare gli spazi geografici del pianeta e i non luoghi della mente, della coscienza, dello spirito, del tempo.
Ha incontrato diverse forme di vita animale, vegetale, umane, linguistiche. Ha incontrato oggetti, materia e parole, alcune di esse hanno perso il loro significato, mentre altre ne hanno troppi.
Le persone, le ha incontrate da giovani e da anziane, con un livello culturale, spirituale, fisico, sessuale profondamente diverso, con differenze significative tra individui e nell’individuo con età differente.
Ha vissuto le trasformazioni del linguaggio e dei significati delle parole, ha convissuto con metafore che solo dopo morte, hanno iniziato a significare.
L’uomo che cammina, nato adulto, ha accumulato molte esperienze e ha deciso di fissare su carta questo bagaglio di memorie, di ricordarle nel loro linguaggio preferito, ma non può fermarsi, così ha chiesto a me di scrivere per lui.
È capitato spesso che lo stesso fatto abbia coinvolto più persone di estrazione sociale profondamente diversa, senza nessuna possibilità di dialogo, eppure contemporaneamente coinvolte nell’evento. Ciascuna l’ha raccontato con il proprio linguaggio e le proprie capacità; a volte noiosa, capziosa, ironica, triviale, maleducata, infine in alcune situazioni come per il mancato “uomo di Aristotele”, cioè l’ animale-razionale-mortale, che si è fermato all’animale comunicando da animale, quindi non si è mai evoluto e deve ancora morire. Costui è ricorrente.
L’uomo che cammina per costruzione, riesce ad entrare dentro di noi e a fotografare realtà senza dare giudizi. Questi sono spesso figli del tempo e del sistema. Io ho camminato con lui un tempo, ma non possiedo la possibilità di vivere in eterno, come le opere d’arte, così ho scritto molto meno di quello che avrei potuto ascoltare; tra l’altro il suo passo è fuori misura e va oltre le mie possibilità.


Storie brevi


Inizio percorso dell’uomo che cammina

Ricordi recenti

L’uomo che cammina percorre la nostra memoria recente, riportando la realtà, la verità qui e ora.
La realtà è già stata edulcorata, sdrammatizzata, deformata dai protagonisti che vogliono ricordare un’altra storia, con successi o sconfitte di misura.
La verità è figlia del tempo, si trasforma in rimorso, in rimpianto, oppure contribuisce a formare un essere senza errori, perfetto, quindi non umano.
L’uomo che cammina non ha un fine che noi conosciamo; ma rivedere il passato recente puntuale, con neutralità, può essere d’aiuto, non per migliorare noi stessi, che è impossibile, ma per raccontare una versione più credibile, una verità parziale. Ci sono almeno due tipi di ricordi recenti, quelli che puoi modificare, drammatizzare, arricchire con fiumi di possibilità e quelli che sono modificati, drammatizzati e arricchiti dal tempo perché ad esso appartengono. I primi spesso sono poco longevi e vivono solo nel passato prossimo. Questo tempo è poco amato perché il dolore è ancora vivo nel presente, mentre la gioia è già passata nel passato. Soltanto un profumo o un particolare speciale rende piacevolmente presente questo passato; altrimenti si ricade nella stessa realtà. Il fatto non l’ha modificata. I secondi sono in potenza storie del passato reale o mitico; possono diventare leggende, film, opere teatrali; oppure ricadere nella categoria precedente, ma hanno superato un primo livello, collocandosi in una zona importante della memoria.
In questo tempo cammino facilmente con l’uomo che cammina.


Prima storia: l’attrice e la pattinatrice

Versione unica: linguaggio poetico

L’attrice

Indossa l’abito del personaggio
e gli dona la vita.

Lo porta sulla scena, davanti a tutti,
tutti coloro che lo riconoscono.

Lei, l’abito e il pubblico,
emozioni di una storia condivisa.

Lei con l’abito fa l’amore per noi,
noi ci illudiamo di farlo con lei.

Lei e l’abito muoiono per noi.
Noi, scarichiamo la morte su di lei.

Il pubblico applaude,
questo è ciò che conta per lei.

Tolto l’abito, il personaggio si addormenta.
Torna in un baule, privo di un corpo.

Lei spogliandosi, lascia nell’abito
qualcosa di suo.

Ciò che resta è il pasto del pubblico,
che vuole qualcuno che
ami e che muoia al suo posto.

Da giovane tolto l’abito,
l’attrice arricchiva il suo vissuto.

Ora quando il lavoro finisce,
nel baule lascia qualcosa di sé

Come una madre che nutre i figli
l’attrice sazia le nostre fantasie,
consumandosi.


La pattinatrice su ghiaccio

Doppio axel, triplo toe-loop. Due trottole.
Il corpo traduce la musica.
Il bolero scivola sui pattini, animando il ghiaccio.

Ghiaccio, forma solida di vita immobile,
una piattaforma per il movimento musicale.
Lei, gentile e fluida.
Una damigella1 verde che trasforma il moto
in fantasia.


1 Le “damigelle” appartengono all’ordine delle libellule con le ali diverse. (Odonati, Anisotteri)


Seconda storia: un tacchino
che voleva fare il pavone

Prima versione: linguaggio narrativo

Occorre osare, spesso va bene, altre volte no. Quando va bene è perché ci abbiamo creduto con forza, con tutta la volontà. Quando va male è perché abbiamo fatto solo un compito.
Così ho tentato. Nella tasca ho messo “Cronaca di una morte annunciata”, nel caso in cui fossi arrivato prima, nel serbatoio il pieno perché il motore perde gasolio.
Il furgone è stato in officina più di dieci giorni, aumentando progressivamente la lista delle parti da cambiare; è vero che è arrivato sopra il carro attrezzi e che la situazione era preoccupante, ma i pezzi adiacenti ai malconci, hanno deciso di morire lì, vicino ai loro amici di trecentododicimila chilometri. Così oltre che di fusione del motore, anche di freni, frizione e motorino d’avviamento, abbiamo parlato della diagnosi meccanica ed essi hanno abbandonato le future avventure su strada. Il conto, come in tutti i sistemi biunivoci, sale al salire dei pezzi da sostituire, costruendo una semiretta che tende all’infinito. Lo stop l’ho dato quando quel brav’uomo del meccanico mi ha chiesto se volevo recuperare la turbina, pulendola dalla morcia, oppure sostituirla.
Morcia, come sfagno e altre parole, hanno la peculiarità di richiamare in sé ciò che di marcio o di putrefatto esiste in natura, ad esempio piccioni morti nei prati condominiali; nello stadio in cui le larve di mosca sono attive e di lì a poco si impuperanno per originare una nuova generazione di adulti. L’odore è il soggetto del fatto. Il fuoco l’unico rimedio.
Parto per il Nord, con due ore di anticipo perché servono: dopo una certa età bisogna sempre muoversi prima, per colmare difetti e distrazioni.
Ecco che arriva ciò che deve arrivare, odore di gasolio che riempie l’abitacolo, nonostante i finestrini aperti.
Miasmi che prendono la forma di due dita che ti entrano nel naso e scavano. Occorre fermarsi.
Tuttavia fra le possibili possibilità, possibile che abbia scelto la peggiore? Infatti da fermo e caldo il catorcio perde di più. Riparto. Vado e basta. Tanto il numero del carro attrezzi l’ho memorizzato.
Arrivo, viaggio non facile, ma conto su di un ritorno migliore, dato che la strada dovrebbe essere la stessa nell’altro senso.
Il posto è valido, ma io sono in anticipo, Ho dimenticato nel furgone il libro, così mi sciroppo lo sfiancante e infinito carteggio tra l’una e l’altra che, fino al quel momento, non esistevano nella mia vita. (Non ce la posso fare). Qualcosa dentro di me ha iniziato a ribellarsi.
Quando la volontà comanda il corpo, la corporeità si ribella e dà segnali evidenti, primo fra tutti la voglia di andare in bagno. Così esco senza far rumore per rispetto all’una e all’altra, dopodiché polleggio al bar dove consumo un caffè e un chinotto, dato che non avevano il ginger. La durata dei sorsi è stata lunga quanto il carteggio, l’ultimo era caldo e sgasato.
Finalmente tocca a noi!
Lui con il violino, lei anzi Lei con tutte le sue Altre. Esiste nei film di fantascienza anni Ottanta una specie biologica nota con la sigla 8472 o mutaforme. Lei è probabilmente l’ultimo esemplare in vita. Un’altra era la mai dimenticata Mariangela Melato.
Inizia la lettura di poesie che generano un lieve movimento dei sensi, alcune di più. Difficile dire se è il testo profondo oppure sono le note del violinista che generano la giusta atmosfera per ogni lettura. Poi c’è Lei che muta. Cambia pelle al variare dell’argomento; nessuno sbadiglia, nessuno pisola. Tutti attenti e coinvolti, come sotto un incantesimo collettivo.
Se per Gino Paoli un’armonica sembrava un organo, allora per noi la voce di Lei era come il coro delle sirene di Ulisse e nessuno aveva la cera nelle orecchie. Avrebbe potuto tenerci lì, tutto il tempo che voleva.
Applauso inevitabile, il duo ha meritato.
Torniamo alla realtà, c’è un furgone che perde. Quanto tempo ho per la chiacchiera? Quanti minuti per esibire una ruota decente con la coda? Poco e il poco, di solito, sotto pressione viene male. Lei si concede al pubblico. Tento, scimmiotto qualcosa per superare chi non c’è e non ci riesco, cerco nelle parole, nella costruzione delle proposizioni una frase storica, una sentenza, qualcosa di importante che segnali la mia esistenza. Intanto il furgone perde.
Ecco che matura il cambiamento di fase. Il termine è usato dai matematici per snellire i calcoli, ma anche figure strane come i filosofi della mente che sono convinti di matematizzare il mondo e le sue creature, usano lo stesso concetto, solo che gli danno un nome più figo: Tower Brigde.
Altro suono, altro livello.
Io ho il furgone che perde. Non ci sto più dentro. Devo andare.
Così torno a casa, spero di non imitare Giordano Bruno.


Seconda versione: Linguaggio poetico

Il tentativo fallito

Stiamo perdendo tempo parlando, lei non lo ha detto
ma ho capito che se ne va, forse non c’è mai stata.

La mente ripercorre tutte le sequenze dialettiche,
non trova tracce, né crepe.

Il cuore invece sa.
È un secchio d’acqua nel deserto con un piccolo foro.
Mentre sudo e cammino,
inseguendo il miraggio la riserva si consuma.

Senz’acqua muoio, se cammino muoio
e il secchio perde.
È una morte sciocca e inutile.

Torno all’oasi, vicino all’acqua
alla mia prigione senza sbarre.

Sapendo di perdere, ho perso.


Terza versione: Linguaggio universale. Tre parole più una. L’una è il “ma”, facoltativo

Ma dove cazzo vai?

[continua]


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