Nel segno del giallo

di

Luca De Pieri


Luca De Pieri - Nel segno del giallo
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 164 - Euro 14,00
ISBN 978-88-6587-2734

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Nel segno del giallo


Una sorella troppo ingombrante

Divenuto commissario di polizia pochi anni prima, grazie anche alla prematura scomparsa del suo capo Davide Cosmi, Lanfranchi lavorava ormai da più di tre anni presso il distretto di polizia di Torino, una città dove la criminalità era sempre più in aumento soprattutto tra i più giovani. Ci si poteva trovare di tutto nel capoluogo piemontese: dai furti d’auto ai rapimenti, dagli omicidi misteriosi ai traffici internazionali di droga.

Nulla a che vedere con la vita tranquilla di Cuneo, dove era stato fino a tre anni prima: lì viveva tranquillo e solo ogni tanto gli veniva segnalato qualche caso degno di nota.

A Torino invece tutto era diverso: già aveva avuto parecchi guai e problemi con il caso relativo alla squadra di pallavolo e adesso si trovava a combattere qualcosa di diverso, d’imprevedibile e quindi doveva tenere sempre alta la concentrazione e restare sempre allerta poiché poteva essere chiamato in causa in qualsiasi momento e, a dimostrazione di ciò, solo pochi giorni prima del suo arrivo, erano stati segnalati casi e atti di violenza in città.

Così Lanfranchi si ritrovò nel bel mezzo di una tempesta senza avere la più pallida idea di dove cominciare; certo aveva molti poliziotti alle sue dipendenze, ma gli sembrava sempre di correre contro il tempo e questa sensazione lo rendeva particolarmente nervoso poiché ormai non riusciva più a trovare un po’ di tempo per pensare a se stesso e ai suoi hobbies.

Adesso doveva affrontare un altro caso alquanto intricato: una giovane modella assassinata, il suo corpo ritrovato in una stanza dell’albergo Agorà; niente indizi, niente segni di lotta, cosa che aveva fatto pensare al commissario che la vittima conoscesse bene il suo assassino, uomo o donna che fosse.

E da qui doveva partire.

Arrivato sul luogo del delitto, guardò il resto della camera alla ricerca di qualche indizio e notò sopra ad un comodino pieno di riviste di tutti i tipi, una strana busta piegata in due: era di colore giallo ocra anche se, da un’altra distanza, poteva sembrare bianco sporco.

La prese in mano e ne estrasse il contenuto: un paio di foto della modella assassinata; la prima scattata al mare, la seconda durante una serata di gala, che se la memoria non lo tradiva, era stata la serata dell’incoronazione di Giulia Vincenzi a modella dell’anno.

A guadare quel volto così dolce e allegro al commissario vennero quasi le lacrime agli occhi, ma non potè fare altro che constatare che un’altra giovane donna era stata vittima della moda; un mondo che a lui piaceva, anche se non si sarebbe mai permesso di farne parola con qualcuno del suo interesse: era semplicemente un cultore del bello, tutto qua.

Pochi minuti dopo arrivarono gli uomini dei R.I.S. di Torino, guidati da Barbara Scotti, la quale dal canto suo, aveva avuto a che fare, anni addietro, con passerelle e galà di moda.

“Allora che ne dici?”

“Niente di che, nessun segno di effrazione: solo un’altra giovane vita spezzata chissà per quale strano motivo.”

“Già” si limitò a ribattere Lanfranchi che era visibilmente turbato.

Barbara si accorse del turbamento del suo collega e disse:

“Te la senti di affrontare il caso?”

“Non posso fare altrimenti, e poi voglio scoprire chi è stato quel bastardo che ha spezzato la vita ad una ragazza così giovane ed innocente.”

“Ti capisco, ma cerca di non farti prendere troppo la mano.”

“Tranquilla, ho tutto sotto controllo, Barbara.”

I R.I.S. terminarono in fretta il loro lavoro e poche ore dopo Lanfranchi, nell’ufficio dove lavorava, potè constatare che erano stati fortunati.

Infatti i dati relativi al caso parlavano chiaro: nella camera della signorina Vincenzi erano state trovate due serie di impronte digitali: le prime appartenenti alla povera vittima, le seconde di un uomo: tale Matteo Gherardi, figlio di un notaio molto famoso in città.

Il Gherardi era già ben noto alla polizia di Torino e così il commissario si fece portare i fascicoli inerenti ai casi in cui il presunto assassino era stato indagato; scoprì così che il giovane aveva un passato a dir poco turbolento e che era stato coinvolto in diversi casi di rapina, ultimo dei quali, una rapina avvenuta all’oreficeria Boglietti pochi mesi prima.

Il commissario stette un attimo a pensare a quale fosse la cosa migliore da fare: accusare di omicidio volontario il figlio di uno dei più importanti notai d’Italia non era esattamente la cosa migliore da fare perché avrebbe scatenato una risposta mediatica senza precedenti e ben presto lui si sarebbe trovato a dover affrontare gli avvocati che il padre di Matteo avrebbe messo in campo pur di salvare ancora una volta la reputazione del figlio.

Scoprì inoltre che la rapina alla oreficeria non era stata commessa solo dall’indagato, ma anche da altri due uomini che però erano riusciti a fuggire: tali Daniele Bizzarri e Lucio Nicosia; così decise che era arrivato il momento di andare a fare una visita a questi due gentiluomini.

Prese il recapito scritto sul foglio ed uscì; voleva scambiare due parole con questi due signori e soprattutto voleva sapere che fine aveva fatto Matteo Gherardi, che al momento risultava l’unico sospettato per il delitto della signorina Giulia Vincenzi.

In fondo non faceva niente di male se non il suo lavoro e poi in cuor suo sperava di incastrare l’assassino il prima possibile poiché la vicenda stava già facendo molto clamore su tutti i giornali.

Così si recò in via Roma n. 13, dove avrebbe dovuto trovare i due fuggiaschi della rapina e magari, con un po’ di fortuna, anche il Gherardi.

Arrivò all’appartamento in meno di mezz’ora: nonostante l’ora, il traffico era stranamente meno intenso degli altri giorni; non solo, ma addirittura, giunto quasi a metà strada, potè transitare attraverso una specie di strada sotterranea: erano 30 metri, non di più, e il commissario li percorse tutti di un fiato e poi si ritrovò praticamente davanti all’appartamento che stava cercando, per cui, almeno per il momento gli imprevisti erano stati evitati.

Arrivato all’appartamento, scese dalla macchina e si guardò intorno e l’unica cosa che notò fu un furgone rosso in fondo dall’altra parte della strada; lo guardò per alcuni istanti e poi si diresse verso l’abitazione dei due fuggiaschi.

Suonò il campanello un paio di volte e dopo alcuni istanti sulla soglia della porta comparve un’anziana donna dall’aspetto gentile e docile.

“C’è qualcuno in casa oltre a lei?”

“Lei chi è, mi scusi?” ribattè la signora.

“Sono il commissario Lanfranchi, avrei bisogno di parlare con i due signori che abitano in questo appartamento.”

“Sono quasi tre giorni che non si fanno vivi, io sono solo la donna delle pulizie, mi chiamo Grazia Scarpulla, ma la prego entri.”

Il commissario entrò nella casa e vide che era in perfetto ordine: tutto riluceva e tutti gli armadi sembravano come appena comprati.

“Accidenti”

“I signori ci tengono alla pulizia e tutto sommato pagano anche bene.”

Sorrise e poi indicò al commissario le scale da percorrere per arrivare alle camere da letto dei due uomini.

In pochi secondi la figura della donna scomparve nel nulla e mentre saliva le scale Lanfranchi non potè che provare un senso d’istintiva simpatia per quella signora che molto probabilmente non sapeva nulla dei traffici e dei loschi affari che avevano compiuto i due inquilini di quella casa.

Arrivato davanti alla porta fu sul punto di aprirla, quando sentì qualcuno muoversi all’interno della camera.

Evidentemente la donna delle pulizie si era sbagliata: qualcuno in casa c’era.

Così bussò un paio di volte.

“Sì, chi è?” rispose una voce che al commissario sembrò parecchio agitata.

“Commissario Lanfranchi, posso entrare?”

“Entri pure” disse la voce che sembrava avere riacquistato la calma.

La porta si aprì e davanti agli occhi di Lanfranchi apparvero subito due cose: il volto e il corpo di Matteo Gherardi, impegnato a leggere una rivista sportiva e, dietro di lui, su una delle pareti della camera un poster con la foto di Giulia Vincenzi in abiti alquanto succinti.

“Che cosa vuole da me commissario?” chiese il Gherardi visibilmente turbato.

“Parlare di Giulia Vincenzi” tuonò il commissario indicando con il dito il poster.

Il volto di Matteo cambiò rapidamente espressione e divenne improvvisamente seria e circospeziosa.

“Che cosa vuole sapere?”

“Tanto per cominciare se la conosce…?”

“Beh, non posso nasconderlo” e così dicendo indicò il poster.

“Sì, ho visto.”

“Già”

“L’ha vista di recente?”

“Ieri pomeriggio: era strana, più nervosa del solito”

“Giulia Vincenzi è stata trovata morta nella sua stanza d’albergo qualche ora fa.” disse in tono quasi solenne Lanfranchi.

Matteo Gherardi sembrò impallidire alla notizia.

“Suicidio…?” chiese visibilmente scosso.

“No, si tratta di omicidio e…” il commissario stava per dire qualcosa ma fu anticipato da Matteo.

“Era molto triste ultimamente, soffriva di depressione… Però nemici non credo ne avesse…”

“No… C’è un problema signor Gherardi.”

“Sarebbe?”

Abbiamo trovato le sue impronte nella camera d’albergo. Sono le uniche oltre a quelle della vittima.”

“Questo fa di me un criminale?” chiese Matteo in tono irritato.

“No, ma vorrei farle lo stesso alcune domande. Per esempio…”

“Antonio Lorieri e Michela Santi”

“Come scusi?”

“I problemi più grandi di Giulia erano quei due.”

“In che senso problemi?”

“Vada da loro e capirà…” si limitò a dire Matteo.

“Io non so che altro dirle mi dispiace”

“E come mi spiega le sue impronte nella stanza della vittima?”

“Beh, diciamo che eravamo un po’ più che amici e ogni tanto ci vedevamo, tutto qua.”

“Comunque non lasci la città, potrei ancora avere bisogno di lei.”

“D’accordo, come vuole lei commissario.”

Poi Lanfranchi si fece dare gli indirizzi dei due personaggi che secondo Matteo turbavano la vita di Giulia e, salito in macchina incominciò la nuova ricerca.

Il suo primo obbiettivo fu Antonio Lorieri che, per una strana coincidenza, abitava poco lontano dall’appartamento del Gherardi e degli altri due “gentiluomini”, così come amava chiamarli lui.

Non aveva mai sentito quel nome prima d’ora, ma per qualche strana ragione gli sembrava noto come a volte può capitare di sentire una canzone nuova alla radio e di conoscerne già il testo.

Arrivò da Lorieri in meno di dieci minuti e quando scese dall’auto vide un uomo impegnato in alcuni lavori di giardinaggio.

Quando vide il poliziotto, Antonio gli andò incontro e chiese in tono alquanto scorbutico:

“Chi è lei? Cosa vuole?”

“Sono il commissario Lanfranchi, vorrei farle alcune domande sulla morte della signorina Giulia Vincenzi”

“Sì, ho sentito, una vera tragedia.”

“Conosceva la vittima?”

“Sì, anche abbastanza bene” poi tirò un sospiro di sollievo e aggiunse:

“Ultimamente ci vedevamo molto di meno, un po’ perché lei era sempre impegnata e un po’ perché mia moglie era diventata più sospettosa del solito”

“Avevate una relazione?”

“No, lei era molto bella, però…”

“Però…?”

“Troppo impegnativo, soprattutto per un uomo già sposato” disse Antonio con un sospiro.

“Capisco; l’altra sera l’ha vista?”

“No, le ho telefonato poco prima che…”

Antonio s’interruppe per tirare di nuovo un sospiro e poi si prese:

“Era bellissima, giovane e piena di vita…” quasi si mise a piangere.

Il commissario si guardò intorno un po’ imbarazzato, aveva capito che Lorieri doveva essere molto legato alla vittima: forse per lei era una sorte di padre putativo, ma di certo non dava l’impressione di uno che avesse una relazione amorosa con la povera vittima.

“Se le venisse in mente qualcosa, mi chiami.”

Poi Lanfranchi congedò Antonio e salì in macchina: la sua prossima tappa era l’abitazione di Michela Santi; aveva già sentito quel nome e gli sembrava che fosse anche lei una modella.

Arrivò alla sua abitazione e si accorse che si stava facendo buio; scese dalla macchina e andò alla porta.

Suonò due volte prima di avere una risposta e prima che una giovane donna sbucasse dalla porta visibilmente stanca con due occhi che dicevano che non aveva dormito un gran che la notte prima.

“Michela Santi?”

“Sono la sorella, Giorgia; lei chi è?”

“Commissario Lanfranchi: sto indagando sulla morte della giovane modella Giulia Vincenzi.”

“Capisco, ma non vedo…”

“È in casa sua sorella?”

“No, è uscita dieci minuti fa”

“Dove si è recata?”

“Non lo so, ha solo detto di aver un appuntamento”

“Con chi?”

“Non lo so.

Lanfranchi decise che sarebbe stato meglio sapere dove fosse Michela e chiese ancora:

“Ma non le ha detto proprio niente?”

“No, solo che doveva sistemare una faccenda”

Il commissario congedò la sorella di Michela e poi salì velocemente in macchina; la prossima fermata era di nuovo la casa di Matteo Gherardi.

Arrivò all’abitazione a tutta velocità e in meno di mezz’ora; scese dalla macchina e andò rapidamente a bussare alla porta di Matteo.

“Gherardi” tuonò il commissario.

Alcuni istanti di silenzio e poi Lanfranchi decise di buttare giù la porta; quando entrò nell’appartamento trovò uno spettacolo ben diverso da quello che aveva trovato la prima volta: la casa era in un disordine completo con fogli buttati alla rinfusa, cassetti svuotati, poltrone rovesciate; evidentemente qualcuno stava cercando qualcosa: ma che cosa?

Lanfranchi ripensò alle parole di Gherardi.

“I più grandi problemi di Giulia…”

Cercò di capire cosa si nascondesse dietro questa frase quando una foto attirò la sua attenzione: Giulia in mezzo a Matteo e Antonio…

“I più grandi problemi di Giulia”

Prese le foto con sé e si recò verso l’abitazione della vittima.

Aveva avuto un’intuizione e se fosse stato fortunato…

“Dannazione ma chi è stato?”

La voce di Matteo arrivò da dietro e lo colse quasi impreparato.

Si voltò e guardando il giovane disse:

“A quanto pare Giulia non era l’unica ad avere dei problemi”

Poi se ne andò lasciando Matteo Gherardi solo a domandarsi chi poteva avere ridotto il suo appartamento in quello stato.

L’abitazione d Giulia Vincenzi era ancora segnata dai cordoni dei R.I.S.: evidentemente non avevano ancora finito.

Lanfranchi entrò in casa; l’abitazione era quella solita di una casa ormai disabitata da tempo: desolazione e sconforto prendevano il sopravvento sul lusso e lo sfarzo che un giorno, nemmeno troppo lontano, erano presenti in quella casa.

Il commissario incominciò a guardarsi intorno: riviste, premi e foto di tutti i tipi contornavano la casa arredata con mobili di buon gusto.

Poi Lanfranchi guardò una foto e capì…

La prese con sé, la mise insieme all’altra e uscì dall’abitazione.

Adesso tutto quadrava e aveva un senso, anche quella frase di Matteo.

“I più grandi problemi di Giulia…”

Ancora una visita a Matteo Gherardi e avrebbe risolto il caso.

Quando arrivò nella sua abitazione, lo trovò impegnato a rimettere a posto il suo appartamento.

“Che vuole ancora da me?” chiese seccato Matteo.

“Giulia aveva una sorella” tuonò Lanfranchi.

“E allora?” disse Matteo che poi aggiunse:

“Cos’ha scoperto?”

“Michela Santi è in realtà la sorella di Giulia, non è vero?”

Il volto di Matteo si rabbuiò e divenne terribilmente serio.

“Come l’ha capito?”

“Guardando una foto di Michela e Giulia in mezzo al signor Antonio Lorieri”

“Già… Antonio Lorieri.”

“Mi racconti quello che sa”.

Matteo tirò un sospiro di sollievo e si sedette per raccontare quello che sapeva.

“Giulia era sempre stata la prima della famiglia Vincenzi… Tutti i meriti se li prendeva lei, mentre Michela non riusciva a combinare nulla di buono.”

“Così cadde in depressione ed iniziò ad odiare la sorella”

“Venne da me dicendo che sospettava che Giulia avesse una relazione con Antonio Lorieri, in realtà non era vero, però…”

“Cosa fece allora Giulia?”

“Cambiò cognome non appena i suoi genitori morirono in un incidente aereo: ormai aveva più di diciotto anni: poteva farlo.”

“Così divenne Giulia Vincenzi, la modella più famosa di Torino e d’Italia.”

“Ma Michela lo scoprì… Giusto?”

“No… Cosa?” la voce di Matteo si alterò.

“Non penserà che Michela…”

“O è stata la ragazza o è stato lei a commettere l’omicidio… Che ne dice signor Gherardi…?”

Matteo tirò un altro sospiro.

“Era viva quando io me ne sono andato; sembrava felice, ma aveva paura per sua sorella.”

“Già, immagino.”

“Non sono stato io.”

“Le credo signor Gherardi.

“E allora?”

“E allora la nostra amata Giulia Vincenzi si è suicidata tentando di far passare la sua morte per un omicidio: voleva dare la colpa ad uno di noi.”

“A sua sorella credo.”

“Quindi è tutto finito?” chiese Matteo speranzoso.

“Quasi, ora andiamo sul luogo del delitto per chiarire un’ultima cosa, lei però prima dovrebbe fare un paio di telefonate.”

Poi il commissario se ne andò lasciando Matteo da solo a fare ciò che gli aveva ordinato: telefonare prima a Lorieri e poi alla sorella di Giulia.

Lanfranchi arrivò all’albergo in meno di mezz’ora; andò alla reception e si fece dare le chiavi della stanza di Giulia.

Salì le scale e arrivò alla stanza della vittima. Ormai il più era fatto, non restava che aspettare.

Nel giro di pochi minuti arrivarono tutti: Matteo, il signor Lorieri e soprattutto Michela.

Entrarono nella stanza tutti quanti visibilmente tesi.

“Bene, vedo che siete tutti qui.”

“Sì, ma a cosa serve ciò?” chiese Lorieri.

“A smascherare un abile assassino” disse Lanfranchi.

“Ma…” disse Matteo.

“Signor Lorieri conosce questa ragazza?” disse il commissario indicando Michela.

“D’improvviso Matteo capì tutto ed un sorriso comparve sul suo viso.

“Commissario… Non capisco…” disse Lorieri turbato e visibilmente a disagio.

“Lei capisce benissimo, non è vero signor Lorieri?”

Antonio guardò Michela e sospirò.

“Non doveva finire così.”

Anche sul volto di Michela comparve per la prima volta dopo tanto tempo un sorriso.

“Ho dovuto farlo… Per il tuo bene, Michela…”

Lanfranchi guardò la sorella di Giulia Vincenzi.

Lei gli sorrise mentre una lacrima le bagnava il viso.

Era la prima volta che piangeva per sua sorella… e forse per la prima volta provava amore nei suoi confronti.

“Portate via quest’uomo” disse Lanfranchi ai due poliziotti che si era portato con sé.

Antonio Lorieri fu ammanettato e portato via.

Matteo e Michela rimasero soli nella stanza della vittima.

“Perché non ceniamo insieme stasera?” chiese dolcemente Matteo.

“D’accordo” rispose Michela.

“Alle 20,00 va bene?”

“Va benissimo”

Poi Matteo prese la mano della ragazza e uscì dalla stanza non senza aver dato un’ultima occhiata alla foto di Giulia: era davvero molto bella e nessuno l’avrebbe mai dimenticata.

[continua]


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