La scòla dë la Stella

di

Lucio Postacchini


Lucio Postacchini - La scòla dë la Stella
Collana "I Gelsi" - I libri di Poesia e Narrativa
14x20,5 - pp. 76 - Euro 9,00
ISBN 979-1259510549

eBook: pp. 72 - Euro 4,99 -  ISBN 9791259511164

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Premessa dell’autore

La scòla dë la Stella è una raccolta di poesie, lettere e riflessioni. Il titolo, in dialetto del mio paese, significa “La scuola di Stella” (la ë nel titolo in dialetto non va pronunciata, similmente alla “e” muta francese). Stella è frazione di Monsampolo del Tronto (Ascoli Piceno), il cui edificio scolastico di una volta, ora adibito ad altri usi, si vede purtroppo pochissimo nell’immagine di copertina. Ho dato questo titolo in dialetto per motivi affettivi ma anche per evitare di incorrere nella ripetizione di quelli già eventualmente esistenti di altre pubblicazioni. Inoltre l’occasione mi è risultata particolarmente gradita per rendere il mio modesto omaggio all’edificio scolastico tanto caro nei ricordi dell’infanzia, quando ancora s’indossavano i pantaloni alla zuava.

Un tema di questa silloge è rappresentato appunto dai ricordi dell’infanzia, della fanciullezza e dell’adolescenza, sorti nei medesimi luoghi che conobbi e frequentai in quei tempi lontani, e nei quali sono ritornato in vecchiaia. Oltre tali ricordi, ho espresso pensieri purtroppo talvolta tristi sul senso del tempo e della vita. E peraltro i periodi dell’autunno e dell’inverno, nei quali ho scritto e composto questa raccolta, hanno accentuato la mia visione pessimistica dell’andamento delle cose del mondo. Ha anche contribuito molto negativamente la nota pandemia che, manifestatasi agli inizi dell’anno 2020, non è ancora risolta. Non mancano tuttavia parole di speranza e di moderato ottimismo in taluni versi e riflessioni in prosa.

Più poesie sono precedute da una premessa che ha lo scopo di facilitarne la comprensione, anche talvolta in considerazione dei (modesti) intenti filosofici e/o d’altro genere che le contraddistinguono. Alcune di esse sono corredate di una foto attinente al tema trattato.

Nella parte ultima di questo libretto ho situato diverse lettere e riflessioni, in parte anche pubblicate da giornali sia cartacei che online.

Monsampolo del Tronto (Ascoli Piceno) – maggio 2021


La scòla dë la Stella


Premessa alla poesia Vendemmia

Questo è il ricordo della vendemmia degli anni ’60 del secolo scorso nella Vallata del Tronto.
Nei filari delle viti, allora alti a differenza delle basse vigne, si operava con la scala a pioli su uno dei quali, a mezzo di un gancio a forma di “s”, veniva appesa la cesta di vimini per raccogliere i grappoli d’uva. Le ceste venivano svuotate su uno o due tini di legno sistemati nei carri agricoli trainati da mucche bianche appaiate al giogo che seguivano i vendemmiatori. I carri, dalle grandi ruote per mantenere la mobilità specie nei terreni bagnati impedendone l’affossamento, erano dipinti con colori e disegni caratteristici tanto cari agli anziani che ancora ricordano quei tempi.
Le scale erano rigorosamente di legno, costruite sovente dallo stesso utilizzatore che segava a metà, per il lungo, il tronco di un albero alto e affusolato, credo in prevalenza d’acacia. Le due parti contrapposte venivano poi congiunte saldamente dai pioli ricavati da rami scelti, lavorati e modellati.
Il pranzo veniva servito in campagna, tra i filari dell’uva o sotto di essi all’ombra, e costituiva altresì una piacevole pausa per conversare in allegria. Su dei cesti giungeva solitamente il piatto tipico dello stoccafisso con patate in umido, e di certo non mancava il buon vino della raccolta precedente.
La poesia evoca nostalgici ricordi di quei tempi dell’adolescenza e della giovinezza, della vita povera di allora, la quale tuttavia riservava la spensieratezza favorita dalle tante persone che stavano bene assieme scambiandosi vicendevolmente l’opra per i raccolti così importanti come la vendemmia.


Vendemmia

Il ricordo dell’uva
Nei tini
Ricolmi
Di grappoli
Neri e d’argento.

Sui carri dipinti
Profumi di mosto;
Ronzio d’api
Negli ultimi raggi
Di sole.

La vita si spegne,
E riprende;
I ricordi affiorano
Lievi, soavi,
Fuggenti.


Premessa alla poesia Contrasti d’autunno

La poesia che segue rivela il contrasto tra la vita e la morte. Tuttavia la vita e la morte, pur essendo in netta opposizione in quanto la prima può portare la gioia mentre la seconda genera tristezza infinita, parrebbero convivere inscindibilmente, quasi come fossero una necessità del mondo. E peraltro san Francesco, il poverello d’Assisi, chiamò la morte sorella, e lo fece sicuramente nell’assoluta consapevolezza che tutte le cose create hanno un loro fine nel disegno naturale e/o divino, anche se è impossibile conoscerlo e averne certezza in questa vita.


Contrasti d’autunno

Percorro un sentiero,
Calpesto un tappeto
Di foglie ingiallite;
Mentre ai bordi v’è l’erba,
Ch’è verde e fonte di vita.

Sì, son lì la morte e la vita,
Son sempre assieme;
Ov’è l’una è pur l’altra,
E non avranno mai fine.


Premessa alla poesia Malinconia

Prima, molto tempo prima di ora non ebbi l’opportunità di frequentare le primarie ma “solo” le elementari. È passato tanto di quel tempo che se non avessi trovato la foto, che mi è stata tra l’altro utile perché l’ho messa nella copertina di questo libretto, non mi sarei ricordato di aver indossato i pantaloni alla zuava. Ma durò poco, perché proprio nella prima metà degli anni ’50 del secolo scorso sparirono, almeno dalle mie parti, i pittoreschi pantaloni tanto che, pur pensandoci molto, non mi è rimasto che un vago ricordo. Però, come si dice, carta canta. Siamo verosimilmente nell’anno 1954 e frequentavo la prima (elementare). In classe e nei compiti a casa facevamo le aste con la matita per imparare a scrivere, ossia tanti bastoncini uno a fianco dell’altro e così via.
Guardandomi in faccia nella foto ho visto che già a quei tempi, oltre ad essere abbastanza brutto e col capoccione, ero pure triste. Ne consegue che, forse, questa poesia (si fa per dire) avrei potuto scriverla anche allora.


Malinconia

Malinconia di un giorno qualunque,
senza oggetti e speranze,
né attese, né scopi di vita,
e dal mondo infinite distanze.

La vita è inane germoglio
sfuggito al nulla e alla sorte,
è assoluto accidente,
è squilibrio di morte.

La fine è immanente
in ogni forma di vita:
tutto la morte riprende
con sua brama infinita.


Una sera d’inverno

È inverno: si sente
Il freddo pungente,
Mentre il sole tramonta
Col tepor dei suoi raggi.

La notte che giunge
Lascerà il ghiaccio
Nei cuori già stanchi
Di tedi ed affanni.

Così nell’arcano
Passar di stagioni:
Illusioni ed inganni,
E alfin tutto muore.


Come un brutto presagio…

Nubi rosse e nere all’alba in questa foto scattata poco più di un anno fa vicinissimo alla ferrovia Ascoli-Mare nelle Marche, verso le colline abruzzesi al di là del fiume Tronto. Visibile il profilo paesaggistico collinare di Colonnella, paese del Teramano qui distinguibile sulla sommità a sinistra, quasi a “contatto” con la nube. Quest’ultima ha le vaghe sembianze di un aereo, anzi un mostro alato sprigionante fuoco, come un brutto presagio di questo lungo periodo pandemico. Ai confini tra le Marche e l’Abruzzo: di qua Giacomo Leopardi e di là Gabriele D’Annunzio. Tanto diversi quanto insuperabili, irripetibili.



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