La rivoluzione della bertulina

di

Maria Denis Guidotti


Maria Denis Guidotti - La rivoluzione della bertulina
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 44 - Euro 7,50
ISBN 978-88-6587-7166

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In copertina: illustrazione dell’autrice


Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è segnalata nel concorso letterario Jacques Prévert 2016


«Maria Denis Guidotti regala una storia originale che dalla semplicità di un’idea attinge la sua forza attraente. La narrazione presenta alcuni passaggi ironici e divertenti, sempre resi nel miglior modo e con la soavità d’un narrare pervaso di profonda sensibilità
La storia della famosa “bertulina” nasce, casualmente, mentre una donna sta girovagando tra le bancarelle del mercato di Campo dei Fiori, a Roma, quando si trova davanti ad un banchetto che espone una spada sopra una pentola a difesa della famosa “bertulina”.
La casuale scoperta incuriosisce la protagonista che inizia ad informarsi e intraprende una sorta di autentica indagine tra musei ed archivi, fino a recarsi nella città di Cremona dove scoprirà l’arcano dopo aver incontrato don Uderbaldo.
La complessa ricerca svelerà la storia di due amanti che, loro malgrado, avevano rivoluzionato il pensiero comune e le consuetudini sociali anche grazie ad una rivolta da parte delle donne che rivendicavano di avere pieno potere sulla famosa “bertulina” che conteneva i denari della famiglia.
Maria Denis Guidotti è brava nel raccontare una storia socialmente importante e renderla viva e pulsante, con il sorriso sulle labbra e con l’ironia che illumina la sua visione narrativa».

Massimo Barile
(presidente concorso letterario J. Prévert 2016 sezione narrativa)


Prefazione

Come accadeva un tempo, molto tempo fa, nelle illustri novelle, anche in queste pagine il processo d’avvicinamento alle trappole e alle sorprese che ci ha preparato Maria Denis Guidotti è lento, ma calcolato. “La rivoluzione della bertulina” è un racconto storico con le radici ben piantate nell’invenzione, e un’invenzione che trae linfa e stupori dalla storia. Avanti e indietro nel tempo, la visita al Museo dell’Ordine delle Spade Scaligere è un fantastico recupero del mito, di quel mito che non passa, né mai passerà di moda perché esercitato nel più segreto animo di Giovanni Bragabruciata e di Roberta Rompirotula che sono, in questo momento, i rappresentanti di tutta l’umanità. La novella che è piacevolmente raccontata, s’immerge in tale clima realistico e malizioso che la narratrice si guarda bene dal districare: ma non v’è dubbio che l’accorto lettore sarà tuttavia in grado, molto presto, di raggiungere una sua certezza esplorativa tra i Carracci e il Domenichino. Il tutto, contemplato come se fosse un voto, cioè un mito che continuamente cresce su se stesso. Vi si aggiunge il dialetto. Il dialetto usato qui è il cremonese, da tale particolare nasce un cordone di varianti che sono Fanti, Giovanni, bertulina, avi, rivoluzione e Cremona. Ma il cammino s’inerpica per ben altre strade e la narratrice, partendo dal periodo della Restaurazione (ha studiato la Storia e si vede molto bene!) passa all’esame la “formazione dei Ducati, di Parma, Modena, Milano e del Lombardo Veneto”, poi le Cinque giornate di Milano, la prima guerra d’Indipendenza, l’insurrezione a Parma e la spedizione dei Mille.
Le ricerche della bertulina, intanto, non cessano mai e “La storia de’ Fanti” ne è l’esempio migliore. Come ci si immagina in queste occasioni, i circoli degli anziani sono i più redditizi in fatto di ricordi, malignerie e sospetti e qui il dialetto della narratrice risulta quanto mai proficuo perché “Cremùna la città delle 3T – Turòn, Turàs, Tetàs” diventa anche – proprio come nelle antiche novelle – un luogo, anzi il luogo di ogni possibile avventura. La storia, è vero, parte duecento anni fa, ma contiene una modernità sconcertante che si piega comicamente ad ogni risultato prefigurando così sia i Marubini in brodo della tradizione cremonese, sia Cabrino Fondulo antico signore di Cremona, sia padre Mazzolari attuale signore di Cremona parente di don Primo Mazzolari. La vicenda prende, a questo punto, contorni farseschi: “Dapprima le donne si rifiutarono di concedere la personale bertulina ai desideri carnali dei mariti”, e poi don Uderbaldo Mazzolari accompagna la curiosa Maria Denis a scoprire le intatte storie mortali di Angelica e Fanti. In questo modo la bertulina diventa un piacevolissimo godimento storico e riempie di sé il mondo, anzi ne spiega l’origine, il fascino e il piacere. Quando si dice che bisogna dar credito alla “Rivoluzione della bertulina”!

Giuseppe Marchetti


La rivoluzione della bertulina


UNA CASUALE SCOPERTA

Questa è una storia che parte dalla notte dei tempi…
Tutto ciò che seguirà è l’esatta narrazione verbale, tramandata da padre in figlio sino ai giorni nostri, di anni di battaglie, scaramucce e rivoluzioni perpetuate per il possesso della “famosa” bertulina. La prima volta che sentii questa parola fu, anni or sono, in una piazza di un mercato delle pulci in Campo dei Fiori a Roma.
“Signore venite avanti, osservate le nostre meraviglie! Abbiamo dei pezzi unici, pieni di storia e raffinata fattura! Guardate! I prezzi sono alla portata di tutti!...”. Così urlava lo strano personaggio dalla sua bancarella nella piazza del mercato. Era un uomo dall’età indefinita che vantava una lunga barba grigia tenuta in ordine, a suo dire, da tantissime treccine che scendevano sino al petto. Indossava una divisa ignifuga, grigia metallizzata, in adozione alla ormai scomparsa Unione Sovietica, che dava ampio risalto alle mostrine su cui campeggiavano, in argento, tre stelline e la scritta CCCP – Союз Советских Социалистических Республик – detta URSS, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. In testa sfoggiava un cappello di panno verde militare con visiera nera dove, al centro, risaltava, tutto ricamato in filo d’oro, lo stemma del ventitreesimo battaglione di fanteria. Il suo viso vantava un colorito cinerino che strideva con la foga e la tonalità della sua voce. Tutto l’insieme mi attrasse a tal punto che provai ad andare a rovistare in quel marasma caotico di abiti, gioielli, oggettistica varia e la mia attenzione fu rapita da una strana pentola che, a differenza delle cose esposte disordinatamente, era appoggiata accanto ad una spada. Perplessa dal collocamento, ammirai con attenzione la schiavona serba con lama a doppio filo scanalata. Mi chinai per toccarla e l’ambulante mi sbraitò: “Buongustaia! Oppure è una cuoca? La spada o la pentola?”. Imbarazzata, cercai di replicare ma, appena aprii la bocca, l’uomo disse: “Siora, la schiavona de’ Fanti lè a difesa d’ la bertulina voda nèee! Se la vol la bertulina, ghè da fa nà guera o andà a Cremuna nèeee – (Signora, la schiavona dei Fanti è a difesa della bertulina vuota nèee! Se vuole la bertulina, c’è da fare una guerra o andare a Cremona nèee)”. Irritata mi defilai verso altri banchi mentre l’uomo continuava ad urlare per richiamare l’attenzione. L’indomani, dopo colazione, decisi di visitare il Museo dell’Ordine delle Spade Scaligere. Sorpresa, mi ritrovai da sola all’interno dell’immenso stabile che custodiva un quantitativo immenso di Gladius – da quelle della civiltà romana, passando per il Medioevo attraverso il Rinascimento sino a giungere a quelle dei giorni nostri. Nella tranquillità del luogo riuscii a leggere tutta la storia delle varie spade e dei loro utilizzi, poi presi appunti e, nell’espositore che citava: “XV / XII secolo – arma della cavalleria Veneziana”, ritrovai con stupore la schiavona. Tra i vari oggetti esposti nelle teche, dalle monete ai bottoni delle divise, dalle rappresentazioni di battaglie a china agli acquaforte, l’occhio ritrovò un disegno a carboncino in cui era rappresentata una scena di guerra dal titolo “la battaglia per la bertulina”. Il cartoncino del museo indicava come autore un anonimo cremasco. Rabbia e curiosità miste ad una strana sensazione di ignoranza, mi diedero come risultato quello di accasciarmi su una delle panche poste lungo il corridoio della sala. Non m’accorsi di aver provocato un rumore tale per avere la personale attenzione del responsabile del museo e a nulla valsero le scuse…
L’uomo era seriamente preoccupato per l’unico visitatore del giorno!


LA STANZA SEGRETA

– Direttore, mi scusi del trambusto! Non volevo recarle disturbo, io… Sto benissimo.
– Signora, non mi pare stia così bene. Cosa le è successo? Non capisco!
– Mi deve perdonare signor…
– Giovanni Bragabruciata.
– Piacere, Roberta Rompirotula.
– Signora Roberta, vorrebbe gentilmente spiegarmi cosa le è accaduto? In tanti anni mai nessuno si è accasciato rovinosamente su una delle panche.
– Signor Giovanni, non so veramente come dirglielo!
– Ci provi…
– Non ho alcun tipo di problema fisico, ma forse, uno mentale… Beh… sì!
L’uomo s’irrigidì!
– No!!! L’unico ingresso giornaliero è di una squilibrata?! Avverto la polizia!
– Si fermi!!!! Non sono una pazza. Potrei diventarla se non riesco a venire a capo di un rompicapo che m’assilla da ieri.
– Potrei sapere che cosa la tormenta?
– Ehm… la… la… la bertulina.
– Come scusi?
– Cercavo informazioni sulla spada schiavona e sulla bertulina dopo che, al mercato delle pulci di Campo dei Fiori uno strano mercante ha solleticato la mia curiosità.
– E come pensava di venirne a capo, qui?
– Appunto!!!... Qui l’ho ritrovata.
– Mi scusi? Non la capisco proprio signora Roberta. Resto fermamente dell’opinione che lei sia un pochino… disturbata!
– Non sono pazza! Le faccio vedere! Mi segua per cortesia.
– … Oh per Bacco! Diavolo di mille Parche! … Ha ragione!
– Bene. Ora mi crede?
– Certo che sì. Le dirò di più, ora ha reso fortemente interessato anche me! L’unico vero problema è che non ho per nulla memoria o conoscenza dei fatti inerenti a quel contesto specifico. Però, potrei…
– Potrebbe…. cosa?
– Domattina, essendo giorno di chiusura se lei volesse aiutarmi nell’impresa titanica di rovistare tra i documenti che conserviamo, entrambi potremmo avere delle risposte concrete in merito.
– Dottor Bragabruciata, lei è il mio salvatore! Come potrei non accettare l’offerta?
– A domani signora Rompirotula.
– Arrivederci.
Decisa a raccogliere quante più informazioni possibili, rientrando in albergo, mi premurai di prolungare il mio soggiorno di alcuni giorni. Mentre alla reception mi vedevano come un concentrato di banconote, mi sentivo come Carter durante gli scavi nella Valle dei Re. Avrei avuto anch’io la mia “tomba” KV22. Andai a letto prestissimo, convinta così di accorciare i tempi d’attesa per l’indomani. Pessima idea! Alle tre del mattino ero sveglia con due occhi che avrebbero fatto invidia pure ad una civetta. Feci tutte le operazioni di rito: mi lavai, mi vestii, lessi le notizie on line di vari quotidiani, alcune notizie internazionali ed infine uscii dall’albergo alla ricerca di un bar aperto che potesse soddisfare la mia voglia di un caffè! Roma alle prime ore dell’alba era davvero magica. I Fori Imperiali, illuminati con meticoloso ingegno, parevano ancor più vivi e moderni di quanto non lo fossero le case e i palazzi costruitevi attorno. Assaporavo mentalmente gli sfarzi delle feste e dei bivacchi che la stirpe romana aveva consumato tra quelle mura quando, come un’apparizione, vidi un piccolo bar. Quel caffè nero e fumante mi fece sentire un leone. Il tempo sembrava rallentato e l’agognata ora “x”, sembrava non giungere mai. Quando smisi di osservare ad intervalli brevi l’orologio, dedicandomi alle sensazioni che i monumenti a cielo aperto mi offrivano, mi ritrovai puntuale innanzi al portone del Museo dell’Ordine delle Spade Scaligere. Il dottor Bragabruciata tardò i classici dieci minuti ma fu una mancanza su cui sorvolai tanta era la mia smania di poter mettere mano agli archivi cartacei del museo. Dopo i convenevoli di rito, il direttore m’illustrò le regole per poter consultare i volumi. Infilai i guanti di cotone bianco candido e seguii Giovanni nella stanza segreta del locale. Dopo aver sceso otto rampe di scale, mi trovai in un sotterraneo scavato dagli antichi romani: volte incrociate al soffitto e pietra lastricata a pavimento. Giungemmo davanti ad un immenso portone di ferro massiccio che il direttore aprì in un tempo indefinito tante erano le toppe e le chiavi per sbloccarlo. Appena entrata, mi trovai innanzi il pozzo di San Patrizio, con la sola differenza che, per ogni rampa circolare di scala, vi erano ai muri migliaia e migliaia di libri e contenitori pieni di documenti e disegni. Tutto era catalogato e scrupolosamente conservato in ambiente a temperatura protetta. Finalmente il direttore m’indicò la sala in cui avremmo potuto dare il via alle ricerche. Qui purtroppo il disordine regnava indisturbato.

[continua]


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