RINGRAZIAMENTI
Laude alla Luna
Luna errante nel cosmo che tra l’acquario, il leone, i
pesci e il capricorno (puoi andare nello zodiaco ovunque
e non solo, in ogni dove, nell’apparente pellegrinare)
non fai distinzione perché viaggiare è la tua passione;
come
l’airone egizio (indica fertilità e abbondanza), un buon
tempo rendi propizio e quel tuo sorriso eterno (mostri
sempre la solita faccia) ne è il miglior indizio. Da ogni
emisfero puoi mostrar al viandante il sentiero; anche se
fioca e lieve, è la luce che da te riceve. E anche un
semino fai germogliare, che immenso è il tuo daffare. Or
ti affido un pensiero: fammi diventar per un giorno il tuo
nocchiero ‘sì da viver anch’io l’ebrezza di poter addolcire
il mondo con una carezza, come cerchi di fare tu, da
lassù. Ma non sempre ci riesci, perché conosci il dritto,
ma all’uomo, vedi, piacciono i rovesci (lo sbagliare malamente).
Una Luna complice
Transiti, anche ove, sarebbe meglio guardare altrove, ma
non te ne fai cruccio (non è tua la colpa) giacché sai che la
guerra e altre nefandezze, son dell’uomo un terribile
viziuccio se non piuttosto un grave e inguaribile, ahimè
maluccio; di cui renderà conto, che è a Dio a far l’affronto
e Quel non farà nessuno sconto perché ben sa che non
ha fatto l’uomo tonto.
Non sta a te, a mo’ (a modo, bene) lo sai, dunque, tirarlo
fuori dai guai, ma da sé stesso semmai; che son pieni di
spine anche i rosai e quelle gli strapperan la pelle se al
Sommo Bene ancor sarà ribelle. O pallida Luna così
opportuna nel rischiarar la notte: quando col male
ciascuno fa a botte
tu lasci uno spiraglio (una via di uscita), sempre, siccome
è la debole luce della sera (l’esperienza data dal vissuto
quotidiano) che seduce e a riflettere induce. O misteriosa
Luna, a me ’sì cara (son anch’io lunatica, ti somiglio, cambio
i miei momenti come tu le fasi) fa dunque a tutti gli uomini
capir che la vita non è una gara (competizione per essere il
migliore), ma una bella pasta alla carbonara, così benefica
perché, se attenti a non mangiarne in quantità
(approfittarne), salute e buon umore dà. Così, questo
bene della Terra (carbonara) ha un senso, che or s’afferra,
e non pensiate sia una considerazione avventata o
anche solo un poco acerba (immatura, infantile, maldestra):
quel di unir gli uomini intorno al tavolo (dialogo),
ove non c’è posto per il diavolo, siccome è frutto di un
uomo davvero buono e operoso e di un Pianeta
generoso, che lo han reso allo scopo così gustoso. Or
non dico altro, sol che l’uomo impari anche dal magico
(giacché legato alla fertilità, all’astuzia, all’autonomia) e così
elegante e anticonformista gatto (un animale che sa vedere
nel buio della notte) e come quello, della luce della Luna si
nutra (faro di saggezza nell’oscurità; simbolo profondo di giustezza
divina da conferire all’uomo, nel religioso) e ’sì tanto
diventi scaltro (furbo da evitare i drammi, gli errori/orrori).
Laude al giardino
Uno spazio confinato (è un territorio delimitato) che non ha steccato (ognuno può frequentarlo con rispetto, quando questo non sia interdetto) e quel ti fa sentir davver beato (pei tanti benefici). Come le Nazioni sulla Terra quando non c’è guerra (c’è armonia tra i popoli).
nota
E or evidenzio che dovremmo esser tutti come Pentolini (Muscari armeniacum, nell’immagine sopra; così detti comunemente perché ricordano dei piccoli orci) dato che, l’umile pianta, apporta tante proprietà benefiche e utili (sali minerali, vitamine, fibre…) a chi se ne circonda (è molto aggraziata e decorativa, il colore infonde serenità) e ne consuma i bulbi (lampascioni). Col suo delicato profumo (ricorda il muschio) la pianta significa infatti utilità. Noi tutti dovremmo esserlo (utili, benefici) per il prossimo, sempre, imparando dalla natura che ci offre le cose buone e belle a ogni angolo che si svolti – ed è una continua sorpresa – nel modo così semplice e gratuito come nel Pentolino (è pianta spontanea e molto comune). La Terra tutta è del resto un bellissimo giardino e… l’uomo un… cretino, siccome non sa considerarlo, apprezzarlo e rispettarlo come sarebbe in suo dovere fare (scusate il sillogismo, mai così più che necessario).
Un giardino piccolino
O mio bel giardino ove spesso mi ritrovo nel mattutino
(la prima parte del giorno); o mio bel giardino ove cresce
la salvia e il gelsomino, ma pure il cavolo in un appartato
angolino (dedicato agli ortaggi); il cavolo che per ogni
foglia “ha un diavolo” (forte preoccupazione) quando il
bruco gli vuol far la festa nel divorarne la gustosa trama e
così alla svelta da non dare scelta (è impotente tant’è
improvviso e veloce), lasciando a me quel poco che ne resta.
È una competizione che, anche questa, mostra, che la
Terra non è solo nostra. Allor m’adopro per l’occasione e
opero una naturale disinfestazione (con olio di neem) perché
è, “col cavolo” (per niente)! che rinuncio a una buona
farinata (farinata col cavolo nero) come ben la cucinava
quel nostro assai noto trisavolo (Pellegrino Artusi), da
gustar quest’oggi con certi (accreditati ma anche a me
familiari) accorti estimatori seduti intorno al tavolo. Nella
frescura della sera, poi, si apron
quei fiori che i lor colori tengono in serbo alla luce del
verbo che le piante sono vivide (piene di vita) sempre, e
in modo superbo fin da quando il giorno è ancora acerbo
e dopo, quando declina, per l’appunto, quando nell’oblio
della sera già la notte s’avvicina (al tramonto). Allor son
vaghe le forme all’occhio attento che può riconoscerle
sol se sui noti connotati pone l’accento (ognuna è
particolare) alla luce di una Luna che valorizza ciascuna,
perché scompaiono i piccoli difetti e appare per come
dal viver è resa unica, nella sua essenzialità e questo è il
merito che ha. Ma bando a ciò or vo’ a menzionar quei
fiori che fin dal principio del mio giardino, e ancor, il
Sole bacia come non fan gli sposi in
municipio (a sigillare il matrimonio, con trasporto) con
l’augurio che ciò non cada mai in un polveroso archivio
(nel dimenticatoio, un momento così magico). E
comincio dalla bella rosa che pur di rosso si colora e che
fa un po’ la permalosa quando il tulipano
la de-trona, ch’è lui il messaggero d’amore eterno e vero,
e, per costui, tutto il resto sta a zero (non conta). È il
tulipano dunque che ricorda il turbante del sultano, a
veicolare così e all’orientale, che l’amore è un pensiero
universale e siccome s’è diffusa (la pianta) ormai ovunque
è un bene per chiunque. Il tulipano e la rosa danno al
giardino un’atmosfera briosa, con le loro vesti e il
portamento, e non sol per un momento, se è ver che pei
tanti lor colori, fanno sbocciare tutti i cuori, con
sentimenti delicati o pur nei loro più bollenti ardori. O
mia bella ortensia, che serenità trasmetti da sopra la mia
dispensia (dispensa), ove il tuo fiore ho collocato affinché i
l mio piacere (nel vederti) fosse assicurato. Fiori grandi
come lo son solo i giganti, ed è quello un aspetto che
apprezza ogni insetto giacché nell’intento di impollinare
la può facilmente notare; e cosa dir della fioritura che
sulla pianta tanto perdura! Se vuol
significare solitudine, anche a crederlo (possibile), poco
importa quando di maritarsi (io lo sono già; ma pare che
porti sfiga nel giardino se si è in età di accasarsi) non c’è
l’inquietudine! Oh!, bella anche
la mia gardenia, sempreverde, dalle foglie lucide, col fiore
elegante e tanto bianco… di guardarla quando è fiorita
non mi stanco. Così sincera e pura non lo è per
caricatura (vezzo) se anche i nobili dell’Ottocento sulla
giacca la tenevano tre palmi
sotto il mento (nel taschino) ed era quello il miglior loro
ornamento, tanto che portavan l’eleganza quando
entravan in ogni stanza.
Poi c’è la timida pratolina, così spontanea che allor a me
tanto s’avvicina (non sono costruita, ma naturale, pertanto
mi è congeniale). Forse non sarà anche niente di speciale,
ma è fenomenale per come si pone: si diffonde e
conquista ogni areale con tanti fiorellini bianchi (purezza)
e con la sua grande umiltà (a stretto contatto col terreno,
conosce il profumo dell’humus) non ti fa prendere granchi;
siccome la vita è questa: conquistare il mondo senza
avere sulla testa una bella cresta (boria, supponenza,
arroganza, vanità). E per finire la mia bella aloe,
una pianta grassa che non è affatto smargiassa, ma è
tanto utile per la salute a cominciare dalla cura della cute,
così quel che promette non sono cose solo lette
(mantiene ciò per cui è ben nota). Così la tengo, preziosa oltre il
tempo, giacché un rimedio naturale da sempre e per
sempre vale. Anche altre son le piante e tutte sante
(buone e necessarie), ma sarebbe una narrazione lunga mentre
l’ombra della sera già s’allunga (s’è fatto tardi).
E con
questo contributo, a tutti porgo, nel mio piccolo giardino,
il più caloroso benvenuto.
IL SIGNOR GIARDINO
(umane risorse e naturali)
Il giardino nasce dalla necessità dell’uomo di allietare e condividere il suo tempo e spazio con le creature vegetali che nei colori, nelle forme e per proprietà danno amenità e salubrità all’ambiente (ma a tutto il Pianeta) che a loro viene dedicato. È un excursus che trova un’ispirazione anche scolastica per il miglior tempo lì trascorso a studiare ed imparare le tante cose che oggi mi hanno aperto gli occhi sul mondo e mi hanno reso come sono: piena di difetti e pochi pregi, certo, ma me medesima, unica e irripetibile come tutte le creature del giardino che mi accingo a porgere alla vostra attenzione. Se avete la pazienza necessaria e con me condividete questa passione o anche solo per avvicinarvi un po’ alla Botanica, Scienza dedita allo studio del mondo vegetale; mondo oggi un po’ trascurato e sottovalutato, a mio avviso, ma invece per tutta l’Umanità, e non solo, così vitale. Grazie a voi tutti per la comprensione e attenzione spesi in tal frangente.
[continua]
IMPROBABILI ASSETTI
(dettami o principi)
E INCONTENIBILI quanto necessarie BARUFFE
(irritazioni, arrabbiature o imbestialimenti)
L’avidità
mai pago di ciò che hai
in rovina cadrai.
La speranza
Vivere il creato con laboriosità
e armonia dà pace e mette allegria.
LE MIE OSTILITÀ: la presunzione
Chi si crede un gradino sopra te non vale un granché
perché non sa, ahimè, che la grandezza di un uomo è
una misura che non dipende dall’altura ma da quanto alla
terra son prossime le terga (è il posteriore, e questa è una
metafora; dunque, son le spalle, con quelle terga, in odor di
terra, ben vicine al suolo e al concreto, a sostener il peso della
vita orgogliosamente, impavidamente ma con semplicità
perché ben conoscono e
apprezzano la benevola terra: il bello e il pregio dell’umiltà
sta anche nella modestia) perché da lì dipende quel che in
lui alberga (la veridicità di uomo nella nobile scala della vita).
Così nel far quella scalata (al successo o alla propria
affermazione semplicemente) metti in conto il ritorno (ciò che
lasci dietro di te) oltre all’andata che, allor sì, ti ritroverai una
persona saggia ed equilibrata e, oggi, una persona rara.
Ai Måneskin e a tutti i ragazzi, e non solo, che cercano la loro affermazione, un posto nel mondo. A chi si pone in modo costruttivo, pensando che nel domani raccoglierà per ciò che ha seminato, indipendentemente dalle fortune accumulate. E l’umiltà ben predispone a realizzare tutto ciò.
LE MIE PERPLESSITÀ: il pensiero unico
Chi non sa dialogare, o non lo vuole neanche considerare,
né una sintesi costruttiva (tra differenti vedute) sa fare,
con rispetto, ma è meglio che vada a spagliare (esca dal g
ioco delle parti; a toglier la paglia ai fiaschi), che forse solo
lì riesce a farsi intelligentemente apprezzare, da chi prima
v’è saputo andare senza alcun danno fare. Infatti senza
questi presupposti si è capaci di far crescere solo grandi
mostri, persone senza identità che san realizzar solo
grandi bestialità come quella di ritenersi depositari di chi
sa quali verità (tirannide), tanto che, è, con quel pensiero
unico che tutti devono vedere la realtà, giacché solo così
questa si pole interpretà. E allor è proprio il caso che
davvero vadano a spagliar (altrove a debordare, non
conoscendo l’Umanità, così policroma, variegata)
perché non è questo (il pensiero unico) che più si confà al
vivere in una non alienante, rassicurante ed eclettica
comunità; come per esempio, nel diritto alla parità (vedi
il dibattito su identità sessuale), che è commisurato,
quantomai, ad aver le stesse più che sensate opportunità;
senza far calar sulla vita di ognuno
la mannaia (emarginarlo perché diverso) e pur pensar che
sia una cosa gaia (discriminazione); che, semmai, è anche
democratico pensar quanto tale precisazione opportuna
sia (nei fatti e negli scritti, necessario è sostenere,
promuovere e consentire il pluralismo) e non solo appaia (darla a
intendere nella comunicazione senza concretizzare mai alcunché).
A chi vuole una società o anche solo una comunità
(grande o piccola che sia), ove non v’è la possibilità di pensarla
in modo diverso, ahimè, rispetto a chi ne gestisce i meccanismi
(per esempio ne è a capo o è molto influente) e così fa
fallire ogni tentativo (a volte reprimendo o con una
comunicazione ad hoc, per esempio discriminatoria) di quel che
vuole porsi in modo anche solo propositivo. Il mio intento è
di provocare, come nel suggerimento di spagliare, ossia
andare a fare ben altro che gestire il potere, di molto differente.
A chi vede il diverso o la sessualità in modo a lui subordinato
perciò non gli riconosce le stesse opportunità a
cominciare dai diritti. Tutto ciò è un dramma se ha a che
vedere con la gestione del potere, ove alcuni ne sono esclusi a
prescindere (dalle capacità); e chi ci arriva, ha da fare poi il
“paraculo” (ruffiano) per essere considerato. Ciò non
costruisce un mondo migliore ove abitare e essere felici.
I MIEI AUGURI: la mamma
Evviva la mamma, di amarti mai si stanca, che il cuore a te (figlio) non apre, spalanca. E questo è oggi (festa della mamma) il mio telegramma.
Alle mamme, da pensarle ogni giorno, per quanto danno alla famiglia e fanno per i figli, in modo silenzioso e generoso. Ai loro utili consigli.
I MIEI RICORDI: meriggio d’estate
Quando penso all’estate in campagna, vissuta ove era il
luogo della mia infanzia (paese d’origine), affiora alla
mente il ronzio delle api – e allor a nessuno causava
grattacapi (fastidio)! – nel tempo del dì quando il Sole
dava tutto il suo calore (ore calde del giorno) di cui
quest’oggi ancor ne son cantore; e quel frinir di cicale…
ancor sembra di sentir tra i covoni del grano, che pure
rimanda a quel tempo lontano (giovinezza); come carico
di bei momenti è ricordar quel filo di paglia finito tra i
denti che talora poteva servir anche da stuzzicadenti.
Eppur ancor oggi in certe realtà (attività agricola bio)
magnificamente tutto ciò si va a sposar, e può rincuorar
ove questo si sa apprezzar, con tutte le sue naturali
convivialità (feste nei raccolti o nei racconti e proverbi…).
Ma che, tali realtà,
son rimaste poche, lo dico con parole fioche (addolorata):
la vita tra il cemento (cementificazione), col tempo, ha
sostituito di quella agreste l’attrattiva, coi giochi sofisticati
(videogiochi) e la più sfrenata movida (sovente con uso di
alcool o droghe),
per non parlar di quanto assai poco, in quello stare,
beatamente
(con serenità) si sorrida (si vive con ansia il presente, si
perde il contatto diretto con la natura e la semplicità che sa
regalare). Oibò! Così occorre la natura ritrovare, da
vivere e contemplare.
A chi apprezza ancor oggi la vita agreste e il contatto diretto con la natura, nella cura di un orto o di un giardino, per esempio.
I MIEI APPREZZAMENTI: a onor del vero
Le persone sovrane (che hanno diritto ad aver rilievo) son
quelle che quando parlano, di giubilo suonan le campane,
per quanto son credibili nelle gesta quotidiane e indefessi
nel ritrovar e sempre esser sé stessi (coerenti). Persone
che non amano gli eccessi (come vivere sfrenatamente di
ori, soldi, lusso), che son le pasture dei fessi (non danno la
vera felicità, se non apparente), ma misurano la bontà dei
lor progressi nel sollevar dalle catene (ingiustizie sociali,
rango, povertà, nel promuovere la mente al positivo) gli
oppressi. E nell’esser con ciò (questo scopo) sempre
connessi ravvisano i lor successi (si sentono realizzati).
Infine non gli piace star nelle vetrine e ciò che fanno è
offrire il buono che han nelle cantine, tanto gli piaccion
le cose genuine (veraci); insomma offrono, e con
ardimento, anche a te, ciò che di buono han dentro sé.
A tutte le persone che hanno meriti per guidare un popolo o le comunità e che si rapportano comunque in modo generoso, competente e amorevole, agli altri.
[continua]