Il rosso e l’azzurro

di

Odette Raffaella Rovai


Odette Raffaella Rovai - Il rosso e l’azzurro
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 44 - Euro 8,00
ISBN 978-88-6587-3373

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In copertina: «Passaggio emozionale» – pastelli a olio di Odette Raffaella Rovai


Prefazione

Odette Raffaella Rovai, con la silloge di poesie “Il rosso e l’azzurro”, presenta alcune liriche che appartengono a vari periodi di un interessante percorso poetico.
La sua poesia si può ben definire fedele espressione del carattere sanguigno e della sua volontà di ribellione alle ingiustizie: il cuore è “trepidante di luce” e sempre proteso a condurre l’anima nel sentimento religioso, nel desiderio dell’Amore, autentico e puro, fino a “tuffarsi nella sua voce”, farsi “scaldare dalle sue acque”, farsi “colmare” dal canto e, infine, ritrovare la quiete interiore.
L’eco del cuore che richiama la ricerca della pace è il “moto d’amore perpetuo” che ritma l’intera silloge.
Le parole sono vibranti, estrapolate da una sorta di sospensione emozionale in un continuo richiamo al mondo della natura con le sue suggestioni, indagate con il costante sguardo rivolto alla realtà faticosa e sofferta dell’esistenza.
Si assiste alla completa presa di possesso dei sentimenti che conduce ad una rivalutazione del proprio Essere, grazie alla continua volontà di ricercare una visione autentica, fino ad affermare “io sento assenza d’affanni/e luce perenne”: al contempo, tutto si miscela in un lento sorseggiare l’esistenza quando il cuore malinconico avvicina alla Luce che fa risplendere, lirica dopo lirica, l’universo emozionale ed il forte senso religioso che si disseta all’essenza dell’amore.
La volontà è raggiungere la sponda feconda della compassione, tra passaggi tonali che assecondano il lento dispiegarsi del ciclo della vita: il respiro dell’esistere si fa “urlo sommesso” tra le percezioni della vita che pulsa e si inoltra nella dimensione più profonda del mondo interiore con la sua genuina visione lirica.
La sua spontaneità ha la delicatezza d’un battito d’ali e la passione purificata conduce in una regione dove le contraddizioni e le incertezze del vivere provocano la sana inquietudine.
Il distacco da ciò che è la realtà di questa terra, conduce alla condizione di una desiderata elevazione al di sopra della vita stessa: solo la Grazia permette un distacco, uno slancio nel sentimento che è vitalità pura.
Ecco il miracolo in virtù del quale prende forma la poesia di Odette Raffaella Rovai che, nella sua visione lirica, fluttuante come onda, si lascia “cullare”, come a sprofondare nelle fragilità, come ad affondare nel mare delle ferite: le immagini che si ripetono nel labirinto della vita e nel cammino faticoso che necessita del continuo “rinnovarsi”, diventano le scelte salvifiche per l’animo inquieto.
Odette Raffaella Rovai possiede, nel suo cuore, l’amore per la poesia e la dedizione che dimostra desidera bruciare tutto ciò che v’è di male: nella passione si manifesta il difficile segno della coerenza e viene da chiedersi quanto sia difficile comprendere le ragioni quando si vuole indagare nel profondo il significato dell’esistenza, bando alle illusioni ed allusioni.
Diventa imprescindibile impegnare se stessa in un volo libero, senza farsi imprigionare dalle ambiguità e dalle apparenze: fin dove “lo sguardo conduce”.

Massimo Barile


Il rosso e l’azzurro


Abbazia di S. Galgano

San di cielo
e di costole umane
e di ventre femmineo
queste navate.
Han del pallore
e del colorito,
dell’astinenza
e del riso,
le vele tra gli archi
spicchiate da flauti di vertebre.
E luci a coni
da alte bifore,
pietre in ricami,
unghiature di mani
che mani
han risolto in fogliame,
l’assaporano
di grazia austera
e silenzio celeste
oltre ogni vissuto.
Oltre.


Alga di vento

Alga di vento
portata dall’onda
che muta dal fondo
in berillo gelato.
Un cristallo scomposto
m’appare da sotto
la massa agitata
del liquido sale
baciato dal sole…
che si vuole stirato
e che il vento l’increspa.
Mi lascio cullare,
assente
al richiamo del fiato,
sospinta alla riva
da forza sinuosa,
che m’abbandona.
Osservo soltanto
con occhio di alga
la luce che filtra
che nutre la vita qua sotto,
in assenza di suono.
Alga divento…
alga di vento.


Aprile innamorato

Di limoni
e gelsomini in fiore
non spegne la festa
questo trascorrer
di nubi
in tuoni cupi.
D’aprile
ultimo giorno.
Aprile.
Nel profumo,
che fu dei tuoi occhi,
si libera
l’eco segreta
di un cuore inchiodato,
verde ancora
dell’unico abbraccio,
crudele, assetante:
croco involuto,
mai schiuso.


Arianna nel labirinto

Polvere e sangue
agitano l’aria ancora.
Ancora si mescolano
al fragore del tonfo
nell’ultimo fiato.
Si ripete l’immagine
rallentata in un’eco
ad ogni palpebra socchiusa.
Un diluvio che insiste,
imperversa,
ha lavato la notte,
ogni pietra,
ogni singola goccia di sangue.
Non era uno solo
Il mostro divino.
Ben più di una volta
in quel labirinto,
ben più di una volta
terra, lagrime e sangue.


Cerchio

Scivolo,
mi lascio cadere
in un letto,
nel fondo più fondo
sprofondo
in un centro lontano
che indietro,
indietro nel tempo
diventa giaciglio,
e nudo nel freddo
sono essere antico:
solo occhi per capire,
solo mani per aiutare gli occhi
e pelle come manto
per servire il sonno
delle gambe stanche
di sudare sentieri
verso se stesse.
Così ancora lontano
trovare una pietra
di grotta
che accolga le membra,
il sonno protegga
e trovare il calore di graffi
a rossi colori
che diventano luce
e sogno
di passi lontani,
lontani ma al centro
d’un seme fecondo,
di cammino sicuro,
così ancora lungo
che porta ad un letto
dove scivolo
mi lascio cadere…


Cielo qualcuno

Pellicole rosse
qualcuno ha disteso
su un indaco
vespero cielo.
Di zucchero filato
bianche matasse
qualcuno ha incantato.
Stasera disfatte
somigliano ad un giuoco
d’incarto da festa
dove un bimbo
ormai stanco
s’è perso
distratto.


Come il Duomo di Milano

Imponente e delicato
ricamo di pazienza secolare.
Nessuna guglia
eguaglia l’altra
e quando un tema
pare un fondamento
e corre l’occhio
a cercar segmenti per l’intero,
lo sguardo s’arricchisce in firmamento
e il vertice raggiunge lo stupore!
Nell’oltre,
ben nascosto,
il ruolo funzionale
di una meccanica,
che spiega,
la mirabile facciata.
Pietra polverosa
di grigie scale,
segrete porte
e marchingegni occulti,
espressa in memorabile magia.


Come un’isola

S’arruffa il mio universo
s’arruffa il mio genio
che pace ricerca
nell’aria inquieta
di vento e di voci.
S’azzuffa
col tempo che voglio sia mio,
con un tempo che ruba
le cose alle cose.
Mi giungi così,
in un filo sonoro
mentre sono alle prese
con lembi di cielo
e scirocco e grecale,
…come un’isola tu.
Con te m’allontano,
mi tuffo in tua voce,
ti sento vicino
e al contempo… non più.
Mi scaldi
con acque gitane… spagnole… isolane…
Mi culli di azzurri incredibili
di terre indicibili…
Trasformi in sorrisi
la lotta col vento,
mi colmi col canto
col sogno,
con l’eco
di voce che scava
in abissi intestini.
Ed ecco mi sento
toccata a distanza.
E se dentro mi guardo
non sono più azzuffi… non più…
Solo il rosa e l’arancio
distesi su fili
di nuvole sciolte
in turchesi di sogno.
Cambiato è il mio intimo cielo,
cambiato è l’arruffo
in quiete e tramonto.


Confine

L’acqua assume
di terra il sapore
e la terra s’aggiunge
al sale del mare.
In questa conquista
continua
l’onda disegna,
incide la terra…
Lì sul confine
si rinnova il creato.

Festa di compleanno

Ti regalo il mio rossetto,
te lo incarto in un pacchetto
di ginestre e fiordalisi
poi ci metto sopra un fiocco
che lo tenga stretto stretto…

Ti regalo… tua sorella,
che hai desiderato.
Ti regalo… il tuo cane,
il pelo, che ha bisogno di essere spazzolato,
quella parte di giardino non curato…

Ti regalo il desiderio
con il quale t’ho voluto,
il sorriso di tuo padre
quando al cielo ti pretese
e il suo orgoglio
ad ogni tuo successo.

Ti regalo la tua casa,
il disordine che c’è,
tutti i libri sempre in giro,
tutti i sogni che contiene,
i segreti antichi e no
e i viaggi di cui è fatta

(è il vento che la abita
e che un po’ t’ha contagiata)

Ti regalo un quadrifoglio…
ti regalo tutto il bene che ti voglio,
ti regalo anche il tormento
di sentirmi insufficiente
per quell’animo inquieto,
esigente
che da me hai ereditato
quasi certamente.

Ti regalo le mie ansie,
la bellezza tutta Ricci
dei tuoi occhi
fermi e neri.
Ti regalo l’ironia
di quel modo tutto tuo
di raccontare.
Ti regalo la tua rabbia
che è la mia.

Ti regalo la tua altezza
che è antica e documentata,
la tenerezza che ti prende
quando a te vicino

compare un bambino.

Ti regalo,
tienilo stretto,
il tuo senso di giustizia.

Ti regalo tutto questo.
Alcuni di questi regali
portali pure via,
altri non potrai
perché vorrò continuare
a regalarteli
per tutta la vita.


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