Come un soffio di vento - frammenti di interiorità

di

Paola Pezzali


Paola Pezzali - Come un soffio di vento - frammenti di interiorità
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 80 - Euro 10,00
ISBN 9791259512307

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In copertina: fotografie dell’autrice


Ringraziamenti

Il primo, doveroso grazie è per Silvia, mia figlia che, fin da subito, mi ha incoraggiata ad iniziare questo mio viaggio di scrittura, offrendomi un supporto continuo e discreto.
Il secondo grazie va alla mia amica Mariangela che, ex docente di Lettere, pur non nascondendo un certo stupore iniziale, ha letto per prima le mie pagine fornendomi alcuni suggerimenti senza, però, alterare il mio stile di scrittura che definirei un po’ “barocco”.
Il terzo grazie a Daniele, poeta e scrittore esperto, che mi ha guidato nella scelta editoriale.
Un ultimo grazie ad Alessandro e Vera che, nell’ottobre 2022, mi hanno offerto la possibilità di trascorrere una settimana in solitudine nel loro appartamento al mare dove, nella pace e nella tranquillità, il mio lavoro ha iniziato a prendere forma.


Premessa

Il mio desiderio è sempre stato quello di scrivere.
Questo sogno è rimasto chiuso in un cassetto per tanto, tanto tempo. Ma si sa, c’è un momento per tutto nella vita, e il momento giusto prima o poi arriva.
Fin da ragazzina mi divertivo a registrare emozioni, gioie, delusioni, disagi, contraddizioni, paure. Inoltre, riportavo sulla pagina le impressioni legate alla lettura di un libro o alla visione di un film. Coniugare tali impressioni a frammenti di interiorità e a momenti vissuti o semplicemente immaginati ha fatto sì che io abbia ricominciato a scrivere dando vita a questo racconto.

La scelta di chiamare i protagonisti e gli altri personaggi della mia storia con nomi irlandesi ha una motivazione ben precisa.
Poco tempo dopo la laurea, trascorro un intero anno accademico al Trinity College di Dublino in qualità di Italian Language Assistant.
Fin da subito rimango affascinata dalla città di Dublino, dalla sua gente – i famosi “Dubliners” – e da tutta l’isola. Se esiste il mal d’Africa, credo si possa affermare che esiste anche il mal d’Irlanda come testimonia l’espressione “I left a bit of my heart to Ireland”.
Ho 25 anni quando arrivo a Dublino e tra me e i miei studenti c’è poca differenza di età. Si crea subito un ottimo rapporto. Ebbene, chiamo i miei personaggi con i nomi di alcuni studenti.
Ho volutamente deciso, invece, di non contestualizzare il racconto. Non compaiono, infatti, né indicazioni, né descrizioni di luoghi o paesaggi. Potrebbe tranquillamente trattarsi di una qualsiasi città attraversata da un fiume: Dublino, la mia Pavia…? Ritengo infatti che le città con un fiume siano particolarmente affascinanti e abbiano una peculiarità tutta loro che le rende speciali nella loro unicità.
Il motivo di questa scelta è che si tratta di un viaggio interiore e non reale, un vagare del cuore e dell’anima alla scoperta della consapevolezza.


Dedico questo mio primo lavoro
a Silvia e a Stefano,
i miei figli adorati


Come un soffio di vento - frammenti di interiorità


“È necessario che una donna lasci un segno di sé, della propria anima, ad un uomo perché,
a fare l’amore siamo brave tutte!”

Alda Merini


Introduzione

Dopo un anno, Alison rivede e rivive la relazione con Fergus nei minimi dettagli: la passione, gli attimi di gioia, il dolore, le attese, le aspettative, le delusioni, lo struggimento. Ora, però, sta bene e non soffre più. È guarita, si sente risanata e può finalmente osservare il passato senza rimpianti né paure e, soprattutto, può guardare al futuro con gli occhi pieni di rinnovata vitalità e curiosità.
Ora è una donna nuova.
Ormai il cerchio si è chiuso. Niente la potrà più scalfire.
Tutto il percorso mentale a ritroso avviene una sera in cui Alison è sola in casa e si lascia cullare dai ricordi di cui si sente ancora avvolta anche se, grazie al tempo trascorso, le appaiono via via in maniera sempre più ovattata e di-staccata.
È un viaggio dell’anima alla ricerca e scoperta del proprio io dove le digressioni, i flashback, i momenti passati di nostalgia e tenerezza, come pure i ricordi più intensi ed intimi di famiglia che di tanto in tanto irrompono improvvisi e veementi, si mescolano col presente, col qui e ora, vissuto con una modalità totale e assoluta.
Grazie alla presa di coscienza, alla fine Alison trova la forza e la capacità di lasciar finalmente andare quell’uomo che così tanto l’aveva fatta soffrire.
La catena si è spezzata.


Conosciamo Alison e Fergus:

i protagonisti

Alison, 30 anni, alta m 1,68, snella, belle forme, grandi occhi grigi, capelli alle spalle di un bel biondo scuro. Donna single, colta ed elegante nei modi e nella scelta dell’abbigliamento. Non esce mai di casa senza qualche goccia di profumo e il rossetto, un vezzo a cui non sa rinunciare nemmeno quando va al supermercato o a fare jogging. Inutile dire che ha una gran bella bocca i cui contorni disegna con grande maestria, in maniera impeccabile e precisissima per poi riempire le sue labbra carnose con un rossetto o un lucidalabbra in tinta con l’abbigliamento.
Alison ha una buona dialettica, ama la lettura, il cinema e la buona tavola.
È laureata a pieni voti in Scienze della Comunicazione e ha inoltre conseguito un Master in “Marketing Strategy and Innovation”. Lavora come responsabile del personale in un grande magazzino del centro storico di una città di provincia e, a volte, ha pure un ruolo importante nelle scelte e valutazioni commerciali dell’azienda. Ha ambizioni lavorative, ma al momento è in possesso solo di un contratto a tempo determinato che, secondo quanto promessole dai suoi superiori, dovrebbe trasformarsi a breve in contratto a tempo indeterminato. Ha un buon rapporto con tutti i colleghi e i capi ed è apprezzata anche dai clienti, grazie al suo innato savoir faire e ai suoi modi accattivanti.
Trascorre il tempo libero con gli amici e frequenta una palestra un paio di volte a settimana, quando il lavoro non la assorbe troppo.
Vive in un trilocale di proprietà, regalo dei genitori, non lontano dal luogo di lavoro. L’appartamento non è di grande metratura ma, grazie all’intervento di una sua amica architetto coordinata da un interior designer, è stato ristrutturato sfruttando in maniera funzionale tutti gli spazi. È un appartamento arredato con buon gusto, molto luminoso e con un grande balcone – che lei ama definire terrazzino – sul quale ha collocato un tavolino e quattro poltroncine in midollino chiaro. È il luogo ideale per fare colazione o organizzare degli aperitivi con gli amici.
Insomma, Alison potrebbe essere definita una donna perfetta e desiderabile sotto tutti i punti di vista.
Unica pecca le sigarette: non è una fumatrice accanita, ma le piace fumare specialmente in alcuni momenti della giornata e, soprattutto, le piacciono tantissimo la gestualità e la ritualità connesse alla sigaretta.

Fergus, 37 anni, altezza m 1,82, fisico ben strutturato, forme armoniose, spalle larghe, occhi verdi penetranti e molto eloquenti, capelli nerissimi, folti e mossi, sempre perfetti, sorriso magnetico. Single, elegante, impeccabile e attento ai dettagli: mai un errore di abbinamento nella scelta di abiti e accessori. Forse un po’ vanesio, ma un vero e proprio “piacione” che ama essere visto, considerato e approvato da tutti!
Fergus ha una laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche conseguita dopo essere andato fuori corso per ben quattro anni. È socio in un ufficio tecnico che fa capo ad una ditta estera per lo smaltimento di rifiuti tossici. L’ufficio è situato in centro, non lontano dal luogo di lavoro di Alison. Nonostante la giovane età si può dire che abbia già un ottimo e ben remunerato impiego. È estremamente ambizioso e questa sua caratteristica lo porterà sicuramente avanti nella carriera. È altresì molto determinato nel perseguire e raggiungere i suoi obiettivi lavorativi.
Ha un buon carattere, molto accomodante e ha tantissimi amici coi quali ha un ottimo rapporto e con cui trascorre buona parte del suo tempo libero. Gli piace ridere e scherzare, non disdegna le chiacchiere e ama tantissimo la buona tavola.
Vive in un ampio trilocale di proprietà, leggermente decentrato, ma con tutte le comodità e le novità tecnologiche di ultimissima generazione. È un appartamento molto luminoso, tranquillo e accogliente che ha arredato con l’aiuto di un architetto. Di tanto in tanto sua sorella Karen, preziosa collaboratrice, si ferma da lui quando devono discutere di importanti questioni di lavoro o hanno scadenze imminenti. Ecco perché ha scelto un trilocale: per avere la stanza degli ospiti sempre a disposizione.
L’appartamento è pulitissimo, immacolato e sempre in ordine in quanto una signora gli fa le pulizie, lava, stira e riordina.
Fergus è, o almeno sembrerebbe, un “buon partito” se non fosse per quel vizietto di cui non può proprio fare a meno: le donne! È un viveur, un latin-lover, un playboy… insomma gli piacciono troppo le donne – anche quelle degli altri – e non sa stare solo per più di un mese.
L’ambizione nel lavoro non è nulla se paragonato al desiderio di conquistare e possedere una donna senza, però, impegnarsi in un rapporto serio.


Prologo

In un sabato sera qualunque Alison è in casa, sola e, dopo un anno, ritorna con la mente ad alcuni scorci del suo passato.
Le sue amiche le hanno telefonato proponendole una serata fuori, ma lei ha declinato l’invito dicendo che la settimana in ufficio è stata particolarmente impegnativa e quindi desidera rimanere sul divano in pigiama a polleggiare, sorseggiare un calice di vino, guardare un po’ di televisione e poi andare a dormire.
È sì stanca, ma in realtà ha voglia di stare in casa, sola, a farsi cullare dai pensieri, dai ricordi e dal rumore del silenzio. Silenzio che, in alcuni momenti, le pare talmente assordante e martellante da destabilizzarla, senza però provocarle quelle fitte acute di dolore già sperimentate in un passato neanche tanto lontano.
Il sapore di Fergus è ancora vivo e il suo ricordo brucia nelle vene, la sua presenza è in ogni angolo del suo corpo. L’energia che le ha lasciato è tangibile e lei la percepisce ovunque: tutto sa di lui! Nonostante ciò, la sensazione che prova è di pace e calma serena, di gradevole tranquillità. Alison ripensa a quei giorni, soprattutto ai primi tre giorni, e sente che ogni minimo angolo della sua persona, persino la sua anima, vibrano e, in un certo senso, sorridono. Anche le sue belle labbra accennano un sorriso formando quelle fossette ai lati delle guance che le piacciono tanto e le conferiscono un’aria sbarazzina.
Ora non soffre più: un intero, lungo anno è passato.


Un anno prima

Era settembre. Le vacanze erano finite, l’estate stava volgendo al termine, le giornate pian piano si accorciavano, il calore via via diventava sempre meno bruciante, i colori e i profumi decisi si affievolivano leggermente. Il tempo era ancora bello, di giorno il sole splendeva e il suo tepore era estremamente piacevole sulla pelle.
Alison aveva vissuto tre giorni molto intensi e, quasi quasi, non se ne rendeva nemmeno conto. Era stato tutto così inaspettato e bellissimo come fosse un sogno.
Stava bene, finalmente stava bene: ecco, forse la cosa che più la sconcertava era proprio il fatto di star bene. Da tanto tempo non provava quelle dolci, appaganti, piacevoli sensazioni. Le situazioni, le avventure e le delusioni avvenute prima dell’incontro con Fergus le avevano lasciato la giusta e necessaria esperienza per affrontare una nuova storia con maggiore determinazione.
Nemmeno le soddisfazioni in ambito lavorativo o il recente avanzamento di grado, con conseguente aumento di stipendio, avevano toccato in maniera così sottile le sue più intime corde. Il suono interiore prodotto era un accordo gioioso: era come se un rimedio omeopatico in diluizione infinitesimale avesse raggiunto ogni angolo del suo essere e del suo spirito e, come d’incanto, li avesse magicamente sanati riportando l’armonia ovunque.
Alison si sentiva brillare, scintillare e all’improvviso tutto le parve semplice, chiaro, lineare e magnifico come un rosso tramonto sopra un mare settembrino. E pensare che solo un mese prima non era in quello stato d’animo così pacato, tranquillo e rilassato.

Nel mese che aveva preceduto quei tre giorni sentiva che la situazione le stava scappando di mano, sentiva che un coinvolgimento – forse cerebrale più che fisico – stava per impossessarsi di lei.
Fergus, con parecchia più esperienza alle spalle, con un vissuto decisamente più ricco e articolato, se ne era accorto. E di conseguenza era fuggito, aveva disertato, si era eclissato evitando così appuntamenti e uscite.
Alison si sentiva ferita nel suo orgoglio di donna e aveva visto l’atteggiamento di lui come una mancanza di carattere, come una debolezza.
Immediatamente le era scaduto come persona.
“Non mi merita”, “non sa assumersi le sue responsabilità”, “cosa me ne faccio di un bamboccio così immaturo?” – ripeteva tra sé e sé con una punta di sdegno e di rabbia per lo smacco subito.
Eppure, qualcosa dentro di lei stava maturando. Si sentiva più grande, più pronta, più donna. Ma quel rifiuto non riusciva proprio a digerirlo.

A volte, anche sul lavoro aveva degli scatti d’ira immotivati con i colleghi: li vedeva tutti come antagonisti. Era perfettamente consapevole di quanto si rendesse antipatica, se non addirittura ridicola, con le sue uscite furiose o le sue crisi isteriche, ma non riusciva a controllare e a reprimere l’astio nei confronti degli uomini.
Solo con il suo capo riusciva a mantenere sempre un comportamento adeguato senza uscire mai dalle righe. Il fatto di avere un capo donna era, in quella fase della sua vita, un enorme vantaggio per lei.

L’unico collega con cui Alison non riusciva ad essere sgarbata, scortese e sgradevole era Conor, anzi, c’era sempre grande rispetto nei suoi confronti: nessuno poteva trattarlo male!
Conor era single, aveva 42 anni – anche se ne dimostrava parecchi di più – era leggermente stempiato e si vestiva, benché sempre in ordine e pulito, con un abbigliamento dal gusto un po’ datato. Lasciava la sua inconfondibile scia di dopobarba, indizio che si radeva tutte le mattine – magari con una luce fioca – in quanto capitava che si notasse qualche traccia lasciata dalla lametta.
Non si sapeva molto della sua vita privata. Un paio di colleghi erano riusciti ad estorcergli che viveva con la mamma e una vecchia zia, mentre il padre era morto qualche anno prima. Nessuno aveva una curiosità morbosa nel fargli domande, semplicemente si cercava di conoscerlo meglio. Lui, però, era ermetico e lasciava cadere il discorso adducendo sempre la medesima scusa: “il dovere mi chiama, devo tornare alla mia scrivania”. Era impossibile coinvolgerlo in attività al di fuori del lavoro. Terminata la sua giornata, ritornava a casa in autobus così come era arrivato. Aveva un’auto che però usava solo in occasioni particolari o per spostamenti più lunghi; per tragitti brevi preferiva i mezzi pubblici.
Benché avesse una postazione tutta sua con scrivania dove poter lavorare, c’era in ogni ufficio una sedia pronta, qualora fosse stato necessario convocarlo. Nel qual caso lui lasciava prontamente la sua postazione e si avviava ad aiutare chi lo aveva richiesto, ben felice di fornire il suo supporto. C’era sempre bisogno di Conor e si poteva affermare che lui era sempre al posto giusto nel momento giusto. Sapeva trovare la soluzione ottimale ad ogni problema. Aveva pure un sorriso benevolo e la parola adeguata ogni volta che incontrava qualcuno nei corridoi dell’azienda. Era puntuale sul lavoro e non si assentava se non quando doveva accompagnare la mamma o la zia a fare una visita medica o al cimitero.
Quando Alison aveva i suoi scatti d’ira e quasi perdeva il controllo trattando tutti malissimo, l’unico collega con cui non sarebbe mai riuscita ad avere un atteggiamento violento o irrispettoso era Conor. Povero Conor, non se lo sarebbe proprio meritato anche se, conoscendolo, avrebbe incassato e si sarebbe seduto alla sua scrivania senza fiatare.
Era capitato che proprio durante una di quelle sfuriate lui le si fosse timidamente avvicinato. Guardandola con riverente e timoroso rispetto coi suoi occhietti che apparivano ancora più piccoli dietro a lenti tanto spesse, le aveva domandato: “mi scusi Dottoressa Alison, posso fare qualcosa per lei? Ho per caso commesso qualche imprecisione?” Davanti ad un modo di fare tanto disarmante lei si era sciolta, si era sentita piccola piccola per la collera immotivata e ingiustificabile e, con tono pacato e ammantato di dolcezza gli aveva risposto: “no, grazie Conor. Tutto a posto”, regalandogli addirittura un accenno di sorriso. Prima di quei tre giorni le giornate erano passate lente, senza grosse novità. Comunque, era scattata una molla che le aveva fatto capire parecchie cose utili, che fino ad allora ignorava, circa il comportamento maschile. Ma soprattutto aveva appreso una grandissima verità che da quel momento in poi avrebbe cercato di far diventare il suo motto: “non bisogna avere fretta, mai, per niente e per nessuno. Tutto si appiana, bisogna solo che il tempo faccia il suo corso.”
Le pareva di dover modificare la sua natura in quanto lei sempre molto impulsiva, irruente, esuberante ed istintiva, avrebbe dovuto lasciare ampio spazio alla riflessione e all’analisi quasi chirurgica delle varie situazioni. Stava lavorando su di sé e voleva convincersi che, da quel momento in poi, avrebbe fatto, parlato, agito e si sarebbe mossa solo dopo aver riflettuto ed essersi resa conto che quanto stava per compiere non era più dettato esclusivamente da un impulso, bensì da una scelta accuratamente ponderata.
Aveva dovuto faticare parecchio per accettare questa evidenza, ma alla fine poteva definirsi abbastanza soddisfatta del risultato. Tuttavia, il puzzle non era ancora ultimato: non riusciva ad inserire le ultime tesserine nelle caselle giuste.
Cercava, comunque, di essere sempre e solo sé stessa, benché avesse capito e sperimentato che qualche piccola menzogna o il voler recitare un ruolo che si discostasse un tantino da quello solito, si sarebbe potuto rivelare utile, vantaggioso e costruttivo. Non si trattava di convenienza: Alison aveva imparato che indossare una maschera poteva, a volte, essere una forma di protezione oltre che un modo per nascondere il nostro vero io, i nostri veri sentimenti, le nostre sensazioni nonché emozioni.
Finalmente stava cominciando ad apprezzarsi e ad amarsi. Solo così anche gli altri avrebbero potuto tenerla in considerazione per quello che valeva veramente. Sapeva di avere tanto da dare e ora più che mai voleva esternare questa sua necessità quasi fisiologica.
Aveva sentito e stava sentendo dentro di sé un vortice di passioni: qualcosa andava maturando. Aveva avuto e aveva ancora paura, ma sicuramente avrebbe generato una nuova Alison, differente, più grande, più adulta, più pronta. Sì, spesso era impaurita, tuttavia sentiva che quella iniziazione doveva essere vissuta fino in fondo.

[continua]


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