Opere di

Sabrina Bordone

Con questo racconto è risultata 3^ classificata – Sezione narrativa alla XIV edizione Premio Letterario Il Club dei Poeti 2010


Questa la motivazione della Giuria: «La mente ritorna agli anni ’60 con il ricordo dello strano apparecchio rettangolare che era la filodiffusione, posizionato sul tavolino di cristallo come meritava un oggetto prezioso. E poi, una bambina che si sintonizzava sul canale di musica classica e amava ballare a passo di danza.
Nel racconto, che coinvolge e riconduce all’amore per la vita, esplode la magia dell’atmosfera che si creava in quell’ambiente fuori dal tempo: i passi di danza erano un “fluttuare” nella vita e sentirsi “immersa nel magnifico mondo dei sogni come se nulla la sfiorasse”». Massimo Barile


«La filodiffusione»

In quell’aprile degli anni ‘60 avevano portato a domicilio, in prova, uno strano apparecchio rettangolare non molto grande munito di alcuni tasti da una parte.
Era stato sistemato nel salotto, inondato dal sole di primavera, sul piano alto del tavolino di cristallo ricamato a disegni opachi e ghirigori in specchio lucente.
La bambina amava la musica, tanto.
Aveva avuto il permesso di ascoltare, dopo i compiti, quello strano apparecchio che si chiamava filodiffusione e, premendo i vari tasti, si era sintonizzata sul canale di musica classica: era bellissimo ascoltarla.
Se chiudeva un attimo gli occhi e fissava lo sguardo su un qualcosa in modo fermo e persistente, a poco a poco non distingueva più nulla, solo l’essenza di ciò che più desiderava essere: una ballerina classica.
Si sorprendeva a muovere passi di danza che nessuno le aveva mai insegnato, donando loro nomi fantasiosi per riconoscerli gli uni dagli altri.
“Passo farfalla” cioè due passi di fila di cui il secondo molto veloce e leggermente saltellato, “Ali di libellula” piccoli passi ravvicinati eseguiti in punta di piedi con il destro incrociato davanti o ancora “Sussurri di vita” consistente in tre passi lenti cadenzati di cui l’ultimo in punta di piedi associato ad una piroetta con le braccia alzate…
La bambina aveva visto in una trasmissione televisiva “La morte del cigno” ed altri balletti eseguiti da Carla Fracci alla Scala di Milano.
Su alcune riviste aveva seguito interessantissime interviste
alla ballerina, accompagnate da immagini che la ritraevano alla sbarra: che meraviglia!
Da quando aveva scoperto che Carla era figlia di un ferroviere e si era fatta strada da sola con intensa volontà ed instancabile esercizio, la bimba si era convinta di avere anche lei una qualche possibilità, seppur remota.
Da anni ormai, giornalmente, appoggiava in diagonale la scopa sul bancone di lavoro di papà fatto ad angolo e si esercitava con passione.
Piegamenti con i talloni a terra, sollevamenti alternati delle gambe, flessioni melodiose del busto
Amava curare anche i movimenti delle braccia e faceva in modo fossero il più armoniosi possibile, come fruscii d’ali e fremiti di vento, come fronde appena mosse dalla brezza e colli sinuosi di cigni che scivolavano sul lago.

Ora però tutto è diverso.
Con questo nuovo apparecchio è tutta un’altra cosa, non gracchia come la piccola radio in cameretta…
E quanto è bello poter ballare nel salotto, vicino al pianoforte nero del nonno… scivolare, in un dolce oblio, sul pavimento alla veneziana lucido e scuro dove le linee del perimetro di contorno sono mosse agli angoli da riccioli senape.
Ballando, quella dolce musica così commovente, le tocca il cuore.
E poi i toni cupi, quelli che muovono più forte i pensieri, che fanno uscire allo scoperto il nostro “io” più vero, che fanno sentire forti, potenti ed invincibili anche se si è gracili, paurose ed anche se si hanno solo nove anni.
La magia si riversa come un fiume in piena verso il mare, la dolcezza di variopinti arcobaleni si sprigiona dalle note sfiorate su di un pianoforte…
Sulle corde tese degli archi di violino rimbalzano i pensieri, si scordano i limiti terreni, ci si libra a braccia aperte nel vento, fino a spaziare su alberi fioriti, su rocce acuminate… sull’immensità luminosa del mare.
Salire come una rondine nera con il suo fiocco immacolato appuntato sul petto… salire… salire spensierata incontro al sole.
E la bambina balla, balla, piroetta, ondeggia leggera come petali di un fiore, dolce come il profumo del mughetto.
Il sole non batte più sul tavolino, illumina solo di striscio un pezzo di divano di raso a strisce verdi e gialle, rischiara un cuscino giallo rendendolo quasi irreale ed incandescente.
La bimba scioglie i codini.
I lunghi capelli fini le accarezzano la schiena muovendosi come un’onda gentile.
Il lungo vestito di seta della nonna, grigio argento a piccoli disegnini neri con il grande collo rotondo a drappeggio, la fa sentire importante e le si avvolge intorno alle gambe, fasciandole morbidamente senza riuscire a frenare balzi e giravolte ripetute.
È inebriante muoversi sulla musica senza alcuno schema, sembra di riempire una tavolozza di colori sconosciuti, amalgamando sensazioni e vibrazioni di tutto l’essere.
Si compiono passi veloci, poi più lenti, senza sapere ciò che accadrà immediatamente dopo.
Gesti più tenui, lievi come piume, contrapposti a movimenti scattanti e grintosi.
Le mani aperte contro il soffitto chiaro quasi ad implorare il cielo e poi via, via… selvaggia, con un fremito di ardore e di orgoglio nel cuore.
Nessun pensiero la lambisce.
Non pensa al disegno da finire per completare il compito, né alla mamma intenta a cucire instancabilmente, né al tepore della stufa che a quest’ora viene accesa in cucina.
Lei continua a ballare, nel suo magnifico mondo di sogno, nulla può sfiorarla e riportarla alla mediocre realtà.

«Patrizia, smettila un po’… non ti gira ancora la testa?
La tua è proprio una mania.
Meno male che è in prova solo per quindici giorni questa filodiffusione…»

Sabrina Bordone


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