I fiori della solitudine

di

Salvatore Scialò


Salvatore Scialò - I fiori della solitudine
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 80 - Euro 8,20
ISBN 978-88-6587-5803

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Prefazione

Nella silloge di poesie “I fiori della solitudine”, Salvatore Scialò propone un intenso viaggio lirico che espande il significato stesso delle metamorfosi della vita e del fluire inesorabile del tempo che attraversa le molteplici manifestazioni del vivere.
L’itinerario poetico tende a creare e ricreare la meravigliosa fusione con il mondo circostante vissuto nella personale “solitudine”, che pare ammantare il poeta e, al contempo, nella costante ricerca del proprio autentico “essere”, che deve destreggiarsi nei tortuosi sentieri dell’esistenza: ecco allora che la ricercata “fusione” con il Tutto diventa volontà di plasmarsi con il Creato in un unico afflato universale.
Le stupefacenti percezioni che avvolgono il poeta rimandano ad un lento naufragare “nel mondo delle idee”; nel tempo che incarna il continuo senso del “vagare” e nei ricordi che emergono dalla mente: durante questo processo in divenire il recupero memoriale si fa totale, a partire dalla “spensierata fanciullezza”, passando dalla “fugace giovinezza”, per giungere, poi, all’“ansimare delle speranze mai appagate” ed, infine, approdare alla solitudine, negli abissi del proprio infinito dove si fanno i conti con i tormenti ed i sentimenti, la tristezza e la “nostalgia d’amore”, mentre la vita “scorre” senza tregua “spendendo il suo dramma”, tra “passi dispersi” e “speranze profonde”, tra l’amaro dolore e la consapevolezza del faticoso e sofferto viaggio “fra i meandri della vita”.
Come a sgranare il simbolico “rosario del tempo”, Salvatore Scialò sente, nel suo intimo, penetrare il dolore nel cuore ed avverte, nel profondo del suo animo, come i pensieri volino via mentre la vita passa e ci si trova quasi a “veleggiare” nel tempo per tentare, coraggiosamente, di “inebriare i sensi”, di gettarsi nel “fuoco delle idee” per trovare la ragione vera del vivere, fino a “cercare il conforto nella ragione del Divino”.
Salvatore Scialò è poeta “affascinato dall’immenso”, quasi a fondersi nel desiderio ultimo di assaporare tutto ciò che i sentieri della vita possono regalare durante l’incessante penetrazione del personale microcosmo interiore, immerso in una sospirata solitudine che si erge a simbolica solitudine universale di un Uomo, di un poeta che è “figlio del Tempo”, capace di inebriarsi di quel giacimento emozionale che si è costituito dopo aver attraversato quei famosi e già citati, “sentieri del divenire”; dopo aver superato il “vuoto delle lacrime”, gli “inganni delle oasi” o, almeno, reputate tali; ed, infine, la ricerca delle ragioni d’un senso da dare alla vita dalle quali emergono, poeticamente, il valore dell’assoluto ed il profondo desiderio di libertà, fino alla finale considerazione che diventa sigillo lirico, grazie a parole capaci di superare i concetti stessi di vita e di morte: “vorrei risorgere come vento”.
Salvatore Scialò guarda il mondo con occhi che scandagliano tutto ciò che le vita offre e scruta gli “orizzonti degli eventi” alimentando la sua visione poetica con un canto armonioso, con una “soave melodia”, tra realtà e sogno, ricordo fortemente vissuto ed attese inaspettate, sempre muovendosi tra riflessioni e recuperi memoriali, fino al canto d’amore che nasce dal cuore d’un poeta sincero.
Nel suo firmamento lirico, Salvatore Scialò si dimostra esemplare figura di poeta, capace di una “fuga dal tempo”, di una navigazione negli oceani di pensieri, di un tuffo poetico nel “cielo stellato”, che possano rappresentare un esempio di virtuosità: risorsa indispensabile per la costante “ricerca d’amore” che, come sostanza invisibile, renda magica la presenza di ogni essere umano.

Massimo Barile


Nota dell’autore

Spesso la vita s’interroga e t’interroga. I Fiori della solitudine è la mia settima silloge e forse… Ho attraversato nei versi pubblicati le bellezze del cosmo, la fusione con l’Universo od il Multiverso, la solitudine del Creato, la ricerca dell’Io, i sentieri della vita. Della vita ho bevuto alla spensierata e fiduciosa fanciullezza, al fiorire della fugace giovinezza, all’ansimar di speranze cercate e mai appagate, indossando, invero, una maschera perenne onde fuggir dalla serpe e matrigna vita. Ho amato un’idea, il nido d’un cuore ed ho scelto fra i cani gli amici migliori.


I fiori della solitudine


Ai piedi di…

Una vita sfumata,
un pianto lasciato
in un tempo invecchiato.
Una fronte appassita,
uno sguardo intristito
in un tempo scandito.
Un’alma disperata,
un cuore schiantato
in un tempo bruciato.
Onde che vanno,
vite che vengono.


Alla Solitudine

Avevo orrore
per il tuo dolore,
t’ho abbracciata,
t’ho sfuggita.
T’ho lasciata
per una vita,
sbeffeggiata,
dileggiata.
Ebbro del mio vagar
t’ho dispersa fra la gente,
anche se quel mio cercar
era un venire a te.


Attimi di vento

Venti di bore
nel profumo dell’ore,
giochi di volte
nel bianco della notte.
Giorni velati
fugaci e spietati,
onde svuotate
e di sangue imperlate.
Un gelo nel cuore
per un tempo che muore,
nostalgia d’amare
nel fragore del mare.


Buco Nero

Sull’orizzonte degli eventi
ho portato i miei tormenti,
ho descritto i sentimenti
sulle perfidie dei viventi.
Nella sanguinosa solitudine
ho imprecato all’ingratitudine,
all’immorale rettitudine
proclamata dalla moltitudine.
Affascinato dall’immenso
son bruciato nell’incenso,
per essere poi sospinto
negli abissi dell’Infinito.


Chi, Cosa…

Nel battito d’una palpebra cosmica
il tutto brillerà
e poi si gelerà.
Sprigionato dal nulla
ho vagato nel nulla,
sarò riassorbito dal nulla.


Consegne

Due labbra hanno bevuto
alla fonte del perduto,
di speranze infatuato
un corpo han dissetato.
Un tempo è passato,
la vita ha svuotato,
un passo indistinto
nella tesi Infinito.
Il cielo ora dorme
non suona per me,
un animo triste
sanguina come un Cristo.


Dal mondo delle idee

Tu che d’amor bagnavi
gli albor degli ideali
e che il cosmo incorniciavi
del cuor dei tetraedri,
narrami di vita amara
forgiata di materia,
delle illusioni avare
che si spengono nel dare.
Raccontami dell’esilio
destinato senza disio,
delle speranze innate
e del naufragar dei nati.
Ma rivedrò quei lidi
senza il tempo e nei ricordi
allor che il ciel le stelle dipingea
e d’amor poi offria Gea.


Deriva

Immagini vendute,
dignità svendute,
corpi svolazzanti
per amori prezzolati.
Scorre la vita
spendendo il suo dramma,
mercanteggiando l’apparire
e bruciando il divenire.
Maschere invitanti
offrono ammiccamenti,
gira il pianeta dell’involuzione
nella sua rivoluzione.


Domani

Un tempo ci sarà
e nessun ne parlerà,
altre specie, altre vite
senza di me, senza di te.
Senza il volto d’un passato
dal ricordo abbandonato,
senza l’eco dell’andato
e la musica d’un canto.
Fiorire e poi sfiorire
sono i verbi del divenire,
dispersi nell’etere,
dispersi nella polvere.


Due Occhi

Dedicata ad un randagio

Ho visto il tributo
pagato al creato,
due occhi sull’asfalto
smarriti nel vuoto.
Un petto ansimare
ed un cuore pulsare,
osservare la vita
e la sua indifferenza.
Vaga nel vento
il pianto del cielo
per un corpo irrigidito
ed un addio al mai nato.

[continua]


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