Seneca morale

di

Serafino Randazzo


Serafino Randazzo - Seneca morale
Collana "Koiné" - I libri di Religione, Filosofia, Sociologia, Psicologia, Esoterismo
12x17 - pp. 44 - Euro 7,50
ISBN 978-88-6587-3762

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In copertina: “Evoluzione” disegno di Silvana Licari


Premessa

Quello che tuttora la Chiesa definisce “un’opera di Dio”, a prescindere che possa rispondere al vero, è comunque in discussione con la scienza.
Da questo si origina il loro conflitto perché scienza e religione non hanno punti di contatto per unirsi ed arrivare a stabilire le stesse cose che singolarmente, ad entrambe, appaiono verità.
Ma l’uomo con i suoi interrogativi studia, riflette e sente al suo interno quanto risponde al suo credere.
Ed anche se qualche dubbio rimane, sarà la vita ancora da vivere che fornirà l’impegno a risolverli.
In fondo la storia dà poi un significato sempre diverso agli eventi. Sta al nostro impegno tentare di riconoscerla com’era allora.
Ho letto con molto interesse questo lavoro e credo di poter affermare che l’autore della ricerca sulla probabile adesione di Seneca al Cristianesimo indaga partendo dai suoi interrogativi su quanto sia possibile che “l’uomo scienza” senta dentro di sé il bisogno della religiosità in tutto ciò che apparentemente è la sua sola “mente cultura” a scoprire.
L’intento della ricerca è quello di avvalorare l’ipotesi di un accostamento se non proprio di una chiara adesione di Seneca alla nuova religione dell’Impero romano, ipotesi alla quale si accordano vari studiosi.
In ogni caso è chiaro che questo lavoro lascia le porte aperte a tante soluzioni e riflessioni.
È per questo che io ritengo importante il contenuto e la sostanza di questo breve saggio che vedo come uno stimolo non solo ad una maggiore conoscenza del momento storico ma anche, se non soprattutto, a percepire quella coscienza morale e quell’anima che c’è in tutti noi.

Silvana Licari


Introduzione

Qualche anno fa mi capitò fra le mani l’articolo di un quotidiano che riferiva la notizia di un convegno internazionale sul tema “Seneca e i Cristiani” all’Università cattolica di Milano. Nello stesso articolo si parlava di una iscrizione del I secolo d.C. trovata ad Ostia, la quale proverebbe che la casa romana di Seneca era frequentata da cristiani devoti agli apostoli Pietro e Paolo1. Questo farebbe anche pensare che possa essere autentico il famoso epistolario tra Seneca e Paolo di Tarso.
Il fatto che Seneca fosse contemporaneo di Gesù Cristo è un dato storico che attiene alla cronologia e quindi certo.
Il fatto che Seneca fosse quanto meno a conoscenza dell’esistenza e della predicazione del Cristo, anche attraverso i suoi probabili contatti con Paolo di Tarso, è naturalmente da verificare mediante tutta una serie di attente letture e ricerche forse nelle sue stesse opere e nel suo pensiero. A volte lo studio dei testi antichi comporta un “leggere” fra le righe ed entrare con metodo attento e capillare nel pensiero dell’autore tenendo conto naturalmente del momento storico, politico e religioso cui si riferisce l’opera.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) spagnolo di Cordova fu consigliere e precettore del giovane imperatore Nerone, che in seguito si rivelò uno dei più accaniti persecutori del nascente Cristianesimo. Figlio del celebre retore Seneca il Vecchio e fratello del proconsole Anneo Novato e di Anneo Mela padre del poeta Lucano, Seneca visse a Roma dove si dedicò sia agli studi letterari che alla propria educazione e formazione filosofica. Dopo una breve adesione al pitagorismo, si convertì anche per consiglio del padre allo stoicismo cui rimase fedele per tutta la vita.
Affidiamo a questo punto ai numerosi testi di storia della letteratura latina il seguito della biografia di Seneca fino alla sua morte voluta dallo stesso Nerone, che lo aveva accusato di aver preso parte alla congiura di Pisone e ci soffermiamo piuttosto sul tema che ci sta maggiormente a cuore.
L’ipotesi di una possibile adesione di Seneca al nascente Cristianesimo non è certo di facile dimostrazione, è forse più semplice verificare che Seneca abbia avuto modo, data anche la contemporaneità dei fatti, di essere a conoscenza della presenza dei primi insediamenti cristiani a Roma e di venire in contatto con essi e perché no con lo stesso Paolo di Tarso e l’apostolo Pietro.
L’intento di questo lavoro è quello di trovare degli spiragli di luce a quell’ipotesi che a me sembra più credibile e cioè alla possibilità che Seneca abbia potuto aderire se non altro in tarda età alla nuova religione o che per lo meno ne sia venuto a conoscenza provando una profonda ammirazione per quegli aspetti che tanto avvicinavano lo spirito cristiano ai temi della filosofia stoica.
A tale scopo ho cercato indizi e tracce nelle stesse parole di Seneca e nelle testimonianze postume fino ai nostri giorni. Riporterò le parole di coloro che sono fautori di una adesione di Seneca al Cristianesimo ma anche di coloro che ne sono contrari. Alla fine spero soltanto di suscitare qua e là qualche curiosità in più sull’argomento. Spesso la curiosità è lo stimolo migliore alla conoscenza, una spinta alla ricerca e all’approfondimento di qualsivoglia verità.
Forse l’inquietitudine che colse lo stoico romano, soprattutto dopo la congiura di Pisone che lo mise in cattiva luce agli occhi di Nerone e che preluse alla sua crisi e a quella dell’impero ci potrebbe dare un’idea di quanto fosse preponderante la ricerca di nuovi stimoli e di nuovi percorsi di Verità e Conoscenze soprattutto per un pensatore colto e curioso qual era Seneca2.
Anche per quanto riguarda il rapporto tra Seneca e San Paolo e la possibilità che i due abbiano avuto un contatto epistolare, mi atterrò scrupolosamente alle testimonianze antiche ed attendibili e ad alcune interpretazioni di oggi confortate tra l’altro da iscrizioni e collegando fatti e parole che ci possano ricondurre ad una quasi certezza di verità.
Resta comunque il fatto che considero queste pagine delle semplici riflessioni su un personaggio che, se anche non aderì mai apertamente alla religione cristiana, non fu certamente ostile al Cristianesimo nascente.
Se riflettiamo un po’ sulla figura e sulla personalità di Seneca, ci viene quasi naturale che una persona colta come il nostro filosofo, al quale era stato anche affidato un incarico importante nella vita politica della Roma imperiale, non potesse disconoscere quanto succedeva nella vita della città e perciò doveva necessariamente essere al corrente della diffusione di una nuova religione a Roma. E se leggiamo le sue opere sia quelle giovanili sia soprattutto quelle dell’età matura, ci accorgiamo che esse rivelano palesemente molti aspetti e concetti vicini allo spirito del Cristianesimo.
Per rimanere sempre nel campo delle ipotesi direi che Seneca, se non fosse stato un personaggio di spicco e politicamente esposto come lo fu in pratica alla corte di Nerone, molto probabilmente avrebbe aderito in modo palese al Cristianesimo e noi non saremmo qui a porci tante domande sulla sua possibile conversione.

L’Autore


1 È quanto sostiene Marta Sordi, direttrice di Storia antica dell’Università Cattolica di Milano.

2 “Chi giudica storicamente, non cerca in lui un santo, bensì uno spirito tormentato, un uomo sostanzialmente onesto, coi pregi e le debolezze della nostra umanità”, A. Ronconi: “Letteratura latina pagana”, Ed. Sansoni, pag. 124.


Seneca morale


Capitolo uno

Seneca morale

…e vidi Orfeo
e Tullio e Livio e Seneca morale
(Dante, Inf. IV.140,141)


Ogni ricerca sull’uomo deve cominciare dall’uomo stesso, dal suo agire, dai suoi pensieri. L’uomo infatti contiene in se stesso, nella sua interiorità l’essenza dell’universo ed è quindi vano cercare altrove. Anche la religiosità è dentro l’uomo, fuori di lui ci sono le tante religioni. Spesso noi ci soffermiamo con maggiore attenzione su ciò che ci colpisce immediatamente e quello che adesso mi fa pensare a proposito degli uomini di pensiero sia che si tratti di filosofi o letterati è che molti di essi parlano bene ma razzolano male. L’uomo dovrebbe essere considerato per quello che dice e non per quello che fa, ma un fatto è certo che parecchi offrono al prossimo delle verità che poi forse non vivono. Questo comunque non impedisce agli altri di viverle e farne tesoro. Quello che si dice, per esempio, dello stoico Seneca, è che predicava la morale, i buoni costumi, la rettitudine d’animo e nel privato accumulava beni materiali senza scrupoli. Seneca fu senza dubbio uno spirito inquieto e come leggevo in un vecchio testo di Storia della letteratura latina “Seneca non ha mai preteso di mostrare se stesso come realizzazione del suo ideale o come modello esemplare da imitare. Anzi ha diffusamente parlato delle sue contraddizioni, della lotta tra desiderio e ragione, tra realtà e ideale, tra pratica e teoria; e in lui la filosofia ha avuto proprio il compito… di perfezionare l’imperfetto e di guidare l’incerto3.”
Per altri Seneca visse la crisi che investì la stessa filosofia stoica nell’ambiente romano del suo tempo. Egli fu certamente uno dei testimoni del turbamento delle coscienze e dell’evoluzione interiore della società nel periodo cruciale della crisi neroniana ed uno degli anticipatori della grande crisi politica e morale che investì a poco a poco tutto il mondo antico.
Sappiamo che intorno agli anni 58 e 59 d.C. Seneca tende a staccarsi dalla corte di Nerone, in pratica ha voglia di abbandonare il suo incarico nella politica attiva e dedicarsi all’otium. In effetti Nerone era già cambiato, non c’era più traccia in lui del giovane imperatore di belle speranze, carico di buona volontà e desideroso di realizzare grandi cose per l’impero, ma anche Seneca era cambiato. La sua filosofia si allontanava sempre più da quella realtà politica, il divario tra lo stoicismo di Seneca e l’atteggiamento di Nerone che manifestava comportamenti di crescente crudeltà si faceva sempre più profondo. Si era creata, in poche parole, una sorta di incompatibilità oramai incolmabile tra il vecchio precettore e l’illustre allievo. Eppure l’atteggiamento di Nerone non era stato sempre così crudele e intransigente. Infatti, “per tutta la prima fase, finché ebbe al suo fianco Seneca, proseguì la politica di benevolenza verso i Cristiani che era stata di Tiberio. E il Cristianesimo a Roma si espanse anche nell’ambiente senatorio e intellettuale, soprattutto fra gli “Stoici” con i quali i Cristiani avevano un rapporto di stima reciproca4”.
Dalle opere del nostro filosofo di quegli anni affiora con maggiore consistenza una moralità più profonda, aleggia nei suoi scritti una nuova spiritualità non molto distante dalle idee del primo Cristianesimo che proprio in quel periodo si diffondeva a macchia d’olio nella città di Roma e nelle sue province.
Naturalmente Seneca non se la sentiva più di occuparsi degli affari dell’imperatore, ma Nerone costituiva il potere assoluto, un potere sottolineato da un dispotismo crescente che tendeva a legare il nostro filosofo alla sua corte con una costrizione che aveva, a mio parere, tutto il sapore di un controllo diretto sull’uomo che non approvava più le sue scelte ed il suo modo di agire. Tutte le congetture sono infatti possibili, forse Nerone cominciava a nutrire il sospetto che le idee del suo filosofo di corte, espresse – come già detto – nelle sue opere di quegli anni, si accostassero un po’ troppo a quelle del Cristianesimo nascente.
Il timore che quel diffondersi di un pensiero carico di una spiritualità e moralità diverse dal suo modo di vivere fomentasse movimenti pericolosi per la sua politica e soprattutto per la figura di imperatore, lo costrinse quasi certamente a tenere a bada il suo vecchio precettore e questo fino al 62 d.C. quando Seneca, nonostante le pressioni di Nerone, decise comunque di ritirarsi a vita privata e dedicare il suo tempo agli ultimi suoi scritti.
La crudeltà di Nerone lo raggiunse ugualmente in occasione della Congiura di Pisone. Seneca fu accusato di averne fatto parte e ci viene spontaneo ritenere che, per Nerone, non ci fu occasione migliore per togliere di mezzo una figura scomoda come quella di un filosofo moralista e fustigatore dei cattivi costumi.
Sono molteplici le opinioni di critici e pensatori che nel corso dei secoli hanno sottolineato nel bene e nel male gli aspetti della moralità di Seneca ma di queste farò cenno più avanti quando parlerò delle testimonianze sulla sua vita e le sue opere.
Adesso mi limiterò a rispondere a taluni attacchi alla moralità di Seneca con le parole di Max Pohlenz uno studioso del nostro filosofo e dello stoicismo in genere: “…è facile dare addosso a Seneca, additarlo come l’uomo dei compromessi, peggio, come un’ipocrita.”
Più difficile rendergli giustizia, cogliendo le diverse tendenze – spesso radicate nella realtà storica dell’epoca – che si scontravano nel suo animo. Seneca stesso espresse questo giudizio su Mecenate: “Aveva un animo grande e virile se non lo avesse snervato la fortuna”. – Anche per Seneca il favore di Nerone rappresentò un pericolo.
“Ma egli indubbiamente sfruttò il periodo in cui fu in auge per compiere grandi cose a vantaggio dell’umanità. Nessuno può negare l’onestà delle sue intenzioni.
Il fondamento morale lo trovò nella fede stoica. Non sempre riuscì ad impostare la sua vita in armonia con la dottrina stoica. Ma da stoico seppe morire. E in faccia alla morte poté dire ai suoi amici che la più bella eredità che lasciava loro era l’esempio della sua vita. Certo non è stato solo lo scintillio del suo stile a procurare tanti lettori, attraverso i millenni, alle sue opere5.”

È certo che lo stoicismo contribuì non poco ad infondere nell’animo di Seneca sentimenti e pensieri che erano più prossimi alla sfera etica dell’uomo che a quella speculativa, come ci suggerisce A. Ronconi nel suo profilo storico della letteratura latina pagana: “Accanto a Cicerone ha validamente contribuito a dare universalità al pensiero antico, ha temperato lo stoicismo con le sue affermazioni rigorose e lo ha rinvigorito con un chiaro senso di umanità, che lo ha fatto sentire vicino al Cristianesimo6.”
Esistono sostanziali differenze fra lo Stoicismo ed il Cristianesimo. La filosofia stoica si caratterizza per una sua interiorità e rettitudine morale di fronte ad una Divinità che resta comunque al di fuori dell’uomo, nel Cristianesimo l’interiorità si lega strettamente ad una trascendenza ed un’immanenza divina nell’uomo. “Ma un confronto delle due visioni del mondo – come suggerisce Eckard Lefevre – potrebbe essere remunerante, giacché la vita dello stoico fondata moralmente è determinata da un’etica paragonabile a quella della vita devota del Cristiano7.”


[continua]


3 L. Alfonsi: “Letteratura latina”, ed. Sansoni pagg. 308-309.

4 Antonio Socci: “La guerra Contro Gesù”, Ed. Rizzoli, 2011, pag. 147.

5 Max Pohenz: “La stoa”, trad. De Gregorio, Firenze 1967, pag. 56.

6 A. Ronconi op. cit. pag. 125.

7 Eckard Lefevre in Aevum antiquum, 13 (2000) S (55) 71.

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