Riflessioni politico economiche sul green tra politica, geostrategia, U.E. e aziendalistica

di

Sergio Benedetto Sabetta


Sergio Benedetto Sabetta - Riflessioni politico economiche sul green tra politica, geostrategia, U.E. e aziendalistica
Collana "Le Querce" - I libri di Saggistica e Diaristica
14x20,5 - pp. 186 - Euro 14,00
ISBN 37912595123525

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In copertina «Yosemite, Roccia del capitano, velo della sposa»fotografia dell’autore

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Prefazione

Sergio Benedetto Sabetta si presenta con un nuovo interessante saggio di economia e politica che affronta la nuova tecnologia green attraverso un’attenta analisi delle problematiche e delle dinamiche che si accompagna a numerose riflessioni politico economiche che s’intrecciano e fondono, in primo luogo, con la visione geostrategica e con le evidenze del sistema politico, in seconda fase, con le istanze dell’Unione Europea e con le specifiche regole delle strutture aziendalistiche.
Il saggio si suddivide in cinque capitoli e prende avvio fornendo alcuni importanti elementi di microeconomia ed economia aziendale, affrontando, poi, l’analisi del massimalismo economicistico, tra costi e benefici, oltre alla sostenibilità nelle decisioni strategiche.
Durante tale processo analitico si evidenzia l’approccio economico alla politica con grande attenzione alle teorie, tra gli altri, di Riker che formula la “teoria delle coalizioni” con la quale sostiene che “i partiti sono alla ricerca solo del numero sufficiente di voti per poter realizzare coalizioni vincenti con un minimo margine”, e offre anche un riferimento alla teoria di Hirshmann che crea un rapporto tra “il binomio ordine/disordine nella scienza politica ed equilibri/squilibri propri della scienza economica, nella prima ipotesi il rimedio è la protesta, nella seconda l’uscita, creando il binomio “uscita/protesta”.
La crescita economica che ormai ha raggiunto il suo livello massimo viene messa in rapporto con la sostenibilità evolutiva ed il progresso tecnico che modifica l’ambiente naturale, conducendo ad una sostituzione evolutiva, ma Sadin sottolinea un aspetto negativo e parla di “limite” che “venendo meno, conduce al disastro ecologico dello sfruttamento delle risorse naturali”.
Sergio Benedetto Sabetta affronta anche alcuni problemi fondamentali che sono generati dalle analisi relative alle politiche pubbliche: il processo decisionale pubblico e l’efficienza nell’uso delle risorse naturali, oltre alle politiche pubbliche ambientali.
Nell’ultimo capitolo del saggio sono presenti numerosi riferimenti in relazione alla posizione dell’Unione Europea nella transizione globale ed il valore geostrategico della nuova tecnologia green che si accompagna agli interessi economici.
La progressiva decadenza dell’ambiente naturale e degli equilibri ecologici, a causa della “pressione antropologica sempre crescente e dei modelli economici-consumistici”: la necessità del green diventa uno dei fattori che saranno causa di futuri scontri globali ed il cambiamento porterà numerosi conflitti, soprattutto in relazione al rapporto economico strategico tra finanza, tecnologia e modelli sociali.
Il saggio di Sergio Benedetto Sabetta, grazie ad una attenta disamina che affronta tali tematiche, così importanti e rilevanti nella società odierna, propone, inoltre, profonde analisi politico economiche con riferimenti che fissano, in modo preciso e chiaro, le molteplici teorizzazioni e prospettive della nuova tecnologia green.

Massimiliano Del Duca


“È difficile resistere alle pressioni, combatterle e respingerle quando tali pressioni non ricorrono ad una coercizione esplicita e non minacciano violenza”.

(106, Bauman, L’etica in un mondo di consumatori. Governare l’egoismo, Laterza 2010)


Premessa

Da molto tempo l’essere umano modifica l’ambiente, basti pensare alla trasformazione dei terreni boschivi e acquitrinosi in agricoli e di pascolo, ma è dalla rivoluzione industriale che il processo si è accelerato, per diventare progressivamente sempre più caotico nell’ultimo secolo, allargandosi da strettamente locale a tutto il pianeta.
La tecnologia unita alla tipologia economica adottata, a cui si affianca l’esplodere demografico della nostra specie passata dal miliardo del XIX secolo ai 2 miliardi del 1925, ai 4 miliardi del 1975, ai previsti 8 miliardi per il 2025, ha minato la capacità di assorbimento del pianeta.
Se nell’ Ottocento e prima metà del Novecento lo sviluppo industriale riguardava prevalentemente l’Europa e il Nord-America, una frazione del globo, con il nuovo millennio interi continenti e sub-continenti si sono lanciati in una industrializzazione accelerata, secondo schemi e fonti energetiche tipiche del ’900, ma la massa umana coinvolta per la sola Cina ed India è pari ad oltre 3 miliardi di esseri.
Ogni attività umana presenta un “rischio” crescente con le potenzialità tecnologiche, vedesi il recente caso Covid, la valutazione in percentuale dello stesso, il suo peso economico e gli istituti necessari per ridurlo, necessita dell’integrazione tra scienza, economia ambientale e istituzioni nazionali e internazionali.
Il raggiungimento dei valori soglia, punti di non ritorno, determinano l’irreversibilità dei fenomeni, il processo non avviene per crescita graduale ma con salti improvvisi, incertezza e irreversibilità vengono a incrociarsi, mediante improvvisi cambiamenti delle correnti marine e dei venti con ondate di calore, freddo, tornado, alluvioni e siccità, fenomeni estremi, rapidi nel verificarsi.
La Banca Mondiale già nel 2005, in un rapporto stilato con la Columbia University e il Norwegian Geotechnical Institute, stimava che il 20% della superficie della Terra con 3,4 miliardi di persone era esposta ad eventi estremi.
Si parla di “resilienza”, ossia la capacità dell’ambiente naturale di assorbire gli shocks da stimoli esterni, in particolare umani, ebbene questa è legata ai “tempi” di cambiamento, la loro rapidità fa sì che la risposta degli ecosistemi raramente sia lineare, prevedibile e controllabile.
I prezzi di mercato assicurano l’efficienza nell’uso delle risorse energetiche solo in assenza di esternalità, ossia se includono i costi sociali, d’altronde il progresso tecnico è per gli economisti tutto quello che fa aumentare la produttività del lavoro, ma la crescita economica non corrisponde automaticamente alla tutela dell’ambiente, anzi può complicarne i rapporti aumentando i problemi, viene pertanto meno la visione di un progresso tecnico sempre “positivo”, come nel caso del sistema food, distorto dalla finanza che ha trasformato il cibo in commodity, spingendo sulla necessità di sfamare una popolazione in crescita.
La crescita economica è sempre avvenuta a danno dell’ambiente, mai in relazione ad esso, in una correlazione tra crescita del PIL (pro-capite) e degrado ambientale, un meccanismo che si ripete attualmente nei paesi in via di sviluppo.
Nel cercare di evitare una serie di estinzioni di massa si sviluppano nuove tecnologie ma queste non sono neutre, dobbiamo considerare che lo sviluppo di una nuova tecnologia è anche un’acquisizione di potere sia per le risorse naturali necessarie che per le conoscenze acquisite, per non parlare dei nuovi tipi di impatto sull’ambiente come nel caso delle “pale eoliche” o dei “pannelli solari” con le relative polemiche.
Il valore geo-strategico della nuova tecnologia green in via di sviluppo si accompagna agli interessi economici che i cambiamenti comportano, circostanza che può indurre a incrementare azioni e modelli che più semplicemente spostano il problema nello spazio e nel tempo anziché risolverlo, riducendo l’attenzione a singoli settori, parcellizzando la visione anziché allargarla all’insieme. (Sergio Benedetto Sabetta, Riflessioni strategiche e sociologiche sulla pandemia, WWW.Cesvam.org )
Il massimalismo che in tale settore talvolta emerge, rischia quindi solo di danneggiare la risoluzione dei problemi, disviando l’attenzione.


Bibliografia

Cordini V. G., Fos P., Marchisio S., Diritto Ambientale, Torino, 2005.


Riflessioni politico economiche sul green tra politica, geostrategia, U.E. e aziendalistica


L’Autore e Maria Cristina Colapietra, moglie.


INTRODUZIONE

Elementi di microeconomia ed Economia Ambientale

In qualsiasi forma economica il ruolo dello Stato e i suoi meccanismi istituzionali risultano fondamentali nel determinare il contesto in cui prendere le decisioni, si va pertanto da un possibile “laissez faire” assoluto, mai del tutto realizzato anche nel pieno liberismo economico, all’economia pianificata dell’URSS nel ’900, nata dalle necessità di pianificazione industriale della produzione bellica nella Grande Guerra.
Nella società contemporanea si ha nei fatti una economia mista, con una presenza più o meno estesa delle istituzioni pubbliche, se tuttavia il mercato risulta essere il meccanismo più efficiente per l’allocazione delle risorse, vi sono casi nei quali vi è un “fallimento” del mercato come nel caso dei beni pubblici, in cui il bene non è “escludibile e rivale” nel consumo, e delle esternalità degli effetti negativi, con la conseguente necessità di un intervento pubblico.
Al criterio dell’efficienza va aggiunto quello dell’equità, dove il criterio acquista un valore etico non risolvibile dalla scienza economica essendo un giudizio di valore, come tale rientra nell’economia normativa e non nell’economia positiva, vi è tuttavia una difficoltà oggettiva a separare i due piani essendo compenetrati tra loro.
La creazione dei modelli utili per le previsioni si basa sulle serie temporali o storiche di valori economici, o sulle serie sezionali di valori economici riferiti a soggetti diversi nello stesso istante di tempo, a questi si affiancano altri dati statistici elaborati in termini più complessi ma più specifici per determinati settori.
La curva di domanda è la relazione tra prezzo e quantità domandata di un bene o servizio, essa è determinata dal prezzo dei beni e servizi correlati, dal reddito dei consumatori e dai gusti o preferenze degli stessi.
Fondamentale nella determinazione della quantità domandata di un dato bene sono i gusti o preferenze, sui quali vengono a influire la convenienza, la conformazione sociale e le abitudini.
La combinazione di beni o servizi preferita dall’individuo o “paniere di consumo” ha dei vincoli di natura economica, questo comporta una elasticità della domanda sia rispetto al prezzo che al reddito, vi è inoltre una elasticità incrociata della domanda rispetto al prezzo, ossia una reattività della quantità domandata di un bene o servizio rispetto al variare del prezzo di altri beni o servizi.
Altro elemento di valutazione è l’elasticità di un bene rispetto alla domanda, potendo questi essere anelastico o di elasticità costante, come perfettamente elastico, quindi sostituibile.
I beni normali sono costituiti dai beni necessari e dai beni di lusso, per i quali vi è una diversa elasticità della domanda, mentre i beni inferiori o poveri possiedono una elasticità-reddito negativa.
L’offerta non corrisponde ad una quantità definita, bensì alla relazione tra prezzo ricavabile dalla vendita e quantità del bene o servizio che i produttori sono disposti a vendere a tale prezzo.
Tre altre variabili, diverse dal prezzo, influenzano l’offerta: l’organizzazione dell’impresa, la tecnologia disponibile e i costi dei fattori produttivi, quali lavoro, energia e macchinari; a questi si aggiungono i costi derivanti dalla regolamentazione pubblica dell’attività produttiva, basti pensare al rispetto dei vincoli ambientali o all’introduzione di regole più rigide nella sicurezza alimentare.
L’offerta può, quindi, avere una differente elasticità fino a diventare anelastica, come nel caso delle miniere d’oro, dove la produzione non può subire variazioni rilevanti al variare del prezzo.
La curva dell’offerta risente, oltre che dei costi di produzione, anche dei prezzi dei beni correlati, essendovi sempre una sensibilità sulle possibili alternative di investimento delle attività patrimoniali.
La teoria classica della produzione individua tre categorie: lavoro, terra e capitale, quest’ultimo possiede a sua volta una doppia valenza, distinguendo tra capitale fisico e capitale finanziario, a cui si affianca la necessità di dovere tenere conto dei “vincoli naturali”.
La “funzione di produzione”, ossia la relazione che lega gli input alla quantità massima di output (prodotto ottenibile), dà l’efficienza economica della produzione.
La crescita di dosi aggiuntive di un singolo input, a parità degli altri, conduce ad un aumento decrescente di prodotto (legge dei rendimenti decrescenti), diversamente se tutti gli input impiegati aumentano si avranno dei “rendimenti di scala” che potranno essere crescenti, costanti o decrescenti.
Le distorsioni che più frequentemente possono verificarsi riguardano le “imperfezioni nei mercati”, dovute sia alle asimmetrie nella informazione che al numero limitato di imprese per motivi naturali o barriere istituzionali, le “esternalità”, dove non vi è compreso nel prezzo il consumo di un bene pubblico, quale l’inquinamento del mare, si ha così un costo sociale esterno per comportamenti “opportunistici” o di “free-riding”, infine le “imposte”, che possono provocare una distorsione allocativa ma anche all’opposto correggere i comportamenti opportunistici di “free-riding” (tassa pigouviana).
Considerando l’analisi economica in termini di risorse naturali, il primo criterio da considerare è la distinzione fondamentale tra efficienza statica ed efficienza dinamica, in cui il tempo diventa elemento discriminatorio e cruciale nell’allocazione delle risorse naturali.
Si ha “efficienza statica” se si massimizza il benessere netto derivante dall’utilizzo di tali risorse non solo stabilendo se intraprendere o meno una determinata azione, ma anche la misura quantitativa se eventualmente si procede nel loro utilizzo.
Il fondamento etico risiede nel concetto di “ottimo paretiano”, ossia quando non esiste nessun’altra allocazione che consenta di aumentare il beneficio di un individuo senza arrecare danno ad almeno un altro individuo, vi è quindi uno stretto legame tra allocazioni efficienti ed allocazioni ottime in senso paretiano, se si valuta che i benefici netti sono massimizzati quando i benefici marginali derivanti da una certa allocazione di risorse eguagliano i costi marginali.
Vi sono tuttavia alcune risorse naturali la cui complessità rende estremamente difficile, se non impossibile, quantificarle economicamente in termini monetari (Pearce-Turner-Bateman, Economia Ambientale, Il Mulino 2003).
Nella “efficienza dinamica” interviene il concetto di Valore Attuale Netto (VAN), ossia il massimo possibile dei benefici netti che si possono ricavare da tutte le possibili allocazioni nell’arco di un periodo (N), esso è massimizzato quando il valore attuale dei benefici marginali netti è lo stesso in ogni periodo, in altri termini deve essere costante nel tempo.
La valutazione di una risorsa ambientale secondo il concetto di efficienza dinamica è fondamentale in presenza di risorse non rinnovabili o di loro scarsità, l’allocazione efficiente in senso dinamico quando vi è scarsità implica un livello di utilizzo più basso, al di sotto di quello previsto dall’efficienza statica.
Dobbiamo considerare che la scarsità impone un costo opportunità, detto “costo marginale d’uso”, dato dal fatto che un loro maggiore uso nel tempo corrente riduce le possibilità d’uso nel futuro, tuttavia il presente pesa di più del futuro nella valutazione dei benefici netti (tasso di sconto), attribuendo minore peso alle prospettive del domani (Regola di Hotelling).
In presenza di una risorsa sostitutiva vi sarà un passaggio da una risorsa all’altra quando la somma del costo marginale di estrazione e del costo marginale d’uso sarà superiore al costo marginale della risorsa alternativa.
Una esternalità è “negativa” se le scelte di un agente economico genera costi per gli altri agenti economici e questi non sono in alcun modo compensati.
Si possono distinguere le esternalità in “esternalità pecuniarie” (pseudoesternalità) ed “esternalità tecnologiche” (esternalità in senso stretto), le prime sono cambiamenti di prezzo che non causano un fallimento del mercato, ossia dell’equilibrio Pareto-ottimale, al contrario dei secondi che non si riflettono sui prezzi.
Altra distinzione è tra “esternalità positiva”, dove le parti esterne ricevono un beneficio senza pagare un contributo, ed “esternalità negativa”, dove le parti subiscono un danno senza ricevere una compensazione.
Le esternalità possono inoltre essere da “consumo a consumo” o da “consumo a produzione”, oltre che unidirezionali o reciproche, se chi inquina ne subisce anche gli effetti, da considerare inoltre la “dimensione temporale” delle stesse.
Gli strumenti a disposizione dello Stato per il controllo delle esternalità possono essere la regolamentazione diretta o soluzioni su meccanismi di mercato che sono di tre tipi: multe e imposte, sussidi per la riduzione dell’inquinamento o concessioni di agevolazioni fiscali e permessi di inquinamento negoziabili o assegnazione dei permessi ai livelli di produzione.
Il “Rapporto Brundtland” del 1987 ha introdotto il “criterio della sostenibilità”, per cui alle future generazioni dovrebbero essere garantite le condizioni pari a quelle delle presenti generazioni.
Secondo la “Regola di Hartwick” si può mantenere un livello economico costante e sostenibile se il valore del costo d’uso delle risorse non rinnovabili è interamente investito nell’accumulo di capitale, quali tecnologie più pulite o salvaguardia dell’ambiente, e non è decrescente nel tempo.
Il concetto di “capitale totale costante”, formato da “capitale fisico + capitale naturale”, ha una propria debolezza nella limitatezza della possibilità di sostituzione, per cui è stata proposta una nuova definizione, dove per sostenibile si intende il mantenimento invariato del valore dello stock del capitale “naturale”, considerando la bassa sostituibilità dello stesso si è giunti a distinguere tra “mantenimento del capitale totale”, definita “sostenibilità debole”, e “conservazione del capitale naturale”, detta “sostenibilità forte”.
Il possibile superamento della “tragedia dei beni a libero accesso” è determinato quindi, nell’impossibilità fisica di definire i diritti di proprietà, nella possibile regolamentazione diretta pubblica, sulle imposte nell’uso delle risorse o nelle “quote individuali trasferibili” (QIT).
In tema ambientale siamo in presenza di una “esternalità ambientale internazionale” dove necessita una cooperazione internazionale, l’unico strumento possibile è quindi quello della negoziazione e di accordi globali sul tema, purtroppo il rischio di “free-riding” è molto alto, ossia di uscire dalla logica leale della cooperazione per massimizzare il guadagno.
Un rischio accresciuto dalla crisi dell’economia globale, dall’accrescersi dell’interdipendenza economica e dalla spinta dei Paesi in via di crescita, in particolare i sub-continenti India e Cina tesi ad acquisire un posto di direzione nella geo-politica mondiale, circostanza che ha di fatto sterilizzato gli accordi in materia, riducendoli ad intenzioni, l’unica possibilità resta una pressione morale attraverso anche una riduzione della cooperazione.
Nonostante tutte le polemiche secondo la “Green Economy Index in the EU 2015”, classifiche green nell’UE, l’Italia è al terzo posto su 28, subito dopo Austria e Svezia.
Il terzo posto è dato dal numero di organizzazioni certificate ISO 14001 (413,2 per ogni milione di abitanti), dall’efficienza energetica (rapporto tra i consumi energetici e il PIL), dalla spesa per protezione ambientale (0,88% del PIL a fronte dello 0,68% dell’UE), dalla superficie coltivata biologica (il 10,29% contro il 5,70% UE) e dalla “carbon intensity”. (www.fondazioneimpresa.it)


Bibliografia

Campiglio L., Tredici idee per ragionare di economia, Il Mulino, 2003;
Frank Robert H., Microeconomia, Mc Graw Hill, 2006;
Mankin N. Gregory, Principi di economia, Zanichelli, 2002;
Musu I., Introduzione all’Economia Ambientale, Il Mulino, 2003;
Samuelson, Nordhaus, Economia, Mc Graw Hill, 2003;
Stiglitz J., Walsh C., Principi di Microeconomia, Hoepli, 2005;
Tietenberg, Economia dell’Ambiente, Mc Graw Hill, 2006.


CAP. I

MASSIMALISMO ECONOMICISTICO

Analisi Costi e Benefici e suoi limiti

Nell’attuale dibattito sull’Analisi Costi/Benefici è utile richiamare per chiarezza alcune osservazioni, che appaiono necessarie al fine di una corretta valutazione delle osservazioni finora riportate dai mass media.
La loro mancanza rende fumoso il dibattito e fonte di ulteriore confusione, dove la tecnica assume aspetti miracolistici e quasi magici, intoccabili, fuori qualsiasi dibattito comprensibile ai non addetti.
L’utile viene pertanto a perdersi in una verità nascosta e irraggiungibile, si passa pertanto dal chiacchiericcio al mistero, in cui vi è un discorso che deve essere accettato o respinto per fede, nell’impossibilità della sua comprensione per il semplice profano.
ACB (l’analisi costi benefici) è una tecnica di valutazione che si prefigge l’obj di stabilire l’opportunità o meno di intraprendere un determinato progetto, è costituita da un complesso di regole per potere effettuare una scelta tra più alternative, una delle quali è comunque sempre lo Status Quo.
Il modello è stato introdotto dalla Banca Mondiale come strumento a garanzia della concessione di finanziamenti ed è passato, successivamente, nell’ambito dei progetti pubblici e in quello dei progetti privati.
Vi sono diverse prospettive a seconda se l’analisi sia condotta a livello pubblico: ACB Economica (massimizzazione del benessere collettivo); o a livello privato: ACB Finanziaria (massimizzazione del profitto).

AZIONI:
• Si indagano le connessioni tra risorse indirizzate ad un certo scopo (costi) e risultato (benefici), ossia tra fattori ed impatti/effetti;
• Si considera il costo opportunità (detto valore di rinuncia) di un bene: ovvero il beneficio netto a cui si rinuncia quando si decide di realizzare il bene o il servizio in questione.

STRUTTURA:
• Elenco di tutti gli elementi di costo e di beneficio correlati al progetto;
• Traduzione di tali elementi dalla dimensione fisica a quella monetaria (monetizzazione) per poterli comparare. In caso di analisi economica vanno considerati anche i beni non-market, che influiscono sul prezzo, quindi vengono utilizzati metodi di monetizzazione come i “prezzi ombra”;
• Applicazione di un criterio sintetico che permetta un giudizio discriminante sul progetto. I criteri sono: VAN, SRI, RBC; servono a confrontare e ordinare i progetti.

FASI:
1. Identificazione Costi e Benefici
• Diretti (relativi all’obiettivo primario) o indiretti (secondari, che non riguardano il motivo dell’intervento pubblico);
• Tangibili o intangibili (hanno o non hanno mercato);
• Intermedi (rivolti al produttore) o finali (rivolti al consumatore);
• Interni o esterni (alla sfera territoriale di attinenza del progetto).

2. Valutazione
• Rendere omogenei tutti gli elementi con la medesima unità di misura (moneta);
• In analisi finanziaria, ci si basa sul sistema a prezzi vigenti;
• In analisi economica, ci si avvale dei prezzi ombra (tecniche dei prezzi edonici e della valutazione contingente). Il prezzo ombra è una valutazione soggettiva che serve a razionalizzare l’approvvigionamento altrimenti libero di una risorsa naturale. Svolge tre importanti funzioni: razionalizza lo sfruttamento delle risorse naturali libere; incentiva gli investimenti privati nel settore; salvaguarda la riproducibilità della risorsa naturale rinnovabile, facendo in modo che l’uso non sia maggiore del tasso di crescita. È la migliore tecnica conosciuta per fronteggiare la gestione delle risorse libere.

3. Criteri di valutazione
• Lo scopo è quello di selezionare i progetti che massimizzano i benefici, a tal fine si utilizzano i seguenti criteri: VAN (valore attuale netto), SRI (saggio di rendimento interno), RBC (rapporto benefici/costi attualizzati).

[continua]


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