Opere di

Sergio Resta


La vita è bella

L’estate è il tempo della produzione migliore dell’orto.
I fortunati possessori del cosiddetto pollice verde ben sanno che le generose attenzioni dei mesi invernali e primaverili saranno ricompensate da un succoso raccolto in primizie.
Possiedo un fazzoletto di terra che, tra i mille impegni professionali, coltivo con passione e impegno.
E’ bello assistere allo sviluppo delle piantine e alla maturazione dei frutti, ancor più se dietro all’arte della zappa si cela il gusto per la buona tavola.
Amo perdermi nei miei pensieri mentre, sotto al sole sarchio, zappo, annaffio, concimo e, dulcis in fundo, raccolgo!
Coi miei pantaloncini militari, a dorso nudo e piedi scalzi, felice come un bambino, perfeziono i solchi irrigui dei miei pomodori.
Devi sapere che i pomodori esigono acqua e sole per raggiungere quella dolcezza che ne fa gli irrinunciabili frutti di fresche e sostanziose insalate estive.
Per verificare che le canalette funzionino alla perfezione, abbiano cioè la giusta pendenza e profondità, mi dedico alla mia inconfessata passione di annaffiatore.
Quindi mi metto alla pompa e riempio l’intricata rete idrica delle mie piantine osservando attentamente la progressione del ruscello. Che goduria!
Piccole soddisfazioni che esaltano la dolce complessità di colture apparentemente facili ma in realtà soggiogate da una miriade di rischi legati a malattie e parassitosi.
Hai mai camminato a piedi nudi nella terra umida?
La fresca cedevolezza del terreno reca sollievo mentre il sole ti martella la schiena, il profumo particolare delle piante di pomodoro si esalta e si ravviva sotto lo zampillo dell’acqua.
I frutti carnosi e turgidi sono lì, placidamente appesi per il loro robusto picciolo, chiedono solo di essere strappati alla pianta e consumati. Ne assaggio uno: la maturazione è a puntino, l’asprezza della buccia è stemperata dalla dolcezza di una polpa succosa e leggermente farinosa.
Fa caldo. Dirigo lo zampillo verso l’alto rompendolo col dito. Mi godo una doccia fantastica e l’arcobaleno di luce che le gocce sprigionano.
Bevo e continuo la mia attività di ortolano: due minuti e il cestino è pieno di pomodori, alcuni dei quali veramente enormi! I miei piedi sono pesanti, la terra umida ha prodotto sotto le piante
delle spesse solette di fango. Che belli i miei friabili coturni di limo!
Lascio i cannicci di pomodoro e raggiungo le insalate. Il prezzo che devi pagare per una coltura biologica è alto: le foglie esterne della lattuga e della scarola riccia sono sbocconcellate dal rodente lavorio delle lumache. Taglio un paio di cespi e ne mondo le foglie rovinate lasciandole in terra per il piacere delle limacce.
L’orticultura m’ha messo appetito: raccolgo qualche cipollina e un paio di carote e annaffio le generose radici.
Lascio il cesto all’ombra della pergola per dedicarmi alla frutta mentre mi sgranocchio una carota appena ripulita.
Se hai spazio per un orto non ti far mancare il piacere di qualche alberino da frutta: due albicocchi mi offrono una varietà morbida e dolce, non farinosa. Sono frutti dall’intenso colore arancio, talora con una sfumatura ruggine sulla pelle. I rami bassi mi consentono un raccolto di tutto rispetto: in un batter d’occhio ne ho strappate un paio di chili.
Sono veramente soddisfatto per il grado di maturazione raggiunto dalle mie piante.
Mi seggo all’ombra della pergola, sono bagnato d’acqua e sudore, l’aria è immobile.
Connetto la pompa al gambo della doccia e mi sciacquo gli schizzi di terra di dosso.
E’ ora di decidere il pranzo: pomodori e cipolline si sposano bene per un sughetto fresco.
Taglio a fettine un grosso pomodoro “cuore di bue” e a pezzi più grossolani la cipollina.
La padella è calda al punto giusto. Aggiungo l’olio del mio amico contadino e sbriciolo un peperoncino secco dei miei. Aggiungo la cipollina che, al contatto con l’olio emana un goloso e inconfondibile aroma, lascio che imbiondisca e aggiungo le fettine di pomodoro.
L’acqua bolle, la salo e immergo una parca presa di spaghetti. Il pomodoro, frattanto, si sta disfacendo soffriggendo e insaporendosi con la cipolla.
Apparecchio sotto la pergola. Una caraffa gelata di vino rosato della mia terra e una scodella di spaghetti, saltati in padella, degni della mensa del re.
La sedia contadina di paglia mezza sfondata accoglie le mie membra affaticate. Mi compiaccio per il lavoro svolto e sorrido. Magari potersi stancare più spesso con simili attività, ci metterei più di qualche firma!
La forchetta arrotola una generosa presa di spaghetti, sfoglie di cipollina e polpa disfatta di pomodoro. Apro la strada con un sorso generoso di vino rosato, fuoco per le mie fauci assetate. Mi auguro buon appetito e torno in pace con dio e gli uomini.
Se ti troverai a passare dalle mie parti, chiamami! Ti farò assaggiare le mie primizie.
La vita, oggi, è bella.


Le tue labbra, amore

Eran sorrisi e rose.
L’occhio incerto del destino
mi volle a te, provvido amante
sul seno tuo adagiato
e stanco.
Pellegrino solo e derelitto
per i campi del mio travaglio
bevvi le tue labbra, amore.
E risorsi,
sulla terra, fatto d’aria e luminosa stella.



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