Bambini in blue jeans 2 - La terra invisibile

di

Vanda Sessa


Vanda Sessa - Bambini in blue jeans 2 - La terra invisibile
Collana "Le Gemme" I libri per l'infanzia
14x20,5 - pp. 120 - Euro 12,50
ISBN 979-1259510877

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In copertina e all’interno illustrazioni di Evelyn Bincoletto


Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è finalista nel concorso letterario Jacques Prévert 2021


Prefazione

Vanda Sessa, con il suo libro “Bambini in blue jeans 2”, propone un meraviglioso viaggio in una dimensione fantastica nella quale tutto può succedere, fino a tuffarsi negli infiniti mondi invisibili, nelle innumerevoli realtà che circondano i giovani protagonisti di queste avventure.
La narrazione ha inizio quando un gruppo di ragazzi, grazie ai poteri di alcuni vestiti che hanno portato con loro, spiccano il volo dal campanile del paese ed oltrepassano il tempo e lo spazio, entrando in una nuova dimensione: scopriranno ben presto che i loro desideri formano una grande energia che permette di varcare la soglia del tempo e, grazie a questa energia del cuore, riusciranno a portare a termine una fondamentale missione.
Durante il processo narrativo si assiste ad un autentico “tuffo” nel fantastico, più precisamente, nella Terra invisibile, dove gli animali, le piante, i “grandi cristalli magici” e anche i sassi, anzi, i “massi erratici”, instaurano un rapporto con il gruppo di ragazzi, parlano ed interagiscono con loro.
Gli eventi misteriosi e gli inaspettati colpi di scena si susseguono senza sosta come gli incontri con vari personaggi: dalla bella Maja, una ragazzina che “cura e salva” gli animali, che li aiuterà in più occasioni, ad alcuni loschi figuri, chiamati “Signori della notte”, che li catturano e li imprigionano nel loro Castello, fino al Re della Terra oscura che vuole conquistare la Terra invisibile.
Vanda Sessa, con la sua mirabolante narrazione, regala una sorpresa dietro l’altra e riesce a coinvolgere nelle straordinarie avventure nei mondi paralleli, sempre cercando di offrire una chiave di lettura che riconduce alla salvaguardia del Pianeta sul quale viviamo, al doveroso rispetto nei confronti degli altri esseri viventi, alla difesa del prezioso mondo naturale che ci circonda con le sue meraviglie: in definitiva, propone un “racconto” che diventa testimonianza vibrante della necessità vitale di custodire il nostro “Mondo”, salvarlo dalla follia di alcuni esseri umani, preservarlo dal continuo sfregio perpetrato nei confronti del regno animale e dell’ambiente naturale.
Il “viaggio/missione” dei giovani protagonisti si concluderà positivamente e c’è da sperare che, anche nella nostra realtà, avvenga la stessa cosa: la congiunzione tra la “Terra invisibile” e la “Terra arretrata” possa cancellare le negatività del passato e condurre ad un nuovo mondo che possa ben definirsi paradiso terrestre.
Vanda Sessa offre un dono narrativo rappresentato da un simbolico risveglio dell’Essere Umano, un desiderio di rinascita e di evoluzione, mai dimenticando di sottolineare che “Il Bene trionfa sempre sul Male”.
La speranza è che non rimanga una semplice affermazione, ma diventi una sentenza senza appello che decreti il rinnovamento del Genere Umano.

Massimo Barile


Bambini in blue jeans 2 - La terra invisibile


BAMBINI IN BLUE JEANS 2

LA TERRA INVISIBILE

Quella mattina il bosco sembrava più rigoglioso. I pini e gli abeti scintillavano nel loro verde vestito ai raggi del sole che sorgeva piano piano, fino ad inondare di luce le cime più alte e le valli più nascoste. La primavera aveva risvegliato la natura dal lungo sonno invernale. La neve si era quasi tutta sciolta ma ne era rimasta ancora una patina ghiacciata lungo le sponde del lago. Così i ragazzi ne approfittarono per fare delle palle dure e compatte lanciandole in ogni dove. Si colpivano a vicenda e colpivano anche gli alberi che sembravano risvegliarsi sotto quelle sferzate di ghiaccio. Poi Gianni e Moco decisero per l’ennesima volta di misurarsi nella “gara dei barattoli”. Ne appoggiarono una decina su di un masso che maestoso campeggiava sulla riva del lago. Ce n’erano tanti di quei massi lì intorno, alcuni erano immersi nel lago quasi fino alla cima e altri, più o meno grandi sparsi sulle rive, mostravano tutta la loro grossa mole.
“Sette a tre!” gridò Moco e l’eco risuonò trionfante in tutta la valle. Finalmente era riuscito a spuntarla su Gianni. Ci stava provando da giorni e Gianni con grande precisione, velocità e maestrìa, buttava giù sempre una gran quantità di barattoli.
“Ehi! Datti una calmata! Una rondine non fa primavera! Alla fine il vincitore resto io!” precisò Gianni.

Ma Moco non lo ascoltava perché all’improvviso, come se gli fossero spuntate le ali ai piedi, si sollevò da terra di alcuni centimetri e iniziò a correre lungo la sponda del lago facendo dei salti incredibili e ogni volta che incontrava un masso, con sua enorme sorpresa, riusciva a scavalcarlo come niente fosse, sebbene alcuni fossero alti anche più di tre metri!
Gianni guardava a bocca aperta la scena. Possibile che l’entusiasmo della vittoria aveva dato a Moco dei poteri degni dell’Uomo Ragno o di Superman!?
Gianni non era il solo, ma tutti gli altri ragazzi del gruppo guardavano a bocca aperta la scena stupiti. Moco stesso non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo era come se le sue gambe non gli appartenessero più e qualcun altro le manovrasse come fa un burattinaio col suo burattino. Intanto la corsa continuava:
“Eeee… Oplààà” si sentiva ogni volta che Moco saltava un masso.
Ma… di chi era quella voce? Fece una gran fatica a fermarsi. Moco atterrò quasi come se fosse piovuto dal cielo; “Chi è che ha detto oplà!!?”
Silenzio assoluto. Si sentiva solo lo stormire delle foglioline appena spuntate sui rami e un alito di vento come il respiro di un bambino che dorme.
Moco si girò e si accorse che si era allontanato molto dal punto in cui era con Gianni, lo vedeva piccolo, piccolo, lontano, che si agitava come un fastidioso moscerino.
Come aveva fatto ad allontanarsi così tanto, in così breve tempo?
Era proprio vero: lui si era mosso così veloce proprio come Superman e aveva coperto in poche manciate di secondi più di un chilometro!
“Cosa fai, ti sei fermato?!” tuonò una voce da sotto i suoi piedi.
Moco si accorse che era atterrato su di un grande masso alto quasi tre metri e adesso questo parlava e si muoveva rischiando di fargli perdere l’equilibrio.
E infatti lo perse, così cominciò a scivolare lentamente lungo una fiancata del grande sasso.
“Oh no! Adesso finirò in acqua!” strillò Moco. Fece appena in tempo ad aggrapparsi ad una piccola sporgenza del masso che prima non aveva osservato, mettendosi in salvo.
“Togliti dal mio naso!” tuonò ancora la stessa voce.
“Ho detto togli le tue manacce dal mio naso,” ribadì la voce tuonante.
“Eeetcccììì!” improvvisamente il masso starnutì e Moco, come fa l’uomo cannone al circo, improvvisamente si staccò, e con la stessa velocità di un proiettile volò, e in un attimo si ritrovò a testa in giù nelle gelide acque del lago.
“Ah! Ah! Ah! Questa poi, non mi ero mai divertito così tanto! Vedo un bambino in ammollo e per di più congelato!”
Moco affiorò dall’acqua, che in quel punto per fortuna non era così profonda, e con sua enorme sorpresa vide che il masso si era trasformato, divenendo come una grossa palla di lardo che rideva, rideva e scuoteva le sue grasse rotondità, si appiattiva e si gonfiava come un grosso pallone trasudando dai suoi piccoli pori rocciosi un liquido lattiginoso e viscido, si sarebbe detto proprio del grasso che colava… stava ridendo veramente a crepapelle, sembrava che scoppiasse da un momento all’altro.
“Che mi venga un colpo!” sbottò Moco intirizzito dal freddo e strizzandosi addosso gli abiti che grondavano. “Credo di essermi imbattuto in qualcosa di strano…di molto strano. Giuro che in vita mia non ho mai visto parlare un grosso sasso.”
“Sasso sarai tu! Io sono un masso, un masso erratico, per la precisione!”
“Erra… che?”
“Erratico, che cammina, che si muove, mio bel giovanotto e non veloce come fai tu ma mooolto lentamente. Vedi quella cima della montagna? È da lì che provengo ed ho impiegato migliaia di anni per arrivare fin qui. Noi massi erratici ci muoviamo lentamente e gustiamo ogni momento del nostro viaggio, non abbiamo fretta, sappiamo che il tempo è dalla nostra parte e prima o poi arriveremo nel posto dove vogliamo arrivare.”
Moco ascoltava le parole del masso e ancora non credeva ai suoi occhi e alle sue orecchie. Poi si girò e scrutò l’orizzonte: vide Gianni ancora molto lontano correre verso di lui.
“Gianni! Gianni! Presto! Vieni a vedere anzi a sentire… insomma che aspetti, sbrigati!”
Gianni era ancora molto lontano e non riusciva a capire cosa l’amico volesse dirgli, vedeva che si agitava, e indicava qualcosa con la mano o… qualcuno, ma lì non c’era proprio nessuno. Intanto Moco agitato aveva la faccia di chi aveva visto un fantasma.
“Finalmente! Ma quanto tempo ci hai messo!?”
“Sei tutto bagnato cosa ti è accaduto?” chiese Gianni ansimando per la corsa fatta.
“Quando voi ragazzi avete troppa fretta vi mettete sempre nei guai!” sentenziò il masso.
“Per tutte le montagne rocciose! Un masso che parla!?” disse Gianni sorpreso.
“Certo, nella Terra invisibile accadono anche queste cose” replicò il masso.
“Non credevo di essere nella Terra invisibile,” rispose Moco.
“E… quando ci saremmo arrivati?” chiese Gianni rivolgendosi al masso come se improvvisamente fosse tutto più naturale.
“Siete venuti qui volando con le vostre ali, avete spiccato il volo dalla stanza campanaria del campanile del vostro paesello e siete riusciti ad oltrepassare le barriere del tempo e dello spazio penetrando in una nuova dimensione. È successo tutto una settimana fa e da allora non avete fatto altro che scorazzare in lungo e in largo per il lago a fare un gran baccano qui intorno! Prima che voi arrivaste c’era una grande pace, una pace che dall’eternità regnava in questo luogo, ora non si vive più da quanto baccano fate!”
“Ohh… se è così ci dispiace… non ce ne eravamo accorti…” rispose Moco con un filo di voce.
“Potete sempre rimediare” rispose il masso.
“E in che modo?” chiese Gianni mentre toccava la superficie del masso per capire meglio quel prodigio.
Intanto arrivarono tutti gli altri: Roby, Marco, Gigi e Lino. Restarono a bocca aperta nel vedere e sentire un grande sasso che parlava.
“Per prima cosa metti giù le mani! Soffro molto il solletico e poi mettetevi seduti lì sulla riva del lago, ascoltate e… guardate!” proseguì il masso.
I ragazzi obbedirono prontamente e non appena si sedettero, improvvisamente le acque del lago iniziarono a calare. Era come vedere l’acqua di un’enorme vasca da bagno scendere dopo aver tolto il tappo. E man mano che scendeva il livello, affioravano enormi massi. Prima sommersi e invisibili, ora si mostravano alla luce del sole in tutta la loro grandezza. Ce n’erano a centinaia più o meno grandi e tutti ancora grondanti di acqua se ne stavano lì, luccicando come tanti grossi diamanti.
“Ohh! È meraviglioso!” esclamarono i ragazzi portandosi istintivamente le mani davanti agli occhi per il potente bagliore.
“La luce è forte, vero? Guardateli bene non sono come me ma sono dei grossi cristalli, un tesoro sommerso che per la prima volta mostriamo a degli esseri umani. Erano cinquemila anni che se ne stavano lì sotto, nessuno sa della loro esistenza, una volta erano come me: comune roccia. Poi il tempo li ha trasformati ed essi sono diventati cristalli dalle mille facce lucenti.”
“E perché sono sotto le acque del lago?” chiese Moco non riuscendo a distogliere lo sguardo da quella luce.
“Perché l’acqua è il loro elemento: li protegge dalle erosioni esterne del vento, della grandine e da ogni forma di minaccia che potrebbe scalfire la loro bellezza e la loro energia,” spiegò il masso. E poi aggiunse: “Belli vero? Ma sono di più: sono le porte per infiniti mondi invisibili”.
Gianni e gli altri si guardarono increduli. Infiniti mondi invisibili!?
A scuola avevano sentito parlare di universi paralleli. E su alcuni libri di scienze avevano letto di alcuni studiosi che erano giunti alla scoperta di questi universi, cioè del “multiverso”. Forse quelli erano i mondi invisibili di cui parlava il masso?
Il masso erratico leggendo nella loro mente proseguì la sua spiegazione: “Sì, intendo proprio quelli, gli universi paralleli e ognuno di quei cristalli che vedete è una porta per accedere nell’universo che volete, un mondo che esiste ma invisibile ad occhio umano.”
“Facile a dirsi… difficile a capirsi” protestò Moco.
“Non c’è nulla da capire, bisogna lasciarsi andare, fare le proprie scelte, e nel momento in cui scegli, tu sei già lì nel mondo che hai scelto,” disse il masso.
Anche quest’ultima spiegazione risultò ai ragazzi complicata e misteriosa.
“Basta scegliere e accade?” chiese Gianni incredulo ma desideroso di approfondire l’argomento.
“Certo! È come esprimere un desiderio e poi… accade, subito!”
“Che bello io saprei già cosa scegliere!” esultò Moco pensando ad un universo fatto di dolciumi, caramelle, cioccolato e tante altre cose buone da mangiare.
“Ragazzo, non credo proprio che possa esistere un mondo così”, disse il masso. “Forse non mi avete capito, gli universi sono uguali a quello in cui vivete; ciò che cambia sono gli avvenimenti, il susseguirsi degli eventi, il comportamento delle persone e tante altre cose che non sto qui a spiegarvi perché non capireste” aggiunse il masso sgonfiandosi un tantino per la stanchezza.
Dopo quest’ultima spiegazione, si addormentò e non ci fu verso per svegliarlo, se ne stava ben piantato a terra con la sua grossa mole incominciando a russare così forte, così forte, che tutto lì intorno tremava, sussultava e… franava! Oh mio Dio! Sotto il peso del masso la terra stava franando, formando un cratere tanto grande da inghiottirlo completamente!
I ragazzi velocemente si spostarono per non essere inghiottiti anch’essi. Intanto il masso erratico sparì completamente sprofondando chissà fino a dove.
Impressionati per la vicenda svoltasi sotto i loro occhi, i ragazzi rimasero ammutoliti.
Poi si guardarono intorno e con enorme sorpresa si accorsero che le acque del lago si erano rialzate coprendo totalmente tutti i cristalli luccicanti. Tutto era ritornato come prima.
Nella valle si fece silenzio.
Non un alito di vento.
“La quiete dopo la tempesta!!!” irruppe la voce di Moco.
“Sccc zitto!” gli intimò Gianni. “Sentite anche voi questa melodia?”
Nell’aria si sentiva un flebile suono avanzare, era come un suono di flauto o altro strumento a fiato, non si capiva bene. Ma era certo che quel suono aumentava sempre più d’intensità mantenendo la sua dolce melodia.
Chi suonava? E da dove veniva quella musica?
Ma veniva dal lago!
Un enorme cristallo era affiorato e ora galleggiava sulle acque calme e limpide del lago. Mentre si spostava faceva uscire da alcune sue crepe un’aria leggera che si trasformava in una musica dolce e melodiosa.
Gianni pensò che anche a casa sua aveva sentito spesso questa musica durante le notti d’inverno quando il vento gelido dell’est soffiava impetuosamente. Gli spifferi in casa erano tanti, poiché le finestre non tenevano bene e il vento era forte, sembrava di sentire come un suono di flauto improvvisare una dolce melodia. Il suono del vento penetrava nella sua stanza e lui si addormentava cullato dalla musica di quel flauto magico e iniziava a sognare.

[continua]


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