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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è segnalata nel concorso letterario Jacques Prévert 2015

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Quando, alla fine, si chiude la piccola raccolta di Carlotto, si ha il sorriso sulle labbra. Ma bisogna specificare che tipo di sorriso: divertito, ironico, un po’ amaro. Perché le poesie di Carlotto – che a tratti somigliano più a brevi aneddoti, aforismi, apologhi – hanno un tratto che decisamente le accomuna tutte: sono intelligenti, di quella speciale intelligenza che non ha bisogno di annunciarsi come tale perché si illumina da sé. Alcuni versi non stonerebbero tra quelli di Rodari, altri sembrano richia­mare Trilussa, altri ancora evocano un Montale meno severo dell’originale; in ogni caso, senza voler scomodare padri e padrini, sono poesie che sposano felicemente la leggerezza con l’impegno (anche quello sociale, sì, e persino quello civile), le forme più levigate con qualche voluta asperità, la lucidità disillusa con la tenerezza.

Olivia Trioschi presidente della giuria del premio letterario J. Prévert 2015 sez. poesia

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A tutti i piantatori di datteri

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Uomini famosi

E a proposito della nostra civiltà,
qui ci sono l’uomo più ricco,
quello più bello, il più intelligente
e l’assolutamente indispensabile.
Li abbiamo riuniti per comodità.

Ammira il tutto con calma
e senti l’orgoglio che ti riempie.
Attento però a non calpestarne le tombe.

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Sorrisi

Non io, purtroppo.

Non gli addetti al ritiro
della spazzatura
(differenziata e non).

Non gli altri impiegati come me
chiusi nei loro tristi
e monotoni gusci d’acciaio
praticamente tutti uguali.

Neppure i contadini,
su trattori sempre meno lenti
ma molto più ingombranti,
già incollati ai telefonini.

Ogni mattina
solo l’autista dello scuolabus,
dal capello deciso,
con i bambini delle elementari
sorride a pieno viso.

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Banalizzatore di matematica
a mio zio Manuele

Trasformando la sottrazione
in una somma accompagnata
con lo scandire dei numeri
in progressione
fino a raggiungere il valore
della banconota ricevuta,
mi hai insegnato a dare il resto
dietro il bancone della tabaccheria.

Oggi (che non è più come una volta)
saprei davvero come fare
ma troppo spesso non so più a chi darli, i resti.

Non è certo tua, però, la colpa.

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Utopie tascabili

Mi piacerebbe leggere
da qualche parte affisso
il cartellone:
“È gradito
che in questa piazza
i bambini (e non solo)
si cimentino
nel gioco del pallone”.

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Titolo a scelta (*)

Stanotte nel mio sogno
sono passato accanto al tuo.
Ho udito, alta, la tua voce
ma non eri realmente tu.

(*)
Sogni di coppia
oppure
Devo smettere di mangiare bagnacauda la sera.

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Le cose che avrei dovuto sapere

Le cose che avrei dovuto sapere
a vent’anni le ho imparate a trenta.
Quelle che avrei dovuto conoscere
a trenta le ho apprese a quaranta.
A cinquant’anni la vita mi ha spiegato
ciò che avrei voluto studiare a quaranta.
Quanto mi serviva a cinquanta
l’ho intuito a sessanta.
I ragionamenti che avrei voluto fare
a sessant’anni ho cominciato
ad abbozzarli a settanta.

Le cose che avrei dovuto sapere
a settant’anni…

Per favore posso avere ancora
dieci anni di tempi supplementari?

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Critiche costruttive

“Sei meno malinconico
di qualche poesia fa.
Penso a satirico più che ironico.
Forse non te l’avevo ancora detto…”.

Sarà perché
non mi è più morto
qualche parente stretto?

Il barbiere…

Mi piace
curare i miei clienti
con sensibilità e affetto.

Mi spiace però
che il contesto
in cui svolgo
questo lavoro onesto
sia l’inferno.

…di Auschwitz

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[continua]

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