DOVEVI SUPERARE LE GUARDIE, ANDARE OLTRE, SE VOLEVI TROVARE IL TUO AMORE
Quando ti accorgerai da dove nasce
questo mio messaggio
sarà forse troppo tardi
ed avranno ormai chiuso le porte.
Sai, quelli chiudono presto le porte
e non guardano in faccia a nessuno.
Quando capirai la semplicità della mia attenzione
e tutta la tenerezza che ci mettevo
ti accorgerai che tutto voleva essere dono
ma sarà forse troppo tardi
ed avranno ormai chiuso le porte.
Sai, quelli chiudono presto le porte
e non guardano in faccia a nessuno.
Quando abbraccerai le ali infinite della libertà
e ti accorgerai della primitiva bellezza andata persa
abbandonerai il tuo nascondiglio prediletto
nell’inutile progetto della memoria
e ti accorgerai della fragilità del tempo
e dell’inutile che ci mettevi nelle cose.
Solo allora mi cercherai in quel frammento
di immensità e ricorderai di quando ti fasciavo
con il caldo panno della tenerezza
ma sarà forse troppo tardi
ed avranno ormai chiuso le porte.
Sai, quelli chiudono presto le porte
e non guardano in faccia a nessuno.
Quando capirai tutto questo
mi vedrai riemergere come in uno specchio
e tornerò ad offrirti la mia libertà
che esisteva da sempre.
EN ATTENDANT GODOT
Un lenzuolo nero di parole
è inghiottito dal vento.
Si protrae l’attesa.
L’erratico domandare
soggiacente alla vita.
L’UOMO CHE SI TROVAVA ALLA GALLERIA D’ARTE
L’uomo che si trovava alla Galleria d’Arte
era stato a Mosca
e aveva visitato la Galleria Tretyakov
per ammirare i capolavori
della tradizione russa.
L’icona della Vergine del Don,
il Salvatore di Rublev,
l’Apparizione del Cristo di Ivanov.
A San Pietroburgo
aveva visitato l’Ermitage.
Il suo sguardo si era posato
su Il ritorno del Figliol Prodigo
di Rembrandt.
Un’opera incompiuta.
Un abbraccio velato con figure
indistinte che si confondono
nel gioco delle ombre.
L’uomo che si trovava alla Galleria d’Arte
cercava in quel quadro
qualcosa
che staccasse dall’infinito
l’inesistente.
Ma, nel campo seminato a ruggine,
trovava solo foglie secche
e qualche fiore
ancora sparso nel fugace.
L’uomo che si trovava alla Galleria d’Arte
cercava dimora nel tempo…
ma trovava solo se stesso.
Il rapporto libero con l’infinito.
ODE PER UNA RAGAZZA CHE ERA AMICA DI MAJAKOVSKIJ
E CONSIDERAVA LA VITA UNICA MERAVIGLIA DEL CREATO
Amica mia, amica di Majakovskij
come scordare le foglie d’oro che turbinando
sono andate a cadere nello stagno
dando scintillio all’immobile filo delle acque.
Una brezza triste infrange una voce lontana
e ci riporta la disposizione felice della tua
immaginazione, il prevalere dell’audacia sulla nuda
essenza, il gusto del rischio, la sua bocca.
Mai avevi abbandonato il tuo ideale,
la vita era per te unica meraviglia del creato,
stupore per le cose sfavillanti,
presentimento di bellezza.
Escono le parole dalle labbra del maestro
e cercano di strappare gioia ai giorni.
Il torrente si è ormai separato dal sogno
dipingendo ai margini la creazione.
L’alba agiterà la candela
e l’amaro delle lacrime si spegnerà
nel bosco di betulle a scrutare il tuo volto
che muove verso casa nell’immensità.
La sacra primitività è tutta qui
in un silenzio che è costruzione divina
e ci ricorda che la morte non è alla fine,
la morte è dentro ogni cosa.
Messaggi di perfezione colti dalla terra
da una persona, dall’infinito non muoiono mai
Né il granito né il salice piangente
faranno ombra al cenere leggero.
STRANIERO NEL MIO GIARDINO
Dietro la siepe nera
delle stagioni
stecchiti cespugli
avevano disegnato
pieghe.
Decisi allora
di sistemare il giardino.
Ma quando,
sul finire del giorno,
osservai l’opera,
piansi …
Il giardino,
aveva perduto tutta
la primitiva bellezza.