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Liutan - il primo sciamano
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Ferdinando Tol Jari - Liutan - il primo sciamano
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa
15x21 - pp. 552 - Euro 22,50
ISBN 978-88-6587-8491
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In copertina: «Riflessi» (particolare) dipinto a olio di Ferdinando Tol jari
Pubblicazione realizzata con il contributo de Il Club degli autori quale opera segnalata nel concorso letterario Jacques Prévert 2017
Prefazione
Il romanzo di Ferdinando Tol jari non rappresenta il solito modello letterario del libro di fantascienza nel quale la fantasia estrema corre libera con invenzioni paradossali e trame inverosimili, ma, al contrario, porta con sé una profonda riflessione filosofica sulla condizione futura del genere umano.
La “filosofia” alla quale Ferdinando Tol jari fa riferimento riconduce alla necessità vitale di un “ritorno” alla dimensione naturale nella quale l’Uomo ha mosso i primi passi, come a sottolineare che diventerà indispensabile una totale fusione con la Natura stessa, una primordiale comunione con i suoi elementi, un ritorno alla “magia” dell’universo per “essere e sentirsi creature” che fanno parte di una visione cosmica.
La vicenda narrata, sempre coinvolgente ed affascinante, prende forma dalla mano sapiente di Ferdinando Tol jari, capace di costruire pazientemente una serie di sequenze cinematografiche che catturano il lettore fin dalle prime pagine, grazie ad una scrittura elettrizzante, direi magnetica.
Il lento processo di svelamento, alimentato dalla maestria narrativa che accompagna nel mondo sciamanico, dalla stupefacente visione immaginifica e dalla capacità di fascinazione, produce una costante penetrazione nelle vicende della trama, decisamente ben strutturata, costellata da numerosi personaggi; avvolta da atmosfere fantascientifiche, in un futuro che è molto più vicino a noi di quanto pensiamo e, infine, spolverata da invenzioni e colpi di scena, che diventano il fertile humus sul quale viene giocata la sfida narrativa.
L’idea stessa dell’immortalità, o di un prolungamento della vita oltre ogni limite conosciuto, è già tema assai dibattuto, e la necessità, in futuro, di un possibile “esodo” dal nostro Pianeta alla ricerca di un Nuovo Mondo, dove “continuare a vivere”, è già oggetto di ricerca con i nuovi telescopi spaziali che cercano pianeti compatibili dove l’Umanità riuscirà a sopravvivere.
Le vicende storiche degli ultimi decenni hanno inoltre già messo in mostra gli inganni e le false verità propinate dal Potere costituito, in relazione a diversi aspetti del vivere comune.
Non è forse vero che diventa fondamentale un “ripensamento” sull’azione distruttiva dell’Uomo nei confronti del modo in cui vive e la improrogabile necessità di un ritorno ad una nuova concezione della Vita, che metta al centro del suo agire futuro la dimensione primordiale dell’Essere Umano, che vive, si nutre, si integra e si plasma con la Natura?
Logicamente, nell’avvincente romanzo, Ferdinando Tol jari offre anche mirabili invenzioni e riferimenti ad aspetti tecnologici che riconducono a viaggi interstellari, a flotte di navi spaziali avveniristiche; a conflitti mondiali e ad un crudele e terribile Signore della Guerra; a sogni indotti e a proiezioni olografiche, proprio come quelle che aprono il romanzo con la figura del capitano Russell Soldierson, ibernato su un’astronave spaziale salpata dal continente europeo quando la Terra era stata abbandonata, seguendo il famoso Progetto “Cristoforo Colombo”.
Il flusso narrativo, che risulta sempre elettrizzante, condurrà appunto alla discesa su questo Mondo sconosciuto, dove domina la Natura che “parla con le sue creature” attraverso le connessioni neurali, e gli eventi seguenti apriranno imprevedibili scenari, rivelando la verità sulle reali intenzioni del Progetto Cristoforo Colombo: ma la forza del destino sovvertirà ogni ipotesi umana.
La visione critica più importante che emerge dal libro di Ferdinando Tol jari e diventa testimonianza narrativa, è proprio l’idea del ritorno ad una salvifica immersione nel mondo naturale e alla sua immensa energia universale.
Le dinamiche celesti sono ricche di colpi di scena, proprio come il romanzo di Ferdinando Tol jari, capace di regalare una storia che può esser definita simbolica: il progresso tecnologico che diventa patrimonio solo di pochi “eletti”, che detengono il potere e le ricchezze, creano la “loro” verità ed influenzano il destino del mondo, e ancor più, possono permettersi strumenti capaci di ottenere l’immortalità.
Dopo la severa critica ai comportamenti del genere umano, Ferdinando Tol jari offre una speranza, illumina una possibile via d’uscita da tale follia, propone un atto salvifico sciamanico rappresentato dal desiderio di un mutamento radicale della visione e della mentalità del genere umano.
Massimo Barile
Nota dell’autore
I tempi in cui viviamo, ci conducono spesso a considerare come prospettiva risolutiva, una fuga. Certo è difficile accettare e comprendere, se esiste, che vi sia un disegno prestabilito o una ragione giustificata per certi fatti con i quali ci troviamo a confrontarci ogni giorno. Sembra quasi che testi apocalittici e profezie catastrofiche provenienti da ogni parte del mondo possano effettivamente condurci a considerare che, forse, qualcosa delle antiche profezie sia effettivamente da prendere in considerazione. Tuttavia, se analizziamo la storia e ci soffermiamo qualche minuto a riflettere su come gli eventi si avvicendino continuamente, con sistemi diversi ma nelle medesime condizioni ormai da millenni, forse, profetizzare determinati avvenimenti diventa molto più semplice di quanto non ci rendiamo conto e magari possiamo comprendere che noi stessi siamo in grado di essere profeti nel predire che la storia non cambia e continua a ripetersi.
Sembra quasi che il futuro sia già scritto nel passato. Ma se questa è già di per sé una profezia, cambiando il futuro potremmo cambiare lo stesso passato? Se impariamo dal passato, prospettando quindi un futuro diverso, potremmo cambiare la percezione di quello stesso tempo in cui certi avvenimenti che ci hanno fatto desiderare di non volerli più rivedere, permettano di rimarginare quelle ferite aperte nella memoria che continuano a sanguinare solo perché le azioni di oggi riflettono quelle di ieri?
Il desiderio di cambiamento che spesso vorremmo vedere tuttavia, resta una sorta di utopia nella quale le speranze sembrano sempre più flebili. Forse perché il cambiamento che desideriamo, cerchiamo di vederlo all’esterno, senza pensare che probabilmente il primo e unico cambiamento che possiamo realizzare è quello che riguarda noi stessi. A volte ci sembra troppo arduo, complicato e difficile. A volte ci sentiamo sconfortati, avviliti e demoralizzati dal pensiero che nulla possa mutare e, conseguentemente, ci si prospetta sempre più come ultima e unica risorsa, la fuga.
Eppure se, in definitiva, è su questa parte di Universo che ci siamo ritrovati ad avere il privilegio di avere questa grande opportunità di esistere come testimoni di un evento così eccezionale come quello della vita, è possibile che la fuga non sia la giusta soluzione e che magari sia solo, in ultima analisi, un modo per trasportare altrove ciò che ancora non abbiamo concluso qui?
La storia ci ha dato i mezzi per comprendere, la natura un ambiente per realizzare, la mente uno strumento per riflettere, credo che a tutto questo sia d’obbligo da parte nostra, dedicare una minima considerazione…
Ferdinando Tol jari
Liutan - il primo sciamano
Questa è un’opera di fantasia.
Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o usati in chiave fittizia. Qualsiasi rassomiglianza o riferimento con persone, cose, fatti o località realmente esistenti o esistiti è puramente casuale.
Dedicato a Simi…
“L’artista è sciamano e capro espiatorio. Il pubblico proietta le proprie fantasie su di lui e quelle fantasie prendono vita: distruggendo l’artista, la gente può distruggere i propri fantasmi. Io obbedisco agli impulsi che ognuno possiede ma che nessuno ammetterebbe mai di avere. Attaccandomi e punendomi, tutti possono sentirsi liberati da questi impulsi.”
Jim Morrison
CAPITOLO PRIMO
Gli oracoli dimenticati
Oracolo: Forma di divinazione presso vari popoli antichi, consistente in un responso fornito dalla divinità, in determinati luoghi, a una domanda relativa a cose ignote del presente, del passato o del futuro o anche alla giusta maniera di agire in determinate circostanze. (Google)
Proemio
“Risvegli”
“Il sogno è un archetipo dell’arte. L’uomo ha sognato l’arte ancora prima di tracciare la prima linea sulla pietra. Forse il bisbiglio è nato già prima delle labbra”.
V. Sklovskij
1098 giorni dal risveglio
…non avrebbe saputo dire se prima di cominciare ad avere ricordi, quei lampi simili a scintille colorate fossero stati il prodotto di sogni che svanivano o di micro risvegli in cui tutto ciò che distingueva erano bagliori di sfavillii che in termini scientifici sarebbero stati definiti fosfeni simili a piccole aurore boreali, materializzanti nella sua mente forme astratte che a volte potevano anche avere la parvenza di sagome umane o animali. Quello che poteva definire era semplicemente che non riusciva a dedurre con esattezza quante volte aveva avuto tali percezioni prima di avere la certezza di stare, seppur per pochi secondi, a occhi aperti…
1017 giorni dal risveglio
…risvegliarsi era stato traumatico, paragonabile probabilmente al risveglio da un lungo sonno di coma. Forse aveva avuto un incidente e forse era stato proprio in coma per un tempo che non poteva concepire. Il risveglio gli aveva lasciato solo frammenti d’immagini probabilmente sognate. Immagini confuse e distorte che in alcuni passaggi potevano sembrare addirittura appartenenti a tempi mai vissuti. Antiche mura, deserti, mari, tempi arcaici e tempi più moderni si alternavano troppo rapidamente per essere riconosciuti, così come i volti d’uomini, donne, bambini e anziani di regioni ed etnie differenti che avevano un’unica cosa in comune: la strana percezione di una sensazione coinvolgente, come se in ognuno di loro vi fosse qualcosa di familiare se non addirittura, personale…
909 giorni dal risveglio
…aprire gli occhi era di una difficoltà enorme e per un lungo periodo la durata della veglia era stata brevissima. All’inizio pochi secondi, poi qualche minuto. Non sapeva quanto tempo gli era servito, forse giorni, settimane o addirittura mesi per cominciare a credere che la veglia potesse durare anche qualche ora. Era stato in quel periodo che gli era sembrato che oltre ai frammenti di ricordi portati via dal sogno i suoi occhi percepissero immagini che poteva paragonare ad allucinazioni. Tal volta gli sembrava di vedere una figura in quella stanza bianca dove si trovava, alla quale ancora non riusciva a dare una definizione. Sembrava un fantasma, dapprima indistinto, poi sempre più riconoscibile fino alla convinzione che tale ectoplasma avesse una fisionomia femminile, vestita con una tunica bianca che si confondeva al colore delle pareti aventi una lucentezza tale da farle sembrare metalliche. Poi aveva cominciato a concretizzarsi un sogno più vivido in cui la confusione era meno caotica e l’ordine apparentemente più resistente, cominciando a prendere una trama definibile. Un sogno che si faceva sempre più ricorrente e allo stesso tempo inquietante…
720 giorni dal risveglio
…i primi stimoli nervosi si erano manifestati in un tempo successivo, come se il suo corpo fosse solleticato non da una volontà propria ma piuttosto da un impulso esterno fino a quando aveva capito che i muscoli erano collegati a stimolatori elettrici che avevano, probabilmente, il compito di rigenerare muscoli e attività motorie. Era stato in quel momento che si era convinto d’essere stato nella condizione comatosa per più tempo di quanto aveva considerato. La mente si era ribellata per qualche tempo alla possibilità di poter essere stato troppo a lungo in tale stato cercando di ricordare come fosse avvenuto, prima di rassegnarsi e rinunciare per abbandonarsi a quel rilassamento in cui aveva potuto lasciare spazio al sogno quasi insensato. Tuttavia, più il ricordo e la costanza del sogno perdurava, più si convinceva che quello che stava sognando non era un sogno ma un ricordo vero e proprio e, mentre il suo corpo cominciava a rigenerarsi sotto gli impulsi elettronici, una sorta di trama più convincente iniziava a rivelargli la sua condizione prima della caduta. In quel sogno si vedeva muoversi in un paesaggio oscuro come sotto la minaccia di un perenne temporale. Solo che le nuvole che oscuravano il paesaggio non erano di pioggia, ma di fumo e cenere. Erano nuvole contaminate da scorie di polvere da sparo e granate e i suoni che percepiva non erano quelli dei tuoni ma dei rombi di cannoni. I suoi piedi calzavano possenti scarponi e l’abbigliamento era indubbiamente militare, con tanto di mimetica d’assalto. Era stato un soldato quindi, prima di cadere in quel sonno. Forse era stato vittima di una granata o era stato ferito in combattimento e quella in cui si trovava adesso era una stanza d’ospedale. Però era strano. La finestra di quell’ospedale, era un oblò…
649 giorni dal risveglio
…all’inizio l’aveva osservato stando sdraiato in quello strano letto che sembrava il guscio di un uovo spezzato a metà. L’oblò lo portava a pensare di trovarsi su una nave, ma non percepiva alcun rollio di marea né suono di onde infrante sullo scafo. Inoltre tutto ciò che poteva osservare oltre il vetro era una strana e insolita oscurità.
Così, troppo debole per cercare di guardare oltre, si lasciava trasportare dal sonno che dominava sulla veglia permettendosi di continuare ad approfondire quel sogno nel quale, di tanto in tanto, riappariva l’anomalo fantasma…
586 giorni dal risveglio
…i primi movimenti erano avvenuti con una difficoltà estrema. La prima volta che aveva cercato di mettersi a sedere nemmeno ci era riuscito e il bianco che dominava le pareti della stanza aveva cominciato a vorticare intorno a lui, facendolo subito ricadere sul letto per riaddormentarsi senza nemmeno percepire il tremore degli arti ancora incapaci di sostenere lo sforzo. Questi tentativi gli causavano una dispersione di energia che tornava a ridurre i suoi tempi di veglia, a vantaggio dei tempi di sogno. Tuttavia aveva iniziato a domandarsi come mai non avesse ancora ricevuto visite da medici, terapeuti o specialisti. Ma forse, aveva dedotto, non ne era consapevole semplicemente perché tali assistenti magari lo visitavano nei momenti di sonno, oppure, quel fantasma non era un fantasma ma il ricordo di persone fisiche che ancora la sua mente non era in grado di identificare…
432 giorni dal risveglio
…erano occorsi ancora molti giorni prima che il corpo cominciasse a perdere i tremori consentendogli di mettersi seduto per qualche minuto senza che la testa cominciasse a girargli. Era stato nello stesso periodo che si era accorto di essere alimentato per via endovenosa tramite dei flebo, chiedendosi quando avrebbe potuto liberarsene anche se la cosa al momento non era prioritaria in lui, ciò che gli importava era che lentamente il suo corpo riprendeva maggior contatto con la realtà, gli stati di veglia iniziavano ad avere una consistenza maggiore e pure il muoversi non era più tanto traumatico. La sua energia stava ristabilendosi e tanto gli bastava per rendergli quella tranquillità necessaria a convincersi che i momenti peggiori erano passati e che le prospettive volgevano verso una ripresa piuttosto che una ricaduta. Tale calma lo metteva nelle condizioni di concedersi il tempo necessario al riposo in modo più rilassato…
333 giorni dal risveglio
…attraverso la serenità raggiunta, il sogno aveva potuto prendere consolidamento, al punto che ormai gli sembrava un racconto e poteva interpretarlo come la narrazione di un reporter di guerra.
…Non era rimasto più nulla per cui combattere. Ogni fronte era caduto, ogni territorio conquistato. Gli alleati dell’esercito della liberazione si erano ritirati lasciando indifese le ultime città ancora non occupate e il signore della guerra, chiamato Raul dai suoi sudditi, avanzava trionfante sul suo cavallo nero.
Nessuno conosceva realmente il suo nome, così erano stati gli alleati stessi ad attribuirglielo. Tra le generazioni più anziane vigeva il ricordo di un fumetto animato in cui l’antieroe chiamato Raul, signore oscuro grande maestro della guerra e delle arti occulte con poteri sovrumani, conquistava il mondo alla guida di un esercito infinito, contrastato solo dall’eroe che alla fine lo avrebbe sconfitto ma che in questa realtà non si era manifestato per liberare gli oppressi.
Raul e l’eroe di quel fumetto animato erano fratelli, addestrati nella medesima scuola, cresciuti forti e potenti e con nobili propositi. Ma gli eventi della vita avevano infine condotto Raul verso il lato oscuro del suo essere, finendo per divenire l’antieroe di cui l’eroe aveva bisogno per affermarsi tale. Circostanze, avrebbero detto gli esaminatori di quel fumetto, delle quali tuttavia nessuno teneva conto in quella realtà. Raul era un dittatore, apparso come un demone solo per portare distruzione là dove ormai, avrebbero considerato questi esaminatori, non vi era rimasto poi così tanto da distruggere o interessi per cui valesse la pena di conquistare.
Questo grande e temibile guerriero era apparso dal nulla, mentre le grandi nazioni si fronteggiavano tra loro per il potere con espedienti basati soprattutto sull’economia e guerre scatenate in Paesi minori per le risorse dei possedimenti o, in caso di territori più vasti e strategici, con giustificazioni legate a religioni tra diverse fazioni in nome di divinità alle quali pretendevano di attribuirne la responsabilità.
Invadendo inizialmente zone senza alcun interesse per gli alti governi del mondo ormai in declino, Raul non aveva destato preoccupazione, ma lasciato libero di agire ben presto aveva formato un grande esercito arruolando ogni combattente nei villaggi sottomessi. Successivamente aveva sfruttato l’avidità degli alti governi che principalmente avevano visto in lui un potenziale alleato. Con tale espediente Raul aveva ricevuto armi da ogni parte del globo. Chi per schierarlo dalla sua parte per combattere e conquistare territori ricchi di risorse, chi per averlo al suo fianco a fronteggiare eserciti nemici per avidità economica o altre svariate motivazioni. Tutti avevano stretto alleanze con lui, offrendogli infine i mezzi per permettergli di rivoltarsi a sua volta contro ognuno di coloro che avevano cercato di sfruttarlo, e quando era divenuto troppo potente, grazie all’inerzia diplomatica che nulla aveva di diplomatico se non il contrastarsi l’un con l’altro nel nome della diffidenza reciproca per non dare maggiori vantaggi ai rivali che discutevano una diplomazia bugiarda mascherata da interessi univoci, Raul aveva continuato la sua avanzata indisturbato, giungendo ai confini delle civiltà evolute e sopprimendole una dopo l’altra. Quando la minaccia era divenuta evidente, ormai era troppo tardi e l’inevitabile alleanza non aveva nessun altro potere che tentare di rallentare la sua avanzata, mentre in quella stessa alleanza piena di sospetto e sfiducia reciproca cominciavano a sorgere le basi di un ambizioso quanto improbabile progetto, realizzato in parte quando Raul stava ormai per affermarsi signore del mondo intero, dominatore e imperatore di ogni terra. Dietro di lui aveva lasciato solo cenere, nulla che potesse servire ai suoi nemici. Era questa la tattica. Lasciare solo deserto e fuoco perché se nessuno poteva trovare risorse nelle regioni sconfitte, non avrebbe avuto necessità di osservare dietro di sé temendo l’attacco di un nemico che non poteva giungere dal deserto. E ora, era l’unico grande signore della Terra. Il suo sguardo profondo era fiero, orgoglioso si sarebbe detto, ma dietro l’elmo che portava, Raul non nascondeva solo il viso, ma anche una sorta di malinconia e un tormento che pareva contrastare la leggendaria aurea spietata che lo accompagnava.
In groppa al suo cavallo, avanzava alla guida dell’immenso esercito che lo seguiva a piedi e che a ogni passo faceva risuonare la terra da quanto era immenso. Una delle ultime città in cui sarebbe entrato cominciava ad apparire all’orizzonte tra il fumo delle ultime bombe esplose e le nuvole grigie di polvere e foschia fumogena, quando alla sua periferia aveva incontrato una sorta di fattoria dove un uomo anziano piegato in due, quasi incurante del destino temibile che si stava abbattendo su di lui, continuava a lavorare la terra con gli unici strumenti che gli erano restati, una zappa e un rastrello. Non si fermò fino a quando gli zoccoli del nero cavallo non gli furono visibili allo sguardo fisso sulla terra. Dal basso alzò la testa e osservò l’imponente generale che rispecchiava in tutto ciò che si diceva su di lui. Seduto in groppa al possente cavallo si ergeva un uomo dal fisico imponente, alto forse due metri. Grandi muscoli nascosti sotto un mantello nero e un elmo che ne copriva il volto, lasciando visibile solo una mandibola spigolosa e occhi profondi e inespressivi. Il contadino chiuse gli occhi e si inchinò al suo nuovo padrone. Si diceva che Raul risparmiasse solo coloro che potevano combattere per rendere il suo esercito sempre più vasto e potente e il contadino sapeva che per lui, a quel punto non vi era che un unico destino. Non poteva combattere, ma anche se avesse potuto, non lo avrebbe fatto.
“Mio signore” disse “sono pronto”.
Raul lo fissò con rispetto, e intuendo per cosa l’uomo si sentisse pronto lo ascoltò in silenzio, quindi, attratto da un forte rombo e una scia di fuoco nel cielo, alzò lo sguardo e vide lontano sull’orizzonte un grande vascello che prendeva la via tra le nubi…
Il contadino osò alzarsi in piedi, era scarno e ricoperto di terra e polvere. Aveva capelli grigi e denti ingialliti, rughe sul viso che raccontavano la sua storia come i solchi della terra da poco zappata. “Non c’è più niente oltre questa terra da conquistare mio signore” ebbe il coraggio di dire. Raul si disinteressò completamente del grande vascello e abbassando lo sguardo tornò a occuparsi del contadino. Non parlò, il contadino invece proseguì “Lo so perché sono stato laggiù. Gli uomini saggi fuggono dall’invasione. Abbandonano per sempre questo mondo”.
Raul alzò di nuovo lo sguardo per nulla infastidito dalla fuga che non poteva impedire, quindi si rivolse finalmente al vecchio contadino “A questo punto” disse con una voce pacata, calma al punto che ogni singola sillaba era scandita con precisione, ma roca e pesante come il rotolare di una roccia dal monte “quale motivo potrei mai avere ad arruolarti nel mio esercito” disse per nulla innervosito dalla calma del contadino che si rivolgeva a lui, imperatore ormai di tutto il mondo, come se stesse parlando a un qualsiasi altro zappaterra del paese.
Il vecchio provò un brivido, ma non evidenziò paura nei suoi occhi “Nessuno mio signore. Oltretutto io nemmeno combatterei… ma c’è comunque un’alternativa alla guerra” osò dire.
Lo sguardo di Raul si fece ancor più severo e il contadino seppe che in quel momento avrebbe compreso la vera natura del dittatore…
270 giorni dal risveglio
…il sogno era diventato un racconto che finiva sempre allo stesso modo, senza l’opportunità di vedere oltre quel confine. L’unica possibilità di farsi un’idea era legata all’immaginazione che inizialmente lo aveva condotto a fantasticare come il contadino, convertendosi nella figura dell’eroe tanto atteso, aveva incredibilmente sorpreso il dittatore e dimostrandosi un abile maestro d’armi lo aveva disarcionato da cavallo e sconfitto in uno scontro epico. Poi la fantasia aveva lasciato il posto a uno scenario più reale nel quale Raul schiacciava il contadino col suo cavallo e proseguiva nella conquista del mondo per morire miseramente in una terra ormai priva di risorse. In fine la più improbabile delle fantasie: Raul se ne andava e lasciava libero il contadino. Successivamente, nemmeno la fantasia aveva avuto più importanza mentre sentiva che il corpo era pronto a muoversi autonomamente. I primi passi erano stati come il risveglio, i più traumatici e pericolosi. All’inizio, per qualche giorno aveva osato solo mettersi a sedere, poi aveva appoggiato i piedi sul pavimento percependolo incredibilmente freddo, ma questo lo aveva rincuorato. I suoi sensi erano ancora attivi e la sensibilità gli dava conferma che non vi erano in lui quelli che dei medici avrebbero definito danni permanenti. Fu allora che tornò a ponderare sul fatto che ancora non aveva ricevuto nessuna visita e la mente lo portò a concepire l’idea che forse era stato vittima anche di radiazioni e che quindi quei fantomatici medici lo stavano semplicemente monitorando da stanze esterne e protette. Nel frattempo la visione del fantasma restava l’unica anomalia, che perdurò anche quando finalmente osò provare a mettersi in piedi. Era stato più faticoso di quel che immaginava. La prima prova era durata solo pochi secondi. Il corpo e soprattutto le gambe avevano nuovamente percepito i tremori e la testa aveva ripreso a girargli. Era stato costretto ad appoggiarsi al letto, quindi a rimettersi seduto e poi sdraiarsi per tornare a dormire. I tentativi successivi erano andati meglio. Si era imposto di resistere sempre di più fino a quando i tremori erano svaniti e il senso di vertigine attenuato fin quasi a scomparire. Quindi, aveva azzardato a muovere dei passi esultando con successo nel vedersi avanzare in quello spazio astratto. Aveva scoperto che nella camera c’era un tappeto rotante per fare movimento e aveva iniziato a usarlo regolarmente. Aveva scoperto anche che vi era una dispensa con cibarie liofilizzate che bastava riscaldare con un po’ d’acqua in un microonde per ottenere quello che i medici curanti dovevano definire colazione, pranzo o cena. Vi era poi una sorta di scrivania con una specie di computer alla quale aveva atteso diversi giorni prima di avvicinarvisi per comprendere che attraverso lo schermo, la tastiera e un microfono, poteva annotare sensazioni, ricordi e altre memorie inerenti ai suoi sogni. Ma ciò che lo aveva sorpreso maggiormente, era stata la prima volta che aveva osato osservare fuori dall’oblò, unica finestra della strana stanza.
Pensava che avrebbe visto solo un corridoio che faceva parte dell’edificio in cui era stato ricoverato e forse avrebbe visto qualche medico o infermiere che confabulava nell’attesa di decidere quale fosse il momento migliore per dargli informazioni sulla sua condizione, invece, ciò che vide lo lasciò letteralmente e inaspettatamente stupito al di là di ogni immaginazione che mai avrebbe potuto immaginare. Dietro il vetro dell’oblò, quanto poté ammirare, fu il vuoto sconfinato di un Universo improbabile, almeno fino a pochi secondi prima di averlo visto. Credere a ciò che osservava si era rivelato ancora più traumatico del risveglio e della prima alzata al punto che non poté fare a meno di domandarsi se ancora stava sognando: si trovava su una navicella spaziale e stava navigando al di fuori del sistema solare.
Poi, in modo inaspettato, il suo fantasma cominciò a parlare, e la cosa che lo avrebbe sconvolto ancor di più, era che le risposte che attendeva, gliele avrebbe fornite lui…
[continua]
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