LE STELLE COMETE DI DIO
Cosa fai, se il fiume
della speranza non scorre in te
e non trascina la polvere
dei sogni terreni
oltre le tombe
delle cose finite.
Dove vai, se il giardino
dell’amore non fiorisce in te
e non espande i suoi fiori
d’incanto tra le ortiche
e le gramigne del tempo.
Che cosa sai, se il sole
della fede non splende in te
e non illumina
con la verità dei suoi raggi
il tenebroso cammino
dei viandanti del nulla.
Le fauci del drago
feroci si avventano
sui passeri spersi.
Gli antri bui della storia
ospitano i princìpi
della sacra materia.
La vita, vuole ali di mistica aurora.
Le solenni virtù dell’apostolo
sono le stelle comete
della gioia di Dio.
LA MIA VITA NON È QUI
La mia vita non è qui,
tra le suadenti orge sfrenate
della carne che oblìa
la sorgente del sole.
La mia patria non è qui,
tra queste macabre danze di spettri
erranti nelle buie spelonche del male.
Il mio tempo non è qui,
tra questi vani trastulli pagani
che portano alla tomba del nulla.
La mia terra non è qui,
in questo misero fango dove urla
senza speranza il dolore.
In questo gelido inverno
che ghiaccia le poesie d’amore.
La mia casa è nel grembo divino
da cui esiliato ho dovuto partire.
La mia vita tornerà là,
dove la perfetta sapienza
illumina il volo d’ incanto.
Dove l’armonia della gioia
si sposa con l’eterno presente.
A TOM
Nell’inferno di quell’attimo Tom
hai visto svanire il sorriso di Hèlen.
E non ti sembra vero
che l’orrenda daga del tempo
terribile si sia abbattuta
su quei giovani fiori in amore.
Vorresti svegliarti da un orrido sogno
e ancora contemplare con gli occhi dell’anima
la sua primavera incantata,
stringere tra le braccia dello stupore
il suo tempo di arcobaleno fiorito.
Ma il viso di Hèlen ora ti appare
di ghiaccio: sarà un giaciglio di polvere
il suo stupendo giardino.
E non vedi più nelle aurore del futuro
vividi colori di gioia.
Non sembra finire la cupida notte.
Ma la stella di Hèlen è volata
nella galassia infinita.
Dalla somma sapienza ti manda
raggi d’amore per asciugare le lacrime
che ti allagano il cuore.
Nel giorno eterno aspetta
per abbracciare il tuo angelo.
SE TU SAPESSI
Se tu sapessi come l’incanto
dell’angelo dolce invade
l’anima offerta al supremo silenzio.
Se bramassi l’amoroso, lieto
viaggiatore celeste che accompagna
il deserto della solitudine.
Se conoscessi la verità
che fa fiorire il giglio eterno
tra le tombe del tempo.
Se la tua viziosa tenebra stanca
diventasse ansia
di rivelata aurora.
Se dalle oscure fogne
dei seguaci del male
implorassi la luce.
Fuggiresti i sordi plaudenti
schiamazzi che inneggiano
ai tabernacoli del nulla,
le suadenti dimore del verme dell’anima,
le agiate carezze.
Così libero tra le prigionie della storia
si alzerebbe il tuo canto
e le lacrime sarebbero perle.
A TINA
La dimora di Tina si apriva
alle futili chimere del tempo,
tra i sordi schiamazzi del mondo
illusa appariva la vita.
Il cuore di Tina, orfano d’amore,
si empiva di flebili note stonate,
di rivi di pianto,
di accorati lamenti
e, sul mare di rabbia
in cui navigava,
raggiunse l’isola della disperazione.
Tra la polvere intrisa
di veleni di morte,
nuvole d’inferno invadevano il cielo.
Ma nella notte, priva di stelle,
una speranza finalmente brillò
e, col fardello della sua fatica,
verso una dolce terra Tina volò.
L’orrida, triste stagione
divenne una primavera fiorita
mentre le pietre dei sentimenti
si mutarono in morbido pane.
Dal regno dell’eterno presente
Gesù un sorriso mandò
e, tra le fertili vallate
dell’anima,
il canto di Tina libero echeggiò
ALL’ UOMO MODERNO
Ti sei immerso nell’oceano di materia
come in uno spirituale Eden
e, dalla miniera d’oro del creato,
con la forza del tuo ingegno,
hai estratto mirabilie di scienza e tecnica.
Hai sparso incenso sugli idoli del cuore,
ti sei prostrato alle tue invenzioni.
Ebbro di delirante superbia
ti sei issato re della tua sorte,
eletto gloria della storia.
Nel giardino della tua illusione
ti sei disteso al sole
della ragione nuda.
Ti sei infarcito di comode visioni
tra gli eserciti della futilità.
Sei sprofondato nel gelo
delle speranze caduche,
tra la polvere in cui dimora il nulla.
Dominato dallo spirito di Satana
hai portato l’inferno sulla terra,
spargendo in ogni sua dimora
il putrido letame del peccato.
Non incontri più i profondi misteri,
l’incanto soave della musa,
il felice volo dell’anima
verso l’eterna apoteosi.
Lascia uomo la velenosa serpe
che pietrifica la vita,
nell’umile silenzio china il capo,
invoca la Verità:
il Consolatore.
A SANTA FAUSTINA
Tra le gelate bufere della storia,
scalando vette di difficoltà,
Faustina alfine arrivò
al chiostro bramato.
Nel giardino fiorente del cuore
coltivava gigli di virtù candide
e nel cielo infinito dell’anima
volavano stormi di preghiere adoranti.
Prostrata nell’intimo abbraccio
del divino mistero,
come casta agnellina si offriva
alla mensa dei peccati nel mondo
mentre, nell’infanzia dello Spirito Santo,
sulla terra invocava
l’acqua e il sangue
della misericordia suprema.
Nel regno dell’eterno presente,
l’amore incarnato ascoltò
e la rugiada del paradiso
sulle secche piantine del tempo
copiosa arrivò.
ALLA SAPIENZA
Sapienza tu non sei
l’erudita messe raccolta
nel granaio dell’intelligenza.
Non sei la superba astronave
che vola tra lo scibile umano.
Non sei l’alloro esclusivo
del cattedratico dotto.
Sapienza tu sei:
l’anima che fa splendere
il divino nell’umano.
L’intelletto che s’inchina
al mistero della vita.
Lo spirito d’amore
che canta e prega all’infinito.
AL MISSIONARIO
Tu lasci gli accecanti miraggi
del regno della carne,
il quieto caldo bozzolo
dell’armonia familiare
e vai dove la speranza sanguina
e dove si ignora il Cristo della storia.
Non ti ferma la sinfonia della violenza,
non ti ghiaccia il gelo del peccato,
come fuoco espandi il Vangelo,
come l’acqua generi la grazia
e, sotto l’ostile sguardo dei gaudenti,
spezzi il sorriso e il pane
con l’intera umanità.
Tu ostia di luce
tra i dirupi della notte,
sei il fedele specchio della verità,
mentre immòli tra le viscere del tempo
il giglio della tua umanità.
ALLA LIBERTÀ
Libertà io ti ho conosciuta
piena di lancinanti ferite,
colpita dalle vampate di fuoco
dei draghi della violenza.
Ti ho vista, tenera fanciulla,
assalita e divorata
dai leoni della dittatura.
Ti ho incontrata
ridotta in polvere
dai vermi della miseria.
Mi sei apparsa
sepolta dalle valanghe
delle vanità e delle chimere
della storia.
Libertà io ti ho ricercata
tra le seducenti foreste
del regno della carne,
ma avvilita sei sprofondata
nelle sabbie mobili
del mago del peccato.
Libertà io ti vivo
tra le messi d’ oro del tempo,
pane puro del cielo,
tra gli acini preziosi di vita,
nettare del paradiso.