Opere di

Lucio Postacchini


Un giorno di primavera

Poesia che nasce
Nel vento leggero,
In un giorno di sole
Di un marzo che muore,
Ma che inonda il campo
Di gentil primavera.
Si sente l’odore del tempo
Di passate stagioni,
D’anime assolte
E vibranti in farfalle
Che si posano lievi,
Come il passo di chi sente
L’incanto.

Poesia prima classificata al Premio di Poesia Il Club degli autori 2024-2025 – Trofeo Umberto Montefameglio


Vorrei

Vorrei
Che ogni lacrima
Fosse
Goccia di pioggia.
Vorrei
Far nascere
Un mare
Col pianto
Di tutte le genti.
Dei bimbi
Che non furono adulti;
Dei bimbi mai nati;
Dei bimbi segnati
Dal male,
E da sorte
Sbagliata.
Vorrei che i fiumi
Non sfociassero
In quel mare
Del pianto.
Affinché esso
Intatta conservi
L’essenza tangibile,
Dell’immane dolore
Del mondo.

Poesia seconda classificata al Premio Nazionale di Poesia Ottavio Nipoti – Città di Ferrera Erbognone 2016


Il cagnetto Titì

Ricordo un cagnetto
dal nome Titì,
tutto nero, piccolo
ma dal cuore così.
Giunse da solo,
questa sembra una fiaba,
camminando al fianco
della strada ferrata.
Ormai troppo stanco
si doveva fermare;
aveva fame, sete
e non sapeva che fare.
Guardando d’intorno
vide un’aia piccina,
coi bambini a giocare…
e la salvezza vicina.
Sperava infatti
in un gesto d’amore;
dei piccoli passi
e fu un tuffo al cuore.
Perché tutti i bimbi
l’accolsero in festa,
e furon carezze
al dorso e alla testa.
Da quell’incontro
stette bene ogni dì;
e felici quei bimbi,
col cagnetto Titì.

Poesia seconda classificata al Premio di Poesia Il Club degli autori 2022-2023 – Trofeo Umberto Montefameglio


Il focolare

Il focolare è un dono,
Tien viva la speranza
A chi intorno siede
E le sue mani scalda.

Tepori d’altri tempi,
Invero assai lontani,
Tornano vicini:
Per noi non furon vani.

E nonni e nonne,
Ed avi
Accendono fiammelle
Nel nostro focolare.

Poesia terza classificata alla XXVI Edizione Premio di Poesia “Il Club degli Autori 2019-2020 – Trofeo Umberto Montefameglio


Un Natale lontano

Faceva freddo in quel Natale di tanti decenni fa; infatti mia madre aveva acceso presto il focolare. Siccome però la legna presa dall’esterno era ancora umida e faceva fumo, aveva aperto temporaneamente la finestra che dava a est in quel locale al pianterreno.
E da quella finestra si scorgeva un piccolo tratto di suolo imbiancato, al termine del quale si ergeva una modesta conigliera con dei conigli pure tutti bianchi come se fossero innevati anche loro. Mio padre li chiamava ‘battipiedi’, perché di notte quand’era a letto sentiva quel calpestio a balzelli su listelli di legno di quel fondo rialzato. E quel sentire i conigli così muoversi in quegli spazi era favorito dai vetri sottili sigillati alla meglio alle finestre di casa, forse con lo stesso mastice che serviva per assicurare la tenuta dei tappi delle botti.
Mio padre però ancora non c’era perché doveva tornare dall’Abruzzo, dove aiutava lo zio colà fattore di una tenuta agricola. Io, dell’età di cinque anni circa, mi ero da poco spostato dall’attigua finestra sud a quella est: dalla prima avrei visto il suo arrivo attraverso quei vetri, mentre dall’altra ch’era aperta avevo proteso le braccia all’esterno e agitavo le mani per salutare… i conigli.
Improvvisamente sentii stringere la mia mano da un’altra più grande e provai un po’ di paura, che subito svanì quando riconobbi mio padre che mi mostrò il pacchettino che aspettavo. Infine grande meraviglia e felicità quando vidi che conteneva una piccolissima gatta di metallo con la chiavetta per darle la carica che si inseriva sul fianco. Mentre delle rotelline invisibili la facevano avanzare descrivendo un cerchio, la coda disposta ad arte ruotava; e quando essa toccava terra faceva rotolare la gatta che però riprendeva subito la giusta posizione e la sua corsa. E i cicli continui di capovolgimenti e marcia duravano finché durava la carica.
Di quel Natale non ricordo altro, se non le continue cariche date alla gatta anche nei giorni successivi, e pure per mostrarne i ‘prodigi’ ai vicini di casa perfino nelle stalle perché lì c’era un po’ di caldo. È proprio autentica pertanto la rappresentazione del presepe con Gesù Bambino in una stalla.
Di mio padre Gino ho conservato tante foto d’ogni sua età; ma chissà cosa darei ora per riavere quella gatta anche se arrugginita e rotta, dono di quell’irripetibile Natale lontano.
Buon Natale.

Questo breve racconto è contenuto nel mio libro ‘Lettere e pensieri’ edito da Montedit)



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