L’iridescente emozione
È sfuggente
l’inaccessibile orizzonte,
sognante sponda
distesa nel grembo d’ombra.
Evoca arcani versi,
si svelano intorno a noi,
si fanno manto di rugiada
Sussurrano il mistero,
afferrano silenzi interiori,
il mormorio nell’oscurità.
In un mare di pensieri segreti
voci si intrecciano,
suoni ermetici si addensano
nel cielo aperto.
Sale il magma di un sole
troppo forte.
Un rosso vortice di corpi
sciolti nell’oscurità,
come stelle erranti.
Sono frammenti di luce
che si abbracciano,
e incantano come un dipinto
avvolto da petali di rosa.
Freschi profumi
che corteggiano quell’attimo.
Il canto del silenzio,
tra le pieghe di un tempo sottile,
che scoppia dentro di noi.
Ci scopriremo
nei solchi dell’anima,
nell’essenziale.
Il dolce bisbiglio
del battito dei nostri occhi
sarà l’iridescente emozione
di un destino eterno.
Perché la sponda
di quell’orizzonte,
sarà il sigillo
sulle nostre labbra.
Accade ancora
Accade ancora che il tempo
si rabbuia nella bruma,
e nell’incavo di un’ombra,
un grido si scioglie nella pelle.
L’attimo sospeso coperto nel buio
dove comincia una notte gelata
senza stelle,
senza alzare lo sguardo al cielo,
nel palmo della mano del carnefice.
Vite offese nell’amore costretto
da volti sconosciuti scaduti nell’abisso,
il dolore che scende sul ventre,
la parola muta di un cupo desiderio.
Accade ancora,
che tra le pareti tutto era luce,
vissuto nell’abbaglio
di un battito sempre vivo.
Nel dopo
è un risveglio sfilacciato,
affiorano i lividi,
l’abitudine allo sfregio.
Colpevole una stoffa troppo corta,
la leggera voluttà di lucide labbra,
le catene spezzate a recidere
un vivere schiacciato.
Come se prese nel sangue,
quell’istante potesse smentire il dubbio,
rigettare l’abbandono
senza lasciare traccia.
Accade che il dissenso
per un velo
che le vuole immacolate,
diventa un martirio
sul giogo degli aguzzini,
stretti nel deserto dell’odio.
Accadrà un sorso di luce
dove s’abbevera
un orizzonte che chiede
l’imminenza di un’alba profumata.
Dove il chiaro arriva
sui rami contorti a restituire
nelle venature le parole perdute.
Il verso dell’anima
Il dopo,
è la dissolvenza nell’oltre,
la chiusura degli occhi,
il giorno più breve.
Sul bordo dell’ultimo passo
il passaggio senza penombra,
tramutati dalla polvere
nel trascendente.
L’impercettibile battito del silenzio,
l’acuto dell’anima
che risale nell’albore fuori dal cielo.
L’avvicinarsi in fasci di luce
nella perfezione del tutto,
laddove il seme ritorna alla sua origine,
s’innalza nel manto della grazia,
lontano dall’immanenza brulicante
macchiata di rosso.
La veglia della nostra impermanenza,
racchiusa nel seme che sapiente germoglia
nella disciplina del vivere e poi,
la parola piena dove l’insidia ammutolisce
nell’assenza del fango.
Fieri delle nostre radici,
amati dal verso dell’anima,
disorientata la ruggine,
saremo alba nel respiro divino.
La notte non è mai silenziosa
Porgimi il tuo orizzonte
nella veglia del tuo sentire,
come seme improvviso
creami un verso di luce,
raccolto nelle auree corolle
che sgorgano lisce dalla nuda gemma.
Un vorticare in versi di gocce argentate,
vanno esornando quella vetta carnale
dove appoggiare le nostre labbra,
e fluire nell’albore di un’eclissi di luna.
Nel framezzo di albe dorate
fendono bagliori ambrati,
ramificati nelle acque terse,
intiepidite dalla tua bocca
come approdo che si schiara
nell’onda schiumosa.
Saranno frammenti di suoni,
echi che sfumano sui richiami dei sensi,
vibrazioni di corpi levigati in soffici essenze,
che scivolano lievi nella soglia
di una notte che non sarà mai silenziosa.
Nella moltitudine dei cieli
Ci aspetta qualcosa,
dentro quello che resta
nel gocciolare del tempo,
nella moltitudine di cieli,
nei luoghi dove l’anima
s’avvera nella sintesi
di un respiro.
Per scoprire la stessa alba,
aggrappata tra cumuli di nuvole,
a restituire scintille nei corpi
dove è possibile scambiarsi sotto pelle,
tutta la luce densa,
che trasuda dai nostri occhi.
Nell’amore che sale su,
e in quello che rimane
nella piena della sera,
in fusione con l’attimo
che entra dentro la carne.
Saremo a sciogliere distanze,
nei sospiri accennati,
che purificano la luce,
prima che il tutto possa accadere,
nelle vene del fiume
che preme contro.
Spremersi dentro mille notti,
scavare il buio,
parlarsi solo con il corpo,
con quello che viene addosso,
e mutare l’esistere con petali di fiore,
e di baci che lambiscono
una moltitudine di cieli ambrati.