Con questo racconto è risultata 5^ classificata – Sezione narrativa alla XIV edizione Premio Letterario Il Club dei Poeti 2010
Questa la motivazione della Giuria: «Racconto onirico di un simbolico pescatore che vive in un deserto ma è costantemente proteso a cercare la sua visionaria meta. La Comunità del Deserto non riesce a comprendere la sua malinconia ma la mente del pescatore viaggia alla ricerca della “sua” vita. Una donna sensuale gli offrirà una ciotola d’acqua e lui, in quel liquido, rivedrà tutto ciò che ha sempre inseguito e capirà che deve mettersi alla ricerca del mare, del suo profondo essere.
Attraverso un racconto estremamente simbolico emerge la forza del sogno e, poi, il coraggioso viaggio dell’Uomo per raggiungere “quel” sogno». Massimo Barile
«Ossimoro»
Tanto tempo fa, in un deserto, viveva un pescatore.
Non c’erano né fiumi né laghi né mari di cui poter respirare almeno l’odore lontano.
C’era roccia che sotto il sole brillava e si cuoceva, c’era polvere che si alzava e si abbassava, c’era qualche serpe e qualche strano animale della sabbia e del caldo, ma non c’era acqua.
Ogni tanto pioveva, così il pescatore vedeva in una goccia tutta la sua vita. La vedeva in piccolo e voleva farla grande.
La Piccola Comunità del Deserto lo guardava senza sapere il perché della sua malinconia; lui a volte si sedeva sull’ombra dipinta sopra un sasso e fissava quella polvere. Prendeva una pietra e la lanciava lontano, e quella pietra a volte disegnava nella sua mente cerchi concentrici, altre volte rimbalzava due o tre volte prima di sprofondare, altre volte ancora faceva scappare gruppetti di pesciolini azzurri che subito si riordinavano, prima di allontanarsi in un’insolita compattezza.
Tutto questo il pescatore lo vedeva, ma davanti a lui c’era solo sabbia e roccia.
In fondo a quel deserto, quasi a disegnarne i confini, si ergevano impietose catene di montagne, chiare e possenti di giorno, più scure del buio e incantate di notte.
Il mondo era quello, ma la realtà che il pescatore conosceva era diversa.
«Devo cercare delle creature diverse dai topi e dai cani del deserto», diceva il pescatore, «ma non so da che parte andare. So che vivono in uno strano specchio grande miliardi e miliardi di volte una goccia d’acqua, ma so anche che questo specchio non si trova qui».
La Piccola Comunità del Deserto lo fissava, scuoteva la testa e lo lasciava dire. Non potevano tante gocce unirsi prima che il deserto le inghiottisse, questo lo sapevano tutti; cosa mai cercava quell’uomo triste e illogico?
Ma lui aveva visto i sassolini cadere dentro l’acqua, aveva visto le creature più strane danzare dentro quel mondo e di quel mondo aveva sentito l’odore. Si sentiva incompiuto.
Mentre una sera intorno al fuoco si perdeva nei suoi silenzi e nel chiacchiericcio della Piccola Comunità, una ragazza gli si avvicinò.
Ne sentì il respiro, umido e carico, ne avvertì il calore prima che si sfiorassero, ne gustò il profumo prima che il fuoco lo scaldasse. Rapito dal turbinio di questi sensi si girò, la vide morbida nel suo essere, un essere fluttuante nel deserto, possente e incantata come le montagne lontane.
La ragazza lo guardava dolce e le sue mani porgevano una ciotola di terra cotta al sole e, dentro quella, l’acqua.
Tieni, i suoi occhi gli dicevano.
Il pescatore era insieme smarrito e ritrovato. Quante volte gli avevano offerto un bicchier d’acqua, quante volte aveva visto quei gesti, ma certo mai con tale grazia e tale universale eleganza.
Accettò quella ciotola che all’interno tremolava e la portò alle labbra.
La ragazza lo interruppe: «Non devi bere».
Il pescatore si fermò subito: non era un ordine, era la più soave autorità che lui avesse mai sentito.
Si sarebbe innamorato, se l’amore come l’aveva conosciuto fino a quel momento non gli fosse risultato così stretto.
Davanti quello spettacolo del cielo, davanti la maestosità di quel momento, scoprì un altro livello dell’amore, quello assoluto, che non aveva bisogno di aggiungere altro.
«Cosa devo fare?», chiese lui con gli occhi, perdendosi nel nero di quelli di lei.
«Devi guardarci dentro», lo incoraggiò materna e sensuale lei.
E vinta la fatica di staccare lo sguardo dallo sguardo, le osservò il naso, la bocca, il seno, le mani, tutto così proteso ad offrirgli quella verità.
Così fece, guardò dentro, e lì conobbe in un istante le profondità degli oceani, il gusto del salato, di cui mai aveva saputo l’esistenza, la luna sopra il mare che si specchiava con vanità, il luccicare dell’acqua la notte e le balene che spruzzavano verso le stelle.
«Allora esiste, tu lo conosci!», avrebbe voluto gridare a quella donna portatrice di doni.
E invece, in silenzio, per la prima volta in vita sua pianse, e sorrise anche.
Aggiunse acqua all’acqua con il suo sgorgare lacrime, vide così per davvero i cerchi concentrici, il sale nuovo gli solleticò la lingua.
Erano segni. Ora più che mai sapeva cosa cercare. Il viaggio fu spietato e selviche erano le risate e le critiche della Piccola Comunità del Deserto che lo accompagnavano nei momenti bui dell’anima.
Ma mai indietreggiò, l’amore assoluto lo aveva spinto troppo in là per far finta di niente. Nulla più, tornando indietro, sarebbe stato sopportabile al punto da ignorarne la mediocrità.
Così superò spine e sterpi, i caldi più torridi e i freddi più pungenti, la fame e il sonno, niente sembrava come prima l’aveva conosciuto.
Vide la pioggia, quella cattiva, l’alba e le stelle insieme, i Mostri del Buio e i Popoli delle Montagne.
Ogni tanto quella ragazza lo visitava in sogno, un sogno che a lui sembrava l’unica realtà, e chi poteva dirgli quale fosse vera e quale no? Tutto esisteva, tutto era vita e l’universo in quel viaggio era con lui.
Così crebbe e crebbe.
E arrivò al mare, il bicchier d’acqua più grande che potesse immaginare, il più misterioso e affascinante insieme di gocce esistente. Lui l’aveva sempre conosciuto e ora era lì. Non si saziò mai di guardarlo, di amarlo e di viverlo.
Conobbe altri popoli, grandi e piccoli; molti uomini il deserto non lo avevano mai visto, così lui ne regalava un granello.
Il pescatore pescò e pescò, si sfamò, nutrì i popoli nuovi, le sue case e i suoi figli, e lo fece con l’amore che quella sera intorno al fuoco aveva conosciuto, quel fuoco che illuminava le rughe degli anziani, così diverse da quelle che il mare, ad una ad una, gli aveva disegnato in viso.
Roberta Schembri