I giorni freddi della Margatta - Un Birmano per compagno

di

Rosa Maria Corti


Rosa Maria Corti - I giorni freddi della Margatta - Un Birmano per compagno
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
12x17 - pp. 128 - Euro 11,50
ISBN 9791259511423

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In copertina: «Ginevra della Valle Bianca»
fotografia dell’autrice

All’interno: fotografia dell’autrice


Mi chiamo Ginevra della Valle Bianca, sono un “Sacro di Birmania” e vi voglio presentare il libro della mia umana: “I giorni freddi della Margatta. Un Birmano per compagno”. Sono molto orgogliosa di lei, ma anch’io ci ho messo lo zampino! Leggetelo e scoprirete chi sono la Margatta, Gaiatto, Monsieur le Crab, il Lonfo, il Kot Bayùn, Vaska, Leo e Lea, Brisby e le loro avventure!


PROLOGO
a cura del Professor Giorgio Terragni

Nihil in mundo possidebat, præter unam Cattam, quam blandiens crebro…

Evagrius lib. 6. cap. 24

Cos’è una “Margatta”? Perché diario dei giorni freddi? Alla seconda domanda certo è più facile rispondere se si pensa alla pandemia di Covid che ha continuato ad imperversare anche nel 2022 e alla guerra Russo-Ucraina iniziata il ventiquattro febbraio. La paura, il clima di “chiusura” più o meno forzata o addirittura obbligatoria, lo “stare dentro”, o meglio, lo “stare in casa”, ha certo favorito un poco d’introspezione psicologica. Guardare il mondo “di fuori” con gli occhi attenti e vigili di un essere non favoloso ma vero come la “Margatta”, non può che essere un’esperienza coinvolgente e assolutamente adatta a farci riflettere… Per quanto attiene al primo quesito, la risposta è meno facile, la “Margatta” è il nostro io pensante, ciò che forse vorremmo essere ma non siamo, troppi crucci e occupazioni ci distraggono da ciò che è davvero importante, il “saper vedere” e soprattutto il saper godere l’attimo, l’oggi. Non è voglia di ailurantropia, quel desiderio di trasformarsi in gatto che i demonologi cinquecenteschi vedevano come demoniaco, ma semplicemente voglia di abbandonarsi al piacere dell’ora, del “qui e subito”. Nel seguito, Ginevra, in altre parole la “Margatta”, un essere composito, un po’ come nei “Bestiari medievali”, che della marmotta e del gatto presenta caratteristiche caratteriali (misteriosità, saggezza, tenerezza, velocità) e alcuni dettagli anatomici (coda lunga e pelosa e numerose vibrisse), ci farà partecipe delle sue sensazioni, ci aiuterà anche a riflettere e a saper deporre, almeno per un po’, il bagaglio di pensieri che Giove ci mette sulle spalle. La seguiremo dall’inizio alla fine dell’inverno, nei giorni freddi appunto, e poi… il resto sarà in un’altra storia.


I giorni freddi della Margatta - Un Birmano per compagno


“Amate gli animali: Dio ha donato loro i rudimenti del pensiero e una gioia imperturbata. Non siate voi a turbarla, non li maltrattate, non privateli della loro gioia, non contrastate il pensiero divino”.

Fëdor Dostoevskij, da «I fratelli Karamazov»


Considerazioni
di babbo zampe-lunghe

Dopo più di un anno di attese e ricerche, finalmente oggi, 22 dicembre, siamo in viaggio per accogliere un nuovo membro della nostra famiglia. So soltanto che si tratta di un gatto un po’ particolare, un Sacro di Birmania, molto simile nel carattere ai cani, dei quali sono sempre stato appassionato. Ho fiducia nella scelta di mia moglie, ci ha pensato a lungo e, se ha deciso in questo senso, non l’ha certo fatto a cuor leggero. Dubino, Bassa Valtellina, posto freddissimo, ma l’allevatrice che ci accoglie, Debora, è una persona particolarmente empatica e, mi si passi il termine che non amo, solare. Una ripida rampa di scale, un lungo corridoio di una bella casa e due piccole palle di pelo ci vengono incontro, Ginevra e il suo fratellino. Alcuni convenevoli e raccomandazioni, la fornitura di materiali per i primi giorni, consigli e poi via verso casa nel trasportino super speciale comprato per l’occasione. Viaggio O.K., qualche ansioso miagolio che d’altronde è più che giustificato. All’arrivo la piccina, abbiamo scelto, infatti, la femminuccia, ha dimostrato quasi subito di volersi impratichire della nuova abitazione, piuttosto vasta in verità per una cucciola di cinque mesi. I suoi umani zampe-lunghe, cioè io e mia moglie, hanno fatto di tutto per accoglierla al meglio e… ci sono riusciti! Dopo poche ore Ginevra, Ginny per gli amici (che lei sceglie con cura) sembra essersi abbastanza ambientata; pappa di suo gradimento, super tiragraffi con poggiatoio (userà soltanto quest’ultimo, preferendo come tiragraffi la poltrona di mia moglie), cuccia ampia e confortevole (la cuccia preferita si rivelerà, però essere il lettone di babbo e mamma zampe-lunghe) e giochini di vario tipo che la incuriosiscono. Ma ora sono io ad essere incuriosito! Ginny è uno splendido felino, con pelo setoso e bianco, addirittura profumato al talco, e certe movenze che la rendono super speciale. A volte mi chiedo, ma mi pento subito del dubbio, dato l’ineccepibile pedigree che ne attesta le solidissime origini gattesche, se nel suo DNA non ci siano genomi di altri animali, tutti simpatici, ma non proprio felini. A volte, infatti, Ginny, quando si rizza sulle zampe posteriori e solleva il musino per fiutare l’aria, sembra una marmotta intenta a far da sentinella al gruppo familiare, altre volte, quando ci dà dei colpetti con la testolina come per sospingerci, ricorda un capretto a primavera, altre volte ancora, quando si stira e si allunga tutta, fa pensare a una donnola, per la forma aggraziata e sinuosa del suo corpo. Mistero! Per noi è la nostra Ginny, una sorta di bimba-padrona, a onor del vero un po’ viziata, che ci ricompensa portando in casa armonia e buon umore. Le sue dimostrazioni di affetto, con leccatine e testatine condite di fusa, sono intime e profonde; l’imposizione autoritaria delle zampine anteriori sulle nostre mani è la dimostrazione che ormai siamo i suoi schiavi. Credete che stia farneticando? Beh, se fosse così, vorrebbe dire che molti grandi della storia prima di me che non sono nessuno, hanno percepito la relazione uomo-gatto nello stesso modo, da Churchill a De Gaulle, da Luigi XIV a Roosevelt, a moltissimi altri uomini di potere… ma non importa, voglio godere del rapporto di amicizia e stima (è ciò che Ginny concede) con l’amica Ginevra della Valle Bianca, per noi la nostra stupenda “Margatta” che con la sua presenza rende le nostre giornate piene e interessanti (a volte fin troppo…). Le pagine che seguono spiegheranno molto meglio di quanto io abbia saputo fare, cosa significhi vivere con una “Margatta”. Augurandovi buona lettura, vi lascio con un aforisma coniato da mia moglie subito dopo essersi risvegliata con Ginny placidamente adagiata sulla sua testa.

Di pelo di gatto
è il solo cappello
che mi calza a pennello.


22 dicembre 2021
Ginevra della Valle Bianca

Quante volte avevo compulsato la pagina di facebook alla voce gattile nella speranza di trovare un micio o una micia con cui condividere gioie e crucci, cose meravigliose e anche misteriose? Davvero tante! Purtroppo le gentili signore contattate per avere notizie dei piccolini che avevano attirato la mia attenzione mi avevano fornito più volte la stessa risposta: “Il piccolo è già stato affidato”! “Possibile – mi chiedevo – che siano tutti così veloci nello scorrere gli annunci e nell’ottenere informazioni?”. A dire la verità, tutta la verità, una risposta affermativa l’avevo avuta, ma le caratteristiche del leopardo in miniatura che aveva catturato la mia attenzione mi avevano lasciato un po’ perplessa. Il Bengala, infatti, ha ereditato dai suoi antenati selvatici uno splendido mantello brillante con “rosette” marmorizzate… ma anche l’abitudine alla caccia, specialmente notturna. Ecco, l’idea di essere svegliata nel cuore della notte da rumorosi miagolii invitanti a partecipare alla sua attività preferita, la caccia appunto, con agili e atletici balzi e corse all’impazzata sulle tracce di prede immaginarie, mi lasciava alquanto perplessa. Eh, eh, non sono più una ragazzina…
Poi, un giorno, per caso mi sono imbattuta nell’annuncio di un’allevatrice neppure molto distante da casa, giusto una quarantina di chilometri, e, che dire? Colpo di fulmine! Quella gattina dagli occhi color zaffiro che cercava una famiglia che la potesse amare e coccolare per tutta la vita, sembrava dirmi: “Forza, non indugiare! Io ti sto aspettando da cinque mesi!”. Mia madre avrebbe detto che se è destino non c’è niente da fare. Giorni, anni, non importa, quello che deve accadere accadrà. E così Ginevra, una dolcissima Birmana dal musetto bruno e zampine candide, è entrata nella mia vita conquistando subito anche il mio amato consorte. Una leggenda della Birmania dice che Tsun-Kyanksé, dea della trasmutazione delle anime, aveva il potere di reincarnare i monaci a lei fedeli in un animale sacro prima di riprendere le loro sembianze in un corpo Aura, corpo della perfezione totale. Così accadde al più santo di tutti i monaci, il Kittah Mun-Hà. Quest’ultimo, vittima di un attacco di predoni penetrati nel suo monastero, si accasciò morente ai piedi della dea. Il suo fedele gatto bianco Sinh iniziò a fissare gli occhi della dea come per chiederle aiuto e, improvvisamente, il suo mantello divenne dorato come la pelle della dea; le zampe, il muso, le orecchie e la sua coda maestosa assunsero il colore della terra e diventarono brune. La Dea donò poi a Sinh ciò che aveva di più bello: i suoi occhi mutarono in un blu zaffiro intenso e profondo; solo i piedi di Sinh posati sul corpo del monaco, rimasero di un bianco candido, simbolo di purezza. Da cattolica, non dovrei credere alla teoria della reincarnazione o “trasmigrazione delle anime” – la metempsicosi dei greci – che fu condannata nel lontano 553 durante il Concilio ecumenico di Costantinopoli indetto da Giustiniano, ma questa gatta ha qualcosa di monacale, di severo e saggio, quantomeno la si direbbe maestra zen di cui sto diventando discepola devota.
Intendiamoci però, per ora alla pratica della meditazione ci dedichiamo per poco tempo! Dobbiamo imparare a conoscerci reciprocamente e Ginevra si deve abituare alla sua nuova casa. Se sentiamo un rumore, non riusciamo a non pensare a esso, il nostro respiro accelera anziché rallentare…
Le scrivanie, al momento, sembrano essere la sua passione e sugli schermi del computer e del tablet la piccola mostra di apprezzare lo scorrere delle immagini dei suoi simili, dei fiori e degli alberi; naturalmente non manca di esprime le sue preferenze toccando il soggetto prediletto con la zampina. Inoltre, non dimentichiamo che è cucciola e come tale adora il gioco, la caccia al topo soprattutto. Il topo è un fermacapelli di visone appartenuto alla nonna al quale abbiamo attaccato una lunga coda-cordoncino color vinaccia che Ginevra in una sorta di danza sfrenata fa saltare in aria per afferrarlo in seguito con balzi e avvitamenti perfetti. Poi lo rilascia, lo studia, si avvicina lentamente a piccoli passi furtivi, strisciando un poco sulla pancia e, infine, lo cattura nuovamente. In confidenza vi dico che tutti questi assalti anziché indebolire il topo, mettono a dura prova la sottoscritta che cerca di partecipare alla singolar tenzone con l’obiettivo fotografico sentendosi un po’ Walter Chandoha alla ricerca di qualche scatto fatto sì con gli occhi ma per il cuore…

[continua]


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