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Controllo, probabilità e complessità nei sistemi sociali
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Sergio Benedetto Sabetta - Controllo, probabilità e complessità nei sistemi sociali
Collana "Le Querce" - I libri di Saggistica e Diaristica
14x20,5 - pp. 110 - Euro 8,50
ISBN 9791259512055
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In copertina:«Geom. Attilio Colapietra – Costruzione stazione radio Golfo Aranci – Sardegna 1929» fotografia dell’autore
Prefazione
Sergio Benedetto Sabetta propone un saggio di psicologia sociale, dal titolo “Controllo, probabilità e complessità nei sistemi sociali”, che offre una complessa analisi relativa a varie problematiche inerenti alle dinamiche del controllo nei sistemi sociali, in relazione al rapporto con il potere, tra etica e logica, coscienza e memoria sociale.
Nell’interessante introduzione si evince un concetto chiaro e preciso che sottolinea come l’elaborazione dei processi attraverso i quali si delinea la costruzione del mondo sociale, si possono ricondurre alla formazione dei giudizi e la “cognizione sociale influenza la percezione, la capacità di ragionamento e la valutazione dei dati, ponendosi come mediazione fra stimoli esterni e risposte comportamentali innate”, e ne consegue che la relativa condivisione delle predette esperienze sociali “conduce alla condivisione dei processi cognitivi sociali, fino ad arrivare a vere rappresentazioni sociali quale senso comune condiviso”.
La stessa scrittura normativa nasce dalla complessità sociale e genera la necessità di “fissare fatti e dati” e permetterne la “trasmissione”: il processo di elaborazione può essere utilizzato e piegato dagli interpreti, “tecnicisti e tecnologi”, ai loro interessi e alle loro “forme culturali prevalenti”.
Tale processo evidenzia chiaramente come la tecnologia modifichi la norma ed il diritto stesso grazie alla frammentazione delle norme che, associata ad una comunicazione sempre più ultra veloce, produce varie problematiche in relazione ai diritti ed alimenta inevitabili domande sulle modalità dei nostri rapporti, sul modo in cui intendiamo “essere comunità”.
Sergio Benedetto Sabetta propone numerose e profonde riflessioni mentre procede con la sua analisi grazie a interessanti riferimenti alle tematiche relative alla complessità dei sistemi sociali, riportando le varie scuole di pensiero di famosi studiosi: rapidi cenni agli elementi costitutivi di un Ente con le teorie di Gilbert e le limitazioni qualitative evidenziate nelle interfacce di funzione; la necessità che il diritto non sia un tecnicismo limitante, ma diventi parte del processo che crea un contesto storico sociale, una coscienza ed una identità, generando il concetto di appartenenza col “radicarsi di una cultura identitaria”; e, infine, importanti riferimenti alla psicologia sociale nell’evoluzione normativa e alla “ricostruzione della memoria sociale”, la capacità di una “condivisione identitaria costruita nel tempo attraverso eventi fondanti”, quella che Bergson definisce “memoria profonda”, in mancanza della quale si ha la perdita della coscienza da parte della comunità.
Nel terzo capitolo del suo saggio Sergio Benedetto Sabetta affronta un problema fondamentale della società attuale, nel continuo susseguirsi di conflittualità e flusso di libertà, quando sottolinea come lo sviluppo incredibile della tecnologia informatica abbia creato una “società dei dati”, dove tutto può essere analizzato e archiviato in banche dati, conducendo alla necessità di trasparenza sui dati per eliminare rischi alla libertà e, ancor più, di “programmi genetici” nei quali “l’individuo diventa un codice dentro un’individualità puramente formale”.
La rapida evoluzione scientifica e tecnologica implicano che si debba farvi fronte con la necessità vitale di preservare un’etica, “verso sé stessi, verso la comunità e verso il mondo”, nelle variabilità del controllo ed imporre delle regole normative: “l’etica del controllo si fonda sulla conoscenza, valore supremo e garanzia su cui si misurano gli altri valori”, e la complessità delle strutture di un sistema implica poterle gestire attraverso una semplificazione, come scrive Sergio Benedetto Sabetta, grazie ad un “bilanciamento tra interpretazione intuitiva e quella modellizzata”, seppur la capacità di controllo diventa sovente un’illusione perché “il sistema è efficiente in quanto fornito di un’ampia variabilità”.
Nel quinto ed ultimo capitolo Sergio Benedetto Sabetta conclude il suo saggio con una precisa disamina relativa ai rapporti tra il potere ed i sistemi di controllo nel pubblico e nel settore privato, mettendo in evidenza le lacune e le precarietà di tali processi, oltre a riferimenti ai vari sistemi di vigilanza e garanzia che offrano trasparenza ed indipendenza: con la consueta attenzione e precisione analitica, vengono riportati i diversi approcci dei sistemi di controllo nel pubblico ed i cardini fondamentali su cui poggiano e che sono la “separazione tra sfera politica e amministrativa”, l’“autonomia” e la “neutralità dell’apparato amministrativo”.
Massimiliano Del Duca
Controllo, probabilità e complessità nei sistemi sociali
PREMESSA
Filosofia della psicologia cognitiva
Secondo la moderna psicologia cognitiva le relazioni causali tra concetti e rappresentazioni mentali hanno carattere computazionale piuttosto che associativo, questo comporta una concezione dell’architettura cognitiva di carattere modulare, in cui vi è un insieme di sottosistemi con proprie precise funzioni distinti e indipendenti tra loro, vi sono tuttavia discussioni sul senso e la misura di tale modularità (Chomsky, Mart, Fodor).
Nel caso della memoria a breve termine Baddely e Hitch proposero il concetto di memoria di lavoro quale sistema deputato all’elaborazione temporanea dell’informazione nei differenti compiti cognitivi, con al centro un sistema coordinatore, non vi è una unica identità bensì per ciascuna funzione, quale la memoria, funzioni via via più elementari che interagiscono fra loro unitariamente, il livello di scomposizione dei singoli moduli arriva fino a potere essere giudicato come psicologicamente primitivo.
Le conoscenze o complesso di informazioni per ciascun modulo possono appartenere ad uno specifico dominio o avere carattere generale (generale per dominio), queste a loro volta possono avere un carattere interno inaccessibile all’introspezione come nell’ipotesi della teoria del linguaggio di Chomsky alla cui base vi è una struttura sintagmatica astratta, non identificabile in proprietà superficiali linguistiche facilmente identificabili.
Vi è pertanto un intreccio tra grammatica universale contenente parametri binari e lo sviluppo di una competenza linguistica attraverso l’assunzione di dati dall’ambiente linguistico, i meccanismi mediante i quali vengono elaborate le informazioni sono definiti anche come moduli computazionali, essendo i due tipi di moduli, quello chomskiamo e quello computazionale, compatibili tra loro.
È stata avanzata l’ipotesi che non sempre a moduli chomskiani corrisponda un modulo computazionale, bensì che a domini specifici possano venire applicati sistemi computazionali generali, teoria definita da Samuels quale “modello della cognizione come biblioteca”.
Fodor tende a negare la modularità della cognizione centrale dove si formano credenze e concetti riducendola ad alcuni sistemi periferici computazionali specifici, tali moduli risultano isolati informativamente dal restante sistema cognitivo, in quanto l’accessibilità alle rappresentazioni fornite da tali moduli si riducono all’output senza che la coscienza possa accedere alle informazioni intermedie, inoltre l’isolamento cognitivo di tali moduli periferici avviene anche nel senso dell’incapsulamento informativo ossia della sua accessibilità esclusivamente alla propria base di dati.
Tra i processi di elaborazione linguistica di basso livello che si ritiene essere guidati dallo stimolo e quelli di alto livello che sono dipendenti dal contesto, si pongono i processi intermedi dell’analisi linguistica e del riconoscimento lessicale per i quali non vi è una interpretazione unitaria ampiamente accettata.
Le ambiguità sintattiche possono essere risolte o facendo ricorso inizialmente a indici sintattici e solo successivamente ai fattori semantici (modularisti) o con un intreccio tra sintassi e semantica (interazionisti).
Per l’analizzatore sintattico che computa le relazioni grammaticali tra le parole si sono avanzate l’ipotesi di un impegno minimo con il rinvio della scelta al raggiungimento di maggiori informazioni, oppure un’elaborazione in parallelo tra tutte le possibilità, l’ipotesi più accreditata risulta essere tuttavia la teoria del “cammino a ritroso” di Frazier per cui non vi è un’informazione semantica bensì l’uso della sintattica delle parole secondo un modulo incapsulato, che implica la regola dell’attacco minimo, tale da generare la struttura sintagmatica più semplice possibile, a cui si affianca la regola della chiusura tardiva, la quale a sua volta implica che ogni nuovo elemento lessicale non va impiegato per creare un nuovo sintagma bensì attaccato, ove grammaticalmente possibile, al sintagma attualmente in elaborazione.
Relativamente al riconoscimento lessicale Fodor traccia una distinzione tra associazioni lessicali e giudizi, immaginando una rete lessicale, formata da rapporti associativi fissi tra elementi lessicali, che sia parte della raccolta di dati propria del modulo preposto al riconoscimento lessicale.
Si ha pertanto che i vari risultati del riconoscimento lessicale nel contesto della frase non sono riconducibili a conoscenze di alto livello, bensì ad una automatica attivazione di parole collegate fra loro nella rete lessicale, viene quindi meno il presupposto per il quale delle semplici risposte “automatiche” vengano scambiate per “giudizi”.
Il contesto e la pertinenza sono le considerazioni che seguono ad un processo di disambiguazione che poggia su riconoscimenti lessicali incapsulati, Fodor specifica l’obbligatorietà e la rapidità del funzionamento modulare dovuta all’incapsulamento sulla propria banca dati, ma anche la danneggiabilità selettiva di un tale sistema circoscritto.
Se la modularità è propria dei sistemi periferici lo stesso Fodor ritiene tuttavia non applicabile tale forma per i sistemi centrali propri dei processi cognitivi che presiedono al ragionamento, viene meno in questi ultimi il vincolo di formalità necessario per le proprietà sintattiche e che presiede alle possibilità computazionali delle transizioni di stato a cui è soggetta la sintassi, questo a fronte della indifferenza delle proprietà semantiche alla rigidità formale, ne consegue il carattere olistico dei processi centrali che possono così accedere a tutte le banche dati sparse per il sistema cognitivo.
Il grado di conferma di una ipotesi dipenderebbe non solo dai suoi elementi intrinseci ma anche dalle caratteristiche olistiche della semplicità, centralità e conservatorismo proprie di un sistema globale, le modifiche accolte nell’ipotesi della necessità di un raccordo tra dati empirici e credenze tendono a ridurre al minimo la riconsiderazione relativa all’intero sistema, secondo un’inerzia che nel conservare tende a fare risparmiare energie al sistema cognitivo.
Leslie propone un “meccanismo della teoria della mente” (ToMM-Theory of Mind Mechanism) fondato su tre differenti moduli computazionali, il To By (Theory of Body mechanism) o “meccanismo della Teoria dei corpi fisici” la quale stabilisce che se un oggetto è animato da cause interne o esterne, il ToMM1 si occupa dell’interpretazione finalistica dell’agire di un agente e il ToMM2 a sua volta cerca di spiegare il perché di tale azione dando un contenuto all’agire dell’agente, lo scopo e il perché (ToMM1 + ToMM2), costituiscono insieme il macromodulo computazionale (ToMM) relativo alle proprietà intenzionali dell’agente.
Nella sua centralità l’attivazione dello stesso avviene in termini concettuali e non percettivi, intendendo per concettuali anche gli input linguistici, sebbene incapsulati in ciascuna delle loro funzioni di comprensione intenzionale e di scopo.
Partendo dal modello appena descritto di Leslie, nel quale To By e ToMM1 sono i precursori di ToMM2, Baron-Cohen ha ulteriormente scomposto le rappresentazioni che costituiscono l’input di ToMM nel “rilevatore della direzione dello sguardo” (EDD-Eye Direction Detector), nel “rilevatore di intenzionalità” (ID-Intentionality Detector) e nel “meccanismo dell’attenzione condivisa” (SAM-Shared Attention Mechanism) il quale identifica quando il soggetto ed una terza persona prestano attenzione sullo stesso oggetto.
Si crea pertanto un sistema interconnesso di meccanismi modulari e non modulari ovvero generali per dominio, con base di dati sia dedicate che non dedicate, in questa struttura a rete necessita un “elaboratore di selezione” capace di inibire le risposte automatiche nell’ipotesi di credenze false (Leslie-Thaiss), sostanzialmente ToMM viene a trovarsi all’interno di una architettura modulare moderatamente massiva, dove da livelli inferiori modulari si passa a livelli superiori che interagiscono in modo non modulare.
Si pone il problema dell’errore logico e dell’irrazionalità umana, gli psicologi evoluzionisti sostengono che al fine della sopravvivenza della specie l’essere umano deve avere evoluto dei moduli che risolvono in termini normativamente corretti i problemi che si pongono.
Gli errori logici sono quindi dovuti a fattori extra logici che causano errori inferenziali i quali pertanto non sono errori di competenza ma di prestazione, questo presuppone tuttavia l’esistenza di innumerevoli sistemi computazionali che agiscono in modalità conforme alla razionalità (Cosmides-Tooby), nasce quindi il dubbio di una architettura mentale molto più complessa di quella finora prevista (Samuels-Stich-Tumoulet).
Wilson ipotizza l’esistenza di due sistemi, di cui il primo inconscio a fondamento di un comportamento non verbale, il secondo ampiamente cosciente principalmente teso ad esplicare gli impulsi provenienti dal primo sistema mediante ampie inferenze, tutte le informazioni in ingresso verrebbero codificate dalla mente dividendo gli oggetti interni come rappresentazioni mentali soggette ad elaborazioni, la rappresentazione della realtà che ne consegue è frutto quindi di una costruzione attiva di riduzione o di integrazione, in quanto l’informazione in ingresso può andare perduta ma può anche essere integrata.
Vi è una intenzionalità fondata su proprietà semantiche che saranno causa di altri stati intenzionali secondo modelli computazionali, gli stati intenzionali sono relazioni fra l’organismo e le rappresentazioni mentali esplicate mediante simboli di un linguaggio del pensiero che Fodor spiega con l’ipotesi “di un linguaggio del pensiero caratterizzato da una sintassi e una semantica combinatorie” (27, M. Marraffa, «Filosofia della psicologia», Ed. Laterza, 2003), dove “il ragionamento deduttivo è tradizionalmente considerato il paradigma di un processo razionale” (32, Cit.), anche se la riduzione al solo ragionamento deduttivo appare eccessivamente costrittiva per le possibilità umane.
Lo sviluppo di algoritmi sempre più complessi che portano ad imitare le funzioni cognitive umane, cercando di sostituire l’individuo, non solo nelle attività ripetitive ma anche nei servizi di alto livello, come l’analisi finanziaria, può condurre progressivamente alla creazione di quella “massa critica” di I. A. tale da esautorare l’individuo non solo dalle attività lavorative ma dalla stessa capacità critica.
Nel preciso momento nel quale l’essere umano perde la volontà di riflettere su sé stesso e il desiderio di creare, riducendosi a puro elemento economico, modulo “passivo” di un sistema di accumulo e consumo dedito ai bisogni e agli istinti elementari, la “rete” prenderà progressivamente il sopravvento e l’I. A. si imporrà come un “Dio assoluto”, facendo perdere senso ai termini quali libertà, riflessione, giustizia, si delegherà il pensiero a sistemi sempre più complessi, nel tentativo di evitare gli errori insiti nella stessa biologia umana, ma nella ricerca di una perfezione efficientistica assoluta si rischia di perdere l’elemento della coscienza critica, abdicando dalla propria capacità riflessiva, fino ad arrivare ad un algoritmo che nel definire la giustizia ed il suo essere ci eviti di riflettere su di essa e sulla sua precarietà.
Psicologia cognitivista
Il processo cognitivo può essere suddiviso nei seguenti stadi sequenziali di elaborazione:
• Percezione – categorizzazione – codificazione – rievocazione – inferenze – giudizio;
l’input percettivo da cui partire a sua volta può dipendere da:
• Comportamento – tratto fisico – stimolo sociale;
il risultato è il comportamento o l’emissione di un giudizio sotto forma di impressione, decisione, soluzione o imputazione di un problema.
La percezione nel suo stadio iniziale è la relazione fra processi cognitivi interni e gli stimoli esterni ambientali, questa secondo il costruttivismo è guidata dai concetti precedentemente formatisi perdendo parte della propria oggettività, l’approccio della Gestald recupera l’oggettività in termini interni innati (somiglianza – coerenza cognitiva – buona forma), elementi che ci inducono a percepire secondo similitudine o vicinanza spaziale e temporale.
Si ha un ruolo che nasce nel rapporto tra conoscenze precedenti e nuovi stimoli, del tutto opposta la prospettiva ecologica di Gibson per il quale la percezione è determinata prevalentemente da eventi esterni, filtrati da un apparato sensoriale biologicamente predisposto a dare attenzione ad informazioni particolarmente importanti ai fini selettivi.
Superata la fase dello stimolo interviene la categorizzazione influenzata dalle conoscenze precedenti, il confine tra i due stadi è indeterminato, da un lato questa avviene solo a seguito dello stimolo, dall’altra una volta classificata la percezione si arricchisce delle conoscenze relative alla categoria ma indipendenti dallo stimolo (oltre l’informazione data).
Il modello su cui si fonda l’influenza del processo di categorizzazione sulla percezione (effetto di attuazione o priming) è basato su reti associative, nella quale i nodi sono i concetti mentre la distanza fra essi rappresenta la differenza, minore è la differenza fra concetti e più sono vicini.
Il priming quindi non è altro che l’attivazione dei nodi fra loro adiacenti fino a perderne l’effetto con la distanza, questi è sensibile al momento dell’attivazione che deve precedere la codifica dell’informazione, che comunque non esclude la possibile modifica di un’impressione già formata a seguito di categorie attivate successivamente, senza che debba esserci obbligatoriamente un processo intenzionale o consapevole.
Segue il momento dell’organizzazione nella memoria, una delle categorie più importanti è il riferimento alla persona, i ricordi vengono raccolti in funzione della tipologia della persona se tuttavia vi è un accumulo le informazioni vengono riorganizzate per categorie di scopi o tratti riducendone la dispersione e pertanto il carico.
Lo scopo dell’elaborazione e le relative istruzioni influenzano l’organizzazione della memoria favorendo accanto all’apprendimento intenzionale il più elastico apprendimento incidentale, se la coerenza facilita la rievocazione nei gruppi relativamente ai singoli individui le informazioni inaspettate o incoerenti sembrano essere più efficienti, rendendo premiante il bisogno di fornire un significato all’incoerenza per integrarla con il sistema di informazioni già posseduto.
La rievocazione che conduce alle inferenze può essere causata e guidata dalla categoria o dallo stimolo, nella prima ipotesi giocano un ruolo fondamentale le categorie stabili facente parte di una struttura conoscitiva permanente (schema) in cui agiscono le informazioni congruenti; mentre nella seconda ipotesi in presenza di una informazione incongruente priva di schemi la rievocazione avviene per stimolo, in una distinzione fra eventi specifici e strutture superordinate che conducono dalla semplice rievocazione al riconoscimento accurato, si tendono comunque a mantenere gli stereotipi sociali anche in presenza di eventi contraddittori in base all’economicità della rievocazione che ne facilita il compito (specificità della codifica).
Mentre nella rievocazione interviene l’informazione esterna nell’inferenza vi è una invenzione creativa interna che costituisce la fonte della natura creativa della cognizione sociale, vi sono due strutture schematiche alla base delle inferenze: uno schema inferenziale di asimmetria e uno schema inferenziale di analogia.
a) Nella prima ipotesi l’informazione negativa ha un peso superiore sui giudizi sociali rispetto a quella positiva (Negativo>Positivo), questo comporta la necessità di ripetute osservazioni positive per bilanciare le osservazioni negative (es. nella moralità), trattasi di un fenomeno sociale difensivo, l’asimmetria si capovolge in altri campi neutri (es. abilità) dove non vi è un rischio relazionale (Positivo >Negativo).
b) Nella seconda ipotesi dello schema inferenziale di analogia, prevale il rapporto con le esperienze passate nella formazione del giudizio (es. azioni politiche).
Il risultato ultimo dei processi cognitivi sono i giudizi e le decisioni che ne conseguono, quale combinazione tra la valutazione del rischio e il giudizio sui valori e i costi, raramente una elaborazione delle informazioni cognitive è guidata solo da norme logiche.
Vi è nei fatti un misto tra razionalità ed economia che permette di emettere giudizi rapidi con pochi sforzi seguendo delle semplici regole empiriche, un metodo economico che tuttavia può portare in alcuni casi ad errori di giudizio sistematicamente tendenziosi, l’euristica è concepita come una rievocazione che influenza il giudizio, casi tipici sono:
• L’euristica della responsabilità, in cui frequenza e probabilità di un evento dipendono dalla disponibilità delle informazioni in memoria, come anche nell’ipotesi di altri giudizi sociali;
• L’euristica dell’ancoraggio e accomodamento, in cui il giudizio finale dipende dal punto iniziale dal quale parte il ragionamento;
• L’euristica della rappresentatività, in cui il ragionamento al fine della categorizzazione di un elemento dipende dalla validità dello stereotipo con cui si fa il raffronto.
Se lo stimolo oggetto di giudizio viene incluso e rappresentato nello stimolo presente nel contesto si ha un effetto di assimilazione, al contrario se è lontano dallo stimolo contestuale e viene escluso si produce contrasto.
I giudizi sono considerati normalmente una variabile dipendente a differenza della memoria, per cui si dovrebbe considerare il giudizio in funzione del rapporto memoria/rie-vocazione, tuttavia in molte occasioni i giudizi sono “preformati” nella memoria e non derivano dall’ulteriore elaborazione di informazioni in memoria, inoltre i giudizi preformati sono una notevole parte della memoria sociale che viene solitamente usata, sicché solo nell’ipotesi in cui i giudizi non possono utilizzare immediatamente i giudizi preformati si procede all’elaborazione delle informazioni.
In questo prevale la facilità della rievocazione sulla quantità elaborabile delle informazioni in memoria (euristica della simulazione come riformulazione dell’euristica della disponibilità) – Schwarz – è, pertanto, connaturale all’individuo il possibile errore per economicità di giudizio, essendo il ragionamento logico proprio del metodo scientifico, corretto, ma nella quotidianità biologicamente eccessivamente dispendioso.
La dimensione sociale nella sua percezione
Il ricorso a categorie sociali ci permette di distinguere gli altri secondo tratti peculiari che attribuiamo loro, l’organizzazione dei rapporti tra categorie può avvenire o per dati (bottom-up) o per concetti (top-down):
a) Nella prima ipotesi si presuppone l’esistenza di alcuni elementi forti, centrali, della percezione sia in termini di esperienza che di strutturazione entro la coscienza determinando il giudizio cognitivo alto sulla personalità (Gestalt), secondo Asch vi è una percezione totalitaria dell’individuo in cui alcuni tratti hanno una centralità determinata dall’interazione con la totalità del contesto, vi è pertanto un processo di associazione rigido nei concetti centrali ed elastico in quelli periferici che determina un apprendimento per associazioni;
b) Nella seconda ipotesi il ruolo centrale è assunto dai processi cognitivi che sono strutturati in uno schema cognitivo contenente le caratteristiche attribuite ad una persona e i rapporti tra le persone, essi permettono di superare l’informazione data e di dedurre tratti della personalità non sempre corrispondenti alla realtà ma attribuiti perché coerenti con i nostri schemi, usati quali griglie interpretative precedenti alle esperienze.
Sono state individuate cinque prospettive nella concettualizzazione dell’individuo ponendo l’accento su uno degli elementi di acquisizione della conoscenza:
• Essere come persona razionale, nel quale i dati non devono andare in contraddizione e l’eventuale incoerenza è fonte di tensione da dovere ridurre (teoria della coerenza cognitiva);
• Essere come scienziato ingenuo, il quale cerca la coerenza fra i dati sparsi sulla personalità, mediante una impressione coerente e socialmente condivisa, nella quale prevalgono i tratti (informazioni) centrali quale dimensione nuova sconosciuta precedentemente, secondo una direzione di prevalenza attraverso la precedenza (primacy); vi è una rappresentazione dell’altro attraverso una elaborazione olistica dell’informazione la quale fa sì che corrisponda ad una delle categorie predeterminate secondo giudizi formati all’istante, dove prevalgono le prime informazioni (Asch);
• Essere come elaboratore di dati, la prevalenza dei primi dati (effetto primacy), è dovuta a un calo del livello di attenzione, se questo non avviene vi sarà una “valutazione ponderata dei diversi dati” relativi ai singoli tratti (Anderson – Teorie implicite della personalità);
• Essere come economizzatore di risorse cognitive, gli individui tendono ad economizzare le risorse cognitive utilizzando modalità di ragionamento veloci ed economiche (euristiche), questo spiega gli errori per giudizi tendenziosi a seguito della riluttanza a riesaminare i fatti, la formazione di stereotipi oltre al dovuto, il concentrarsi esclusivamente su informazioni prevalenti, la tendenza a confermare le proprie aspettative ed ipotesi (Teoria della percezione sociale per schemi);
• Essere quale “motivated tactician”, in questa prospettiva vi è una visione alternativa a quella dell’economizzazione cognitiva, esaltando la motivazione, le emozioni e gli scopi nelle strategie cognitive, in presenza di tempi non limitati e forti motivazioni, altrimenti si attivano forme automatiche fondate sugli stereotipi (Fiske-Neuberg, teoria della motivazione); gli individui agiscono in un contesto di interazioni in cui oltre ai dati e alle teorie dei dati sono considerate anche le proprie teorie sui giudizi una volta che si considera ricevute sufficienti informazioni (Social Jnstability o Appropriatezza dei giudizi sociali).
È superfluo precisare che vi è un’interfaccia tra input informativi ed esperienze emozionali.
La costruzione del mondo sociale passa attraverso i processi di:
• Concettualizzazione degli stimoli sociali;
• Percezione del sé;
• Percezione degli altri;
• Insieme delle teorie “ingenue” costruite per giustificare tali percezioni;
• Processi di formazione di giudizio, valutazioni e decisioni;
• Attribuzione causale di responsabilità e colpe;
• Formazione degli atteggiamenti e loro modifica;
• Gli stereotipi.
Molti di questi processi si possono ricondurre alla formazione dei giudizi, nella cognizione sociale le fasi sono:
• Percezione;
• Categorizzazione;
• Organizzazione e codifica;
• Rievocazione;
• Inferenza;
• Giudizio;
esse agiscono in tre elementi che sono: i dati o fatti oggettivi; le ipotesi o teorie sui dati disponibili; le teorie sui propri giudizi che influenzano i “giudizi” in termini di conferma.
La cognizione sociale influenza la percezione, la capacità di ragionamento e la valutazione dei dati, ponendosi come mediazione fra gli stimoli esterni e le risposte comportamentali biologicamente innate, la condivisione di esperienze sociali conduce pertanto alla condivisione anche dei processi cognitivi sociali fino ad arrivare a delle vere e proprie rappresentazioni sociali quale senso comune condiviso (Moscovici).
Al fine di facilitare la comunicazione e attribuire un significato al mondo, il processo che conduce alla rappresentazione sociale ha tuttavia bisogno di un ancoraggio delle nuove idee all’interno di sistemi preesistenti, oltre ad un processo di oggettivazione mediante la personificazione e la figurazione che renda concreto e pertanto visibile l’astratto.
La rappresentazione sociale è quindi il principale agente organizzativo per il pensiero individuale e delle conseguenti illusioni o stereotipi resistenti al cambiamento, proprio per la loro funzione di stabilizzazione sociale, in esse confluiscono fattori culturali, regole sociali, bisogni e desideri dell’individuo a cui si aggiunge il contesto entro cui avviene l’interazione sociale (Moscovici), tuttavia la percezione resta influenzata dai fattori personali delle emozioni, stati d’animo e motivazioni che modificano sia la selezione delle informazioni che l’uso della logica e la memoria, più in generale il modo di affrontare le situazioni e la maniera di giudicare.
[continua]
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