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Diario segreto d’un elfo
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In copertina: Open Your Summer. Abstract optimistic backgrounds © Dmytro Tolokonov – Fotolia.com
Pubblicazione realizzata con il contributo de Il Club degli autori in quanto opera finalista nel concorso letterario J. Prévert 2008
Introduzione dell’autore
Ci sono dei momenti in cui si sente il bisogno di ricordare, attraverso resoconti ed immagini, le esperienze della propria vita, solitamente si dà particolare risalto ad avvenimenti gradevoli: matrimoni, nascite, viaggi. Le tristi esperienze lasciano anch’esse una scia indelebile nella storia personale e non è raro ricordare anch’esse.
Mi è capitato di trovare spesso rifugio nel diario, specialmente in particolari momenti, alle volte per cercare le cause del mio andare alla deriva, altre volte per guardarmi dentro quando percepivo che fuori di me c’era un muro inaccessibile. Dal diario al racconto il passo è breve perché sostanzialmente anche nel racconto parlo di me identificandomi nei personaggi specialmente in Sial, personaggio positivo, ed in Zampamare, personaggio negativo poi redento. In questo senso ho fatto un’autoanalisi che guarda il mondo ed il proprio io con distacco ed ironia anche quando le situazioni non sono certo rassicuranti.
Il fatto è che i fatti del passato si possono guardare con quel distacco che il presente non permette; a maggior ragione se la trama è affidata a dei personaggi immaginari che ti permettono di evitare un eccessivo coinvolgimento. Ho voluto guardare le cose sorridendo bonariamente dei fatti personali ed ho inteso così trasmettere una visione positiva del mondo, spero di esserci riuscito.
Prefazione
La ragione non può spiegare tutto e non riesce a comprendere le molteplici manifestazioni dell’esistenza. Nella nostra vita esistono anche il mondo onirico, le regioni segrete dell’inconscio, l’irrazionale ed un “sesto senso”, a cui fa riferimento Silvio Loche nel suo libro.
Il “Diario segreto di un elfo” rappresenta la trasposizione letteraria della visione originale che può avere un essere umano quando diventa creatura di un mondo fantastico e, al contempo, quando la stessa creatura si trova a dover vivere tra gli esseri umani.
La comprensione della realtà e delle sue dinamiche attraverso l’immersione in una dimensione parallela viene proposta da Silvio Loche, sempre cercando di raccontare le varie vicende ed esperienze vissute con un “linguaggio elfico” e con numerosi riferimenti al mondo delle presenze immaginifiche oltre ad alcune riflessioni critiche sull’odierna società.
Le cose accadono perché devono accadere e la realtà, per essere veramente vissuta, si deve vivere “così com’è”, anche se si vive nel mondo mitico: proprio come capita a Bill, un giovane elfo che è fuggito dopo un litigio in famiglia e si trova alle prese con una serie di avvenimenti che esaltano la fertile inventiva di Silvio Loche.
Pagina dopo pagina si scoprirà che gli elfi “sono quasi come gli umani ma hanno orecchie larghe, collo allungato e lieve inclinazione della schiena”; sono longevi ed istruiti e, infatti, Bill frequenterà anche l’Istituto Elfico; sono abili nel volo ed emigrano per andare in letargo e, infine, in particolari situazioni, possiedono la “straordinaria capacità di mimetizzarsi e trasformarsi in altri animali”: cosa da non sottovalutare è che, da sempre, sono alleati con gli esseri umani.
Il giovane elfo affronterà le nuove esperienze con gli umani anche frequentando la loro scuola e, poi, si lancerà nella prima esperienza di volo, trasformandosi in un fenicottero: allo stesso tempo, anche i suoi genitori, per ritornare ad “essere elfi”, dovranno fare un anno di prova come animali domestici al servizio degli “uomini” ed il padre deciderà, grazie alla mutazione, di essere un cane, mentre la madre sceglierà il gatto.
Le vicende si susseguono senza sosta nella nuova dimensione da esplorare e, dopo aver visto l’Auriga degli Elfi e conosciuto il loro alfabeto, dopo aver prestato giuramento davanti a re Glauco, dentro una grotta sotterranea, tra mutazioni telepatiche ed ipnotiche, il giovane elfo incontrerà, infine, la sua “fata”.
La fertile fantasia e l’impulso creativo di Silvio Loche ammantano l’intera storia ed il “diario segreto di un elfo” diventa simbolico viaggio in una dimensione parallela che potrebbe benissimo essere il faticoso cammino di un essere umano.
Massimiliano Del Duca
Diario segreto d’un elfo
Premessa
Il sesto senso
Spesso le intuizioni ci permettono di risolvere dei problemi e anche di giustificare delle incongruenze che la ragione umana non riesce a capire. Si sono perciò inventati dei termini che spiegano la presenza di elementi non razionali, quali: anticipazioni della ragione, presentimenti, sogni, sesto senso, termini che per tanto tempo hanno avuto importanza ma che ai giorni nostri sono andati in disuso, si crede meno nei sogni ed anche nel sesto senso.
Questo non è studiato in termini positivi ma è monitorato in psicologia come elemento negativo ed è definito come stress, cioè perdita di ritmo, sfasatura indotta dalla superattività dell’uomo moderno. Lo stress è una vera e propria nevrosi, perché ad esempio si è talmente abituati a essere attivi che non si ha voglia di smettere per caricarsi di attività non necessarie. Questo termine è molto indovinato e, a mio parere, sarebbe meglio conosciuto e curato se fosse associato al sesto senso.
Possiamo osservare che la perdita di ritmo indotta dallo stress, a livello comportamentale, degenera nel non dare la giusta importanza a quello che si fa normalmente e nel sopravvalutare magari altre attività che non sono le solite.
La prevalenza di attività fuori dall’ordinario va a influire negativamente sull’identità e può portare allo smarrimento dei valori nei quali normalmente ci s’identifica. Quest’aritmia influisce dunque sul comportamento e perciò può essere individuata, sia dall’osservatore esterno, sia dall’individuo stesso.
Dal momento in cui questa modifica nel comportamento avviene nel tempo, succede che l’ambiente esterno di solito non ci fa caso e l’individuo trascura i moniti provenienti dal senso interno, l’inconscio. Il continuo trascurare però si accumula fino ad avere un effetto valanga tanto da schiacciare l’individuo, che nonostante sia un impiegato modello o un buon padre di famiglia, non è contento di sé, né sono soddisfatte le persone a lui più vicine. Queste, nel peggiore dei casi, assumono una maschera comportamentale di condiscendenza e di falsa condivisione e, di fatto, isolano sempre più l’uomo soggetto a stress fino a diventare la causa principale del suo malessere perché, a sua volta, s’isolerà sempre più fino a diventare asociale.
Tale situazione porta di solito a una caccia alle streghe di sapore medioevale e, se fossimo nel Medioevo, ci sarebbe il rogo per il malcapitato. Per fortuna di questi tempi non sussiste una mentalità manichea con i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, c’è piuttosto la visione agostiniana del male come “gradino più basso di bene, o meno bene”. Gesù Cristo dopo morto non è forse sceso agli Inferi per liberare le anime dei defunti?
Per rimanere in tema torniamo al nostro argomento, abbiamo visto la punta dell’iceberg, cioè l’elemento negativo che è visibile a tutti e che si chiama stress, esaminiamo cosa c’è sotto l’iceberg. La condizione di stress è avvertita dall’individuo in modo diverso da come è avvertita esternamente e quando c’è lo stress, interviene a difesa dell’“io” il sesto senso che tende a riportare l’io stesso a una normalità comportamentale, vediamo come.
Le aritmie e quindi lo stress si originano dal ripetersi delle situazioni conflittuali con il prossimo e con l’ambiente e generano nell’individuo il desiderio di evadere dalla situazione. Quando c’è il conflitto, c’è un aumento dei battiti cardiaci e ancora non è stress perché ogni singolo conflitto è registrato dal cervello e riveduto durante la pausa notturna. Il conflitto diventa stress quando sono trascurati i moniti dell’inconscio, ad esempio i sogni.
Altri moniti non sono avvertiti dall’individuo, il quale di solito è incerto nelle scelte e quindi predisposto allo stress, ad esempio non dà la giusta considerazione ai cattivi apprezzamenti fatti dagli altri. Un individuo che ha dei valori deve, infatti, avere anche una buona considerazione di sé, della sua persona, della sua famiglia. Apprezzamenti negativi verso la propria persona vanno scoraggiati, anche se ciò genera una situazione conflittuale, per evitare che questi apprezzamenti negativi alla fine divengano così pesanti da schiacciare l’individuo con perdita dell’autostima e fuga dalla realtà. In questi casi il sesto senso manda altri segnali diversi dai sogni come i lapsus, o i comportamenti anomali quali ad esempio mettersi a ridere in situazioni non opportune, queste esternazioni possono essere considerate compensative, cioè l’individuo stressato non capisce certe cose e reagisce in maniera anomala.
Capita che gli altri, i “sani”, per evitare la situazione conflittuale mascherino opportunamente gli apprezzamenti negativi con ammiccamenti, pacche sulle spalle, complicità con altre persone con le quali si fanno dei commenti. In questa situazione si forma un insieme d’individui che si adattano a stare insieme e il rigetto di altri che non si adattano, solitamente i più indifesi, ma anche in questa situazione il sesto senso avverte. È opportuno rilevare che avverte ma non salva perché il gruppo come insieme è una fortezza che per cadere deve essere attaccata da un gruppo ugualmente consistente. Una società matura deve fornire gli strumenti per controbattere certe situazioni di bullismo, devianza ed anche delinquenza.
Oggi certe situazioni difficili sono sanate più per iniziativa individuale che per la presenza di opportuni strumenti sociali e qui il discorso si estende; perché la mafia, perché lo stato? Per rimanere in tema dirò che il gruppo che genera stress nel prossimo è anch’esso soggetto a stress e continua a generare situazioni di stress, “la montagna partorisce il topolino”. Quando un gruppo non generatore di stress incontra un gruppo generatore, si potrà notare che i membri dell’uno e dell’altro gruppo saranno un poco agitati e la situazione conflittuale arriverà al massimo, l’effetto sarà benefico per qualche individuo che ricaverà un certo vantaggio potendo scegliere di vivere in un gruppo non generatore di stress. Si cambia lavoro e si emigra anche per questo motivo. Tutto questo perché non si vive da soli, perché l’uomo è un essere sociale e tende a inserirsi nella società. Qualche filosofo ha detto che l’uomo è un animale politico, giustissimo, è un essere biologicamente conformato a stare in società. In partenza però i sensi dell’uomo si sono formati per rispondere all’esigenza di un rapporto con l’ambiente, poi, quindi ai giorni nostri, il principale rapporto con l’ambiente è quello dell’uomo con la società, per questo alcuni sensi si sono assopiti (udito, olfatto) a favore di altri sensi (vista). In particolare l’uomo ha sviluppato il sesto senso, che è il vero super senso dell’uomo, quello di cui si può con ragione vantare di fronte ai super sensi degli altri animali e che è ingiustamente sottovalutato. Esso non ha origini soprannaturali ma biologiche, è perfettamente collegato col mondo esterno per adeguarsi ai ritmi dei fenomeni esterni: il giorno, la notte, i mesi, gli anni.
Quando tutto procede normalmente, intervengono i sensi normali che si attivano automaticamente. Quando invece ci sono delle rotture, delle interruzioni, delle situazioni conflittuali, avviene nell’uomo un fenomeno che non avviene negli altri animali, essendo l’uomo dotato di una mente molto potente. La mente dell’uomo registra i fenomeni memorizzando le variazioni del battito cardiaco e non si limita a memorizzare ma si premura di rendere cosciente ogni variazione indicativa del battito cardiaco stesso e questo è fatto attraverso i sogni e svariati altri interventi che si possono definire compensativi, cioè tendenti a riportare la situazione alla normalità.
Non mi pronuncio sull’esistenza dell’“homo sapiens” o “homo sapiens sapiens”, però sicuramente la mente dell’uomo è la più potente tra gli animali conosciuti sulla terra fino a prova contraria. Questo certamente non basta a salvarlo perché di disastri ne ha prodotti e ne continua a fare, ma ai fini di questo racconto è sufficiente prendere atto della presenza nell’uomo di una mente potente che ha prodotto un super senso. In tale situazione io non sottovaluterei gli animali che, a loro volta, suppliscono al difetto dell’intelligenza sviluppando i propri sensi fino a farli diventare dei super sensi.
Per questo non ci stupiamo della millenaria amicizia dell’uomo con gli animali domestici e del rapporto simbiotico instaurato con essi. Nei rapporti tra uomini e animali accadono, spesso all’insaputa degli interessati, dei fenomeni d’incomprensione, fenomeni che si possono paragonare alle stesse situazioni di stress di cui ho parlato a proposito dei gruppi sociali, con prevaricazioni e ingiustizie che spesso sfociano in fatti di aggressione dell’animale sull’uomo o di abbandono, per non dire peggio, dell’uomo sull’animale.
Da giovane non riflettevo volentieri su questi argomenti se non per dovere di studio, ma negli anni sono accaduti dei fatti che mi hanno portato sempre più a prenderli in considerazione.
Ecco ad esempio uno dei fatti che mi ha fatto riflettere. Durante il fine settimana ho sempre avuto l’abitudine di andare da Torino a Villanova per visitare i genitori in campagna, fino a quando ho potuto farlo, e una di queste volte mi sono trovato la strada sbarrata da un animale. Era una lepre che, abbagliata dai fari della macchina, si era piazzata nel bel mezzo della strada bianca che portava a casa stando in piedi sulle zampette posteriori e assumendo per questo un atteggiamento quasi umano. Erano tempi in cui si faceva ancora l’autostop e la cosa faceva veramente impressione. Scesi dalla 500 e mi avvicinai alla lepre per mandarla via, essa si allontanò ma quando tornai sulla macchina, era di nuovo in mezzo alla strada. Dovetti ripetere l’operazione di scendere e salire per convincere il povero animale a tenersi lontano dalla macchina. Queste situazioni di solito risvegliano nell’uomo degli istinti antichi e non di rado gli animali vanno sotto la macchina del frettoloso automobilista.
La stessa scena avvenne a un gruppo di amici che si recavano presso un conoscente per fare festa e qui inizia il racconto. La lepre è piazzata in mezzo alla strada accoccolata sulle zampette e non si muove, c’è una frenata ma non ha scampo. È raccolta e messa dentro la macchina, l’auto prosegue. Di lì a poco si arriva a un casolare, sono accolti da un cane che abbaia furiosamente fino a che dal casolare esce una figura alta e sottile che apre la porta. Il gruppetto avanza verso il caldo tepore della stanza, dove arde un fuoco rassicurante. Il cane continua ad abbaiare furiosamente tanto che il padrone esce per vedere se per caso ci sia qualcuno.
«È strano, – dice agli amici che sono venuti a trovarlo, – non è solito abbaiare così senza un motivo.»
Questa volta escono tutti per guardarsi intorno e il padrone scioglie il cane che si precipita verso la macchina rigandola tutta. Allora l’autista si ricorda di aver lasciato dentro la macchina la lepre investita e spiega la cosa.
«Hai un ottimo cane da guardia, – dice, – infatti, adesso mi sono ricordato di aver lasciato nel portabagagli la lepre che ho appena investito, se ci fosse un bravo cuoco, potremmo fare uno spuntino!»
Nessuno però si sente di fare dei preparativi per una cena perché tutti hanno già mangiato e si sono ritrovati più per fare due chiacchiere e per bere qualche bicchiere che per mangiare.
Prima di proseguire nel racconto aggiungo che la lepre messa nel portabagagli della macchina è un elfo, essere che presumo di aver conosciuto perché mi piace dare peso dei fatti ai quali normalmente non si dà molta importanza, come quello della lepre che mi ha tagliato la strada e un altro che dirò poi.
Qualche avveduto lettore si potrebbe a buon diritto chiedere che “senso” abbia questa dotta premessa riguardo al libro e continuando nella lettura giurerebbe che questo è un racconto puramente immaginario. L’autore non ha la presunzione di convincere e tantomeno di fare un resoconto scientifico, di fatto, si è chiesto sempre e si chiede come mai succedono certe cose. Su questo campo le teorie non sono mai sufficientemente fondate e, per di più, solo poche persone hanno visto gli elfi. Questi lettori più critici spero che si convinceranno almeno che l’uomo è dotato di un super senso e faranno più attenzione alle situazioni di stress. Altri lettori più compiacenti, ad esempio i ragazzi, potranno apprezzare questa lettura della realtà attraverso una realtà parallela.
Per tutti c’è un messaggio abbastanza evidente, quello di non scoraggiarsi mai perché, per dirla in linguaggio elfico, lo scoraggiamento cui spesso sono soggetti gli umani è una pura astrazione e la realtà per essere goduta, va vissuta com’è.
Termino dicendo che a un uomo semplice o semplicemente sapiente che dir si voglia, cioè elfo, suscita la stessa emozione incontrare un automobilista che gli contesta un’infrazione o una lepre che gli sbarra la strada. Sia l’uno sia l’altro possono suscitare emozioni, correggendo o scoraggiando comportamenti e possono pilotare la vita distratta dell’uomo moderno a condizione che si dia, a certi fatti, la giusta considerazione. Per gli elfi poi è tutto diverso perché a essi le emozioni giocano dei brutti scherzi, come vedremo.
I segreti degli elfi
Lasciamo i nostri amici a bere e a raccontarsela tranquillamente e torniamo alla lepre, che in realtà non è, appunto, una lepre ma un elfo scappato di casa.
Aveva avuto un litigio familiare per futili motivi e tutto a un tratto si era trovato in mezzo alla strada. Il fatto è che gli elfi sono animali un poco magici come ad esempio i puffi e sono soggetti a strani fenomeni. Questo elfo col quale anch’io oltre ai distratti automobilisti, avevo avuto un incontro ravvicinato quando, come ho raccontato, si era piazzato in mezzo alla strada e che incontrerò ancora una volta, come poi dirò, è un essere molto attento, ma quando si trova a disagio per degli eventi che secondo lui sono fuori dall’ordinario, è soggetto a trasformazioni, come tutti gli elfi. Se il conflitto è talmente forte da far aumentare troppo i battiti cardiaci si trasforma in lepre, animale che come cuore non scherza. Egli non è cosciente di questa trasformazione ma lo deduce dal comportamento delle persone che incontra.
Il nostro elfo è ancora giovane e conosce questo fenomeno per via delle esercitazioni scolastiche, ma fino ad ora è stato per lui solo un gioco e questa volta non si è trasformato per calcolo ma per istinto, ha avuto quella che gli studiosi elfici chiamano mutazione regressiva. Per questo si era messo in mezzo alla strada e con grande disinvoltura aveva fatto l’autostop, piantando in asso i genitori. Mamma elfa ovvero Mafalda ci era rimasta molto male tanto che per poco anch’essa non si era trasformata, ma fu frenata dal marito Gigi, elfo anch’esso che, vedendola agitarsi, l’aveva legata alla sedia finché non si era calmata.
«Tuo figlio deve fare le sue esperienze, – disse alla moglie per consolarla, – cosa gli vuoi andare appresso? Vedrai che se la saprà cavare bene anche da solo.»
«Non devi rimproverarlo ogni volta che porta a casa dei brutti voti, devi evitare di far entrare in agitazione tuo figlio, – diceva lei piangendo, – ecco cosa hai fatto!»
Bill, così si chiama il piccolo elfo, è di solito uno scolaro diligente ma ogni tanto, come capita a tutti gli scolari, prende qualche brutto voto, specialmente negli studi grammaticali e le lingue umane e animali che sono essenziali per gli elfi, animali migratori e selvatici. È molto bravo invece in lezioni di volo, di corsa atletica e nuoto, attività che si completano a vicenda perché per prendere il volo e atterrare bisogna essere assai veloci e per nuotare bisogna vere i muscoli ben sviluppati.
«Non puoi pretendere troppo da tuo figlio perché poi va a finire come oggi.»
«Sta tranquilla metto in moto i miei amici elfi ed io stesso vado a cercarlo, ma tu devi stare calma, d’accordo?»
Gigi è preoccupato per il figlio ma anche per la moglie che continuando ad agitarsi fatalmente si può trasformare anch’essa. Va dal dottore a prendere dei calmanti, fa qualche telefonata ai suoi amici ed esce a cercare il figliolo. Questo per fortuna non è ancora morto, infatti, dopo breve tempo prende coscienza e si muove ma non sa bene cosa sia accaduto. Ricorda poi i rimproveri di suo padre e l’autostop e poi… Si ritrova coperto di sangue e crede di capire cosa può essere successo, pur senza sapere chi può aver causato l’incidente se suo padre o qualcun altro.
Nel frattempo Gigi viene a sapere dove sta Bill, perché gli amici elfi gli hanno riferito degli ultimi movimenti avvenuti dopo la scomparsa di suo figlio, della macchina e dei latrati del cane. Babbo elfo è molto tempestivo e col suo intervento evita che il povero Bill faccia una brutta fine, infatti gli amici avevano deciso che il giorno dopo si sarebbero ritrovati per fare uno spuntino con la lepre investita, e, quando aprono il portabagagli per consegnare il trofeo al padrone di casa, non lo trovano. Il padrone e gli amici si rassegnano a prendersela con il cane e con loro stessi che non si sono ricordati di legare “il golosone”, come il solito, vicino alla cuccia. Il cane questa volta si prende i rimproveri senza fiatare, non perché ha mangiato la lepre ma perché non ha aperto bocca per dare l’allarme, conosce gli elfi e si guarda bene da entrare in conflitto con essi. Per questo aveva permesso che babbo elfo aprisse il cofano portabagagli e si riprendesse la lepre, in altre parole suo figlio.
Babbo elfo capisce cosa è successo ma Bill non ha idea dell’accaduto e non riconosce né suo padre, perché il colpo gli ha impedito di riprendersi, e neppure sua madre quando viene a trovarlo all’ospedale. Per il momento i medici lo dichiarano in prognosi riservata pur non disperando di fargli riacquisire l’originaria forma di elfo e fanno presente ai genitori che c’è la possibilità che il loro figliolo diventi elfo portatore di handicap ovvero elfo domestico, prospettando loro la possibilità di abbandonarlo.
Soluzione dolorosa ma alle volte praticata quella dell’abbandono, infatti, gli elfi sono animali migratori, abili nel volo, nel nuoto e nella corsa in cui raggiungono velocità impensate e un qualsiasi handicap impedisce loro di svolgere una vita normale. Purtroppo l’elfo non guarisce del tutto e i suoi genitori non volendo abbandonarlo si rassegnano a mandarlo in una scuola di uomini.
Ecco perché accadono cose strane e ci sono tanti elfi in giro perché quasi tutti i genitori elfici che hanno dei figli con qualche problema piuttosto che abbandonare il figlio si rassegnano a vivere la loro vita in mezzo agli uomini mutandosi in uomini oppure trasformandosi in animali.
L’incidente lascia solo qualche vago ricordo, come un brutto sogno, Bill ottiene l’affetto dei suoi genitori e ricomincia a frequentare la scuola in una scuola umana. I genitori, infatti, per amore del figlio si sono sedentarizzati anch’essi; si trovano un lavoro e cambiano casa.
Bisogna dire che l’elfo non sfigura nelle prestazioni scolastiche e sportive ma nonostante ciò ha una certa dipendenza verso i propri compagni, una sorta di soggezione che lo porta a isolarsi. I suoi genitori non si accorgono di ciò perché sono presi dai problemi dell’adattamento alla nuova forma di vita e trovano normale che il proprio ragazzo s’isoli essendo coscienti del fatto che in definitiva il loro figlio è comunque di razza elfa.
Bill si trova a vent’anni con dei coetanei più navigati di lui, non che siano più forti o più furbi ma sono più addentro nei sottili meandri del vivere in società. Ad esempio la macchina, lui non dà importanza all’automobile ma loro sì, la macchina è uno status symbol, un elemento di distinzione come può essere la sigaretta che distingue il bambino dall’adulto. In realtà Bill, pur essendo ormai giovinetto, non ha dimenticato la primitiva educazione scolastica che dava prevalenza alle prestazioni fisiche e attenzione a tutti e sei i sensi con grande rilievo agli studi delle abitudini degli altri animali. Esso risente della primitiva educazione e non riesce ad adattarsi alla nuova. Spesso si ferma per strada a sentire gli odori e controllare le impronte per sentenziare “pelo corto… femmina… tracce assai leggere… gatta”.
Tutto ciò nonostante i suoi genitori gli abbiano nascosto l’appartenenza a una razza differente. Una volta accade che babbo elfo dimentica sul tavolo un foglio scritto in una lingua incomprensibile. Alle domande del figlio il padre risponde che è una poesia in lingua elfa, alle successive domande del figlio sugli elfi, Gigi dice quello che sa, che sono un popolo di migratori da sempre alleati con gli uomini, che ogni anno emigrano nei poli per andare in letargo, che una gran parte di essi è ibernata da secoli forse da millenni. Riguardo all’aspetto fisico aggiunge che sono fatti quasi come gli umani ma si distinguono da essi per le orecchie larghe, il collo un poco allungato e una leggerissima inclinazione della schiena. Sono cose normali per lui ma lo stesso trattiene a stento la commozione. Il ragazzo rimane meravigliato del fatto che suo padre che, come uomo, spesso è fuori dalle righe, sia tanto preciso in altre cose. Suo padre gli traduce la poesia e gli lascia un libro di grammatica elfa senza però dirgli delle sue origini. La poesia parla di un’antica alleanza tra uomini ed elfi e canta così:
Il Signore degli anelli
Narrano gli antichi libri
le storie dei tempi remoti
le saghe dei popoli liberi.
Assai forti gli uomini
erano di Elendil
e gli elfi immortali di Legolas.
Parlano degli sciamani
viventi in luoghi lontani
che le opposte forze del bene
servono e del male.
Vive Sauron nel bosco atro
e signore diventa di Mordor,
forgia nell’alta torre l’anello
del potere sovrano
per dominare dell’Ovesturia
ogni umano.
Gandalf, capelli d’argento,
ai movimenti è attento
ai movimenti di Sauron,
Gandalf, sciamano buono,
vive tra gli allevatori
dei cavalli, veloci come il vento,
e tra gli elfi amanti
delle danze e dei canti.
Questi spiriti sognanti
non hanno il senso del tempo,
sono aria, acqua e natura
da che la vita sulla terra dura.
Idiomi hanno i mortali
per parlare alle forze naturali
che rispondono e mandano
le fate benevole per aiutare
gli elfi.
Questi agli uomini alleati
il nemico sconfiggono
perché Isildur, figlio di Elendil,
taglia la mano a Sauron
e s’impossessa dell’anello.
Lo spirito del Signore oscuro
nel bosco atro si nasconde
finché forma riprende.
Gli elfi sono molto istruiti e sono obbligati a frequentare tutte le scuole, compresa l’università, con continui aggiornamenti, come vedremo più avanti. Tutte queste notizie le ho apprese per via telepatica da Lillo, il mio cane.
Lillo era un cane di piccola taglia grande all’incirca come un coniglio. Esso, durante l’estate si divertiva a dare la caccia a Bill. In realtà non gli dava la caccia, lo capii dopo, ma giocava a nascondino. Lillo faceva la conta e Bill scappava per nascondersi in mezzo all’erba, Lillo lo rincorreva andando dietro all’odore ma non riusciva a trovarlo. Mi sono chiesto tante volte perché non la trovava, alla fine ho capito tutto quando li ho visti in azione.
Ero andato a fare un giro nei campi e Lillo mi venne dietro, a un certo punto vidi la lepre accoccolata in mezzo all’erba. Lillo era attento ma essendo controvento non sentiva alcun odore né la vedeva a causa dell’erba alta. Mi accoccolai anch’io prendendo in braccio Lillo, c’era una distanza di circa un metro tra noi e la lepre. Osservai bene l’amico di Lillo, era molto grosso e apparentemente tranquillo, gli occhi erano rossi, forse per l’eccitazione, i battiti del cuore… lo chiesi a Lillo mentre finiva la conta ed era pronto per partire all’inseguimento, abbaiò qualcosa, io capii 200 il minuto, cose da primo bacio!
In seguito a questo secondo incontro ravvicinato ho capito perché Lillo non riusciva a raggiungere la lepre. Questa dopo aver corso normalmente spiccava dei grandi balzi, e, così facendo, creava una soluzione di continuità nella ricerca del cane che si basava sull’odore, e così Lillo perdeva la traccia fresca e imbroccava una nuova traccia, quella sbagliata!
[continua]
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