Tiziana Stanzani - Il cantico delle torture
Collana "Le Querce" - I libri di Saggistica e Diaristica 12x17 - pp. 148 - Euro 12,50 ISBN 978-88-6587-9429 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina: elaborazione grafica dell’autrice Oltre cento miliardi di animali vengono ogni anno macellati, vivisezionati, cacciati, spellati, disprezzati, derisi, sfruttati, picchiati, bolliti, insaccati, torturati, triturati, abbandonati, menomati, e c’è ancora qualcuno che non ci crede, che non vuole sapere, che ha paura di agire. Qualcuno dei sette miliardi di animali umani che tutto prendono senza nulla dare, e che ancora hanno l’arroganza di definirsi “razza superiore”, sa chiarire questa superiorità in che cosa consiste? La produzione di dolore su vasta scala ha raggiunto un livello tale di ottimizzazione che qualsiasi briciola di umanità viene messa da parte, spazzata via dal fine ultimo della società in cui viviamo: il maledetto profitto. È ormai imperativo che l’umanità guardi in faccia la realtà, e impari a dire con coraggio: “voglio sapere”; solo allora la superiorità avrà senso. PREFAZIONE Il libro di Tiziana Stanzani rappresenta una testimonianza forte e vibrante, sentita nel profondo del cuore e sofferta nell’animo, di una donna coraggiosa che crede fermamente nella sua concezione animalista e cerca, in modo serio e documentato, di mettere in luce, e a conoscenza dei lettori, la condizione dolorosa che devono patire molti animali. Massimo Barile INTRODUZIONE dell’Autore Solo per saziare la tenace fame di negazione che regna nell’incoscienza umana, in questo libro non troverai alcuna fonte ufficiale, nessuna citazione di libri di settore, nessun nome o testimone di barbarie, nessuno spunto che possa permettere all’incredulo di fare domande e pretendere le prove del dolore che andrò a descrivere. L’unico consiglio che mi sento di dare a te, che hai trovato il coraggio di iniziare questa lettura, è quello di chiuderla immediatamente se pensi di avere lo stomaco o il cuore delicati, oppure se avverti la tua coscienza altrove, magari sprofondata nella sabbia dell’indifferenza. Ogni informazione è oggi disponibile su qualunque motore di ricerca in internet. Le immagini non mentono mai. Non sta a me né a nessun altro convincere l’oppositore a dipanare i propri dubbi su quanto accade nelle migliaia di lager che gli umani hanno costruito per consumare le loro nefandezze sulle nuove razze inferiori: sta solo ed esclusivamente alla propria coscienza e forza di volontà, cambiare le cose, e per far questo occorre guardare, e con gli occhi ben spalancati, senza scappare. L’obbligo, quello sì, è imperativo, di far guardare ai bambini la morte di Topolino e Bambi, quella di Paperino e Donald Duck, del Re Leone, di Peppa Pig e di Dumbo. Raccomando la lettura di questo libro a quell’umanità ormai malata, cinica, scontenta, crudele, incosciente e arrabbiata: leggi, guarda, e stai male ancora per un po’, perché poi ti passerà, e farai il primo passo verso una nuova bellezza: la consapevolezza di non uccidere e di non essere complice di alcun martirio. È ora di voltare pagina, è ora che l’umanità pianga per ciò che ha fatto e che continua a perpetrare. Responsabili non sono solo i macellai, i sadici o i vivisettori, ma tutti coloro che sono collusi o avulsi a tali scempi, continuando a non voler vedere, continuando a consumare tutto il consumabile. Solo allora, guardando in faccia la sofferenza che ha provocato all’intero Creato, l’uomo potrà definirsi l’animale più intelligente ed evoluto del pianeta. Fino a quel momento, egli resterà solo una stupida, arrogante e presuntuosa scimmia nuda, che si nutre di cadaveri per poi curarsi con il supplizio Altrui. La parola, dunque, ai Deva1 che governano la Vita animale. Tiziana Stanzani 1 Deva (Devanagarı, देव, sanscrito vedico: devá): Esseri che, secondo le discipline orientali, dirigono il mondo animale; esiste un Deva per ogni specie; essi comprendono e assorbono in loro tutte le anime animali in evoluzione, talvolta in anime-gruppo (quelle meno evolute) altre volte in anime singole (quelle pronte a reincarnarsi in specie più evolute). Dal punto di vista orientale, il Deva può essere considerato il punto di partenza e di ritorno di ogni animale che compie il proprio percorso ciclico di reincarnazione. Il Deva conosce e ama ogni appartenente alla propria specie, e lo guida nella vita terrena e ultraterrena. Egli è strettamente collegato al Divino, che, nella Gerarchia Cosmica, tutto vede. Il cantico delle tortureDedicato a tutti L’AGNELLO «La grandezza di una Nazione e il suo progresso morale A un mese di vita, agnelli e capretti vengono strappati alle madri, costretti a lunghi viaggi terribili ed estenuanti su TIR strapieni – sempre di notte, per non turbare gli umani che vedrebbero in che condizioni viaggiano – per arrivare a uno sporco macello in cui gli animali terrorizzati vengono immobilizzati, storditi, appesi a un gancio per una zampa, sgozzati e lasciati dissanguare. Prima di essere appesi sentono l’odore del sangue e le urla di terrore dei loro compagni. Talvolta vengono legati insieme, «a mazzi», per le zampe anteriori e appesi per essere pesati. Agnelli che camminano sul sangue e urlano mentre vengono spinti con la forza al macello. Mentre alcuni di loro ancora si agitano e sono coscienti, il processo di macellazione prosegue a pieno ritmo. Ogni anno, a Pasqua, vengono assassinati in Italia 900.000 tra agnelli, capretti e pecore. Che sapore avrà mai il latte? Qui al macello, che poi è la casa in cui sono nato, c’è una cosa che chiamano “radio”. Serve per tener compagnia e mantenere aggiornati i nostri padroni; da qualche giorno la radio parla della resurrezione. Che cos’è…? Occorre nascere, vivere e morire, poi si rinasce. Io sono solo nato, ma temo che non vivrò a lungo, figuriamoci risorgere… ma chi vorrebbe vivere a lungo in un luogo simile? L’odore del sangue dei miei fratelli penetra nella mia coscienza come una consapevolezza innata, e capisco subito, barcollante sulle mie gambette tremanti, che non vivrò affatto. Non pascolerò, non crescerò, non amerò. Mi hanno marchiato a ferro e fuoco per togliere i peccati dell’uomo, che crede di essere il signore del mondo intero e che, massacrandomi, è convinto di portare la pace – chissà dove – consegnando invece la propria anima nella lavanderia dell’ipocrisia, per poi finire in quel Paradiso dei Giusti cui tanto anela. Ma temo che il suo sarà un paradiso infernale. Io invece penso al mio, di Paradiso, quello degli Innocenti. Credo di essere troppo piccolo per essere colpevole. Mi incammino ora in un corridoio pieno di sangue, mentre sogno la Vita che avrei potuto avere. Eppure sogno anche la mia mamma: lei sta soffrendo, lo sento… La useranno ancora per partorire qualche altro mio fratello o sorella, per poi rubarle il latte che verrà tramutato in formaggio ammuffito, e dopo, anche lei mi raggiungerà, e andremo a pascolare insieme, liberi, in un mondo migliore. Ecco: mi hanno appeso per un gancio alla caviglia… non sento nemmeno dolore, sono troppo atterrito. Spero che la pistola che dovrebbe stordirmi faccia in fretta il suo dovere cosicché quando mi taglieranno la gola andrò subito nei pascoli che ho sempre sognato, perché sì: in vite precedenti, io ho pascolato, lontano dall’uomo e dalla sua ingordigia, lontano dal male e da ogni malvagità umana. Sarò crocifisso anch’io sull’altare dell’ignoranza umana, e il mio pianto sarà ignorato almeno quanto è stato ignorato quello di quel Cristo risorto del quale tanto parlano. Ma ormai, mi importa sempre meno… credo di scorgere qualcosa, là in fondo… Una luce, sì, sembra una luce, una luce piena di gioia, che cancella il sangue che sta scrosciando dalla mia gola. L’ARAGOSTA «Nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla terra Alcuni affermano che quel sibilo assordante che si sente durante la bollitura di aragoste e astici vivi sia la fuoriuscita dell’aria dal carapace. Tra i sostenitori che affermano che gli astici e le aragoste effettivamente provano dolore, etologi del calibro di Danilo Mainardi, hanno affermato: “Sì, emettono stridulazioni. Il sistema nervoso dell’aragosta è estremamente raffinato. In varie parti del corpo e sulle antenne hanno recettori che percepiscono le sensazioni di dolore”. Mi ritrovo, ormai non so più da quanto tempo, appoggiata sul ghiaccio. Provo a muovermi. Niente da fare. Non sento più le estremità, e mentre il dolore si fa torpore, rammento un’ondata, poi una luce accecante, e un colpo sordo ai fianchi. Su un pavimento duro, accanto a numerosi miei simili, vengo afferrata in fretta e furia da due mani: due lacci blu sono stati stretti attorno alle mie chele, e non posso più difendermi. Così il terrore mi paralizza e perdo i sensi. Mi hanno spezzato una zampa nel sistemarmi, stretta accanto alle mie compagne, dentro una specie di cassa. Un frastuono assordante, spaventoso e protratto, ci accompagna alla nostra prossima destinazione. La disperazione ha ormai preso il sopravvento; veniamo divise, fra le urla umane e i nostri stessi lamenti che nessuno ascolta; infine, insieme a un paio di fratelli, vengo posta in una teca di vetro. Il gelo è insopportabile, mi manca l’acqua del mare e non riesco a muovere più nulla del mio corpo. Penso che il mio ventre sia ormai congelato. E pensare che ho sempre camminato molto, sul fondo del mare: arrivavo a coprire un’area di otto chilometri al giorno. È terribile restare immobile. Comincio a ricordare cosa mi è successo; avevo fame, quel giorno; non mangiavo da una settimana e stavo cercando del cibo, quando all’improvviso sono rimasta impigliata in un garbuglio di fili, così ho cercato di liberarmi, ma non ci sono riuscita… Sono ancora viva, e vorrei non esserlo più. Passano le ore, e vedo susseguirsi le mie giornate, durante le quali diversi volti grotteschi mi guardano con un compiacimento lubrìco; hanno strani occhi sbarrati, e voluttuosi cipigli… forse sono degli umani malati. La compagna accanto a me è ormai morta; l’altra, quella più lontana, tenta di avvicinarmisi con una fredda zampina, mentre le sue antenne mi cercano. Talvolta, un gelido spruzzo di acqua mi ricopre, e io mi ritraggo per i brividi. Il mio cuore sta cedendo per la paura e per il freddo, ma per fortuna sta sopraggiungendo uno strano sonno. Sto per addormentarmi, nella speranza di risvegliarmi presto da questo incubo; la luce forte di questo luogo mi sta facendo impazzire, è sempre accesa, non ce la faccio più… i miei occhi sono troppo sensibili per poterla sopportare. Sento dentro di me una tensione crescente, e di colpo so che il vero inferno deve ancora cominciare. Una mano, simile a quella che mi aveva tirata fuori dalla rete nella quale ero rimasta imbrigliata, mi solleva da quel ghiaccio e mi avvicina a un altro contenitore pieno d’acqua, ma sopra quell’acqua, enormi bolle roventi ne devastano la superficie. Il vapore si solleva minaccioso dal contenitore, e il mio ventre inizia a scottare già nel momento in cui vengo sospesa sopra la bocca dell’inferno, mentre un’altra mano mi ripiega le antenne all’indietro fino quasi a spezzarle. Un moto di orrore e di disperazione mi attraversa il corpo per l’ultima volta, nel momento in cui comprendo cosa sta per succedermi, e a quel punto, urlo, e sono urla che non avrei mai immaginato di riuscire a emettere. Poi, finalmente, la morte. [continua] Contatore visite dal 29-01-2019: 2302. |
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