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INTERVISTA ALL’AUTORE DEL LIBRO GIALLO: «TRAUMA – È una ferita che non si rimargina»


Ci parli un po’ di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Sono un ragazzo di quaranta anni, nato a Roma, laureato in Ingegneria elettronica presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, che ha sempre avuto la passione per la scrittura.
Quando mi reco in determinate località, anche quelle più impensabili e sconosciute, queste vengono interiorizzate in me e, diventano uno spunto per i miei scritti, per un mio futuro romanzo, che magari non ha neanche ancora preso una forma ben definita, ma che mi lasciano delle idee nella mente. I luoghi per me sono molto importanti, come lo solo soprattutto i dialoghi. Infatti, i miei romanzi sono praticamente per novanta per cento scritti sotto forma di dialogo. Il dialogo dice tutto, al di la di ogni narrazione. Ho deciso di intraprendere la strada di diventare uno scrittore, con il mio primo romanzo (TRAUMA: Una ferita che non si rimargina) in mando spontaneo, come si fosse materializzare di colpo. Ne ho in progetto ed elaborazione un secondo, il seguito della storia del primo, una sorta di sequel, e spero che i lettori apprezzeranno questo mio tipo di raccontare i fatti, che narro nelle storie attraverso i personaggi. Sono appassionato di cronaca nera.

Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

Quando capita, porto sempre con me il mio computer, quando mi scatta l’ispirazione (sia di giorno, ma anche soprattutto di notte) scrivo, non c‘è un momento specifico ben definito.

Il suo autore contemporaneo preferito?

Il mio autore contemporaneo preferito, che adoro, è Patricia Cornwell (ho divorato tutti i suoi liberi), che considero da un certo punto di vista la mia mentore, e che mi ha insegnato molto e, credo che sia al momento la migliore scrittrice in assoluto a livello mondiale.

Perché è nata la sua opera?

La mia opera è nata per pura curiosità, osservando scrupolosamente svariate situazioni avvenute in circostanze molto vicine alla mia famiglia e alle persone che frequento, nella mia vita di tutti i giorni. Iniziata la stesura del mio primo romanzo, che ha preso spunti e pieghe diverse, da input della mia vita quotidiana, mi è scattata la molla e una grande passione, tanto che spero di non limitarmi a scrivere solo questo primo manoscritto.

Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

La mia formazione letteraria è stata influenzata tantissimo quando ero un liceale; in quel periodo la mia professoressa di lettere, molto brava e preparata, ma soprattutto severa, mi ha semplicemente insegnato un l’italiano corretto, per il mio futuro. Ha fatto il suo dovere.
E la ringrazierò per sempre.

Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Scrivere per raccontare la realtà è sicuramente un sistema assodato, ma la fantasia ha la sua importanza, che spesso poi si concretizza in certi accadimenti. Spesso si fa questo: si raccontano storie, per far saltare la nostra mente dalla nostra realtà, una realtà interiore, alla fantasia, per come la concepiamo noi e per come il nostro cervello la elabora.

Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

Poco. Costruisco i miei personaggi prendendo caratteristiche di altre persone, fisionomie e forme di altre ancora, mi piace fare puzzle, forse la parte che racconto di me (quella un po’ più autobiografica) la si trova nella parte centrale al romanzo.

C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?

Sì, una mia cara amica, collega, e compagna di università. Non solo ci siamo incoraggiati l’un l’altra, per concludere gli studi assieme. Poi, in seguito, mi ha incoraggiato nuovamente lei a ultimare il romanzo.
Nel secondo sarà un’altra persona a fare tutto ciò, a fare da propulsore.

A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

A mia madre, che ovviamente me l’ha bocciato subito.

Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?

Credo di no, anche se avrà un suo spazio importante di utilizzo, probabilmente tra le nuove generazioni. Ma la carta non morirà mai, non sparirà mai, magari ci sarà una sorta di ridimensionamento. Toccare le pagine tra le mani, l’odore della stessa, insomma sensazioni che un ebook non può trasmette.




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