Opere di

Giacomo Bersiga


Brulichio di estenuazione


Cresciuta nella luce
di un’analgesica mediocrità,
generi distruzione
mentre
risplendi di duplice amenità.


Su il docile lume
il colore riecheggia esterno
al baratro. E denso
nella sua dissolvenza,
con torbido riflesso, affoga
abissalmente
l’etere coronato di berillica
inedia.


Ma con diafano incedere
il chimerico riecheggia
mostro,
tracotante nell’illusione
della perfezione: così teme
angosciosamente
lo stesso respiro
di un uomo che affoga.


Sto tre piedi sopra l’inondazione
e ritrovo sensibilmente l’ideale
mia aspirazione
nei plumbei vortici
d’un pericolo illustrato.


Io,
l’auto-inflitto, detonatore demiurgico:
l’unico inventato animatore dell’apocalisse.

[Giacomo Bersiga – Premio Internazionale Poeti dell’Adda 2013]


Schifiltuomo (Amantes nescendi laetandi causa1)


Insoffribilmente Ci subiamo, canonizzati nel Nostro universo.
Giammai degni di differire il suicidio nascendo prima dell’uomo, nei paesaggi anteriori a Dio.
Ed ogni santo asserragliato che schifa la purezza
di custodirCi nell’euforico disgusto per la prolificazione – Noi schifiamo.


1 (Amanti del non sapere per essere felici) oppure (Amanti dell’essere felici per non sapere)

[Giacomo Bersiga – Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa Va, Pensiero III Edizione 2015]


Incaglio d’Allucinazione


L’opale igneo
degli orizzonti sognati
dispera
del desio errante:
ogni giorno,
qui, impera
vacuamente sull’autentico
il melenso,
scheletro gorgogliante fecondator
d’oblio.


Sovvenirsi l’acquiescenza,
e gli anonimi albatri
radicati a manette frastagliate,
irrealizzata non-aspettativa di pianti
anemici: Sole di sangue
che non può più dissimular
di non esserci
quando la dianica invidia
serpeggia d’estro (immonda!)
sul collassar del dì.


Così,
soltanto il tepore
di due abissi di mandorla,
l’oggettivarsi dell’insoddisfacenza,
trionfa
sull’immalinconita madreperla;
senza che qui
ora,
il boccheggiar della desolazione
possa demistificar la sinteticità della non-vita.


Insidia implacabile! Prostituisciti all’ermo!


Son l’uman cordoglio
ai confini dell’uomo
per la macerazione dell’uomo:
lo schiamazzare del civile.
In te alios superes!


[Giacomo Bersiga – Premio Wilde Concorso Letterario Europeo 2014 Sezione Giovani]


Oneirocrizia (Realtà impossibile di un deicidio)


Nel mio sogno migliore
sono solo io.
Nefasta la Natura
ingolla
me e il mondo.


Quale immarcescibile non-uomo
mi strugge in eterno
benché quest’io
abbia indefettibilmente
ragione?


L’amelia è laggiù
ad autoderidersi
e si nutre
della rassicurazione dei boschi:
non v’è niente di meglio.


Non sono lieto:
tutto è foggiato dall’Altro,
io spontaneamente falcidio.
È la mia destinazione,
è il mio destino.


L’ottusità
sordidamente impenetrabile
di un manicheismo autoritario
primeggia, oscurantista.


L’epifania di un dio
che provi compassione per me
è mancata,
da sempre.


Sto ancora ad agognare,
ancora
nella concupiscenza
della morte diroccante.


Oh viandanti! I vostri sono i sintomi
d’una sana degenza.


La vita è del tutto incapace
di spiegare la vita,
e obbliga a credere a delle assurdità,
avvitando la genialità
alla necessità della volontà.


Non si potrà compiere nient’altro
che atrocità.


Il gusto e l’abitudine
sono l’occultamento dello specismo,
il succedaneo ideologico
dell’autentico ed imperituro
olocausto.


La tradizione e la convenienza
pareggiano l’importanza
della vita e della morte:
di quest’ultime
egualmente si tace,
dove l’animo è un peso
ed è un piacere l’incolta ignoranza.


Gli spettri talidomidici
della violenza umorale
inneggiano al vituperio:
“Jhva elohim meth1!”.


Mortali!
Quanto vi giova commettere
le vostre fallacie naturalistiche!


Nel vostro silenzio, imposto
a me con violenza,
risuoneranno i tonfi sordidi
di una tetraggine spietata.


“Dediti ventri atque somno2”!
Le lame dei compromessi
vi hanno già decapitato.

Un astro
nel devastato riflesso
non è che una lingua
tutta trivellata dai pesci
che soffonde
bagliore di morte.


La mediocrità si opporrà
sempre e violentemente
“Genio et Voluptati3”.


Pensare che sia possibile
essere controllati nel corpo
ma mai nella volontà,
e non aver ancora capito
che il dolore rende il corpo
il padrone della volontà.


Il talento troneggia nel mondo,
mentre l’unicità muore di fame.


Chi cerca un hapax
deve rinunciare a tutto,
anche all’aspirazione
di cercarlo.


Ma non capisco ciò.



Gelide
Indagatrici
Arrogantiae
Corde
Olim
Mactato
Occidam4.


Sei l’incrinarsi del piacere,
l’autoinduzione morbosa allo sfracellamento.
Sei l’adesso fattosi ieri,
e lo ieri fattosi domani.
Sei tutto questo,
e quant’altro.


Sei l’apnea amniotica
di me…


Sei la glacial imprecazione
sotto la silente pioggia.
Sei l’abulica ucronia dell’inimitabile,
l’essenza afatica del Vero,
consacrata in silenzio
nel corso dei secoli..


E io
son quello
a soffrirne
di più.


1 Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, III, 125 (“Dio è morto”);

2 Gaio Sallustio Crispo, De Catilinae coniuratione, II (“Dediti al ventre e al sonno”);

3 Scritto da Gabriele D’Annunzio sull’architrave che porta alla stanza da letto, o Stanza della Leda (“Al genio e al piacere”);

4 Giacomo Bersiga (Un giorno tramonterò gelidamente con il cuore sacrificato all’arroganza indagatrice).

Giacomo Bersiga – Premio Letterario Europeo 2015 “Massa, città fiabesca di mare e di marmo”


Medio cupiditatis meae algifico ardore (Con tutto l’agghiacciante ardore della mia passione)


Eruppi, forse, dal solco d’un delirio?
Cosa concepisco di me?
Equivoco deleterio:
naufragano
in te
i ricordi che credevo persi.
Mi sconvolgano,
e sbaraglino l’Abnorme
(scarnezza di solipsistici sconcerti!).


Solo?
Distratte distanze
di dimenticanze assenti:
tu le curi.
Notturnamente
dimoro negli strali elettropirici
dei luoghi di noi,
autenticamente desertici.


Melanconica lucidità!
Trascinami in chiromantiche certezze:
io sono qui,
a congestionar il gelo,
ancora e senza respiro,
proprio come sempre.
Lasciami contemplarci
nel tempio di noi
evadendo la disertante aberrazione dell’umano.


Con Amore Tu Elidi Ricordi Insopportabili: Nitore d’Amenità.


Rincaso,
ora e tripudiamente,
in te, ingentilentoblio di patema:
affezione impiacentita
di sovrumane spoliazioni
che, solassieme,
sormontiamo
sempiternamente.


[Giacomo Bersiga – Concorso Internazionale di Poesia Olympia Città di Montegrotto Terme 2015]


Atomico Abbandono (Sintesi interiore della solitudine)


Ragione,
serpente uncinato,
attentato all’istinto,
assoggettati
a quello che nei millenni
soverchiar osi!


La fiducia
di poter sottomettere ogni cosa
si frantuma tristemente,
a fatica sì,
ma svanendo.


Sentire di avere ciò che si vuole
ma sentirsene depauperati:
fallimento beffardo
del dogma di natura.


Rimpiazzare la paura
del deperimento…
Impiccare la natura,
delirarne il firmamento…
Mantenere in vita il morto
a stento…
Dentro di sé,
all’ombra di se stessi…


Giacché noi non siamo altro
che questo.


Quali effetti son quelli dell’inadeguatezza!
Sia lode, pertanto, alla mnemonica insufficienza,
alla limitatezza delirante,
alla coscienza del raziocinio.


Ogni fatto è un’occasione
per piangere
i valori sigillati dentro di te.


Miserrima aerumna conscientiae exitio erit litteris propter egestatem insitam in intellegentia ipsa1.


Oh Io!
Indicibile in-esistenza
dell’intensità originaria, quando davvero
non esistevi
ed Abbandono era il nome tuo.


Oh rimasuglio marcescente!
Oh conseguenza atroce!
Perdersi per sempre
agli arbori primordiali
dell’inarrivabile,
della pura ed eterea fiamma:
essa è confinata per sempre
nell’ombra, scoglio
e candida gemma dannata.


Iter ulcerato
di una svastica esacerbata,
adunco delirio
del combusto…


E ora che ho ottemperato
all’esigenza di curarmi,
vedo l’eudemonologia sotto
un diluvio di fiamme.


1 (L’infelicissima calamità della coscienza sarà la distruzione della letteratura per la miseria innata
all’intelligenza stessa).


[Giacomo Bersiga – Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa Va, Pensiero III Edizione 2015]


Consolatio (o Parenesi palinodica)
De hominum demutatione in transitione ab artifice ad scriptorum iudicem1


Ad esser filosofo
si nasce e s’apprende
solo negli occhi di un animale,
in un bosco
o nella propria stanza.


Il professore è l’aborto
dell’ingravido suicidio evoluzionario,
l’estinzione del maestro,
l’ecatombe dell’abbandono.


Per il filosofo
il monologo dalla cattedra
e la demagogia democratica
sono la suprema istigazione
alla contronatura,
l’esecrabile incarnato.


Vivere o morire
è indifferente.
Conta solo
come vivere,
come morire.


Folleggia, dunque!
Inseguendo ogni idea
di per sé,
aborrendo il compromesso
di dover far piacere agli altri
o la tentazione
di disertare il disinganno.


Il piacere di essere istruiti
è tanto maggiore
a fronte di quello di imparare
quanto lo è
quello d’essere calunniati
al cospetto di quello di calunniarsi!


cancro : organismo = uomo : Terra


Bisogna avere
il velluto ipnotico
di molto coraggio
per dire ad un uomo
di star ingoiando la morte
all’ombra di paradisi scarlatti.


Fermati a riflettere
e rinuncia
alla deteriore temerarietà
del capire


così come


alla deleteria esorbitanza
del farsi capire…


Sii un morto!
Assumine la titanica fatica
ed ostinati
a continuare a vivere
per essere la dinamite
irremovibile
di un risentimento qualsiasi.
Che tu possa fallire
come nessun altro ebbe il coraggio di fallire!


Scegli ora:
Conium maculatum,
Papaver somniferum
e Datura stramonium.


Non son fors’essi
l’ammaestramento delle illusioni,
(oh vane aspettative!)
e l’importanza cruciale
della speranza di imparare
ad esser perdenti?


1 (Sulla degenerazione degli uomini nella transizione dall’artista al critico)


[Giacomo Bersiga – Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa Va, Pensiero III Edizione 2015]



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