Con questo racconto è risultato 9° classificato – Sezione narrativa alla XIV edizione del Premio Letterario Città di Melegnano 2009 Questa la motivazione della Giuria: «In un horror della solitudine e del degrado, un uomo dal passato controverso e sprecato, vive il suo squallido e alcolico ferragosto tra il letto e la cucina. La sua miopia, seppur invalidante, gli consente di vedere a malapena la bruttezza circostante, e lo protegge dalla tristezza. Ecco perché inforcare gli occhiali, significa vedere la triste realtà tutta intera, e il vuoto angosciante circostante. Unico compagno di vita è un pesciolino rosso, muto e triste nella sua boccia di vetro. Sveglio dopo una bevuta, l’uomo vedrà il suo unico compagno fuori dalla boccia, schizzatone fuori come per un suicidio. E’ il color arancio luminoso che l’uomo vede senza occhiali, il colore del pesce. Gli occhiali confermeranno tale evento e tale perdita. Simbolicamente anche il protagonista si annegherà nella fontana della città, spoglia e vuota per il 15 agosto. Persino quella povera salma sarà trovata in ritardo, con il riflesso delle grosse lenti degli occhiali. Inquietante e poco letterario questo racconto ha una originalità terribile, strascicata e indifferente, che crea uno strappo tra la realtà e il surreale». Alessandra Crabbia «Color arancio» Si svegliò in un bagno di sudore. Era affondato nel sonno come piombo, coi vestiti addosso, toltosi solo i grandi sandali, la cinta allentata. Ricordò un attimo le tre stagioni che aveva lavorato come manovale muratore, che periodo di fatica e di sbornie. Anche il bellissimo periodo che andò in giro per l’Italia con una band, erano gli anni sessanta, poi per una ripicca o un senso d’orgoglio tutto suo, gli fece prendere la strada ospedaliera. A pranzo aveva bevuto più del solito. Se è facile bere in compagnia, a volte lo è ancora di più quando si è soli. Aveva chiuso il suo solito pasteggiare disordinato buttando giù tutto il rum che gli restava, ricordo dolce e forte dell’ultimo viaggio ai Caraibi. Pensare che aveva fatto un coniglio in un letto di patate e radicchio trevigiano degno di nota, Giorgio si sa, è un valente cuoco sempre se né a voglia. Ora si teneva la testa tra le mani, mani gigantesche in linea con il suo peso. Il capo intorpidito, mentre pensieri vuoti gli fluivano lentamente al cervello. Attraversò la piazza desolata che il sole era ancora alto. Giunse alla fontana detta del Masini, ché la gola gli ardeva. Dai gradini della fontana piena d’acqua fresca, immerse una mano per sentire il refrigerio. E pensò al pesciolino, al fatto di aver rabboccato la boccia. L’unico passante vide l’anziano citologo ergersi sul bordo della vasca, aggrappato alla cannella più grande. Si dissetava. Nessuno invece udì il tonfo, che si perse nell’indifferenza della città sonnolenta e silente. Nessuno vide una macchia blu scura, colore dei suoi pantaloni corti, enormi, diffondersi e svanire nel liquido freddo. Maurizio Paganelli Contatore visite dal 23-02-2009: 3648. |
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